Come salvarci dall’affanno convulso del giorno dopo giorno divenuto ormai una gabbia per coatti consenzienti? Medito una via di fuga attraverso un sano esercizio della mente al recupero di sé. E per riadattarmi devo: comprimere il consueto regime comunicativo in un larvato brusio di fondo, ritarare la curiositas ridimensionando l’attualità al galoppo sfrenato, la politica girotondesca, la società stravolta di eccitazione o sgomenta di noia, il costume e le sue maschere, il quotidiano deformato e deformante. Ora come ora anche la guerra alle frontiere. I barbari in agguato. Inoltre devo – e la prova diventa più complicata anche se non impossibile – devo agganciare un motivo incuneato alle mie spalle, nelle sinapsi di generazioni all’apparenza spente perché trascorse, ma non rigettate dalla nostra galassia. Quindi vive e palpitanti, come l’universo fuori dal punto da cui derivò espandendosi dopo il Big Bang. Abbandonarsi al flusso di attimi e attimi che risalgono le epoche trascorse in trafila infinita, sarebbe una soluzione magnifica. Per legare ad anello il presente e il passato, senza sofisticazioni, senza voragini di trascuratezza. Al di là della pletora di notizie in cui ci invischiamo sempre più, glassati dal miele stantio dell’informazione usa e getta, in mutamento continuo, per logiche di sensazionalismo a tutti i costi. Al di là di ogni banale entusiasmo modaiolo, di qualsiasi eccesso, oltre le stravaganze minimaliste o barocche del nostro vivere hic et nunc, resta una zona franca di pensiero dai battenti spalancati a studiosi e dilettanti di buona volontà. Dove addentrarsi guardando l’orizzonte, con disposizione alla ricerca, all’approfondimento, allo scavo archetipico in quanto mezzo di un’ipotetica scienza ultramoderna quale solo l’Archeologia delle idee potrebbe essere. In quella sorta di Paradiso Terrestre speculativo all’origine della contingenza cosmica si avrà la ventura di incontrare parole familiari e segni criptici, se ne godrà come se fossero opere di artisti sublimi. Saranno le icone intrise di porpora e oro di chi elegge l’otium a sua filosofia esistenziale. Mentre la televisione strepita, la radio bercia, le locandine di eventi meravigliosi si accumulano le une sulle altre con lo stesso gioco dei foglietti di un calendario.
Tutto viene e anche va.
Sta in noi trovare le formule cangianti per irretirne la scomparsa. Non servono cabale e numeri babilonesi. Basta affidarsi alla Tradizione, recuperando il filo della Memoria. Magari con un rinfrescante tuffo nel Mito. Quello che nel mondo antico stava alla base di ogni tratto importante dell’evoluzione. Una forza operosa propria all’atto stesso del nascere e del creare.
Tradizione, Memoria, Mito: sfere perfette di interazione svarianti a comporre la Storia dell’uomo che lo riporta nel racconto di progressi, cadute e illusioni fantastiche. Con le forze policrome delle facoltà logiche e intuitive insite in lui per natura. Sempre alla ricerca di ciò che l’aveva preceduto: un’atmosfera unica, singolare di per se stessa. Tracce. Così labili da parere pulviscolo di ali di tarma.
Nutrirci dei frutti succosi sortiti da semi di ere lontanissime, quindi. Consci del nostro appartenere alla medesima pianta spesso vittima d’incuria e disprezzata perché specie tanto nell’oblio da risultare quasi aliena.
Le opportunità di scelta sono abbondanti. Molto è stato sviscerato, frugato, sezionato. Le testimonianze le abbiamo in tomi e tomi provvisti di note e supernote così copiose da travalicare il testo vero e proprio nella misura della pagina. Molto però aspetta di essere scoperto e riferito: per amore di verità, per etica del rapporto con quanto siamo, con il nostro prodotto derivato da una somma di fattori che non dovrebbero rimanerci oscuri.
