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domenica 19 marzo 2023

Poesia / La bellezza collaterale: Diario e Tanka 31 (Lode al Carciofo).


Sin da piccola ho amato osservare alcune verdure. I Cavoli, i Broccoli, i Carciofi mi attraevano come calamite vegetali. Soprattutto i Carciofi. Ne seguivo con le dita la lorica sfumata di verde-viola, allargandola con delicatezza per cogliere il crema tenero delle parti non esposte, mentre sognavo viaggi avventurosi in boschi opulenti di Carciofi divenuti alberi.
Avevo già in me l'incanto delle architetture naturali sovrintese dalla sezione aurea.
Inconsciamente.
Negli anni, poi, ne ho scoperto ragioni scientifiche e regole. Ma la consapevolezza non mi ha tolto la gioia intatta dell'osservazione soffusa di stupore infantile.
L'arcano continua a ogni incontro.
Così ne scrivo.
E gli dico:

Tu, Carciofo, non sai di essere stupendo.
Svetti.
Ma con modestia.
Senza aspettarti complimenti.
Dentro il tuo corpo corazzato nascondi la camera segreta dove fiorisce il cuore.
In un giaciglio di fieno bianco-rosa - puntuto a volte e a volte molle come peluria di pulcini - aspetti la rivelazione.
Arrivo là lungo un sentiero impervio, di brattea in brattea.
Articolandomi a spirale fino a insinuarmi nell'aureo prodigio della tua sostanza, che si difende ma impotente.

Irene Navarra, La Bellezza del Carciofo, Fotografia, 19 Marzo 2023.


Pacatamente
s’offre proteggendosi
di foglia in foglia
finché nel cuore nudo
rivela il miele.
#Tanka 31

U-May

giovedì 16 marzo 2023

Poesia / Tanka 30 e Diario: La bellezza collaterale (Oltre ogni muro).


E nella vita
che si rinnova, spero -
L' Anima vola
per completare il viaggio
oltre ogni muro.
#Tanka30

U-May

Irene Navarra, Lungo il muro, Fotografia, Marzo 2018.

Il tema del viaggio mi affascina da sempre.
L'ho approfondito con interesse per ragioni sia personali sia legate alla mia professione di insegnante, muovendomici idealmente e imparando a conoscerne i risvolti. Me ne sono appropriata, insomma, a partire da quello di Odisseo o dell'avventura favolosa di Capuccetto Rosso attraverso il bosco, per arrivare ai contemporanei “voli” nello spazio.
Vicende, queste, che non mi si addicono.
Io sono più modesta.
Camminare lungo un muro rappresenta per me il vero e proprio viaggio. Unico, direi. Quasi una sfida all'ovviamente banale di ogni giornata. L'Al di qua segna, infatti, il percorso che sto affrontando al presente, e l'Al di là quanto ho lasciato né posso più avere in concreto.
In mezzo sta il muro.
Che è di pietra mista a laterizio e non ha cocci aguzzi di bottiglia* in cima. Si orna, invece, di tegole sovrapposte che ne definiscono la rustica eleganza. Circoscrive lo spazio di un Parco antico, caratterizzato da essenze arboree rare, ed è il limite concreto oltre a cui getto quotidianamente il mio cuore assetato di Bellezza.
Là la ritrovo.
Non fisicamente perché il luogo non è più patrimonio dell'Ordine Monastico delle Orsoline e io non ho il permesso di entrarvi, bensì spiritualmente perché ogni giorno ci faccio casa e ricostruisco una a una le tarsie di una storia già vissuta. Rivedo i tassi e la sughera centenaria che mi ospitarono compiacenti in lunghi anni di frequentazione e appassionati abbracci, recupero i colori vivi delle camelie e dei tulipani che ne ornavano le aiole, inseguo il mio Golden Pablo che non c'è più nella fragranza 
 della menta selvatica e dei secolari cedri del Libano.

