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domenica 2 aprile 2023

Poesia / Margini: Metamorfosi.

 
Oggi pomeriggio si fa prepotente in me il desiderio del mare. Quello di Ischia o di Vico Equense dove molte delle mie estati fanciulle si sono disciolte in gioia pura, senza preoccupazione alcuna. O quello di Cherso, di Curzola che mi ha vista coinvolta in avventure barcarole incredibili.
Il cielo coperto, la pioggia, la solitudine di giorni grigio perla dal sentore di pini, rosmarino, sangrego, salvia, menta, timo mi ricordano il piacere immenso dell'immergermi in quelle acque di vetro terso. Senza ombre fastidiose date dal sole e, magari, con schizzi di pioggia leggera, e per di più all'imbrunire. Adoravo fare il bagno in quei momenti di trasformazione. Mi sentivo parte di un mito mentre creavo la mia dimensione alternativa.

Poi, dopo il ritorno alla realtà quotidiana, con ancora nella pelle l'esperienza empatica appena vissuta, scrivevo.
Oh, se scrivevo!
Poesia, lo sapete.
Così, ora, nell'atmosfera simile di questo pomeriggio uggioso, rileggo le parole di allora mentre i sensi s'illudono in suoni d'onde rotolanti e scie di aroma salso. Il tutto racchiuso in una lirica di parecchi anni fa, Metamorfosi, felicemente accasata in Margini, l'amato libro che risale all'anno 2002 e porta anche testi di più antica data.
La trasformazione è ancora in me.
Una sorta di ritrovamento spontaneo. Una suite per il corpo.
Il profumo del mare riemerge dalla teca del cuore.

Irene Navarra, In mente mea / Mare, Disegno grafico, 4 aprile 2023.


Mi piace immergermi nel mare
quando non c'è il sole
o si fa buio
e l'acqua è ferma
e l'aria senza vento.

Allora, mentre illanguidisce
il cielo e la mano si vela
e quasi scompare, so 
rotolare in chiome
d'alga per risalire
da profondi silenzi
a chiare sponde.

Nell'immagine grafica il mio concetto di memoria. Al ricordo involontario del mare contemplazione intima estatica e leggerezza trionfano esprimendosi nei colori di base: dal bianco al grigio perla, dal celeste pallido al turchese e al verdeacqua. Poi il dolore per quanto non c'è più prevale. Così i graffi, le sporcature, il nerofumo dell'Assenza appesantiscono l'illusione di riuscire a recuperare l'ormai perduto, e manifestano il turbamento della coscienza che si enuclea nelle piccole luci viola. Forando Tempo e Spazio.

Però, come dice Marcel Proust: "La realtà si forma soltanto nella memoria".

martedì 28 marzo 2023

Poesia / Frammento 44: Meditazione (da Omnia Carmina).

La lirica risale al 1988.
L'ho riscoperta (e leggermente riadattata) questa mattina.
Con gioia.
Già allora, quindi, sentivo prepotente in me l'esigenza della Riflessione profonda.
Era un insostituibile toccasana alla difficoltà dell'esistenza.
Perciò la pratica è continuata con sempre maggiore consapevolezza e beneficio.
Al presente non posso proprio farne a meno.
L'itinerario si è compiuto e perfezionato.

Irene Navarra, Un giorno bianco di neve, Fotografia, Gennaio 2016.

 

Meditazione figlia del silenzio
e della notte e anche del lavoro delle mani.
Giorno di neve uguale terra e cielo
che si condensa
in punti di pensiero
indenni dalle ore.
 
È Lei la mia preghiera.
In Lei mi offro consenziente
alla provocazione del ritroso
che stana il Tempo
ormai sprecato
senza farsi irretire
dai roventi monoliti
del Ricordo.

Fino a sbozzarli 
a colpi duri di scalpello
oppure a riplasmarli 
come se fossero di pasta madre
che sale e sgrava la sostanza prima. 

giovedì 16 marzo 2023

Poesia / Tanka 30 e Diario: La bellezza collaterale (Oltre ogni muro).


E nella vita
che si rinnova, spero -
L' Anima vola
per completare il viaggio
oltre ogni muro.
#Tanka30

U-May

Irene Navarra, Lungo il muro, Fotografia, Marzo 2018.

