Prosa 145474

 



Racconti di mare.

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 Il Mare.
di Riccardo Bortolami


Ritorno al mare. Rifllessioni ed emozioni di un vecchi pescatore.
Irene Navarra, Il vecchio pescatore, AI e Grafica, 15 Giugno 2023.


    Le onde che arrivano sulla riva.
    A quella riva a cui ritorno anch’io, vecchio pescatore, dopo tanti anni.
    Una leggera brezza accarezza la mia pelle, portando con sé storie di tradizione.
    Il mio spirito vola, il mio cuore batte come quando ero giovane, mentre guardo il mare azzurro.
    Lo so.
    I segreti degli abissi sono miei.
    Da custodire.
    Ma il mare resterà sempre un insondabile mistero.
    Sento il potere furioso delle tempeste, che lanciano le navi avanti e indietro.
    Eppure il mare non infuria, semplicemente va avanti, Indifferente, e sempre così lento.
    La sabbia riflette un milione di stelle.
    Un percorso per guidarmi a casa.
    Il mare è stato il mio amico costante, attraverso i secoli e so che il nostro legame non finirà mai.
    E anche quando sono lontano, il mio cuore pulsa con il suo ritmo.
    Nell'aria salata, così limpida. le onde si infrangono contro la riva. Sembra che vogliano abbracciarmi, riportando ricordi antichi.
    Mentre guardo la marea salire e scendere, vedo lo svolgersi della mia vita in continua evoluzione.
    Come il mare.
    Che è un luogo di bellezza e pace eterne.


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Lui venne dal mare.
di Irene Navarra


Irene Navarra, La vedetta, AI e Grafica, 14 Giugno 2023.



     
    Lo trovò abbarbicato come una patella sullo scoglio grande della spiaggia dove passeggiava ogni mattina. Era un bimbo che poteva avere cinque o sei anni a prima vista. Seduto, con le mani quasi incollate agli spuntoni rocciosi, guardava il mare. Quando Martha gli si avvicinò lui non le rivolse alcuna attenzione.
    Stava.
    Immobile.
    Come una statua.
    Gli occhi fusi all'orizzonte, portavano nubi e tempesta. Il corpo aveva un lieve sentore di alga e un colore appena azzurrino, di sicuro dovuto all'aria fredda di quell'Ottobre più simile all'inverno che all'autunno, si convinse Martha.
    Le vennero le lacrime agli occhi e agì: si tolse la mantella di lana infeltrita, la appoggiò sulle spalle del bimbo e gliela chiuse davanti agganciando due bottoni. E tutto questo senza che la creatura facesse un movimento.
    Così si sedette sullo scoglio accanto a lui e rimase per un bel po' in silenzio. Non era facile decidere il da farsi. Poi, d'impulso, accarezzandogli la mano spamodicamente agganciata alla roccia, cantò.
    Sgorgavano i suoni in scale morbide simili al ritornello ritmico delle onde, in rari picchi di spruzzi vaporosi, in lenti sciabordii sereni che morivano in sussurri. E mentre cantava, poteva sentire lo sciogliersi di quella piccola mano nella sua, L'abbandonarsi. Con qualche ritegno dapprima, con delle reticenze, e infine confidente.
    A quel punto Martha lo abbracciò, gli staccò delicatamente i polpastrelli dalla scoglio, lo sollevò tra le braccia, avvolgendolo bene nella sua mantella e si avviò verso casa.

    La casa di Martha sorgeva sulla costa alta e impervia, a picco sulla battigia di ciottoli stondati dall'eterno rollio delle onde. Verde di salvia, punteggiata da rari sprazzi di terra rossa e sassi bianchi affioranti dal suolo, era uno spettacolo ammaliante. Entro breve sarebbero maturati i frutti dei corbezzoli e la mulattiera da percorrere per arrivare a destinazione si sarebbe vestita a festa con le bacche appese ai rami di quegli arbusti. Bacche come ninnoli dall'incredibile tinta inizialmente arancio pallido e, alla maturazione, rosso acceso. Assieme ai fiori rosa tenue costituivano un'attrazione fatale per chiunque vi si avventurasse. Per lei emblema prodigioso della vita con il ciclo di nascita e morte sui medesimi rampolli apicali.
    Procedeva veloce, Martha, pensando al latte  e miele che avrebbe preparato per il piccolo, alla zuppa di verdure della sera, all'uovo sbattuto con lo zucchero e la vaniglia, al letto candido di lini della stanzetta in cui l'avrebbe messo a riposare. Dopo un bagno caldo naturalmente.
    E tutto fu secondo l'intenzione di Martha che sbocciava in gioia se solo posava lo sguardo su quella meraviglia dagli occhi viola-azzurro, trovata per caso.
    Aveva detto ai vicini che era un parente orfano, aveva raccontato che nessuno poteva occuparsi di lui e che lei, dopo la morte in mare di suo marito per il naufragio del peschereccio su cui lavorava, dopo la solitudine degli anni a seguire, era ben felice di accudire chi ne aveva bisogno.
    La curiosità della gente si spense presto e Martha ne fu felice. La creatura era stata accettata come se fosse venuta alla luce e vissuta sempre lì, tra quella manciata di antiche abitazioni in pietra, sparse senza regola sulle falesie in affaccio sul mare.
    Al bimbo aveva dato il nome di Christós, perché era un povero Cristo infante approdato a quei dirupi attraverso esperienze di cui non sapeva nulla, ma poteva intutire come terribili. E nella speranza di una luce condivisa nella sua vita. In fondo si trattava di Resurrezione da un arrancare gramo. Per entrambi.
    Loro due amavano la nuova condizione.
    Lui, Christós, era sereno. Almeno all'apparenza. Non rammentava nulla del suo passato e sorrideva. Non sempre però. Talvolta gli occhi gli si riempivano di nubi e tempesta. Incupivano di colpo. Passava presto, tuttavia, il peso sottile di un lampo memoriale di cui, forse, lui stesso non aveva netta percezione.
    I giorni, quindi scorrevano piani.
    Martha e Christós, che parlava poco ma si esprimeva molto con le mani e con gli occhi, si andavano amalgamando.