Lo scalo, dunque, questo mio muro quotidiano.
E lo travalico.
So che c'è un Oltre.
So che mai ha precluso ai sensi alcuna visione percettiva. I profumi, le voci, le visioni che contiene sono in me, nel mio immaginifico DNA. Quando evocati in episodi di memoria involontaria, dilagano con la forza della Luce in un mattino limpido di Primavera. Lei, la Luce, preserva i semi, le piante, le ruvide cortecce, i lisci tronchi, le asprezze del bosso, le sensazioni dolci del Tempo della Gioia pronte a ripresentarsi e mescolarsi con quelle dell'agra consuetudine.
Per questo posso sperare in un Altrove che ne contenga i richiami e sparga tracce abbondanti di riferimenti.
Da qualche parte devono pur arrivare.
Spero, quindi.
Imbrigliata nella macchina del Tempo, nutro la mia Speranza.
Malinconicamente persuasa.
Ma senza paura.

*Eugenio Montale, Meriggiare pallido e assorto, in Ossi di seppia, v. 15, Mondadori, 1948.


mercoledì 15 marzo 2023

Poesia / Diario: La bellezza collaterale (Ci sono giorni - Tenus ad sidera).


Irene Navarra,  Spiragli, Fotografia.


Lassù

(nel cielo, intendo, 
profondo azzurro e nubi rosse stamattina)

non è per nulla facile arrivarci.

Ci sono giorni in cui hai ali
adatte a voli transmarini
ma sopra e attorno
esiste solo un telo ibrido di muffe
senza lacerazioni o fibre lise
da cui guardare.

Ci sono giorni in cui hai corpo affusolato
e remiganti per tentare le correnti
e dispiegarti nella vastità
che senti tua
ma non la puoi vedere
con le pupille color bianco di neve
e ti disperi
e piangi.
Inutilmente.

Ci sono, invece, giorni di meditazione
in cui non hai né vista né piumaggio
però tu voli e canti e ridi
e ti accompagni agli astri 
più rutilante di una stella
senza spostarti dal tuo sasso di fiume
nella campagna intrisa di silenzio umano.

Sì, questi sono giorni benedetti.
Giorni di Dio.
E un po' del dio nascente in te.

Irene e U-may 


sabato 11 marzo 2023

Poesia / Diario e Tanka 29: Dolcezza inquieta.

 
A Suor Elena Arcese, mia compagna dell'età più bella.

L'anima ha occhi grandi e piange spesso con lacrime come diamanti.
Per la nostalgia di quanto fu e non può ritornare.

Eh, sì. Furono risate nei corridoi vetusti del Monastero delle Orsoline in Gorizia.
Filtrava morbida Luce dai finestroni dell'infinito corridoio che portava alla Cappella dove i cuori intonavano Amore benedetto. Tra il profumo dei gigli della Prima Comunione e l'odore speziato dell'incenso nelle ricorrenze liturgiche.
Il passato remoto racconta il non esserci più, se non nella memoria. 
Che è Eterna Presenza.
Attimi di consapevolezza sfumati di nostalgia un po' dolorosa al solo ripensare quanto leggeri fossero i nostri passi lungo itinerari che credevamo perenni.
Tutto scorre, però. Con disarmante, ineluttabile ormai, fatalità.
Le mie care suore sono emigrate verso altri luoghi predestinati; la loro impronta, comunque, resta.
Ricami preziosi, canti, ricette, esercizi su “sudate carte”, educazione anche severa, riti religiosi, meditare in rigoroso silenzio, la norma affidabile della Devozione sono trasparente ma tenace sigillo di ciò che imparai bambina, consolidai adulta, e porto in me.
La finestra dai vetri smerigliati di un delicato verdino mi concede di insinuarmi sottile nell'amato edificio per ritrovarlo come allora.
Gli occhi dell'anima sono potenti.
Mi trovo all'esterno. Immobile. Guardo la maestosa struttura e pregusto il balzo sul pavimento di graniglia lucidato a cera. Che è specchio riflettente beata giovinezza in corsa.
Una spinta e scivolo dentro.
Nessun segno umano. Solo un aleggiare trepido di sostanza eterea. Come porporina chiara nella nebbia del recupero.
Percorro le usate sale.
In Pace.
Questo è il mio Rifugio a cui posso ritornare sempre.
Qua sto bene.

Finché il ricordo permane, tutto fluisce placido.
Anche se venato da una sottile dolcezza inquieta.
Nulla muore nel Sacro Spazio dello Spirito.


Irene Navarra, Finestra sul Parco delle Orsoline, Fotografia, 2016.

