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domenica 4 giugno 2023

Poesia / La terra, la visione: Mi sollevò il tramestare duro della bora.

  
Omaggio alla mia amata Terra.
(Con Emma Golden Retriever)

Irene Navarra, La Bora, le erbe della mia campagna, AI e Grafica, 4 Giugno 2023.


Mi sollevò il tramestare duro della bora
che mi guidava al perimetro sfocato
della mia campagna. Verso le argille
che fossilizzano le peste,
agli orli sgombri delle greppie,
ai massi erratici in linfe acquamarina
o sporti dalle altane falbe di sommacchi. 

(Come arruffio di spore
mi voltolai tra i sassi,
ne colsi le lamelle,
le loricai sul cuore
fibrillando ancora.)

Mentre viaggiavo, le radure glauche,
le loro tempie di ginepri,
i tigli
mi suggerivano
la fine
in dispersione di festuche
e reste vorticanti al margine.
 
(Affardellate
nell’assolo rutilante
dei fiati oltremontani.)
 

Poesia / La terra, la visione: I rami delle acacie spazzati.

 

La mia Emma Goden Retriever mi manca sempre.
Ho una tale nostalgia di Lei, che mi fa male il cuore al suo ricordo.
Se n'è andata il 5 Maggio 2009.
Ma è ancora con me.

Irene Navarra, La mia Emma, AI e Grafica.


I rami delle acacie spazzati
da percosse urti affondi,
il corpo ambra del mio cane
- velluto liscio in tanta foga -,
ispidi stami a grandine,
bava di rosso freddo.
Il sibilo rintrona.

Emma si inarca placida
si accuccia
nasconde il naso dentro il pelo.
Tepore improvvisato.
La bora falcia e catapulta
carpi acuminati in rostri.
Proiettili sul viso.
Mi piego anch’io
giostrando col tumulto.

Contrappuntata
a frenesie rombanti
credo flessibile il midollo
un’anima friabile di canna.


Irene Navarra, Emma, AI e Grafica.



venerdì 23 dicembre 2022

Prosa / Diario: Tracce.


Sono passati 13 anni da quando te ne sei andata, mia Emma Golden Retriever Amore Grande.
Nel ricordo mi accompagni sempre.
Ho le tue Tracce nel cuore.
Incancellabili.
Così ritrovo le Parole disperate scritte dopo la tua morte, ripercorrendo i nostri itinerari,
le nostre Tracce appunto.
Parole pubblicate ne La terra, la visione  - Gorizia e dintrorni tra realtà e sogno, EdL.

Silvia Valenti, Emma, Disegno a matita.


1 giugno 2009 (ore 20.30)
Cerbiatta apparsa sull’ultimo sentiero a ritroso di Emma. Occhi rivolti al cielo ficcati in un correre di nubi avvolte dentro un vento tinto. Micromateria grigiaviolarossa a buchi trivellati sull’azzurro fragile. Imbrunire già maturo. Lacrime invadenti e occhi volti al cielo. Perché non sono là a guardarmi anch’io fatta di vento? Nell’altitudine sgualcita impronte conosciute. Tra l’erba appena rasa le Birkenstock vetuste con il tuo profumo - ti ci sedevi sopra pesando sui miei piedi oltre cuoio e pelle contatto amore - le Birkenstock che sono come zampe salde e seguono senz’anima la strada. Occhi alla terra. Macchia più avanti sul sentiero. Fulva. Più netta dell’ambra del tuo pelo.
Emma.
Mi rulla il cuore per il segno. Ancoro i piedi al suolo. Fermo il respiro. Aspetto.
è una cerbiatta dolce di curve morbide. Confidenziale. Calma. A passi di vacanza sul marrone delle zolle nella sera giovane fiuta rumina un poco di trifoglio si perde dentro il vago delle acacie.
Rimane un sentore metafisico nell’aria.

5 giugno 2009 (ore 11.50)
10 minuti a mezzogiorno. Sto posteggiando al supermercato. Roast-beef per la mamma. Frutta verdura caffè. Niente Biscrok per la mia Emma. Mancano 10 minuti al mezzogiorno del giorno 5 giugno a 31 giorni da quel 5 maggio a 10 minuti a ore 12 di quel giorno 5 maggio senza il tuo respiro. 10 minuti a mezzogiorno e sono qui con i carrelli premuti nella testa e il sorriso dei migrantes senza soldi addosso come una fucilata. 9 minuti a mezzogiorno. Fuori dal park curvo nel viale. Salita in fila tra le macchine. Lo scuolabus si ferma. Mi tiene a 6 minuti dal tuo mondo. Sorpasso sulla linea di divieto. Il vigile non c’è. Tempo. Mi serve tempo. Ghiaccio nelle campane della Castagnavizza e del Monte Santo. Ghiaccio sulla sonorità che si prepara. C’è la campana astratta del San Valentin. Come un’assurda eco di motore. Corsa. Rintocco di un fantasma sul bronzo fatto di frantumi. Sassi sotto le ruote. Sono sul viottolo sassoso dei nostri prati. Non ho capito come. Sono qui. Entro nel campo smisurato.
Ghisa nel fondo della terra.
La terra senza la visione adesso.
Pioggia scurisce zolle gonfia erba. Erba. Nel campo vasto steli piegati tutti verso casa. Bora.
Lei mi confonde rinata di pensiero. Odore di pelliccia umida.
Ho braccia come pale di mulino e gambe come menhir conficcati nella pietra e cuore con un buco dentro. Scolaemozioni di plastica. Un flusso rosso si rapprende a nastro sopra margherite e luppolo. Pianto bastardo di lucerna soffocata. Il cielo ascolta. Ha occhi per vedere. Avrà pietà. Inerme seguo il vento. Le mani sono remi e navigare tra gli scrosci sbiechi nel ronzio stonato dell’assenza non è come mangiare a turno gelsomore e gridare gioia piena di qualsiasi disteso mezzogiorno. 0 secondi di ore 12 del giorno 5 giugno a un mese da quel 12 maligno di quel 5 maledetto maggio appena un poco in là privo di te.

