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martedì 28 marzo 2023

Poesia / Frammento 44: Meditazione (da Omnia Carmina).

La lirica risale al 1988.
L'ho riscoperta (e leggermente riadattata) questa mattina.
Con gioia.
Già allora, quindi, sentivo prepotente in me l'esigenza della Riflessione profonda.
Era un insostituibile toccasana alla difficoltà dell'esistenza.
Perciò la pratica è continuata con sempre maggiore consapevolezza e beneficio.
Al presente non posso proprio farne a meno.
L'itinerario si è compiuto e perfezionato.

Irene Navarra, Un giorno bianco di neve, Fotografia, Gennaio 2016.

 

Meditazione figlia del silenzio
e della notte e anche del lavoro delle mani.
Giorno di neve uguale terra e cielo
che si condensa
in punti di pensiero
indenni dalle ore.
 
È Lei la mia preghiera.
In Lei mi offro consenziente
alla provocazione del ritroso
che stana il Tempo
ormai sprecato
senza farsi irretire
dai roventi monoliti
del Ricordo.

Fino a sbozzarli 
a colpi duri di scalpello
oppure a riplasmarli 
come se fossero di pasta madre
che sale e sgrava la sostanza prima. 

domenica 27 febbraio 2022

Poesia / Cronaca: L'Inferno (Essere donna).


   Questa Cronaca è frutto di una Meditazione.
    Nata come forma di alleggerimento del clima avvelenato che sto subendo perché non vaccinata (non per ottuso no vaxismo ma per necessità), si è evoluta in modi inusitati. La rabbia determinata dall'assurda situazione attuale, mi ha squassata.
    Di rabbia in rabbia, però, mi sono ritrovata a riflettere sul concetto di discriminazione.
    O separazione imposta che dir si voglia.
    O apartheid, vera e propria, per usare una parola che rappresenti al meglio il mio stato. E quello di quanti devono tollerare ora lo stesso travaglio.
    Me la rigiro in bocca, la parola, temendo di farla uscire.
    Per non darle più concretezza e forza.
    Ho scelto di vivere in assoluta solitudine. Perché solo così posso salvarmi. E non sto a raccontare la mia storia clinica che non è affare di nessuno né, tantomeno, interessante.
    Trascorro un'esistenza in disparte.
    Senza chiedere nulla.
    Tuttavia vengo criminalizzata e schernita da norme lesive della mia dignità.
    Ho seguito la legge.
    Ogni richiesta è stata prodotta. Ogni documento preparato e descritto. Però... tutto viene collocato con me in un Purgatorio da cui sembra che nessuno possa trarmi per restituirmi a una dimensione sociale accettabile.
    Sono prigioniera di decreti generalisti e determinazioni senza senso.
    Pertanto, rimuginando sulla varia congerie di regole limitanti il libero arbitrio, risalgo in spontanea associazione immaginativa alla radice di ogni male per il mio Essere così come sono, e riscopro la Genesi con il mito della creazione di Eva. Che, si badi bene, non c'entra nulla con le imposizioni sanitarie che mi si addebitano, sofferte peraltro come pesi ingiusti. Arretro nel tempo in modo, se vogliamo, un po' folle e astruso, tuttavia utile a farmi traghettare, 
seppur sempre immersa in fumi di dantesca rabbia, verso territori speculativi diversi.
    Di discrimine in discrimine, comunque, recupero situazioni di emarginazione. Da quella sociale e sanitaria odierna a quella di genere dei primordi mitici della storia umana protratta ancora fino ai giorni nostri, e alla culturale patita troppe volte perché donna.
    Sono isolata.
    Sono reclusa.
    Sono esclusa.
    Sono Eva salva da colpe ma ancora condannata a scaturire da una costola dell’uomo, a piegarmi a ordini dal netto sapore penalizzante, ad ascoltare apocalittiche profezie di danni connessi al sottrarmi ai veti istituzionali comminati -udite, udite! - in protezione mia e altrui.
    Delusa, demoralizzata, disgustata aspetto.
    Un qualsiasi cambiamento.

Erik Howle, Adam and Eve, Pixabay.


