martedì 8 settembre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Il nocciolo della questione (Con Paul Verlaine).


Riccardo Bortolami, Variazioni, Acquerello e Grafica, 2013.

Primo Tempo.

Che la Vita fosse anche Morte io lo sapevo. L'avevo già provato il sentimento del Distacco, della Perdita, dell'Assenza. Pensavo di essermi vaccinata contro le ferite provocate dalla sparizione di una creatura amata. In fondo le esperienze servono! mi dicevo. Ti abituano, mi ripetevo. Ti piegano sì, ma nel contempo ti rendono incredibilmente forte. Li hai sentiti sulla tua pelle quegli attimi tremendi che separano il tuo respiro dal respiro di chi si sta involando. Ricicli quell'angoscia troppo intensa della prima volta, la smorzi, sminuisci, sopporti quindi, crescendo in consapevolezza, chiarendo alla coscienza ciò che non siamo e non saremo e non vorremmo mai. Te lo  racconti, convinta di riuscirci.
E invece no, no, no.
Il dolore dilaga impetuoso, travolge, scardina cuore e mente. È ormai allenato a invaderti - ha il fiato lungo dei fondisti - e lo fa con scienza imbevendoti di certezza negativa, cellula dopo cellula. Tenti di urlarlo, il tuo dissenso. Poi lo sussurri, lo manipoli, ne fai storie di resilienza feroce e saggia.
Fai, fai, fai.
Ma non serve a nulla. Che cosa rimane, pertanto, di tutto il tuo nuovo soffrire? Rimane attorno a te il maledetto vivere senza. Un insulto, un'imperfezione, una frattura violenta tra l'Essere e il Non-Essere. Un'illusione. Alla fine un tedio sottile che ti logora l'anima.
E finalmente ci arrivi: l'esistere, per la sua stessa materialità in sgretolio continuo, è sempre un'opera incompiuta.
Per compierla te ne saresti dovuto andare anche tu.
Ma sei ancora al mondo a macerarti.

Ecco, ho capito. Sono tuttora qui. La mia opera è di fatto incompiuta. Patisco una pena da mancanza. Da dimezzamento. Chi mi completava ha esaurito il suo tempo.
Aspetterò che si compia il mio.
Stornando qualsiasi ricatto sul tema del dovere etico, della ripresa socialmente esemplare.
Voglio la solitudine. E il silenzio.
Non ho interesse per quanti non sanno del mio vino già bevuto e del mio pane già mangiato.

Questa sostanza da alterare 
io l’ho premuta,
ripremuta
anche spillata
quando scivolava
in subdolo fluire tra le dita.
Ne ho tratto un frutto minimo
che sa di decadenza.
Una molesta opera incompiuta.


Ah! Tutto è bevuto! Non ridi più, Batillo?
Tutto è bevuto, tutto è mangiato! Niente più da dire!
Solo, un poema un po’ fatuo che si getta alle fiamme,
solo, uno schiavo un po’ frivolo che vi dimentica,
solo, un tedio d’un non so che attaccato all'anima!

(Ah! tout est bu! Bathylle, as-tu fi ni de rire?
Ah! tout est bu, tout est mangé! Plus rien à dire!
Seul, un poème un peu niais qu’on jette au feu,
seul, un esclave un peu coureur qui vous néglige,
seul, un ennui d’on ne sait quoi qui vous afflige!)

Da: Paul Verlaine, Languore (Langueur), in Allora e Ora (Alors et maintenant), vv. 10 - 14.

2 commenti:

  1. Splendido,ciò che hai scritto è sublime!

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  2. Meraviglioso ciò che hai scritto, bellissimo.Brava, ma veramente brava!

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