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Irene Navarra, Pablo e Thundog, Fotografia, 2017. |
Ciao, gente. Sono sempre Pablo, il golden retriever ormai parte integrante della Redazione del blog di Irene. Passeggiando insieme nel fuoco acceso del tramonto dell'altro ieri, oltre a descrivermi la scena cromatica che noi cani possiamo solo immaginare, Lei mi ha narrato la storia di un fuoco vero scoppiato fra il 5 e il 6 dicembre 2007 nella fabbrica Thyssen di Torino. Era un fuoco che uccideva. Orribile. Il solo pensarci mi incenerisce il pelo. Di tutta l’atroce vicenda assolutamente indimenticabile mi ha emozionato in positivo scoprire il nome di chi procurò giustizia alle sette vittime del rogo e alle loro famiglie: il pm Raffaele Guariniello. Lo stesso che ha vegliato sul
Codice di diritto animale pubblicato nel luglio scorso.
Raffaele Guariniello: uno straordinario conoscitore delle leggi e, per di più, animalista. Che meraviglia! Dovremmo essere in una cuccia di ferro, dunque, se capiti e protetti da un uomo di tanta coscienza. Con un simile guardiano, siamo a posto.
E invece no!
Nessuno lo ascolta, mi dice Irene. I politici che si riempiono la bocca di promesse, evitano di citarlo per non rovinarsi le spiritose invenzioni elettorali. Vogliono fare propri i traguardi da lui raggiunti? E ciò mentre gli specialisti, che dovrebbero occuparsi del nostro benessere, sanno poco o niente delle normative vigenti. Per loro basta che un cane abbia un po’ d’ombra d’estate ed è tutto ok.
Pfui! sbavo io.
Non ci guardano nemmeno negli occhi, quando vengono a verificare se siamo trattati bene o male, se abbiamo acqua e cibo, la sacrosanta passeggiata, la compagnia dei nostri fratelli umani e non, l’affetto carezzevole di cui abbiamo bisogno.
Per loro siamo cose.
Cose che si muovono, ma cose.
Mi chiedo: sono nati così stupidi?
Qualche anno fa, durante una crociera con i miei, nella Marina di Cherso in Croazia ho conosciuto il gatto Saro. Beveva solo acqua freschissima e con un rametto di rosmarino che ci pescava dentro. Altrimenti nisba! Il suo compagno bipede era perennemente in ansia. A ogni scalo, sbarcava precipitosamente e iniziava la cerca necessaria della pianta aromatica gradita al suo quattro zampe. Lo faccio con gioia e dedizione, ci dichiarò.
Saro era una cosa un po’ particolare. Già! Una cosa pretenziosa. Esprimeva una sua volontà.
Beh, amici lettori, il mio guinzaglio non si è mai sottratto al mio collo, il tappeto della sala di casa non si è mai ritirato dalle mie chiappe, i lampioni in giardino non hanno mai rifiutato il getto poderoso del mio pisello!
Considerata, quindi, l’evidenza, chiara anche a un bambino, mi pare davvero arrivato il tempo di smetterla con le scemenze su di noi.
Abbiamo occhi di pietra, zampe di legno, mantello di plastica riciclata, per caso? Ci trascinate su un carretto con le ruote? Ci prendete per chincaglieria? Addobbi come i nani da giardino? Esemplari del bestiario Thun?
Quanto ci vuole per farsene una ragione del fatto che siamo esseri senzienti?
Raffaele Guariniello l’ha scritto nell’
Introduzione al
Codice. Io continuo a sbandierarlo.
Chissà, a forza di dai e dai anche le capocce cocciute degli umani che ci pensano schiavi destinati a essere comprati / venduti, affidati / adottati si apriranno per comprendere questi buoni semi di verità.
Parola di Pablo golden retriever, grande esperto di maltrattamento psico-fisico, visto che ho cambiato quattro famiglie in quattro anni di vita. Abbandonato senza aver fatto nulla di male! E dire che ero proprio un bravo cane: tenevo la pipì anche per sedici ore di fila e ripulivo la cucina mangiando dal secchio dell’umido perché nessuno si ricordava di darmi la pappa. Quasi trasparente dalla magrezza, forse non mi vedevano.
Sì, ero proprio un bravo cane. Eppure…
Adesso ancora una volta le parole di Raffaele Guariniello tratte dall'
Introduzione al
Codice di diritto animale. Repetita iuvant! esclama sempre Irene con piglio da professoressa. Io le do fiducia e ve le ripropongo prendendole dal post
Esistere malgrado del 29 novembre scorso.
«Nel nostro Paese, le norme a tutela dei diritti degli animali possono e debbono essere ulteriormente rafforzate ma già oggi impongono interventi potenzialmente efficaci. Oggi, a differenza di ieri, fare giustizia non vuol più dire occuparsi soltanto di criminalità in danno dell'uomo. Oggi vuol anche dire proteggere la vita, l'integrità, il benessere, la dignità degli animali. Sorprende, da questo angolo visuale, ed è deleteria, la scarsa diffusione tra gli operatori dei principi che governano la protezione degli animali sul piano internazionale e nazionale. Il fatto è che non basta avere buone leggi di facciata scritte sulla carta. Ed è purtroppo la larga disapplicazione delle norme vigenti uno dei fenomeni che più caratterizzano l'Italia e non solo l'Italia. In alcune zone del nostro Paese, i processi penali per reati lesivi degli animali proprio non si fanno, mentre in altre zone si fanno, ma spesso con una tale lentezza che prima di arrivare al verdetto finale si concludono con la prescrizione del reato. La conseguenza è devastante. Si diffonde nella sostanziale indifferenza di pur autorevoli istituzioni un senso d'impunità, l'idea che le regole ci sono, ma che si possono violare senza incorrere in effettive responsabilità. E si diffonde un altrettanto devastante senso di giustizia negata.»