    Christós adorava il mare.
    Vi si bagnava anche d'inverno, uggiolando come un cucciolo di cane dal piacere.
    Scendeva alla spiaggia con addosso indumenti spessi, si portava dietro uno zaino con dentro un grande asciugamano e una coperta morbida. Non gli servivano. Non aveva mai freddo. La punta azzurrino della sua carnagione era una sua peculiarità, e non indice di sofferenza da gelo. Martha non lo sapeva e Christos non riteneva importante farlo notare.
    Arrivando di corsa, si spogliava frettoloso e s'infilava tra le onde.
    Capriolando.
    Era un delfino abilmente giocoliere.
    Quando era stanco, usciva dal mare, si strofinava per bene, si avvolgeva nella coperta (per tenere tranquilla Martha che lo scrutava come un falco in caccia dal portico) e, seduto sui sassi, fissava il mare, scandagliandolo quasi, con un brillio strano negli occhi. Si riscuoteva al richiamo di Martha che, preoccupata per la sua salute, lo voleva subito a casa.
    E lui obbediva alla donna amorevole che l'aveva salvato.
    
    Si sgranava piacevole la loro vita. Senza intoppi.
    Senza intoppi finché 
Christós iniziò a mostrare segni di un'ossessione incontenibile Non c'era momento in cui non volesse stare vicino al mare. Il Fatello mare, in verità, come lo nominava lui. Ci parlava. Più di quanto parlasse con gli umani. E diceva che trovava sempre risposte negli sgargianti riverberi mai uguali della sua superficie. Risposte rese ora in voci sussurrate, ora tonanti. e spesso in segni. Come la volta in cui portò a Martha la pipa di suo marito, riconoscibilissima per la rosa selvatica insisa sul fornello con due iniziali vicine: G. S: 
Giórgos Stratos. A Martha che, sgomenta, teneva tra i palmi delle mani l'oggetto quasi con sacra devozione, Christós disse che un'onda gliel'aveva depositato ai piedi mentre si stava chiedendo se suo marito se la passasse bene là dov'era.
    Il segno è positivo, aggiunse. Il regalo vuole rasserenarti.
    Allora Martha avvolse la reliquia in un fazzoletto ricamato e la depose tra i resti della sua vita matrimoniale. Grata in cuor suo per il dono, ma anche un po' turbata dai poteri che Christòs dimostrava.
    Poteri che di giorno in giorno si facevano più chiari.
    Christòs era un vero e proprio "animale" marino.
    Sapeva narrare storie di abissi, di città sommerse, di fiori giganteschi agitati da impetuose correnti, di pesci dotati di telepatia. Ecco, questi ultimi comunicavano in segreto con lui e lo attraevano parecchio. Le diede la notizia semplicemente, senza girarci intorno. E le fece capire che era un'esperienza da provare.
    Martha seppe così che desiderava liberare in mare la sua diversità.
    E iniziò a soffrire, soffocando però la pena. Per non addolorarlo.

    Intanto le nuotate giornaliere di Christòs si facevano sempre più lunghe. Spariva per delle ore. E ritornava allegro e premuroso, portandole delle offerte: conchiglie mai viste prima, denti di pescecane, anelli di vetro - ovvero colli di bottigle levigati dall'erosione -, fiori di corallo. 
    Questo finché non sparì.
    Inghittito dal mare.

    La disperazione di Martha non ebbe limiti.
    Deperiva, ingrigendo, avvizzendo come una pianta falciata.
    Pregava, Martha.
    Accoratamente.
    In ginocchio davanti all'immagine della Madonna delle Lacrime recitava le parole rituali per impetrarne l'aiuto.
    E mentre i giorni passavano impietosi, si spegneva a poco a poco.

