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sabato 22 aprile 2023

Critica sociale / Non tutti siamo artisti.



Inediti d'autore tra poesia e graphic art,
Irene Navarra, Joker stanco - v.a.8, disegno grafico su schizzo a matita, 2012.

Chissà perché chi attualmente pubblica libretti di poesia (esaltandoli sui vari social) vuole parlare attraverso le "emozioni del cuore". Lo stesso vale per i pittori, gli scultori, i ceramisti... (tutti autocertificantisi tali) che tendono sempre all'esposizione - virtuale o meno - dei loro frutti.
Non basta però andare a capo per abbozzare testi di un qualche valore lirico.
E nemmeno riempire una tela di segni e pennellate per generare capolavori d'arte.
Tanti, forse inclini alla "come viene viene che viene bene", lo pensano e se ne fanno scudo, sentendosi genuini. E grandi per natura.
Non sono d'accordo. 
La letteratura è una cosa seria.
L'arte anche. 
Gli sfoghi sentimentali, no. 
Se questi sedicenti creativi avessero il buon gusto di ricercare le radici di ciò che credono di poter produrre, spesso "ispirandosi" di qua e di là, se ne accorgerebbero. Si affiderebbero allora, umilmente, alla ricerca e allo scavo, tralasciando per un momento costruttivo l'autocelebrazione del proprio mondo istantaneo, "ingenuo ma tanto genuino". Così si giustificano quanti, senza nessuna preparazione / predisposizione / applicazione nel campo prescelto si sono svegliati una mattina - è irrilevante a quale età  - sentendosi prudere le dita all'idea di raccontare  una storia, dipingere impressioni in modo sincero. 
Oh, più sincero di quello dei pedanti accademici!
Razza da disprezzare, in verità, perché intrisa di convinzioni sull'uso di accenti, virgole, verbi ausiliari di un tipo o di un altro, logica consequenziale, morfologia, sintassi, figure retoriche caratterizzanti, regole di prospettiva, cromie, tecniche specialistiche. Settore per settore.
Eh, sì! A che serve una forma corretta! È la spinta intima che conta! Ci teniamo, forse, a una composizione (armonica o disarmonica) secondo principi eletti? Ma, no.
Via, quindi, con vaneggiamenti privi di capo e di coda, banali senza rimedio. Pagati di tasca propria naturalmente. 
Arte democratica, questa. Così la chiama qualcuno.
Arte da macero, questa. Così la definisco io. 
Una volta riciclata, nell'impasto di libri e tele si potrà, probabilmente, cogliere un principio di Ri-Nascimento solo se capiterà come materia grezza tra le mani di un creativo vero, pronto a farla vivere con caratteri originali e duraturi che nulla hanno a che fare con le "emozioni del cuore" come veicolo unico di appartenenza alla classe dei geni. Con buona pace di chi ha bisogno di un'onda calda invasiva per scrivere o dipingere mentre "banna" il cervello (ammesso che ci sia) con rime in "ore" o croste di colore.
Amen.

Questa critica l'ho scritta qualche giorno fa. Fatta riposare per bene, riletta, rimeditata, la pubblico con l'inedito che accompagnava in origine il mio Joker stanco, una figura intrisa di umorismo pirandelliano, che mi rappresenta al meglio. Anche come trasformista sono annoiata. Non accetto più qualsiasi baggianata per gentilezza di rapporto. Gli arroganti sono incontentabili: ti stringono la mano che porgi in saluto docile per tirarti a loro e divorarti nella convinzione di appropriarsi di brandelli della tua carne alimentata a conoscenza. Proposito che, comunque, non ammetterebbero mai.
Quindi, da Joker stanco eppure ancora desideroso di mantenere l'integrità, comunico che:

Abbiamo sorriso e goduto.
Ci siamo estasiati nel gioco
casuale dei dadi lanciati (da chi?)
per quattro manciate di scorie.
(E l’urlo dei barbari stride,
incalza sui passi più lenti
nel tempo che avanza.)
Sonaglio stonato, il pensiero.
Non voglio più beffe.
Aspetto la spada.

Irene Navarra, Percezioni, 2012.

Qui il mio Joker stanco con Languore alla maniera di Paul Verlaine.                                                                                


giovedì 14 luglio 2022

Critica sociale / La nuova vita di Pippo Setter Inglese.



