venerdì 25 novembre 2016

Poesia e Arte / Paesaggi metaforici (Il tempo della Pietra).


Il tempo della Pietra
si apre quando non sospetti
e passi fiducioso da un Va' a un Vieni
un po' appannato di Distanza.

Credi di aver stornato tutti i mali
con la saggezza della tua esperienza
molteplice varia spesso dolorosa.
Dai per scontato che la vita
è turbine di foglie già appassite
con qualche lucciola privata delle ali
ma pronta a regalare
una parvenza sconvolgente di speranza.

Credi. E non vuoi sentire
lo sfrigolio del Fuoco (che ti accendeva
e che ti accende sempre più di rado)
sul bordo sempre più tagliente
della tua anima di selce.


Da Dettagli, Edizioni della Laguna, 2005.

Irene Navarra, Il tempo della Pietra, Disegno grafico, 2016.

E ora le parole di Anna Achmàtova. Nel poemetto Requiem (1935 - 1940) racconta il suo dolore e la rabbia per la prigionia del figlio Lev, dando così voce alle molte madri che, in livido silenzio, davanti al carcere di Leningrado continuavano ad aspettare qualche notizia sulla sorte dei loro cari.


In luogo di prefazione

Negli anni terribili della ežóvščina [terrore staliniano] ho passato diciassette mesi in fila davanti alle carceri di Leningrado Una volta qualcuno mi “riconobbe”. Allora una donna dalle labbra livide che stava dietro di me e che, sicuramente, non aveva mai sentito il mio nome, si riscosse dal torpore che era caratteristico di noi tutti e mi domandò in un orecchio (lì tutti parlavano sussurrando): 
- Ma questo lei può descriverlo?
E io dissi:
- Posso.
Allora una sorta di sorriso scivolò lungo quello che un tempo era stato il suo volto.

Leningrado, primo aprile 1957.

[...]

III.

No, non sono io, è qualcun altro che soffre.
Io non potrei essere così, ma ciò che è accaduto
neri drappi lo coprano,
e portino via le lanterne...
   Notte.

[...]

VII.

La sentenza

E sul mio petto ancora vivo
piombò la parola di pietra.
Non fa nulla, vi ero pronta,
in qualche modo ne verrò a capo.

Oggi ho da fare molte cose:
occorre sino in fondo uccidere la memoria,
occorre che l’anima impietrisca,
occorre imparare di nuovo a vivere.

Se no... Oltre la finestra
l’ardente fremito dell’estate, come una festa.
Da tempo lo presentivo:
un giorno radioso e la casa deserta.

Estate 1939. Casa della Fontanka.


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