La mia sostanza è mista dall'origine.
Fui impastata prima con la creta,
ed ebbi corpo di creatura archetipa
tutt'una col suo sesso maschio.
Data la linfa generosa
foriera di generazioni floride 
mi estrassero dal suo costato.
Con me emersero dei rari doni
serbati nella teca di quel grembo
che mi ha resa donna.
E poi mi comandarono parole.
Mai riconosciute.
Una condanna.
Rami spinosi attorno.
Dell'esistenza solo sprazzi
come tessere di pietre
appese al nulla.
    
Non ebbi il diritto di spiegare
che accettavo pur di ritrovarmi a respirare.
Che avrei camminato scalza sopra i vetri
pur di tenere tra le mani
quella mia vita nata da una costola,
quella mia carne-terra desolata
in cui, se scavo fino alle radici
per rintracciare la Ragione,
potrò solo morire.

Inevitabile la scelta:
autoridursi per sgusciare tra le spine,
silenzio per apprendere una lingua da mutante,
bruciare vita già impostata
per vivere davvero.
Sorgendo e risorgendo
dalle ceneri del rogo.

giovedì 16 luglio 2020

Poesia / Percezioni: La strada di malva (Presagio).


Procedendo lungo una strada di malva ti può succedere di tutto. Persino di imbatterti in una magnifica colomba candida che si fa messaggera di segreti altrimenti irraggiungibili. Ti guarda e ti comunica pensieri che senti nella mente come se fossero tuoi. Incredibilmente veri. Così li percepisci. E decidi di fidarti.

Irene Navarra, Una colomba candida / Presagio, Fotografia e grafica, 2017

E poi lungo il cammino viola
apparve una colomba candida
a raccontare storie, fissando
gli occhi tondi dentro i miei.

Disse nel suo linguaggio
di singhiozzi e repentini scatti
che, sì, potevo continuare,
seguire complici presagi
anche se d’oro spento.

Lei era lì per me.

A patto che sentissi ancora
un po’ di la luce, e ci credessi,
e assicurassi - le dita in croce sopra
il cuore – di liberare la speranza.

Così giurai.
E mi sentii leggera.

(Da: Irene Navarra, Percezioni, 16 luglio 2020.)

martedì 14 luglio 2020

Poesia / Percezioni: La strada di malva.


Irene Navarra, La strada di malva, Acquerello e Grafica, 14 luglio 2020.

Dovremmo amare la vastità del cielo, inazzurrarci nella sua anima immortale. E invece ci deturpiamo in distruttive lotte e deturpiamo il mondo di veleni senza antidoti possibili.
In bilico tra terra e cielo seguo una strada di malva e mi adorno di mistici residui: resti di un tempo buono e creature amabili. Se libero ricordi antichi, avrò la mia personale mappa di salvezza in una geografia di primigenie ali angeliche.
Così sia.

La strada di malva come il cielo
e tracce nel colore appena percettibili.
La casa là (forse una chiesa
con croci svanenti dal camino)
s’irradia in fiamma quasi spenta.
Ma non di focolare o di candele.
Di sangue ormai rappreso.
Una’aria rugginosa ha tolto fiato al Sole.
Incombe luce fosca sulle pene
di chi procede avulso dalla vita.
È solo specchio d’ali angeliche
stremate da un oltraggio estremo.

(Raschiare il sacro da ogni cosa
è imperativo categorico
di chi ha soffocato cuore e mente
in cieche formule blasfeme.)

Esigo una natura intatta
che renda agio al volo, al sogno.
Al rosso sfavillante dell’amore puro.
Al mio respiro.

(Da: Irene Navarra, Percezioni, 14 luglio 2020.)

domenica 12 luglio 2020

Poesia / Margini, L'anima clandestina (Il Distacco: Primo e Secondo tempo).


Irene Navarra, L'anima clandestina / Il suo farsi nebbia, Disegno grafico, 2017.


A proposito del mare e della mia anima (clandestina per destino) che a lui ritorna sempre. In "Margini" (B&V Editori) ne racconto la storia vagabonda.

L'anima clandestina / Il Distacco (Primo tempo)

Spiaggia di Cherso detta
dei Ricci, giorno ventisette luglio,
anno duemila, tre del pomeriggio.

All'improvviso
ci fu il Distacco.

