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sabato 8 aprile 2023

Poesia / Diario: La bellezza collaterale - So dove ritornare (Itaca).

Ognuno ha la sua Itaca.
E il suo Mito del Ritorno.
Omero ci indica la strada, mentre racconta il viaggio "per cui bello di fama e di sventura / baciò la sua petrosa Itaca Ulisse" (Ugo Foscolo, A Zacinto, vv. 10 - 11).

La mia è un'Itaca semplice. Ha la consistenza delle dolci abitudini del giorno dopo giorno, a passi lenti lungo i tratturi di una Terra che mi ha vista nascere, con accanto le creature che mi sono compagne e quelle che lo sono state nel passato: i cari animali che avvicinano a Dio.
Nessun ostacolo mi ferma. Nemmeno i limiti fisici riescono a bloccare i voli del cuore e della mente. Vado, comunque e sempre, per i campi e le vigne di un luogo benedetto ai piedi di colline azzurre e ingentilito dalla cintura turchese del fiume Isonzo.
Vado.
Con gratitudine.

Irene Navarra, La mia campagna / Itaca nel cuore,  Fotografia, 13 Marzo 2021.


So dove ritornare.
Ho una mappa segreta
che ripercorre tappe e intoppi del cammino.
Questi secondi sono i più importanti:
riguardano la formazione.
E l'agnizione di quanto vero è in me.
Itaca sta in ogni punto dell'itinerario.
Come una musica sublime di Sirene 
intesse il viaggio
ma spesso viene da lontano.
E allora intendo che non mi appartiene.  
Certo, amo il mare.
Certo, amo i calanchi del Carso martoriato,
i suoi Fiori di Pietra,
ma ciò che sento come una radice poderosa,
come la linfa di millenni articolati dentro il corpo,
è la mia campagna.
Quell'umile inseguirsi di terreni incolti
con qualche vigna a incorniciarli
e la corona di colline sacre intorno
a farne nicchia di valori immensi.
Là ritornare è un rito che non conosce requie.
Là ritornare avendo per compagni Pippo Setter
in caracollo al fianco
e gli altri cani, un gatto e una cavalla ancora nitidi nel cuore
e ancora vivi, in corsa verso me solo al richiamo,
e pronti ad annunciare: Irene, andiamo.
Non serve avere buona voce.
Basta chiudere gli occhi,
allentare le membra, non pensare.
E formulare l'intenso desiderio di avvertirli
per poi vederne l'arrivo a balzelloni,
negli occhi un'unica intenzione:
Andiamo.

Strano gruppetto il nostro!
Un cane vecchio in carne e ossa, tre cani d'aria luminosa,
un gatto sulla spalla che non sente peso
e una cavalla un tempo bianca e bigia, ora di nuvola leggera.
Lei mi sovrasta da dietro con la testa
e adegua il passo al mio.
Fa da retroguardia.
Suggella il cerchio prodigioso 
di questo sodalizio occulto.
Così si va.
Nell'intima letizia del Ritorno quotidiano.


lunedì 1 febbraio 2016

José Saramago, Poesia secca - Poema seco (da "Le poesie possibili" / "Os Poemas Possíveis").

Voglio secca e superflua la poesia,
breve schiantar di stelo mordicchiato
o scricchiolar d'assito ove non danzo.
Voglio passare oltre a occhi bassi,
impastati di pena e di silenzio,
perché tutto è già detto e sono stanco.


Consapevolezza.
Silvia Valenti, Tracce 8, Fotografia, 2015.
- Courtesy dell'artista -

Quero escusado e seco este poema,
breve estalar de caule remorido
ou ranger de sobrado onde não danço.
Quero pasar além com olhos baixos,
amassados de mágoa e de siléncio.
Porque tudo está dito e já me canso.


Una Poetica, quella di Saramago,
che demistifica ogni ottimismo
con la sua pomice ruvida.
Esaltandosi in barocche raffinatezze formali
miste a costruzioni dure come le discrasie della storia.
Il filtro tra le due dimensione è una graffiante, consapevole ironia.