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giovedì 16 marzo 2023

Poesia / Tanka 30 e Diario: La bellezza collaterale (Oltre ogni muro).


E nella vita
che si rinnova, spero -
L' Anima vola
per completare il viaggio
oltre ogni muro.
#Tanka30

U-May

Irene Navarra, Lungo il muro, Fotografia, Marzo 2018.

Il tema del viaggio mi affascina da sempre.
L'ho approfondito con interesse per ragioni sia personali sia legate alla mia professione di insegnante, muovendomici idealmente e imparando a conoscerne i risvolti. Me ne sono appropriata, insomma, a partire da quello di Odisseo o dell'avventura favolosa di Capuccetto Rosso attraverso il bosco, per arrivare ai contemporanei “voli” nello spazio.
Vicende, queste, che non mi si addicono.
Io sono più modesta.
Camminare lungo un muro rappresenta per me il vero e proprio viaggio. Unico, direi. Quasi una sfida all'ovviamente banale di ogni giornata. L'Al di qua segna, infatti, il percorso che sto affrontando al presente, e l'Al di là quanto ho lasciato né posso più avere in concreto.
In mezzo sta il muro.
Che è di pietra mista a laterizio e non ha cocci aguzzi di bottiglia* in cima. Si orna, invece, di tegole sovrapposte che ne definiscono la rustica eleganza. Circoscrive lo spazio di un Parco antico, caratterizzato da essenze arboree rare, ed è il limite concreto oltre a cui getto quotidianamente il mio cuore assetato di Bellezza.
Là la ritrovo.
Non fisicamente perché il luogo non è più patrimonio dell'Ordine Monastico delle Orsoline e io non ho il permesso di entrarvi, bensì spiritualmente perché ogni giorno ci faccio casa e ricostruisco una a una le tarsie di una storia già vissuta. Rivedo i tassi e la sughera centenaria che mi ospitarono compiacenti in lunghi anni di frequentazione e appassionati abbracci, recupero i colori vivi delle camelie e dei tulipani che ne ornavano le aiole, inseguo il mio Golden Pablo che non c'è più nella fragranza 
 della menta selvatica e dei secolari cedri del Libano.

Lo scalo, dunque, questo mio muro quotidiano.
E lo travalico.
So che c'è un Oltre.
So che mai ha precluso ai sensi alcuna visione percettiva. I profumi, le voci, le visioni che contiene sono in me, nel mio immaginifico DNA. Quando evocati in episodi di memoria involontaria, dilagano con la forza della Luce in un mattino limpido di Primavera. Lei, la Luce, preserva i semi, le piante, le ruvide cortecce, i lisci tronchi, le asprezze del bosso, le sensazioni dolci del Tempo della Gioia pronte a ripresentarsi e mescolarsi con quelle dell'agra consuetudine.
Per questo posso sperare in un Altrove che ne contenga i richiami e sparga tracce abbondanti di riferimenti.
Da qualche parte devono pur arrivare.
Spero, quindi.
Imbrigliata nella macchina del Tempo, nutro la mia Speranza.
Malinconicamente persuasa.
Ma senza paura.

*Eugenio Montale, Meriggiare pallido e assorto, in Ossi di seppia, v. 15, Mondadori, 1948.