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lunedì 1 gennaio 2018

Critica sociale / Pablo golden retriever biasima chi non guarda negli occhi i suoi simili (leggendo George Orwell).



Sono Pablo, il golden retriever di Irene. Sto riflettendo sullo stato dei miei simili meno fortunati di me. In generale oggi vi dico che nessuno ci guarda per davvero. L’ho imparato nelle precedenti famiglie in cui sono sopravvissuto per miracolo e dai veterinari che mi hanno visitato senza arrivare all’osso dei miei problemi.
Mi chiedo: che cosa dobbiamo inventarci per essere considerati creature che provano emozioni a tutti gli effetti? Tentiamo con la cultura. Quella da intellettuali noiosi.
Qualche giorno fa, durante la solita passeggiata pomeridiana in campagna, Irene mi ha parlato di George Orwell e del suo libro “La fattoria degli animali” in cui gli animali riescono ad averla vinta sugli uomini. Scritto nel 1945 ma ancora utile – dice lei –. Dal punto di vista degli animali spero – penso io –. Premettendo quanto mi ha spiegato, cioè che il racconto è una critica in forma metaforica contro il totalitarismo (?), il culto della personalità, il travisamento della realtà da parte del potere, e fermo restando che il mio cervello di cane ha capito solo in parte le sue parole, mi è piaciuta molto una massima recitata dai protagonisti (maiali, pecore, cani…): “quattro gambe buono, due gambe cattivo!”. Tra i buoni ci sono comunque anche gli alati, malgrado le due zampe.
Questo post si ispira, dunque, allo scabroso tema del rapporto tra i due gambe responsabili del nostro benessere e noi medesimi.
I bipedi credono di capirci toccandoci.
Così ci girano, rigirano, sondano, palpano ma sempre senza guardarci negli occhi. Decidono con un paio di strisciate di polpastrelli sul nostro corpo, se stiamo bene o male. In seconda battuta d’indagine (eh, sì! siamo COSE da analizzare con distacco) ci offrono un biscotto. Se non lo accettiamo significa che qualcosa non va, se invece lo accettiamo, è tutto ok. E noi, per lo più, lo accettiamo. Non perché siamo stupidi, bensì perché spesso abbiamo fame e poi perché ci sembra che crei un contatto che speriamo continui.
Usciti di casa loro, però, gli investigatori oggettivi del nostro stato – volontari, cinovigili, veterinari e chi più ne ha più ne metta –, oplà! eccoci di nuovo fuori. Via da sotto il sedere la cuccia calda in cucina che ci pareva un sogno, niente più coccole, bocconcini, sguardi similaffettuosi.
Niente di niente.
Ritorna il solito vuoto.
E una scatola di cartone fradicio per contenitore che ci isoli dal gelo del cemento su cui ci costringono. Questo d’inverno. Immaginatevi il contrario d’estate. FUORI! ci urlano, mentre i nostri occhi prima brillanti di speranza si coprono di nuovo di una patina inespressiva e, strascicando le nostre quattro gambe, recuperiamo la consueta, amara solitudine.
Ritorna, quindi, il tran tran uggioso col suo carico di freddo intenso, umidità marcia o caldo torrido che sia.
Viviamo in un imbuto di trascuratezza.
Allora, voi capocce di granito e cuori di ferro ruggine che non siete altro, voi bipedi che non ci meritate, lasciate la vostra supponenza per un momento e guardateci negli occhi.
Vi sveleremo misteri ineguagliabili.
Noi cani, l’enigma del creato lo conosciamo d’istinto.

domenica 10 dicembre 2017

Critica sociale / I cani: cose o esseri senzienti? Pablo golden retriever dice la sua.


Irene Navarra, Pablo e Thundog, Fotografia, 2017.