Irene Navarra, La nuova vita di Pippo, Fotografia.

Eccomi qua. Sono Pippo Magnifico Setter Inglese nel giorno del mio compleanno. Oggi, 14 Luglio 2022, ne conto ben undici. Di questi, nove li ho passati in un allevamento di proprietà di un veterinario. Come animale da riproduzione. Quell'essere senza cuore mi ha rubato la giovinezza e la gioia. Tutto era cupo, monotono, doloroso nel suo mondo tristissimo.
La fame e la sete mi devastavano.
I pochi peli che avevo sul petto me li strappavo a bocconi. Per noia, credevo. Per stress, mi ha confidato poi un comportamentalista.
Gli occhi mi bruciavano come il fuoco. Ed erano rossi. Rossi come l'inferno.
Ormai allo stremo della sopportazione, mi stavo lasciando andare.

Finché lui, il mio padrone, decide che ero troppo vecchio per ciò a cui mi aveva destinato e mi "regala" a un canile. Un buon canile dove pensavo di finire i miei giorni.
Mi ci ero rassegnato.

E invece proprio là arriva lei, la mia Irene capelli d'argento, la mia fata di speranza e amore.
Arriva tutta vestita di chiaro, con un sorriso buono e le mani colme di carezze.
Arriva e mi porta via.
Correva l'anno 2020. Si era a novembre. Il giorno 20.
Così comincia la mia storia di dormite sul divano della stube (la mia testa sotto la sua ascella destra); di uscite in giardino per pipì anche cinque volte la notte (con una sciarpa di lana sulla pancia perché non prendessi freddo); di corse dai vari veterinari specialisti in questo o in quello; di fotografie della pupù, che era sempre piena di sangue, da mandare alla dolce doc. Michela; di ricerche al pc sulle mie patologie fisiche e psicologiche; e... di lunghe passeggiate in campagna; di escursioni olfattive sul campo da golf del Castello di Spessa; di giochi; di pappa deliziosa con tanta verdura d'orto.
Di Vita insomma.
Di Vita vera da cane vero, veramente amato. 
Ancora non ci credo. Ogni tanto sbatto gli occhi, che adesso non fanno più male e mi dico: Quando li riapro, tutto questo svanirà. E invece no! Le mie ciotole sono in cucina, la mia poltrona davanti al caminetto, il mio divanetto Frau in salone, il mio letto, i miei tappeti... Tutto riappare fulgido e pulito al solito posto.
Che sollievo!
Di conseguenza, adesso che sono abbastanza tranquillo sul mio futuro, posso occuparmi dei miei simili, ricordando agli umani che non siamo più oggetti d'uso quotidiano!
Siamo finalmente esseri senzienti tutelati dalla Costituzione. Me l'ha spiegato la mia Irene capelli d'argento. Ora nel Codice Penale entriamo anche noi come creature con sentimenti. Creature che soffrono.

Il reato di maltrattamento di animali (cito dai sacri testi su indicazione di Irene) è inserito nell’ambito del nuovo Titolo IX Bis “Dei delitti contro il sentimento per gli animali” ed è disciplinato dall’art. 544-ter del Codice penale, che punisce "Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale".
E altro ancora che non sto qui a dirvi. Basta questo per il momento. Nella fiducia che le forze dell'ordine, allorché allertate, facciano il loro dovere.
Essendo un cane ottimista, mi auguro che NESSUNO SI GIRI DALL'ALTRA PARTE.
Capito? Nessuno deve girarsi dall'atra parte davanti a un animale che patisce per mano o mente umana. Sì. Quanto affermo ha una motivazione: non esistono solo le torture fisiche, anche le psicologiche ci distruggono. Forse maggiormente. Io ne so qualcosina.
Mi auguro inoltre che non sia chi segnala situazioni di dolore e disagio per i miei simili a essere tormentato dalla legge, mentre chi tormenta si salva, facendosi vittima innocente.
BauAmen.
Parola di Pippo, alla buon'ora Magnifico Setter Inglese.
P.S.: Nella fotografia del post sono naturalmente io che, dalla mia macchina decappottabile, gioisco del meraviglioso paesaggio attorno.