Il tema del viaggio mi affascina da sempre.
L'ho approfondito con interesse per ragioni sia personali sia legate alla mia professione di insegnante, muovendomici idealmente e imparando a conoscerne i risvolti. Me ne sono appropriata, insomma, a partire da quello di Odisseo o dell'avventura favolosa di Capuccetto Rosso attraverso il bosco, per arrivare ai contemporanei “voli” nello spazio.
Vicende, queste, che non mi si addicono.
Io sono più modesta.
Camminare lungo un muro rappresenta per me il vero e proprio viaggio. Unico, direi. Quasi una sfida all'ovviamente banale di ogni giornata. L'Al di qua segna, infatti, il percorso che sto affrontando al presente, e l'Al di là quanto ho lasciato né posso più avere in concreto.
In mezzo sta il muro.
Che è di pietra mista a laterizio e non ha cocci aguzzi di bottiglia* in cima. Si orna, invece, di tegole sovrapposte che ne definiscono la rustica eleganza. Circoscrive lo spazio di un Parco antico, caratterizzato da essenze arboree rare, ed è il limite concreto oltre a cui getto quotidianamente il mio cuore assetato di Bellezza.
Là la ritrovo.
Non fisicamente perché il luogo non è più patrimonio dell'Ordine Monastico delle Orsoline e io non ho il permesso di entrarvi, bensì spiritualmente perché ogni giorno ci faccio casa e ricostruisco una a una le tarsie di una storia già vissuta. Rivedo i tassi e la sughera centenaria che mi ospitarono compiacenti in lunghi anni di frequentazione e appassionati abbracci, recupero i colori vivi delle camelie e dei tulipani che ne ornavano le aiole, inseguo il mio Golden Pablo che non c'è più nella fragranza 
 della menta selvatica e dei secolari cedri del Libano.

Lo scalo, dunque, questo mio muro quotidiano.
E lo travalico.
So che c'è un Oltre.
So che mai ha precluso ai sensi alcuna visione percettiva. I profumi, le voci, le visioni che contiene sono in me, nel mio immaginifico DNA. Quando evocati in episodi di memoria involontaria, dilagano con la forza della Luce in un mattino limpido di Primavera. Lei, la Luce, preserva i semi, le piante, le ruvide cortecce, i lisci tronchi, le asprezze del bosso, le sensazioni dolci del Tempo della Gioia pronte a ripresentarsi e mescolarsi con quelle dell'agra consuetudine.
Per questo posso sperare in un Altrove che ne contenga i richiami e sparga tracce abbondanti di riferimenti.
Da qualche parte devono pur arrivare.
Spero, quindi.
Imbrigliata nella macchina del Tempo, nutro la mia Speranza.
Malinconicamente persuasa.
Ma senza paura.

*Eugenio Montale, Meriggiare pallido e assorto, in Ossi di seppia, v. 15, Mondadori, 1948.


martedì 1 novembre 2022

Poesia / Cronaca: Il tempo nelle mie mani.


Irene Navarra, Ventaglio concettuale, Fotografia e Grafica, ! Novembre 2022.


Il tempo nelle mie mani.
Sì. Lo sto guardando
bloccato tra le dita ferme
e dentro i palmi duri.
Sembra un ventaglio
tenuto saldamente.
E non allento la mia presa.
Tanto - lo so -
si atteggia a dominante puro.
Così lo irrido con la cancellatura del pensiero
che me lo rende immobile,
fisso e sepolto nei solchi della pelle.

(Questo sistema di controllo
lo medito di sera.
Così la notte resta intatta.
Io con lei.)
 

sabato 19 marzo 2022

Critica / Bisanzio mi salva.


A quale settore di studio rivolgermi in questo frangente così terribile e controverso?
Recupero Bisanzio e la sua storia, riflettendo sullo scorrere del tempo con Anna Comnena¹.

Icona su tavola di larice (Collezione privata).
    