Ciao, gente. Sono sempre Pablo, il golden retriever ormai parte integrante della Redazione del blog di Irene. Passeggiando insieme nel fuoco acceso del tramonto dell'altro ieri, oltre a descrivermi la scena cromatica che noi cani possiamo solo immaginare, Lei mi ha narrato la storia di un fuoco vero scoppiato fra il 5 e il 6 dicembre 2007 nella fabbrica Thyssen di Torino. Era un fuoco che uccideva. Orribile. Il solo pensarci mi incenerisce il pelo. Di tutta l’atroce vicenda assolutamente indimenticabile mi ha emozionato in positivo scoprire il nome di chi procurò giustizia alle sette vittime del rogo e alle loro famiglie: il pm Raffaele Guariniello. Lo stesso che ha vegliato sul Codice di diritto animale pubblicato nel luglio scorso.
Raffaele Guariniello: uno straordinario conoscitore delle leggi e, per di più, animalista. Che meraviglia! Dovremmo essere in una cuccia di ferro, dunque, se capiti e protetti da un uomo di tanta coscienza. Con un simile guardiano, siamo a posto.
E invece no!
Nessuno lo ascolta, mi dice Irene. I politici che si riempiono la bocca di promesse, evitano di citarlo per non rovinarsi le spiritose invenzioni elettorali. Vogliono fare propri i traguardi da lui raggiunti? E ciò mentre gli specialisti, che dovrebbero occuparsi del nostro benessere, sanno poco o niente delle normative vigenti. Per loro basta che un cane abbia un po’ d’ombra d’estate ed è tutto ok.
Pfui! sbavo io.
Non ci guardano nemmeno negli occhi, quando vengono a verificare se siamo trattati bene o male, se abbiamo acqua e cibo, la sacrosanta passeggiata, la compagnia dei nostri fratelli umani e non, l’affetto carezzevole di cui abbiamo bisogno.
Per loro siamo cose.
Cose che si muovono, ma cose.
Mi chiedo: sono nati così stupidi?
Qualche anno fa, durante una crociera con i miei, nella Marina di Cherso in Croazia ho conosciuto il gatto Saro. Beveva solo acqua freschissima e con un rametto di rosmarino che ci pescava dentro. Altrimenti nisba! Il suo compagno bipede era perennemente in ansia. A ogni scalo, sbarcava precipitosamente e iniziava la cerca necessaria della pianta aromatica gradita al suo quattro zampe. Lo faccio con gioia e dedizione, ci dichiarò.
Saro era una cosa un po’ particolare. Già! Una cosa pretenziosa. Esprimeva una sua volontà.
Beh, amici lettori, il mio guinzaglio non si è mai sottratto al mio collo, il tappeto della sala di casa non si è mai ritirato dalle mie chiappe, i lampioni in giardino non hanno mai rifiutato il getto poderoso del mio pisello!
Considerata, quindi, l’evidenza, chiara anche a un bambino, mi pare davvero arrivato il tempo di smetterla con le scemenze su di noi.
Abbiamo occhi di pietra, zampe di legno, mantello di plastica riciclata, per caso? Ci trascinate su un carretto con le ruote? Ci prendete per chincaglieria? Addobbi come i nani da giardino? Esemplari del bestiario Thun?
Quanto ci vuole per farsene una ragione del fatto che siamo esseri senzienti?
Raffaele Guariniello l’ha scritto nell’Introduzione al Codice. Io continuo a sbandierarlo.
Chissà, a forza di dai e dai anche le capocce cocciute degli umani che ci pensano schiavi destinati a essere comprati / venduti, affidati / adottati si apriranno per comprendere questi buoni semi di verità.
Parola di Pablo golden retriever, grande esperto di maltrattamento psico-fisico, visto che ho cambiato quattro famiglie in quattro anni di vita. Abbandonato senza aver fatto nulla di male! E dire che ero proprio un bravo cane: tenevo la pipì anche per sedici ore di fila e ripulivo la cucina mangiando dal secchio dell’umido perché nessuno si ricordava di darmi la pappa. Quasi trasparente dalla magrezza, forse non mi vedevano.
Sì, ero proprio un bravo cane. Eppure…

Adesso ancora una volta le parole di Raffaele Guariniello tratte dall'Introduzione al Codice di diritto animaleRepetita iuvant! esclama sempre Irene con piglio da professoressa. Io le do fiducia e ve le ripropongo prendendole dal post Esistere malgrado del 29 novembre scorso.
«Nel nostro Paese, le norme a tutela dei diritti degli animali possono e debbono essere ulteriormente rafforzate ma già oggi impongono interventi potenzialmente efficaci. Oggi, a differenza di ieri, fare giustizia non vuol più dire occuparsi soltanto di criminalità in danno dell'uomo. Oggi vuol anche dire proteggere la vita, l'integrità, il benessere, la dignità degli animali. Sorprende, da questo angolo visuale, ed è deleteria, la scarsa diffusione tra gli operatori dei principi che governano la protezione degli animali sul piano internazionale e nazionale. Il fatto è che non basta avere buone leggi di facciata scritte sulla carta. Ed è purtroppo la larga disapplicazione delle norme vigenti uno dei fenomeni che più caratterizzano l'Italia e non solo l'Italia. In alcune zone del nostro Paese, i processi penali per reati lesivi degli animali proprio non si fanno, mentre in altre zone si fanno, ma spesso con una tale lentezza che prima di arrivare al verdetto finale si concludono con la prescrizione del reato. La conseguenza è devastante. Si diffonde nella sostanziale indifferenza di pur autorevoli istituzioni un senso d'impunità, l'idea che le regole ci sono, ma che si possono violare senza incorrere in effettive responsabilità. E si diffonde un altrettanto devastante senso di giustizia negata.»