Vi richiamo anche qualche post del mio predecessore Pablo Golden Retriever, caporedattore per parecchi anni di questo Blog:
E vi lascio il ricordo del mio primo intervento. A quell'epoca mi stavo illudendo, ma non ero ancora sicuro di niente:


domenica 27 febbraio 2022

Poesia / Cronaca: L'Inferno (Essere donna).


   Questa Cronaca è frutto di una Meditazione.
    Nata come forma di alleggerimento del clima avvelenato che sto subendo perché non vaccinata (non per ottuso no vaxismo ma per necessità), si è evoluta in modi inusitati. La rabbia determinata dall'assurda situazione attuale, mi ha squassata.
    Di rabbia in rabbia, però, mi sono ritrovata a riflettere sul concetto di discriminazione.
    O separazione imposta che dir si voglia.
    O apartheid, vera e propria, per usare una parola che rappresenti al meglio il mio stato. E quello di quanti devono tollerare ora lo stesso travaglio.
    Me la rigiro in bocca, la parola, temendo di farla uscire.
    Per non darle più concretezza e forza.
    Ho scelto di vivere in assoluta solitudine. Perché solo così posso salvarmi. E non sto a raccontare la mia storia clinica che non è affare di nessuno né, tantomeno, interessante.
    Trascorro un'esistenza in disparte.
    Senza chiedere nulla.
    Tuttavia vengo criminalizzata e schernita da norme lesive della mia dignità.
    Ho seguito la legge.
    Ogni richiesta è stata prodotta. Ogni documento preparato e descritto. Però... tutto viene collocato con me in un Purgatorio da cui sembra che nessuno possa trarmi per restituirmi a una dimensione sociale accettabile.
    Sono prigioniera di decreti generalisti e determinazioni senza senso.
    Pertanto, rimuginando sulla varia congerie di regole limitanti il libero arbitrio, risalgo in spontanea associazione immaginativa alla radice di ogni male per il mio Essere così come sono, e riscopro la Genesi con il mito della creazione di Eva. Che, si badi bene, non c'entra nulla con le imposizioni sanitarie che mi si addebitano, sofferte peraltro come pesi ingiusti. Arretro nel tempo in modo, se vogliamo, un po' folle e astruso, tuttavia utile a farmi traghettare, 
seppur sempre immersa in fumi di dantesca rabbia, verso territori speculativi diversi.
    Di discrimine in discrimine, comunque, recupero situazioni di emarginazione. Da quella sociale e sanitaria odierna a quella di genere dei primordi mitici della storia umana protratta ancora fino ai giorni nostri, e alla culturale patita troppe volte perché donna.
    Sono isolata.
    Sono reclusa.
    Sono esclusa.
    Sono Eva salva da colpe ma ancora condannata a scaturire da una costola dell’uomo, a piegarmi a ordini dal netto sapore penalizzante, ad ascoltare apocalittiche profezie di danni connessi al sottrarmi ai veti istituzionali comminati -udite, udite! - in protezione mia e altrui.
    Delusa, demoralizzata, disgustata aspetto.
    Un qualsiasi cambiamento.

Erik Howle, Adam and Eve, Pixabay.


La mia sostanza è mista dall'origine.
Fui impastata prima con la creta,
ed ebbi corpo di creatura archetipa
tutt'una col suo sesso maschio.
Data la linfa generosa
foriera di generazioni floride 
mi estrassero dal suo costato.
Con me emersero dei rari doni
serbati nella teca di quel grembo
che mi ha resa donna.
E poi mi comandarono parole.
Mai riconosciute.
Una condanna.
Rami spinosi attorno.
Dell'esistenza solo sprazzi
come tessere di pietre
appese al nulla.
    
Non ebbi il diritto di spiegare
che accettavo pur di ritrovarmi a respirare.
Che avrei camminato scalza sopra i vetri
pur di tenere tra le mani
quella mia vita nata da una costola,
quella mia carne-terra desolata
in cui, se scavo fino alle radici
per rintracciare la Ragione,
potrò solo morire.

Inevitabile la scelta:
autoridursi per sgusciare tra le spine,
silenzio per apprendere una lingua da mutante,
bruciare vita già impostata
per vivere davvero.
Sorgendo e risorgendo
dalle ceneri del rogo.

martedì 2 febbraio 2021

Critica sociale / Io sono Pippo e guardo l'orizzonte.

