C'è stato un periodo della mia vita in cui ho creduto davvero di non farcela ad andare avanti.
Poi ho capito che dovevo respirare a fondo, immergermi nelle difficoltà che erano il mio pane quotidiano e tenermele strette.
Mi sono, dunque, servita delle difficoltà.
Le ho fatte mie, accettandole nella carne viva.
Su di esse ho affilato il pensiero, la capacità di analisi, l'intuizione.
Sono state la mia selce primordiale. Preziosa.
Così il sangue ha iniziato a scorrere leggero mentre si purificava e risanava le inutili ferite ricevute.
La strada è stata lunga e tortuosa.
Anche buia.
Anche buia.
Tuttavia la luce è arrivata.
Non so come, ma è avvenuto all'improvviso in una fredda giornata invernale di tanti anni fa.
Perché dovevo riconoscermi.
La mia legge interiore me lo imponeva.
E, in quell'aria inclemente che era il mio specchio, mi sono guardata.
Come sdoppiandomi, mi sono guardata.
Come sdoppiandomi, mi sono guardata.
Per la prima volta.
Mentre comprendevo finalmente che l'unicità è un valore ineliminabile.
Mentre comprendevo finalmente che l'unicità è un valore ineliminabile.
Lo so. Sono diversa. In tutto.
Voglio stare nei miei Margini ricchi di fermenti.
Voglio scrivere per me. Senza smanie di successo.
Non voglio pubblicare nulla. Mi sono già denudata. Persino troppo.
Non voglio inventarmi recensioni e critiche e presentazioni di artisti e poeti. L'ho fatto. Non intendo continuare.
Non desidero vivere come in quel tempo lontanissimo di corse all'evidenza a tutti i costi.
Non desidero incontrare le ambizioni altrui.
Piaccio? Va bene. Non piaccio? Va bene lo stesso.
La mia solitaria campagna è appena fuori dalla porta. Pippo Magnifico Setter Inglese mi trotterella accanto.
Uno sguardo e il mondo si fa nostro.
Nel nostro mondo non c'è posto per nessuna ipocrita presenza.
Adesso amo questo mio lato speciale che mi ha meritato Condanna e Inquisizione.
E so per certo che non c'è colpa nell'essere diversi.
La selce mi ha affilata bene.
Resto qui a dirlo.
20 Luglio 2022