Dalla finestra
guardo un mondo che riappare.
E sono canti
per l'anima pervasa
da gioia inquieta.
#Tanka29

U-May

lunedì 18 aprile 2022

Diario / La bellezza collaterale: (La vera essenza del creato - Con Dante Alighieri).



Ciò ch'io vedeva mi sembiava un riso
de l'universo; perché mia ebbrezza
intrava per l'udire e per lo viso.

Oh gioia! oh ineffabile allegrezza!
oh vita integra d'amore e di pace
oh sanza brama sicura ricchezza!


Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, Canto XXVII, vv. 4 - 9.
 
Irene Navarra, La vera essenza del creato, Disegno grafico, 2022

(Piccoli poemi in prosa alla maniera di Charles Baudelaire)

In gloria mi desto tra le tue chiome, meraviglioso Ciliegio che stai fogliando e fruttificando dopo i fiori.
Mi desto, sì. Nel senso che mi scrollo di dosso scorie millenarie di convinzioni e apparenze per guardare, finalmente, con occhi puri.
La sensazione è prodigiosa.
Ti vedo circonfuso da cerchi colorati.
Sbatto le palpebre, mi sfrego convulsamente gli occhi, e capisco: sto cogliendo la tua vera essenza. Quella magnifica e rutilante immagine sottile che gratifica il creato e il suo artefice.
Da stamattina - da quando ti ho visto veramente per la prima volta in tutto il tuo splendore -, mi si fanno incontro segni speciali.
La natura sostanziale di tutti gli esseri – dagli alberi alle pietre; dagli animali all'uomo - mi racconta novelle mai udite prima, in visioni di luce che sono il "riso dell'universo", come dice l'Alighieri, maestro eccelso di poesia immaginifica.
E io ne godo.
Oh, se ne godo!
Il mio Setter Pippo, mi trotterella accanto soddisfatto.
Lui conosceva già questo segreto del bagliore occulto e dei giochi fantasmagorici di forme.
Me lo fa capire con lo sguardo più brillante del solito e il buffo sorriso a bocca larga mentre agita le orecchie così morbide e lunghe da sembrare vele al vento.
I cani sono molto saggi.


mercoledì 30 settembre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Un'ubriacatura folle (Mentre mi adeguo al cambiamento).


Eccoci alla quarta lirica della mia raccolta L'opera incompiuta (qui la prima, qui la seconda, qui la terza).
Nell'immagine uno scorcio dell'amata campagna in cui ho passato giorni indimenticabili con Pablo golden retriever. Anche Lui adorava quest'angolo di Paradiso che è la benedetta Terra assegnataci per destino.
L'abbiamo percorsa  senza stancarci, appagati dalla sua bellezza frugale. Festanti di gioia pura per tanta grazia raffinata e semplice. Un dono del cielo.
L'abbiamo percorsa uniti dallo stesso desiderio. Spesso scivolando sui suoi pendii e rotolando tra infinite sfumature di verde e umili fiori di radicchi selvatici. Il riposo poi, protetti dai rami di qualche albero florido, era quanto di più esaltante si potesse provare. Ricordo un giorno di pioggia a scroscio, il rifugiarci di corsa sotto le impenetrabili foglie di un gelso secolare, il mio scrivere frettoloso un frammento di pochi versi sul quadernino che mi fa sempre da viatico (un inno al Signore nell'intenzione), lo sguardo estasiato di Pablo accucciato accanto a me.
Momenti straordinari, quelli (qui l'haiku e la foto di riferimento), recuperabili solo frugando nella mente graffiata dalla sua assenza. Momenti che chiudo in una  teca di nuvola dove solo io posso penetrare per incontrarmi con Lui. In un Tempo che sia compiuto e uguale a se stesso.

Irene Navarra, Il grappolo dimenticato, Fotografia e Grafica, 30 settembre 2020.

Un’ubriacatura folle
questo trasmutarmi quasi fisico
in foglia, ramo e umido terriccio
denso di sentori.

Non so davvero quale sia la differenza
tra la mia carne, il sangue che zampilla dallo squarcio
appena inciso nell’incavo del braccio e l’erba,
il fiore della malva ancora viola,
l’uva lasciata tra racemi secchi
in negligenza compiacente.