Qui si parla di un cane che, dopo molti anni vissuti da recluso innocente per scopi di riproduzione, ha trovato la dimensione dignitosa e colma di letizia che gli spetta di diritto.

Irene Navarra, Io sono Pippo e guardo l'orizzonte, Fotografia, 2 febbraio 2021.

Salve. Sono Pippo, il Magnifico Setter di Irene.
Lei mi dice: Sei splendido. E aggiunge che ho le orecchie più belle dell'universo. Io incomincio a crederle. In nove anni e mezzo di vita nessuno me l'aveva mai fatto notare. Lei sì. Mi ha sistemato davanti a uno specchio, me le ha pettinate con le mani alzandomele un poco e me l'ha detto.
Chiuso nella mia gabbia da riproduzione, avevo poco da imparare.
Cemento, sbarre. Sbarre e cemento.
Le carezze non sapevo che fossero.
E non pensavo proprio di avete un manto morbido come il cachemire. Me l'ha spiegato Irene, spazzolandomi, cos'è il cachemire: una lana pregiatissima che sembra seta al tatto (parole sue). Bene, mi pare una buona qualità per un vecchietto di nove anni e mezzo che ha mangiato sempre crocche. Crocche rifiutate due giorni dopo aver messo zampa nella mia nuova casa. Ero convinto che il cibo dovesse essere saporito e vario. Non avevo torto. Lei si è messa subito ai fornelli. E io sono finalmente sazio e soddisfatto.
Un passo alla volta, quindi, sto capendo che al di là dell'allevamento c'è altro: spazi aperti e tanto cielo con stormi di uccelli in volo, e tanti prati verdi. E campagna e paesaggi sempre diversi. Li vedo dalla mia cuccia sul sedile posteriore delle macchine di famiglia. Davanti agli occhi mi si è aperto un mondo in cui mi piace spingere lo sguardo.
Fin dove posso.
Da quando vivo con Irene io cammino in posti pieni di fascino per un cacciatore come me, e guardo l'orizzonte.
Proprio da lì mi è arrivata la gioia.
Il vento me lo sussurrava e io ci ho confidato con tutta la forza del mio nobile cuore di cane.
Non ho mai perso la speranza.
Adesso me la godo, finalmente, questa mia esistenza.
E scodinzolo anche mentre dormo. Lo so. Me lo racconta con un sorriso la mia Irene. Che mi canta (già, lei canta sempre) la Bellezza dell'Amore. 

P.S.: il precedente collaboratore del Blog di Irene, Pablo golden retriever, parlava con schiettezza e denunciava apertamente il maltrattamento dei suoi simili. Io pure amo la sincerità ma sono alquanto compassato di carattere. Per ciò che riguarda i rapporti, almeno. Ne ho viste troppe in questi anni! Pertanto criticherò senz'altro la meschinità di chi non ha rispetto per gli animali ma in modo meno smaccato. Mi auguro con soffice leggerezza.

Irene Navarra, Il Divino Pablo, Fotografia e Grafica, 2016.

venerdì 20 marzo 2020

Pablo golden retriever ammonisce gli umani.


Non abbandonate i miei simili.
Non diffondono il coronavirus. Lo dice la scienza, non lo dico io.
Io dico: tenetevi strette le vostre creature a quattro zampe.
Potrebbero salvarvi dall'impazzire per isolamento.
Credetemi. Sono un cane anziano che ha molto sofferto e imparato sulla sua pelle.

Parola di Pablo golden retriever e della sua compagna Irene. 

Irene Navarra, Pablo severo critico, FotoInstagram, 2016.



lunedì 1 gennaio 2018

Critica sociale / Pablo golden retriever biasima chi non guarda negli occhi i suoi simili (leggendo George Orwell).