    Una mattina di luglio inoltrato lei se ne stava seduta sullo scoglio dove aveva trovato Christòs. Ne sentiva l'impronta e percepiva il leggero odore d'alga di allora.
    Le braccia stringevano il vuoto dell'aria tersa. Il cuore batteva lento, i sensi desideravano la morbidezza del suo corpo di tenero fanciullo dall'incarnato assurdamente un po' azzurrino.
    Un po'azzurrino, si ripetè Martha a voce alta. Un po'azzurrino, gridò alle nubi, al vento, al mare.
    Al mare.
La consapevolezza della scoperta le abbagliò la mente di un lampo come una ferita.
    Seppe che non poteva essere suo.
    Era del mare.
    E si acquietò.
    Non era possibile avere chi apparteneva alle radici primordiali del Creato.
    Doveva accettare.
    Dio le avrebbe mostrato la via.
    Il loro destino si sarebbe compiuto in termini imperscrutabili a tutti.

    Martha si rasserenò e decise che il tempo doveva scorrere comunque. Anche se Christòs non fosse ritornato.
    Andò avanti senza pretese e senza attese.
    Passarono i mesi.
    L'anno volse nuovamente al termine.
    Si avvicinava il quinto anniversario del ritrovamento.
    Martha, seguendo la solita liturgia di commemorazione, portò fiori di corbezzolo e latte allo scoglio.
    Versò il latte, sparse i fiori e pregò con un fervore tale che il cielo subì uno scossone.
    Pregò, chiedendo soltanto che Christòs non avesse rimpianti.
    Da tanto non arrivavano lassù tali emozioni.
    E poiché piacque quel suo adattarsi, i Sacri stabilirono di ascoltarla sommovendo i principi costitutivi del mondo subacqueo.
    Decretarono, pertanto, il ritorno del mutante - rifiutato dall'arcano Popolo del mare - a chi l'aveva amato.
    E applicarono il decreto, iniziando a insinuare falle nell'ordine della dimensione fluida particolarmente difficile da destabilizzare.
    Si allentarono i legami, si cancellarono norme genetiche, si aprirono passaggi mai dischiusi prima.
    Lo scardinamento di tradizioni consolidate non fu uno scherzo. Ci vollero numerose incursioni dall'etere. Tuttavia alla fine avvenne il miracolo.

    Martha si preparava a festeggiare l'Assunzione della Vergine Maria. Si era ad agosto, il 15 per la precisione. Con tutto il villaggio aveva allestito la Chiesetta rurale che sorgeva su un'altura nell'entroterra, difficile da raggiungere per le asperità del terreno roccioso. I compaesani si erano avviati di buon mattino con asini carichi di cibi per allestire il banchetto cultuale.
    Lei li avrebbe raggiunti, dopo la visita del luogo che per lei rappresentava più di un Santuario.
    Arrivò, quindi, allo scoglio venerato, versò il latte e sparse corolle di calendule, poi si sedette sui sassi roventi e ammirò la distesa marina. Perdendosi nello scenario radioso. Senza cognizione dei minuti che correvano, stava davvero bene. Per la prima volta dacché Christòs era sparito.
    Una sostenibilissima leggerezza dell'essere cristallizzava quell'attimo in storia da acquisire.
  Da acquisire nella quotidianità per renderla anch'essa sostenibile. 
Sarebbe rimasta, Martha, nella bolla di profonda empatia con il Tutto se, all'improvviso, non avesse notato all'orizzonte uno spumare inconsueto. L’azzurra distesa vibrava, si gonfiava, si alzava in colonne e guglie che sembravano cattedrali liquide. Una fantasmagoria di trasformazioni in avvicinamento stravolgeva ogni senso comune.
    Martha era esterrefatta.
    Non aveva mai assistito a un fenomeno del genere.
    Fenomeno che finì così come era iniziato.
    Di colpo.

    Martha se ne stette sospesa a lungo, sperando di rivedere la scena straordinaria appena scomparsa.
    Nulla riavvenne.
    Sospirò delusa.
    Prese la strada della Chiesetta dove, probabilmente si stava già svolgendo la Messa di adorazione di Maria.

    Quella sera si coricò presto e si addormentò subito.
    A metà della notte sentì un rumore.
    Senza paura si liberò dalle lenzuola e si avviò verso la cucina.
    Il cuore le batteva con un ritmo di onde gentili.
    In piedi vicino alla tavola c'era Christòs. Illuminato dai raggi complici della Luna che entravano di sghembo dalla finestrella rivolta al mare.
    Gli occhi splendevano, 
    Sorrideva.
    Le tese qualcosa avvolto in alghe kelp.
    Martha prese il dono e lo svolse dall'involucro vegetale.
    Era formato da due pietre sottili chiuse a libro, tenute legate da cordini probabilmente alghe anche quelli.
    Lo aprì e ne lesse le lettere incise.
    Lui ora è Tuo, comunicavano in modo formale,
    Martha e Christòs si abbracciarono.

    La mattina, portandogli la colazione, ebbe modo di guardarlo a suo piacimento mentre ancora dormiva.
    Cresciuto, robusto, bellissimo, constatò tra sé e sé con un respiro fondo.
    E non più leggermente azzurrino di incarnato.
    Fratello Sole avrebbe impreziosito la sua pelle con sfumature d'oro bruno.
    La vita poteva riprendere a fluire.

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