 

Vedere tutto questo
dietro lo schermo delle palpebre,
sentire sulla pelle che non è più pelle
brividi caldi di presagi come doni.
Niente figure di parole.
La Vera Essenza mi si mostra nel Silenzio.
Togliendo scorza a scorza
sedimenti antichi.
E dolori nuovi
da distacchi inevitabili.
Strazianti.
 

domenica 27 settembre 2020

Poesia / Diario: La bellezza collaterale (Anima-Specchio).


Ecco. Sono bastati un temporale, un cipresso californiano e un piccolo lago formato dalla pioggia riversatasi abbondante da un cielo arrabbiato, per riportarmi alle radici del Vuoto che mi annichilisce. 
L'albero e il suo riflesso.
Irene e la sua anima.
Pablo golden retriever mi ha lasciata un mese fa. La mia anima l'ha seguito. Di me è rimasto un involucro. Una sorta di pupazzo meccanico che si muove e fa tutto ma non partecipa a nulla.
Devo reagire.
La Natura mi può aiutare.

Irene Navarra, Anima-Specchio, Fotografia e Grafica, 25 settembre 2020.


L'anima mia non ha il suo doppio adesso.
Hanno reciso il cordone ombelicale
che la legava a me.

Un tempo la vedevo fluttuare tra le foglie.
Lei mi chiamava,
Io volavo.
Nel luminoso prisma solo nostro
capriolavo colma di letizia.
Non c'era nube che non ci conoscesse
o tana di coniglio che non ci accogliesse.
Ora, perdute le sue ali d'angelo,
è imprigionata in una grotta
e guarda simulacri sfilare sullo sfondo.
Io con Lei.
Mentre la vita vera scorre fuori.
E le mie labbra sono ferme e mute.
Bruciata dal sale dei ricordi buoni
vivo l'arsura del commiato
scorgendola svanire lentamente.
Qualche potente dio crudele
ha cancellato il nostro stare insieme.

Così, per ritrovarla intatta,
come se fosse ancora in me,
mi illudo albero che specchia le sue chiome
dentro una pozza dopo il temporale.
Siamo di nuovo unite per un filo.
La mia sostanza nell'Anima-
Sorella risanata.
La mia leggera Anima Duale.

sabato 19 settembre 2020

Poesia / Diario: La bellezza collaterale (Il primo regalo di Pablo).


Così, d'improvviso, recupero un momento meraviglioso del mio tempo con Pablo che non c'è più. Aprendo gli occhi stamattina vedo un oggetto che me lo riporta con un'evidenza perfetta. Lo tocco appena e tutto mi si sfalda attorno: niente più pareti ma sole, odore d'alghe, stridi d'uccelli, conchiglie sotto i piedi nudi, onde lucenti che ritmano il canto del creato.
 
Siamo sui banchi sabbiosi di Grado. Lui corre libero e felice alzando gabbiani in sarabanda gioiosa. Una freccia che va avanti e indietro. Io passeggio serena, felice della sua felicità. Adesso frena di colpo davanti a me. Quasi mi colpisce. Capisco subito il perché di tanta foga: ha in bocca la simpatica, piccola palla della foto. Me la depone ai piedi e mi si affianca orgoglioso del dono. Sorride come solo i golden sanno fare, strizzando gli occhi alla cinese e sollevando gli angoli della bocca.
Uno spettacolo raro.

Lo riscopro intatto, questo ricordo, mentre guardo la piccola palla colorata. La stringo a me nell'illusione che Lui ci sia ancora. Le pulsa dentro un cuore che non è di plastica, in un tempo che non è mutevole.
Siamo sospese noi due.
La piccola palla e io.
Siamo sospese in una dimensione in cui il passato e il presente coincidono e vanno alla deriva insieme. Fino a un luogo dove lo spirito diventa fluido mentre mi si rivela un'incrinatura tra realtà e sogno talmente minima che sembra non poter contenere nulla se non il desiderio di essere com'eravamo, congiungendo il visibile (la piccola palla, io) e l'invisibile (Pablo).
E proprio là, in quell'incrinatura infinitesima colma di nostalgia in cui penetro inconsapevolmente, accade il miracolo: il mio Pablo dall'andatura sciolta arriva, mi sfiora leggero, tuffa il muso nelle mie mani e se ne fa di nuovo culla.

Allora:

Nella memoria
sta il senso della vita-
oltre chi amiamo.