La vidi rannicchiata in una
pietra liscia che sembrava
il cavo di un'acquasantiera.
Nella sua nebbia di latte
affondò il muso Emma,
leccandone il sapore.
La riconobbe e si accucciò
serena a contemplare
guizzi di malva intensa
stemperata in oro.
Finché il sole tacque
tra i seni acerbi delle colline,
vinto dallo sciabordio del mare.
  
  
L'anima clandestina / Il Distacco (Secondo tempo)

Avida rapivo
la scintilla
del suo farsi nebbia.

giovedì 16 marzo 2017

Poesia / Derive - Lascio la stanza del brusio perenne.


Distacco. Per un momento.
Irene Navarra, La mia stanza tra le foglie, Disegno grafico, 2017.


Fastidio.
Irene Navarra, Il dominio della Luce, Disegno grafico, 2017.







Autocontrollo
(Settima lezione: sull'apparente che sembra reale)


Lascio la stanza del brusio perenne.
In mulinello le foglie dell'Autunno
mi pagano la gentilezza
del definirle forma
e crepitio del mio pensiero.
Fra poco tornerò nel mio Silenzio
con buona pace della leggerezza,
di questo momentaneo sostare
come in un bozzolo d'insetto minatore
che sa la propria tana vegetale. 

Oh immoto mutamento della mente!
Articolata di equivoci tranelli,
stanca dell'Ombra dalla linfa verde,
tende al dominio della Luce
che gracchia fastidiosa il suo richiamo.

lunedì 13 febbraio 2017

Poesia / Tributo a Marcos Ana (sogno di libertà).


Tributo a Marcos Ana

Fernando Macarro Castillo (Alconada, 20 gennaio 1920 – Madrid, 24 novembre 2016), entrò nelle prigioni franchiste giovinetto e ne uscì uomo maturo. Vi passò ventitré anni (1938 - 1961).
Parlare delle torture inflitte al suo meraviglioso, giovane corpo non mi piace.
Non posso dimenticarmene, ma non mi piace.
Voglio, invece, raccontare la luce della sua anima bella, lo splendore di cui sfolgorava il suo pensiero.
Scriveva parole che s'involavano oltre il buio della cella rendendolo nube mare cielo.
Respirava nella Poesia e per la Poesia.

Ora, di lui ci sono rimasti i preziosi sensi di un vivere autentico.
Attimi dilatati nell'infinità del Tempo.
Semi rigogliosi da coltivare con profondo rispetto.

Tributo a Marcos Ana.
Irene Navarra, Tra le sbarre, la Luce, Disegno grafico, 2017.
- Tributo a Marcos Ana -

L'immagine porta un fiore, allegro di colori e volutamente infantile nel tratto. Simboleggia la Poesia che nessuna sbarra può trattenere e nessuna tenebra può spegnere. Dichiara un Amore intenso per la Vita. Al di là di tutto. E malgrado tutto.


Marcos Ana da giovane.
- laverdadofende.wordpress.com -
(sogno di libertà)

Se un giorno tornerò alla vita
la mia casa non avrà chiavi:
sempre aperta, come il mare,
il sole e l’aria.

Che entrino la notte e il giorno,
la pioggia azzurra, la sera,
il pane rosso dell’aurora;
la luna, mia dolce amante.

Che l’amicizia non trattenga
il passo sulla soglia,
né la rondine il volo,
né l’amore le labbra. Nessuno.

La mia casa e il mio cuore
mai chiusi: che passino
gli uccelli, gli amici,
e il sole e l’aria.

Da: Marcos Ana, Ditemi com’è un albero, Crocetti Editore, 2009.
Traduzione di Chiara De Luca.


Silvia Valenti, Sogno di libertà, Fotografia, 2014.
- Courtesy dell'artista -

(sueño de libertad)

Si salgo un día a la vida
mi casa no tendrá llaves:
siempre abierta, como el mar,
el sol y el aire.

Que entren la noche y el día,
y la lluvia azul, la tarde,
el rojo pan de la aurora;
La luna, mi dulce amante.

Que la amistad no detenga
sus pasos en mis umbrales,
ni la golondrina el vuelo,
ni el amor sus labios. Nadie.

