Nel mio libro lirico Dettagli (Edizioni della Laguna) Vetro è una silloge della Seconda Parte. Vi racconto la maledizione del vedere tutto, sentire tutto, comprendere tutto.
Ambientata in un SottoMondo marino, propone vie di salvezza al vivere feroce dei nostri tempi.
Rimedi. Ciclici come la risacca e la marea.
Creatura in metamorfosi, dunque, costretta a guardare attraverso palpebre cristalline, costruisco un universo parallelo in cui gli stati esistenziali diventano fluidi e si compenetrano in coerenza crescente. La Vita e la Morte si soffondono, così, di un Vaghissimo sentore della Luce che disarticola ogni senso comune favorendo percezioni profonde.
Irene Navarra, La Morte-Vetro, Disegno grafico, 2017. |
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La Morte-Vetro è musica solenne.
Vaghissimo sentore della Luce.
(Le particelle finalmente libere
– non più orribili siamesi –
gemono appaganti vibrazioni
smorzate solo da un possibile
guardare spalancato nella pece.)
Rileggendomi, a distanza di anni, ritrovo significati e significanti. La Morte-Vetro si fa effettuale nel giorno dopo giorno. E il paradosso del Vedere di più, potere di meno assume indiscutibile risalto. Ripenso allora a una lirica di Toti Scialoja che mi ridefinisce matericamente lo spazio con il guizzare di una profetica metafora.
Irene Navarra, La Morte-Vetro e Ἰχθύς, Disegno grafico, 2017. |
La sagoma di un nero
pesce istantanea scorre
controluce entro il limpido
verde che l'onda innalza
da destra – lastra liquida
che via via si rovescia
controluce entro il limpido
verde che l'onda innalza
da destra – lastra liquida
che via via si rovescia
– l'anima in quella lamina
non se la passa liscia.
non se la passa liscia.
Da Impera in Le sillabe della sibilla (1983 - 1985).
Fonte: Toti Scialoja, Poesie, Garzanti, 2002.
Fonte: Toti Scialoja, Poesie, Garzanti, 2002.
Mentre Alfred Kolleritsch, frugando negli strati del reale, punta dritto al cuore della morte con la sua Rovescio (in Il primato della fioritura, Crocetti Editore, 2000), mettendo a nudo la fragilità dell'essere. Così, onda per onda, si scioglie ogni certezza.
E io scivolo indietro.
Senza appigli sdrucciolo nella mia condizione primigenia intossicata dalla sensorialità.
E me ne sto inerme ad aspettare il Vetro di un pensiero.
al mare in quanto morte,
intimamente nella carne
le spiagge disseminate.
Inviano la brama
ai gabbiani, spaccano la porta,
e nello splendore
è spenta la luce.
Essere così esposti a se stessi,
senza mutevole contesa per questo,
che si mormori nei cespugli,
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