Irene Navarra, Il dono, Fotografia e Grafica, 18 settembre 2020.

Marcel Proust in una scena famosa del romanzo Du côté de chez SwannDalla parte di Swann (primo volume della sua opera À la recherche du temps perdu / Alla ricerca del tempo perduto, scritta tra il 1909 e il 1922, pubblicata tra il 1913 e il 1927) intingeva una madeleine nel tè di tiglio inebriandosi del suo sapore mentre la memoria involontaria restituiva appieno il già vissuto a livello di coscienza con il ri-creare attimi dimenticati solo all'apparenza; io accarezzo e annuso la piccola palla di Pablo e il tempo perduto ri-luce delizioso, disincagliato dal peso morto della perdita.
Pablo ritorna, quindi.
Più vero che mai.

martedì 8 settembre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Il nocciolo della questione (Con Paul Verlaine).


Riccardo Bortolami, Variazioni, Acquerello e Grafica, 2013.

Primo Tempo.

Che la Vita fosse anche Morte io lo sapevo. L'avevo già provato il sentimento del Distacco, della Perdita, dell'Assenza. Pensavo di essermi vaccinata contro le ferite provocate dalla sparizione di una creatura amata. In fondo le esperienze servono! mi dicevo. Ti abituano, mi ripetevo. Ti piegano sì, ma nel contempo ti rendono incredibilmente forte. Li hai sentiti sulla tua pelle quegli attimi tremendi che separano il tuo respiro dal respiro di chi si sta involando. Ricicli quell'angoscia troppo intensa della prima volta, la smorzi, sminuisci, sopporti quindi, crescendo in consapevolezza, chiarendo alla coscienza ciò che non siamo e non saremo e non vorremmo mai. Te lo  racconti, convinta di riuscirci.
E invece no, no, no.
Il dolore dilaga impetuoso, travolge, scardina cuore e mente. È ormai allenato a invaderti - ha il fiato lungo dei fondisti - e lo fa con scienza imbevendoti di certezza negativa, cellula dopo cellula. Tenti di urlarlo, il tuo dissenso. Poi lo sussurri, lo manipoli, ne fai storie di resilienza feroce e saggia.
Fai, fai, fai.
Ma non serve a nulla. Che cosa rimane, pertanto, di tutto il tuo nuovo soffrire? Rimane attorno a te il maledetto vivere senza. Un insulto, un'imperfezione, una frattura violenta tra l'Essere e il Non-Essere. Un'illusione. Alla fine un tedio sottile che ti logora l'anima.
E finalmente ci arrivi: l'esistere, per la sua stessa materialità in sgretolio continuo, è sempre un'opera incompiuta.
Per compierla te ne saresti dovuto andare anche tu.
Ma sei ancora al mondo a macerarti.

Ecco, ho capito. Sono tuttora qui. La mia opera è di fatto incompiuta. Patisco una pena da mancanza. Da dimezzamento. Chi mi completava ha esaurito il suo tempo.
Aspetterò che si compia il mio.
Stornando qualsiasi ricatto sul tema del dovere etico, della ripresa socialmente esemplare.
Voglio la solitudine. E il silenzio.
Non ho interesse per quanti non sanno del mio vino già bevuto e del mio pane già mangiato.

Questa sostanza da alterare 
io l’ho premuta,
ripremuta
anche spillata
quando scivolava
in subdolo fluire tra le dita.
Ne ho tratto un frutto minimo
che sa di decadenza.
Una molesta opera incompiuta.


Ah! Tutto è bevuto! Non ridi più, Batillo?
Tutto è bevuto, tutto è mangiato! Niente più da dire!
Solo, un poema un po’ fatuo che si getta alle fiamme,
solo, uno schiavo un po’ frivolo che vi dimentica,
solo, un tedio d’un non so che attaccato all'anima!

(Ah! tout est bu! Bathylle, as-tu fi ni de rire?
Ah! tout est bu, tout est mangé! Plus rien à dire!
Seul, un poème un peu niais qu’on jette au feu,
seul, un esclave un peu coureur qui vous néglige,
seul, un ennui d’on ne sait quoi qui vous afflige!)

Da: Paul Verlaine, Languore (Langueur), in Allora e Ora (Alors et maintenant), vv. 10 - 14.