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sabato 22 aprile 2023

Critica sociale / Non tutti siamo artisti.



Inediti d'autore tra poesia e graphic art,
Irene Navarra, Joker stanco - v.a.8, disegno grafico su schizzo a matita, 2012.

Chissà perché chi attualmente pubblica libretti di poesia (esaltandoli sui vari social) vuole parlare attraverso le "emozioni del cuore". Lo stesso vale per i pittori, gli scultori, i ceramisti... (tutti autocertificantisi tali) che tendono sempre all'esposizione - virtuale o meno - dei loro frutti.
Non basta però andare a capo per abbozzare testi di un qualche valore lirico.
E nemmeno riempire una tela di segni e pennellate per generare capolavori d'arte.
Tanti, forse inclini alla "come viene viene che viene bene", lo pensano e se ne fanno scudo, sentendosi genuini. E grandi per natura.
Non sono d'accordo. 
La letteratura è una cosa seria.
L'arte anche. 
Gli sfoghi sentimentali, no. 
Se questi sedicenti creativi avessero il buon gusto di ricercare le radici di ciò che credono di poter produrre, spesso "ispirandosi" di qua e di là, se ne accorgerebbero. Si affiderebbero allora, umilmente, alla ricerca e allo scavo, tralasciando per un momento costruttivo l'autocelebrazione del proprio mondo istantaneo, "ingenuo ma tanto genuino". Così si giustificano quanti, senza nessuna preparazione / predisposizione / applicazione nel campo prescelto si sono svegliati una mattina - è irrilevante a quale età  - sentendosi prudere le dita all'idea di raccontare  una storia, dipingere impressioni in modo sincero. 
Oh, più sincero di quello dei pedanti accademici!
Razza da disprezzare, in verità, perché intrisa di convinzioni sull'uso di accenti, virgole, verbi ausiliari di un tipo o di un altro, logica consequenziale, morfologia, sintassi, figure retoriche caratterizzanti, regole di prospettiva, cromie, tecniche specialistiche. Settore per settore.
Eh, sì! A che serve una forma corretta! È la spinta intima che conta! Ci teniamo, forse, a una composizione (armonica o disarmonica) secondo principi eletti? Ma, no.
Via, quindi, con vaneggiamenti privi di capo e di coda, banali senza rimedio. Pagati di tasca propria naturalmente. 
Arte democratica, questa. Così la chiama qualcuno.
Arte da macero, questa. Così la definisco io. 
Una volta riciclata, nell'impasto di libri e tele si potrà, probabilmente, cogliere un principio di Ri-Nascimento solo se capiterà come materia grezza tra le mani di un creativo vero, pronto a farla vivere con caratteri originali e duraturi che nulla hanno a che fare con le "emozioni del cuore" come veicolo unico di appartenenza alla classe dei geni. Con buona pace di chi ha bisogno di un'onda calda invasiva per scrivere o dipingere mentre "banna" il cervello (ammesso che ci sia) con rime in "ore" o croste di colore.
Amen.

Questa critica l'ho scritta qualche giorno fa. Fatta riposare per bene, riletta, rimeditata, la pubblico con l'inedito che accompagnava in origine il mio Joker stanco, una figura intrisa di umorismo pirandelliano, che mi rappresenta al meglio. Anche come trasformista sono annoiata. Non accetto più qualsiasi baggianata per gentilezza di rapporto. Gli arroganti sono incontentabili: ti stringono la mano che porgi in saluto docile per tirarti a loro e divorarti nella convinzione di appropriarsi di brandelli della tua carne alimentata a conoscenza. Proposito che, comunque, non ammetterebbero mai.
Quindi, da Joker stanco eppure ancora desideroso di mantenere l'integrità, comunico che:

Abbiamo sorriso e goduto.
Ci siamo estasiati nel gioco
casuale dei dadi lanciati (da chi?)
per quattro manciate di scorie.
(E l’urlo dei barbari stride,
incalza sui passi più lenti
nel tempo che avanza.)
Sonaglio stonato, il pensiero.
Non voglio più beffe.
Aspetto la spada.

Irene Navarra, Percezioni, 2012.

Qui il mio Joker stanco con Languore alla maniera di Paul Verlaine.                                                                                


lunedì 1 giugno 2020

Poesia / Identità.


Oggi mi sono ritrovata.
Nella Poesia.
Che è mio motivo conduttore di Vita vera sin da quando avevo pochi anni.
Ho pensato per molto tempo di poterci rinunciare.
Forse volevo rifiutare il suo toccarmi l'anima e il corpo.
Per una forma di autopunizione, autolimitazione, o preparazione a passi successivi più essenziali.
Con forza immensa, però, mi si è reinstallata dentro.
Mi sta abitando di nuovo.
Ne sono felice.
Al di là di Lei, lo so, c'è solo il Niente.
Resto con Lei, dunque.




domenica 2 aprile 2017

Poesia / La terra, la visione - Il passaggio della cometa (Annotazione a margine 2).