Tra i vari fulcri d’indagine - pur rigogliosi di saggi, di critiche vaste e dotte - esistono tuttora delle zone più vergini, e, pertanto, più allettanti. In quelle lande seducenti e misteriose, gravita il pianeta Bisanzio la cui patina d’oro caldo sta sotto strati di polvere, di rado e troppo distrattamente dispersa. Talvolta con fare da romanzo, lodevole di sicuro ma non ottimale per ovvi motivi di forzature opinabili. Eppure, se solo ci si avvicina alla sacralità del vivere dei Bizantini, se si intuisce la sicurezza metafisica sottesa al loro agire, la ritualità che lo scandiva, l’ottica spirituale che lo illuminava di luce fulgidissima, la valenza educativa e la funzione pragmatica di ogni dettato, la capacità di rendere visibile l’invisibile nell’arte, allora si potrà stabilire un dialogo con personaggi straordinari come il patriarca Fozio, Alessio I Comneno, la figlia Anna, Michele Attaliate, Michele Cerulario. Ermeneutica costruttiva, questa, utile a ristabilire un ordine severo di gesti calibrati e riflessioni attente.
Perché, come dice proprio Anna Comnena nel Proemio dell’Alessiade:
‹‹Ῥέων ὁ χρόνος ἀκάθεκτα καὶ ἀεί τι κινούμενος παρασύρει καὶ παραφέρει πάντα τὰ ἐν γενέσει καὶ ές βυθὸν ἀφανείας καταποντοῖ ὃπου μὲν οὐκ ἂξια λόγου πράγματα, ὃπου δὲ μεγάλα τε καὶ ἂξια μνήμης, καὶ τά τε ἂδηλα φύων κατὰ τὴν τραγῳδίαν καὶ τὰ φανέντα ἀποκρυπτόμενος. Ἀλλ' ὃ γε λόγος ὁ τῆς ἱστορίας ἔρυμα καρτερώτατον γίνεται τῷ τοῦ χρόνου ῥεύματι καὶ ἳστησι τρόπον τινὰ τὴν ἀκάθεκτον τούτου ῥοὴν καὶ τὰ ἐν αὐτῷ γινόμενα πάντα, ὁπόσα ὑπερείληφε, ξυνέχει καὶ περισφίγγει καὶ οὐκ ἐᾷ διολισθαίνειν εἰς λήθης βυθούς.»
‹‹Il Tempo, nel suo scorrere perpetuo e irresistibile, trascina via con sé tutte le cose create, e le sprofonda negli abissi dell'oscurità, siano esse azioni di nessun conto o, al contrario, azioni grandi e degne di essere celebrate, e pertanto, come dice il grande poeta tragico [Sofocle], “porta alla luce ciò che era nascosto e avvolge nell'oscurità ciò che è manifesto”. Ma la Storia è un valido argine contro il fluire del Tempo, e in certo modo costituisce un ostacolo al suo flusso irresistibile e, afferrando con una salda presa quante più cose galleggiano sulla sua superficie, impedisce che scivolino via e si perdano nell'abisso dell'Oblio.››
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Icona su lastra d'argento (Collezione privata). |
Che è quanto succede e succederà di sicuro ai personaggi e ai fatti di questa inutile guerra scatenata contro l'Ucraina.
Ci ricorderemo del Presidente russo Putin come ci ricordiamo di altri "attori" del nostro vissuto abbastanza recente. Molti eventi saranno enfatizzati ed altri cancellati. Resterà lo sconcerto per una sovranità nazionale pesantemente violata, per l'impotenza dell'Europa e del Mondo a fermare un'aggressione assassina, risalterà il dolore per le perdite umane e culturali che si sarebbero potute evitare con la "prudenza", virtù antica a lungo cancellata dai nostri vocabolari istituzionali.
La esercitiamo adesso, fragilmente paurosi,
mentre un popolo sta morendo e una civiltà viene spazzata via dalla furia iconoclasta, apparentemente inarrestabile. di chi pone il diritto del più forte al di sopra di tutto.