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sabato 13 maggio 2023

Poesia / Tanka 42: La mia meditazione è un fatto cellulare (Primo racconto).

 

L'origine della mia predisposizione al Meditare.

(U-May), Meditazione, AIG, 13 Maggio 2023.

    L'ho già dichiarato più e più volte: ho una natura arborea. E anche floreale. Nel senso che sento e vedo come un albero o un fiore.
    Ma non solo.
    Ho anche una natura animale. Nel senso che sento e vedo come un animale. E viceversa.
    Inoltre, avverto che nelle cose c'è una sorta di fluido vitale, sebbene quasi irrilevante.
    Un sasso a forma di cuore donatomi dal mio cane Pippo Magnifico Setter, mi dice tanto.
    Ora mi parla dal tavolo della cucina, posato com’è in bella compagnia sul vassoio della frutta. Offre conforto con la bellezza della struttura e con il suo messaggio subliminale.
    Basta poco per avviare in me quella specie di entanglement che unisce in senso assoluto le mie particelle alle altre del Tutto. E le fa vibrare all'unisono.
Sciamanesimo genetico? Può darsi. Un'eredità, comunque, derivata dalle generazioni di donne slave da cui discendo per parte di madre. E dal sangue spagnolo che ho in dote da mio padre.
    Gli antenati ancestrali parlano alle cellule del mio corpo e all'essenza sottile dell'anima.
    Questa esperienza di dialogo continuo la chiamo Meditazione.
    E può avvenire nel vuoto della mente, che tace assorta per raccogliere le foze necessarie ad andare oltre la materia; oppure nel trionfo del colore. Quest'ultma è la tecnica spontanea che preferisco: mi dona, infatti, una grande gioia e arricchisce il mio sapere a livello di coscienza. Là dove gravito senza tempo e spazio definiti.

    Io medito da sola, senza persone attorno. Non ho bisogno delle persone. Le persone mi danno solo le loro negatività.  Appesantiscono la mia sostanza eterea.

    Mi basta una rosa, una lucertola, il cielo, una nuvola del cielo, l’azzurro tra due rami, un uccello in volo, o - ancora meglio - un falco, per sentirmi: rosa, lucertola, cielo, nuvola del cielo, azzurro tra due rami, uccello in volo, falco.
    Quando sono falco, e avviene sin da quando ero bambina, mi vedo,
 come dall'alto, la testa e le ali che si muovono, il piumaggio sobriamente policromo nei toni del marrone chiaro e scuro, del beige, del grigio con poco blu, dell'ardesia. Sono io, Irene donna, a vedermi falco.
Vedo, però, anche la campagna sotto di me. Sento la spinta iniziale del librarsi, l'ebrezza delle correnti ascensionali, il gusto plastico delle planate, ho la netta percezione di una scansione asettica del territorio sottostante. Sono, dunque, sempre io a vedere, tuttavia come Irene falco.
    Mi riconosco, pertanto, prodigiosamente dotata di una visione doppia.

    Le sensazioni arrivano descrivibili (la verve intuitiva e scrittoria non mi manca), sebbene nella resa risultino sempre approssimate.
    Le emozioni nascono ineffabili.
    Più algide da animale.
    Più calde da umana.

    Un enigma anche per me la sfera percettiva collegata a tali esperienze di empatica immedesimazione e trasformazione. A esprimerla mi soccorre l'Eteronimo U-May, esperto interprete di qualsiasi complessità: 

Una pianta. Io.
Due mondi assieme Uno.
Sono le foglie.
Le foglie in me dicono:
tu sei noi, noi siamo te.
#Tanka 43

U-May