Mi casa y mi corazón
nunca cerrados: que pasen
los pájaros, los amigos,
el sol y el aire.

Da: Marcos Ana, Decidme cómo es un árbol, Umbriel Editores, 2007.

giovedì 17 novembre 2016

Poesia / Derive (Autocontrollo - Terza lezione: sul presente che si fa passato).


Slide per video (Giorno 1).








Giorno
Tre macchie davanti alla mia sedia.
Dalla finestra appena aperta
tre macchie tonde e gialle:
Slide per video (Giorno 2).
limoni di pulviscolo impalpabile
si gonfiano si sfaldano scompaiono.
Riappaiono improvvisi nel fremito
che strappa e ricompone i raggi
al Sole, stracci colanti a volte,
a volte solidissime prigioni.


Notte
Tre macchie come bende di Silenzio
oscure più della parete buia.
Due sopra gli occhi, una sulla bocca
Slide per video (Notte 1).
di chi mi agguata dalle crepe del cemento
e non sa dire. O non sa parlare.


          (Non muovere né un muscolo né un nervo.
        Considerare solo la sembianza viceversa
          che trascolora dalla notte in giorno.
          Riavvolgere la spola.
          Sfatare ogni leggenda di fantasmi
          e maghe azzurre.
          Riconvertire gli attimi in circuiti
          su cui rincorrersi toccando
Slide per video (Notte 2).
          il labile passato nel presente.)

Dal mio Diario lirico Derive (GA, 2009).










E adesso guarda il video.







mercoledì 19 ottobre 2016

Poesia / La lezione di Galileo Galilei.


Irene Navarra, Cecità, Disegno grafico, 2012.

In un momento della mia esistenza, mi ritrovai a brancolare nel buio.
Ero cieca.
Cieca e sofferente.
Come se mi avessero cavato gli occhi con un uncino arroventato.
Mi salvarono la riflessione e Galileo Galilei.
Uno spirito-guida per me.
Sapiente pur senza la luce dello sguardo.
Così ripresi il viaggio.


Cecità e Controcecità

Un poco prima dell’impatto
gusti la sferza carneviva
del cadere libero.

Esaltazione empia nel tuo attimo risibile.

Potresti essere Dio?
Solo intensive.
Come dice il Galilei
dalla radice dei suoi occhi spenti
giustificato alfine da una fede indotta.

E questo invero
ironica /
approfondita /
mente.


20 dicembre 2007 (Sottraendomi all'Inquisizione.)
Da Irene Navarra, Derive / Il Mondo Fuori, GA, 2009.


La mente umana è opera di Dio. Perciò l’uomo può compiere cose stupefacenti nella conoscenza raggiungendo, settore per settore, una profondità sicura che “agguaglia quella divina nella certezza obiettiva”. La differenza tra l’uomo e Dio sta nel fatto che il primo ha capacità solo intensive, Dio invece le possiede sia intensive che estensive.

[…]
Salviati. Molto acutamente opponete; e per rispondere all’obbiezione, convien ricorrere a una distinzione filosofica, dicendo che l’intendere si può pigliare in due modi, cioè intensive o vero extensive: e che extensive, cioè quanto alla moltitudine degli intelligibili, che sono infiniti, l’intender umano è come nullo, quando bene egli intendesse mille proposizioni, perché mille rispetto all’infinità è come uno zero; ma pigliando l’intendere intensive, in quanto cotal termine importa intensivamente, cioè perfettamente, alcuna proposizione, dico che l’intelletto umano ne intende alcune cosí perfettamente, e ne ha cosí assoluta certezza, quanto se n’abbia l’istessa natura; e tali sono le scienze matematiche pure, cioè la geometria e l’aritmetica, delle quali l’intelletto divino ne sa bene infinite proposizioni di piú, perché le sa tutte, ma di quelle poche intese dall’intelletto umano credo che la cognizione agguagli la divina nella certezza obiettiva, poiché arriva a comprenderne la necessità, sopra la quale non par che possa esser sicurezza maggiore.
 […]
Concludo per tanto, l’intender nostro, e quanto al modo e quanto alla moltitudine delle cose intese, esser d’infinito intervallo superato dal divino; ma non però l’avvilisco tanto, ch’io lo reputi assolutamente nullo; anzi, quando io vo considerando quante e quanto maravigliose cose hanno intese investigate ed operate gli uomini, pur troppo chiaramente conosco io ed intendo, esser la mente umana opera di Dio, e delle piú eccellenti.