Sono Pablo, il golden retriever di Irene. Sto riflettendo sullo stato dei miei simili meno fortunati di me. In generale oggi vi dico che nessuno ci guarda per davvero. L’ho imparato nelle precedenti famiglie in cui sono sopravvissuto per miracolo e dai veterinari che mi hanno visitato senza arrivare all’osso dei miei problemi.
Mi chiedo: che cosa dobbiamo inventarci per essere considerati creature che provano emozioni a tutti gli effetti? Tentiamo con la cultura. Quella da intellettuali noiosi.
Qualche giorno fa, durante la solita passeggiata pomeridiana in campagna, Irene mi ha parlato di George Orwell e del suo libro “La fattoria degli animali” in cui gli animali riescono ad averla vinta sugli uomini. Scritto nel 1945 ma ancora utile – dice lei –. Dal punto di vista degli animali spero – penso io –. Premettendo quanto mi ha spiegato, cioè che il racconto è una critica in forma metaforica contro il totalitarismo (?), il culto della personalità, il travisamento della realtà da parte del potere, e fermo restando che il mio cervello di cane ha capito solo in parte le sue parole, mi è piaciuta molto una massima recitata dai protagonisti (maiali, pecore, cani…): “quattro gambe buono, due gambe cattivo!”. Tra i buoni ci sono comunque anche gli alati, malgrado le due zampe.
Questo post si ispira, dunque, allo scabroso tema del rapporto tra i due gambe responsabili del nostro benessere e noi medesimi.
I bipedi credono di capirci toccandoci.
Così ci girano, rigirano, sondano, palpano ma sempre senza guardarci negli occhi. Decidono con un paio di strisciate di polpastrelli sul nostro corpo, se stiamo bene o male. In seconda battuta d’indagine (eh, sì! siamo COSE da analizzare con distacco) ci offrono un biscotto. Se non lo accettiamo significa che qualcosa non va, se invece lo accettiamo, è tutto ok. E noi, per lo più, lo accettiamo. Non perché siamo stupidi, bensì perché spesso abbiamo fame e poi perché ci sembra che crei un contatto che speriamo continui.
Usciti di casa loro, però, gli investigatori oggettivi del nostro stato – volontari, cinovigili, veterinari e chi più ne ha più ne metta –, oplà! eccoci di nuovo fuori. Via da sotto il sedere la cuccia calda in cucina che ci pareva un sogno, niente più coccole, bocconcini, sguardi similaffettuosi.
Niente di niente.
Ritorna il solito vuoto.
E una scatola di cartone fradicio per contenitore che ci isoli dal gelo del cemento su cui ci costringono. Questo d’inverno. Immaginatevi il contrario d’estate. FUORI! ci urlano, mentre i nostri occhi prima brillanti di speranza si coprono di nuovo di una patina inespressiva e, strascicando le nostre quattro gambe, recuperiamo la consueta, amara solitudine.
Ritorna, quindi, il tran tran uggioso col suo carico di freddo intenso, umidità marcia o caldo torrido che sia.
Viviamo in un imbuto di trascuratezza.
Allora, voi capocce di granito e cuori di ferro ruggine che non siete altro, voi bipedi che non ci meritate, lasciate la vostra supponenza per un momento e guardateci negli occhi.
Vi sveleremo misteri ineguagliabili.
Noi cani, l’enigma del creato lo conosciamo d’istinto.

domenica 10 dicembre 2017

Critica sociale / I cani: cose o esseri senzienti? Pablo golden retriever dice la sua.


Irene Navarra, Pablo e Thundog, Fotografia, 2017.