Questa, in calce, è l'Annotazione a margine lirica che suggella la raccolta La terra, la visione realizzata in collaborazione con l'artista Roberto Faganel. Introdotta da una splendida Critica di Silvia Valenti, narra le bellezze del Friuli Venezia-Giulia, la mia amata regione.

E sulla destra la casa di nascita di Carlo Michelstaedter.
Roberto Faganel, Il passaggio della cometa (Gorizia), olio su tela, 1997, cm 165 x 250.

Svelto appartarsi nella propria teca,
scavare un po’ di più,
rincantucciarsi attonito degli astri
a quel trascorrere da diva
quando sorvola algida
occhi appuntati alla sua scia,
bocche dischiuse per l’incanto. 

Stelle filanti fanno ala
e piovono dal trepido broccato.
Lampioni nel lago della piazza.
Il loro alone danza tetti abbacinati
che contano le lucciole impreviste.

Qualche cartiglio cosmico s’intrica
ai rami nudi scendendo dal Castello.
Faville rimbalzano tra gli embrici,
scartano cornicioni,
sgroppano le grondaie,
con testacoda lungo i davanzali
slittano sul selciato.
Scatenano gazzarre di paillettes
nell’oro disinvolto di Gorizia.
Sotto l’aureola sgargiante
di Sant’Ignazio.

mercoledì 29 marzo 2017

Poesia / La terra, la visione - La tavolozza del creato (Annotazione a margine 1).


La lirica e il dipinto dell'artista Roberto Faganel rappresentano la parte finale del libro La terra. la visione che abbiamo realizzato uniti dallo stesso sentire. Introdotto da una splendida Critica di Silvia Valenti, narra le bellezze del Friuli Venezia-Giulia, la nostra amata regione.
In questo testo poetico, voluto dallo stesso pittore come "Illustrazione a parole" dell'opera nell'immagine, interpreto l'entusiasmo di chi crea nel momento sublime dell'ispirazione. 

Forse nei fiori della Primavera
resta la somma dell’enigma
che ci trascina fuori
dal silenzio come roccia
e ci fa scrivere
dipingere
la gamma dei colori
i loro suoni
strappandoli da labbra di sirene
spalmando per rivelazioni
da spaccatura di sipario
sopra il quadrato tela/carta
di un personale istante
il suo miracolo.

Del Sublime.
Roberto Faganel, La tavolozza del creato, olio su faesite, 2008, cm 60 x 60.
- Collezione privata -

E ora il video.



venerdì 25 novembre 2016

Poesia e Arte / Paesaggi metaforici (Il tempo della Pietra).


Il tempo della Pietra
si apre quando non sospetti
e passi fiducioso da un Va' a un Vieni
un po' appannato di Distanza.

Credi di aver stornato tutti i mali
con la saggezza della tua esperienza
molteplice varia spesso dolorosa.
Dai per scontato che la vita
è turbine di foglie già appassite
con qualche lucciola privata delle ali
ma pronta a regalare
una parvenza sconvolgente di speranza.

Credi. E non vuoi sentire
lo sfrigolio del Fuoco (che ti accendeva
e che ti accende sempre più di rado)
sul bordo sempre più tagliente
della tua anima di selce.


Da Dettagli, Edizioni della Laguna, 2005.

Irene Navarra, Il tempo della Pietra, Disegno grafico, 2016.

E ora le parole di Anna Achmàtova. Nel poemetto Requiem (1935 - 1940) racconta il suo dolore e la rabbia per la prigionia del figlio Lev, dando così voce alle molte madri che, in livido silenzio, davanti al carcere di Leningrado continuavano ad aspettare qualche notizia sulla sorte dei loro cari.


In luogo di prefazione

Negli anni terribili della ežóvščina [terrore staliniano] ho passato diciassette mesi in fila davanti alle carceri di Leningrado Una volta qualcuno mi “riconobbe”. Allora una donna dalle labbra livide che stava dietro di me e che, sicuramente, non aveva mai sentito il mio nome, si riscosse dal torpore che era caratteristico di noi tutti e mi domandò in un orecchio (lì tutti parlavano sussurrando): 
- Ma questo lei può descriverlo?
E io dissi:
- Posso.
Allora una sorta di sorriso scivolò lungo quello che un tempo era stato il suo volto.

Leningrado, primo aprile 1957.

[...]

III.

No, non sono io, è qualcun altro che soffre.
Io non potrei essere così, ma ciò che è accaduto
neri drappi lo coprano,
e portino via le lanterne...
   Notte.

[...]

VII.

La sentenza

E sul mio petto ancora vivo
piombò la parola di pietra.
Non fa nulla, vi ero pronta,
in qualche modo ne verrò a capo.

Oggi ho da fare molte cose:
occorre sino in fondo uccidere la memoria,
occorre che l’anima impietrisca,
occorre imparare di nuovo a vivere.

Se no... Oltre la finestra
l’ardente fremito dell’estate, come una festa.
Da tempo lo presentivo:
un giorno radioso e la casa deserta.

Estate 1939. Casa della Fontanka.