     
    Come salvarci dall’affanno convulso del giorno dopo giorno divenuto ormai una gabbia per coatti consenzienti? Medito una via di fuga attraverso un sano esercizio della mente al recupero di sé. E per riadattarmi devo: comprimere il consueto regime comunicativo in un larvato brusio di fondo, ritarare la curiositas ridimensionando l’attualità al galoppo sfrenato, la politica girotondesca, la società stravolta di eccitazione o sgomenta di noia, il costume e le sue maschere, il quotidiano deformato e deformante. Ora come ora anche la guerra alle frontiere. I barbari in agguato. Inoltre devo – e la prova diventa più complicata anche se non impossibile – devo agganciare un motivo incuneato alle mie spalle, nelle sinapsi di generazioni all’apparenza spente perché trascorse, ma non rigettate dalla nostra galassia. Quindi vive e palpitanti, come l’universo fuori dal punto da cui derivò espandendosi dopo il Big Bang. Abbandonarsi al flusso di attimi e attimi che risalgono le epoche trascorse in trafila infinita, sarebbe una soluzione magnifica. Per legare ad anello il presente e il passato, senza sofisticazioni, senza voragini di trascuratezza. Al di là della pletora di notizie in cui ci invischiamo sempre più, glassati dal miele stantio dell’informazione usa e getta, in mutamento continuo, per logiche di sensazionalismo a tutti i costi. Al di là di ogni banale entusiasmo modaiolo, di qualsiasi eccesso, oltre le stravaganze minimaliste o barocche del nostro vivere hic et nunc, resta una zona franca di pensiero dai battenti spalancati a studiosi e dilettanti di buona volontà. Dove addentrarsi guardando l’orizzonte, con disposizione alla ricerca, all’approfondimento, allo scavo archetipico in quanto mezzo di un’ipotetica scienza ultramoderna quale solo l’Archeologia delle idee potrebbe essere. In quella sorta di Paradiso Terrestre speculativo all’origine della contingenza cosmica si avrà la ventura di incontrare parole familiari e segni criptici, se ne godrà come se fossero opere di artisti sublimi. Saranno le icone intrise di porpora e oro di chi elegge l’otium a sua filosofia esistenziale. Mentre la televisione strepita, la radio bercia, le locandine di eventi meravigliosi si accumulano le une sulle altre con lo stesso gioco dei foglietti di un calendario.
    Tutto viene e anche va.
    Sta in noi trovare le formule cangianti per irretirne la scomparsa. Non servono cabale e numeri babilonesi. Basta affidarsi alla Tradizione, recuperando il filo della Memoria. Magari con un rinfrescante tuffo nel Mito. Quello che nel mondo antico stava alla base di ogni tratto importante dell’evoluzione. Una forza operosa propria all’atto stesso del nascere e del creare.
    Tradizione, Memoria, Mito: sfere perfette di interazione svarianti a comporre la Storia dell’uomo che lo riporta nel racconto di progressi, cadute e illusioni fantastiche. Con le forze policrome delle facoltà logiche e intuitive insite in lui per natura. Sempre alla ricerca di ciò che l’aveva preceduto: un’atmosfera unica, singolare di per se stessa. Tracce. Così labili da parere pulviscolo di ali di tarma.
    Nutrirci dei frutti succosi sortiti da semi di ere lontanissime, quindi. Consci del nostro appartenere alla medesima pianta spesso vittima d’incuria e disprezzata perché specie tanto nell’oblio da risultare quasi aliena.
    Le opportunità di scelta sono abbondanti. Molto è stato sviscerato, frugato, sezionato. Le testimonianze le abbiamo in tomi e tomi provvisti di note e supernote così copiose da travalicare il testo vero e proprio nella misura della pagina. Molto però aspetta di essere scoperto e riferito: per amore di verità, per etica del rapporto con quanto siamo, con il nostro prodotto derivato da una somma di fattori che non dovrebbero rimanerci oscuri.
    Tra i vari fulcri d’indagine - pur rigogliosi di saggi, di critiche vaste e dotte - esistono tuttora delle zone più vergini, e, pertanto, più allettanti. In quelle lande seducenti e misteriose, gravita il pianeta Bisanzio la cui patina d’oro caldo sta sotto strati di polvere, di rado e troppo distrattamente dispersa. Talvolta con fare da romanzo, lodevole di sicuro ma non ottimale per ovvi motivi di forzature opinabili. Eppure, se solo ci si avvicina alla sacralità del vivere dei Bizantini, se si intuisce la sicurezza metafisica sottesa al loro agire, la ritualità che lo scandiva, l’ottica spirituale che lo illuminava di luce fulgidissima, la valenza educativa e la funzione pragmatica di ogni dettato, la capacità di rendere visibile l’invisibile nell’arte, allora si potrà stabilire un dialogo con personaggi straordinari come il patriarca Fozio, Alessio I Comneno, la figlia Anna, Michele Attaliate, Michele Cerulario. Ermeneutica costruttiva, questa, utile a ristabilire un ordine severo di gesti calibrati e riflessioni attente.   
   Perché, come dice proprio Anna Comnena nel Proemio dell’Alessiade:

    ‹‹Ῥέων ὁ χρόνος ἀκάθεκτα καὶ ἀεί τι κινούμενος παρασύρει καὶ παραφέρει πάντα τὰ ἐν γενέσει καὶ ές βυθὸν ἀφανείας καταποντοῖ ὃπου μὲν οὐκ ἂξια λόγου πράγματα, ὃπου δὲ μεγάλα τε καὶ ἂξια μνήμης, καὶ τά τε ἂδηλα φύων κατὰ τὴν τραγῳδίαν καὶ τὰ φανέντα ἀποκρυπτόμενος. Ἀλλ' ὃ γε λόγος ὁ τῆς ἱστορίας ἔρυμα καρτερώτατον γίνεται τῷ τοῦ χρόνου ῥεύματι καὶ ἳστησι τρόπον τινὰ τὴν ἀκάθεκτον τούτου ῥοὴν καὶ τὰ ἐν αὐτῷ γινόμενα πάντα, ὁπόσα ὑπερείληφε, ξυνέχει καὶ περισφίγγει καὶ οὐκ ἐᾷ διολισθαίνειν εἰς λήθης βυθούς.»

    ‹‹Il Tempo, nel suo scorrere perpetuo e irresistibile, trascina via con sé tutte le cose create, e le sprofonda negli abissi dell'oscurità, siano esse azioni di nessun conto o, al contrario, azioni grandi e degne di essere celebrate, e pertanto, come dice il grande poeta tragico [Sofocle], “porta alla luce ciò che era nascosto e avvolge nell'oscurità ciò che è manifesto”. Ma la Storia è un valido argine contro il fluire del Tempo, e in certo modo costituisce un ostacolo al suo flusso irresistibile e, afferrando con una salda presa quante più cose galleggiano sulla sua superficie, impedisce che scivolino via e si perdano nell'abisso dell'Oblio.››

Icona su lastra d'argento (Collezione privata).

    
    Che è quanto succede e succederà di sicuro ai personaggi e ai fatti di questa inutile guerra scatenata contro l'Ucraina.
    Ci ricorderemo del Presidente russo Putin come ci ricordiamo di altri "attori" del nostro vissuto abbastanza recente. Molti eventi saranno enfatizzati ed altri cancellati.     Resterà lo sconcerto per una sovranità nazionale pesantemente violata, per l'impotenza dell'Europa e del Mondo a fermare un'aggressione assassina, risalterà il dolore per le perdite umane e culturali che si sarebbero potute evitare con la "prudenza", virtù antica a lungo cancellata dai nostri vocabolari istituzionali.
    La esercitiamo adesso, fragilmente paurosi,
mentre un popolo sta morendo e una civiltà viene spazzata via dalla furia iconoclasta, apparentemente inarrestabile. di chi pone il diritto del più forte al di sopra di tutto.
 
¹Anna Comnena: Principessa bizantina (n. 1083-m. 1148 ca.). Primogenita dell’imperatore   Alessio I, contestò il diritto di successione al trono del fratello Giovanni Comneno (1088-1143) e cospirò contro di lui per far salire al trono il marito, Niceforo Briennio  (1062-1137). Di vasta   cultura, scrisse un’opera storica, l’Alessiade, in onore del padre. (Fonte: Enciclopedia Treccani).