Ciao, gente. Sono sempre Pablo, il golden retriever ormai parte integrante della Redazione del blog di Irene. Passeggiando insieme nel fuoco acceso del tramonto dell'altro ieri, oltre a descrivermi la scena cromatica che noi cani possiamo solo immaginare, Lei mi ha narrato la storia di un fuoco vero scoppiato fra il 5 e il 6 dicembre 2007 nella fabbrica Thyssen di Torino. Era un fuoco che uccideva. Orribile. Il solo pensarci mi incenerisce il pelo. Di tutta l’atroce vicenda assolutamente indimenticabile mi ha emozionato in positivo scoprire il nome di chi procurò giustizia alle sette vittime del rogo e alle loro famiglie: il pm Raffaele Guariniello. Lo stesso che ha vegliato sul Codice di diritto animale pubblicato nel luglio scorso.
Raffaele Guariniello: uno straordinario conoscitore delle leggi e, per di più, animalista. Che meraviglia! Dovremmo essere in una cuccia di ferro, dunque, se capiti e protetti da un uomo di tanta coscienza. Con un simile guardiano, siamo a posto.
E invece no!
Nessuno lo ascolta, mi dice Irene. I politici che si riempiono la bocca di promesse, evitano di citarlo per non rovinarsi le spiritose invenzioni elettorali. Vogliono fare propri i traguardi da lui raggiunti? E ciò mentre gli specialisti, che dovrebbero occuparsi del nostro benessere, sanno poco o niente delle normative vigenti. Per loro basta che un cane abbia un po’ d’ombra d’estate ed è tutto ok.
Pfui! sbavo io.
Non ci guardano nemmeno negli occhi, quando vengono a verificare se siamo trattati bene o male, se abbiamo acqua e cibo, la sacrosanta passeggiata, la compagnia dei nostri fratelli umani e non, l’affetto carezzevole di cui abbiamo bisogno.
Per loro siamo cose.
Cose che si muovono, ma cose.
Mi chiedo: sono nati così stupidi?
Qualche anno fa, durante una crociera con i miei, nella Marina di Cherso in Croazia ho conosciuto il gatto Saro. Beveva solo acqua freschissima e con un rametto di rosmarino che ci pescava dentro. Altrimenti nisba! Il suo compagno bipede era perennemente in ansia. A ogni scalo, sbarcava precipitosamente e iniziava la cerca necessaria della pianta aromatica gradita al suo quattro zampe. Lo faccio con gioia e dedizione, ci dichiarò.
Saro era una cosa un po’ particolare. Già! Una cosa pretenziosa. Esprimeva una sua volontà.
Beh, amici lettori, il mio guinzaglio non si è mai sottratto al mio collo, il tappeto della sala di casa non si è mai ritirato dalle mie chiappe, i lampioni in giardino non hanno mai rifiutato il getto poderoso del mio pisello!
Considerata, quindi, l’evidenza, chiara anche a un bambino, mi pare davvero arrivato il tempo di smetterla con le scemenze su di noi.
Abbiamo occhi di pietra, zampe di legno, mantello di plastica riciclata, per caso? Ci trascinate su un carretto con le ruote? Ci prendete per chincaglieria? Addobbi come i nani da giardino? Esemplari del bestiario Thun?
Quanto ci vuole per farsene una ragione del fatto che siamo esseri senzienti?
Raffaele Guariniello l’ha scritto nell’Introduzione al Codice. Io continuo a sbandierarlo.
Chissà, a forza di dai e dai anche le capocce cocciute degli umani che ci pensano schiavi destinati a essere comprati / venduti, affidati / adottati si apriranno per comprendere questi buoni semi di verità.
Parola di Pablo golden retriever, grande esperto di maltrattamento psico-fisico, visto che ho cambiato quattro famiglie in quattro anni di vita. Abbandonato senza aver fatto nulla di male! E dire che ero proprio un bravo cane: tenevo la pipì anche per sedici ore di fila e ripulivo la cucina mangiando dal secchio dell’umido perché nessuno si ricordava di darmi la pappa. Quasi trasparente dalla magrezza, forse non mi vedevano.
Sì, ero proprio un bravo cane. Eppure…

Adesso ancora una volta le parole di Raffaele Guariniello tratte dall'Introduzione al Codice di diritto animaleRepetita iuvant! esclama sempre Irene con piglio da professoressa. Io le do fiducia e ve le ripropongo prendendole dal post Esistere malgrado del 29 novembre scorso.
«Nel nostro Paese, le norme a tutela dei diritti degli animali possono e debbono essere ulteriormente rafforzate ma già oggi impongono interventi potenzialmente efficaci. Oggi, a differenza di ieri, fare giustizia non vuol più dire occuparsi soltanto di criminalità in danno dell'uomo. Oggi vuol anche dire proteggere la vita, l'integrità, il benessere, la dignità degli animali. Sorprende, da questo angolo visuale, ed è deleteria, la scarsa diffusione tra gli operatori dei principi che governano la protezione degli animali sul piano internazionale e nazionale. Il fatto è che non basta avere buone leggi di facciata scritte sulla carta. Ed è purtroppo la larga disapplicazione delle norme vigenti uno dei fenomeni che più caratterizzano l'Italia e non solo l'Italia. In alcune zone del nostro Paese, i processi penali per reati lesivi degli animali proprio non si fanno, mentre in altre zone si fanno, ma spesso con una tale lentezza che prima di arrivare al verdetto finale si concludono con la prescrizione del reato. La conseguenza è devastante. Si diffonde nella sostanziale indifferenza di pur autorevoli istituzioni un senso d'impunità, l'idea che le regole ci sono, ma che si possono violare senza incorrere in effettive responsabilità. E si diffonde un altrettanto devastante senso di giustizia negata.»