Da G. Galilei, I due massimi sistemi del mondo, in La prosa, Sansoni, Firenze, 1978, pagg. 361-362.

Cieca cadevo. Mi salvò Galileo.

Per saperne di più sulla mia poesia, Va' al mio sito..
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giovedì 21 aprile 2016

Poesia / Derive (Rimedi - Dimidium animae meae).


Derive.
Esistenziali, naturalmente, quelle di Irene Navarra.
Spirali costanti nella continua combinazione e mutazione degli eventi.
Flussi remoti.
Travolgenti metafore.
Come segni di una nuova cartografia per gli arcipelaghi della mente e dell’anima.
Paradossali ipotesi di salvezza.

(Dalla Prefazione a Derive di Silvia Valenti)

Devo patire anche la vita
in equilibrio da Domino perplesso.
La linea mediana del presente
agìta con passione esuberante
mi porterà a travalicare.
Sfidare.
Superare.
Tutto fuorché sé rassegnare a non
disimpigliare il piede dall'impaccio
mentre l'acqua sale.

Quando ogni giorno della tua vita segue un percorso del tutto indipendente da qualsiasi volontà personale, cerchi dei Rimedi. Scandagliare la propria anima, riconoscendone le ferite, è un buon inizio.

Nell'immagine: Silvia Valenti, Il salto, Fotografia e grafica, 2014 (courtesy dell'artista).

martedì 27 gennaio 2015

Irene Navarra, Derive, Decisione irrevocabile.


Guardare oltre il tramaglio
steso al sole
i cormorani alzarsi in volo. 

Guardare intensamente un punto
di quel rettangolo di rete
che conterrà fra breve
il rapido passaggio,
la macula di piume,
la scia con un profumo
che tu avverti d'alga,
salso e dell'aguglia
appena ingurgitata. 

L'attesa ha mare cielo Sole.
È bianca e blu profondo.
L'attesa è più del fatto in sé. 

E allora guarderò solo l'attesa.

Il senso dell'attesa.
Irene Navarra, Le lunghe ciglia del mio cane, Fotografia e Disegno grafico, 2014.

Guardo l'attesa allora.

Dell'alba nella notte densa, 
del primo risvegliarsi del mio cane,
dello sfiorare quelle palpebre
incolpevoli, dell'affondare
il naso nel suo pelo biondo
e del vedere nello sguardo intatto
l'espandersi gioioso della Luce
se liscio con le dita (piano)
il suo petto di Luna.

mercoledì 19 febbraio 2014

Poetica 2 / Definire per definirmi.



Autoritratto tra passato e presente.


Autoritratto tra Passato e Presente.
Irene Navarra, Definire per definirmi, Disegno grafico, 2011.

Per definire me
non ho bisogno di narrare
amplessi / coiti / farnetiche
abrasioni
di pelle contro pelle
dentro pelle.
Attese dietro porte chiuse
in sottoveste e bocca rossa.
La sigaretta tra le dita.
Le unghie Passion Red.
Non devo trasformarmi
in donna ossessionata
che fantasieggia su accapigli e sessi
scrivendo improvvide quartine.

(Ciò che non fui non sono.)

Non posso ricordare amici
e discussioni conviviali,
tra vino sparso e inchiostro
riciclato a versi. In abbondanza.
Danza.
Su tavoli e banconi d’osteria.
Non ho promiscuità affannosa.

Perché la poesia si è maturata
nel silenzio del mio stare
sola.
A tu per tu con me
si è circoscritta questa rifrazione.
Mi accompagnavano le quantiche
presenze di chi mi suggeriva
Arcani.
Lunghi discorsi
senza muovere le labbra,
lontana dalla carne
e dal suo ruolo.
Amore eterno
che ritrovo ancora.
Quando si schiude
offrendo il suo respiro bianco.
Nudo.


©Irene Navarra, Definire per Definirmi, 26 Ottobre 2011.