7 giugno 2009
Ci sono sguardi carichi di tutto. Vertigini nella fessura delle palpebre che cede luce e si divarica impietosa. Al centro io. Sperimentata d’improvviso piegata in due tritata in nanoparticelle da raffiche di galleria del vento / immane vuoto dell’universo intero. Non ci credevo che non fossi eterna. Amore mio Petto di luna.

8 giugno 2009
La casa. Pareti bianche vuote. Vetri opachi senza la rugiada del tuo fiato la curva dolce del tuo naso. Respiro ortiche. Elettriche le stanze. Imposte sigillate. Pioggia o sereno fuori. Colate di cemento tutto. Grigio o glicine non conta. Aria mano aguzzina sega la schiena fino ai fianchi. Si ingolfa nelle vertebre. Le fonde. Sento un serpente marchiato sulla nuca. Serpente strano. Con ali di libellula.
Mi torna il tuo profumo a volte. O sono i tigli i gelsomini le rose della nostra Armenia calpestata.
Vedo la morte che mastica Bellezza.

21 giugno 2009
Appena un giorno dopo la tua nascita 15 anni fa. Lo schianto del primo giorno d’estate primo senza te. Mi corri incontro mentre torno a casa piantando unghie nel cervello anche se le ritrai. Mi corri dentro e strusci i polpastrelli - quanto più puoi quanto più puoi - tra le sinapsi levigate dalle gocce sublinguali dei fiori di Bach. Clematis Stella di Betlemme Impatiens. Ecco. Impatiens come il cuore che perfora la cassa toracica insensibile ed esce navicella senza propulsore.

5 luglio 2009
Padova. La Chiesa di Ognissanti. Battesimo di Riccardo. Il crisma sulla guancia l’acqua sulla testa a ore 12. Campane. Cristo Pantocratore dietro l’abside di destra. Nascosto per secoli alla vista da pallidi mattoni. Murato. Cancellato. Non c’era all’apparenza ma vegliava.
Attorno a noi presenze.

7 luglio 2009
Emma era devota alla Madonnina di Lourdes sul comodino (vestito bianco fascia e corona azzurre). Amava le mie mani bagnate d’acqua benedetta e imposte sulla gola e sulla pancia. Le ricercava. Me le chiedeva se dimenticavo.
Ho palme vuote. Dita doloranti per il freddo che stringono e ristringono istintive. Braccia slogate. Gambe inabili a percorrere i sentieri erbosi della mia campagna.

15 luglio 2009 (ore 21.30)
Sotto un cielo vasto - bluciclamo con sguardi / squarci luminosi / stelle - alzo le braccia e spatolo carezze. Poi - le mani come sgorbie - raschio nel buio e spero in un trotterellare allegro. Il suo ritorno giuro non sarebbe meraviglia. Se mi si aprisse il palcoscenico del cielo e lei mi ruzzolasse addosso con il pelo in onde e gli occhi sorridenti alla cinese non sarebbe meraviglia.
Un gadget d’oro di una sera quasi in mezz’estate priva di folletti. Un gratis fuorimatch per conciliarmi a Cappuccetto e Biancaneve.
Il fieno sparge aroma spinge aroma fin dentro le ossa. Inalo aroma inghiotto lacrime.
Sono qui a raccontarti: giornate senza te quanto ho pensato a te quanto mi manchi - sai il libro va in decollo - ti darà volo l’arte di Roberto - prega per me.
3 mesi fa giocavi tra il trifoglio tenero di questo stesso prato ora zigrino ispido di aghi che bucano la pelle.
Distesa a terra cerco tracce.
Sento l’essenza forte dell’estate. Nessun alone orma ciuffo tra i cespugli. Il nulla e solo il nulla impigliato alle radici sovvertite dei pianeti.
Le tracce sul mio corpo: l’unica geografia che so. Potrei metterci spilli con capocchiette rosse da spingere più giù all’altezza del cuore.


Per saperne di più su La terra, la visione, segui il link Qui. E Qui con traduzioni in inglese di Chiara Santesso. E ancora Qui per quanto riguarda alcune Presentazioni.