lunedì 4 dicembre 2017

Critica sociale / Considerazioni di Pablo golden retriever sulla mala detenzione dei suoi simili.


Irene Navarra, Pablo severo critico, FotoInstagram, 2016.

Eccomi qua. Sono ancora Pablo, il golden di Irene, la fondatrice di questo blog. Mi preme di fare un annuncio a voi umani pseudo salvatori di cuccioli indifesi che non chiedono nulla tranne un po’ di rispetto (ve lo abbaio forte e chiaro): volete amarli o no questi i cani che adottate, magari facendoli arrivare dal Centro e dal Sud del nostro Paese, sicuri di render loro un favore? Malsani soggetti che non siete altro! Ma vi rendete conto che segregarli in un giardino considerandoli rifiuti degni solo di diventare concime per la terra non è propriamente ben detenerli? E che pensare, poi, di chi – volontario o meno – (e sui volontari avrei la mia da raccontare) ci consegna con poca accortezza, non indaga, non conosce le leggi giuste, non le applica, non intende ammettere che siamo esseri senzienti, crede che ci bastino un po’ d’acqua e ombra, fa finta di non capire gli errori commessi e, nel momento in cui realizza di averci affidati a dei disgraziati insensibili, si rifiuta di rimediare?
Io parlo a buon diritto.
Così infatti ero stato trattato dai precedenti miei tre padroni. Mi avevano dimenticato: chi in un cortile sporco, chi in un garage, chi in un buco di locale dove me ne stavo chiuso anche per sedici ore di fila e se mi scappava la pipì e la facevo contro una pianta o un angolino... Non oso ricordare quanto succedeva.
Mai una carezza.
Mai una passeggiata.
Solo clausura, clausura, clausura. E brutti modi a brutto muso. Concerti per voce urlata e swisc di cinghia.
Finché è arrivata Lei.
Ha teso la mano con le lacrime agli occhi, ha preso la misera corda che era il mio guinzaglio e mi ha portato via. Nella sua casa profumata di pappa buona e amore. Tanto amore.
Allora, degenere possessore di cani che non capisci niente della nostra natura socievole e gioiosa, del bisogno di compagnia, di quanto soffriamo il freddo intenso dell’inverno e il caldo torrido dell’estate nelle "comode cucce di plastica" comperate per accoglierci in crudele solitudine, ti venga pure "la pivida in tel cul e un paneriz per dedo che no te possi gratartela"! Scusate la volgarità del detto triestino imparato nei vagabondaggi di famiglia in famiglia prima dell'incontro con la mia Irene ma, quando penso alla bassezza di certe condotte contro di noi, creature a quattro zampe e coda allegra, è l'unica maledizione che mi venga in mente.
Neppure molto cattiva, mi pare.
Io avevo quattro anni e mezzo e nemmeno quindici chili quando Irene mi ha preso con sé.
Sembravo appena uscito da un lager nazista.
Mangiavo immondizie rovesciando il secchio dell'umido.
E non aggiungo particolari.
Non vorrei nausearvi.
Sono troppo buono.
Quindi: in bocca al lupo per essere divorati, ai cattivi. Per essere protetti, ai buoni.
E adesso leggetevi questo post con la meravigliosa Ode al cane del mio omonimo Pablo Neruda. Lui sarebbe felice delle mie parole. Lo so. Era un animalista vero.

Un'ultima, importante nota: esiste il Codice di diritto animale che può aiutare gli operatori del settore. Consultatelo, per favore. E riguardatevi anche Poesia / Le solitudini delle case 5 (Esistere malgrado), ovvero l'articolo della mia Irene che ne tratta.