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sabato 25 marzo 2023

Poesia / Diario e Tanka 32: La bellezza collaterale (Una scoperta).

Durante la mia ultima passeggiata a Capriva del Friuli mi sono imbattuta in un'inusitata creatura arborea. O meglio: nell'orecchio ligneo di un essere speciale. Il dialogo è stato inevitabile. Sommesso, semplice e illuminante. Non vi sto a raccontare tutta la sua storia, vi lascio invece quei pochi versi che mi ha ispirato e un proposito: la liberazione di quante più anime possibile.

Irene Navarra, Affioramento, Fotografia.

Dal tronco emerge
la creatura lignea
che parla secca -
Denuncia la sua vita
imprigionata.
#Tanka 32

U-May
 
 
Sibila da crepe centenarie.
Narra con voce roca per il gran silenzio della sua esistenza quasi pietrificata.
Mi faccio più vicina e ascolto.
Scorrono i secoli come il miele dentro il latte.
La collina non ha più le viti e non ci sono case.
Qualche sentiero di terra fulva appare nel verde selvaggio.
Fiori mai visti prima. Pomposi. Quasi spumeggianti, alcuni.
Lei, la creatura lignea, mi avvolge dentro il suo pensiero.
Essenza che si libera.
Droga olfattiva che stordisce.
Adesso so: c'è un cipresso in sofferenza un po' più in là, sul declivo digradante verso il Castello. La sua corteccia è incisa da un legaccio di ferro conficcato ormai fin nella polpa che si è gonfiata attorno. Un salvataggio sarà gradito all'Entità del tronco antico.
Sibila ancora.
Prometto. Con in mente le cesoie da metallo nella cassetta degli attrezzi in macchina.
Vado.
Spedita e allegra.
Il Sole occhieggia di squincio dalle nubi e mi si posa sulle spalle.
Una carezza, penso.
Oppure un premere turgido di risata.
Da bonaria presa in giro, sospetto.
Il Sole, quando ride, ha brividi di calore.
Lui burlone, di sicuro.
Io chiara-mente sorniona.
Vado, comunque.
Sgamando il tempo e la ragione.

IQ48

sabato 10 ottobre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Se la mente rifiuta di finire.


La mia Opera incompiuta continua ma, me ne accorgo ora alla rilettura di quanto ho scritto, sta prendendo vie impreviste. La natura, come al solito, mi soccorre ed entra in ogni pensiero accanto a ogni emozione o sentimento. L'Ottavo tempo di questo percorso ritorna a un luogo molto amato, il Parco del Monastero di Sant'Orsola in Gorizia, un Hortus conclusus ricco di evocazioni che mi è stato rivelato dall'amica e sorella d'anima, Suor Elena Arcese. Là recupero il passato con una sorta di calma rassegnazione che è, forse, l'inizio di un vivere meno doloroso.
 
1, Irene Navarra, Pablo e la Sughera, FotoInstagram, 2016.
Parco del Monastero di Sant'Orsola in Gorizia.


La mente menestrella di sussurri minimi
non è rimasta nella bara con la croce 
in cui mi chiusero i custodi della notte
senza clemenza e remissione. 
Lei va alitando sui faggi e sopra i tigli, 
scivola lungo il tronco di un Tasso sacerdote, 
aspira il suo profumo inconfondibile, 
ne beve l’anima che narra sacrifici,
rimbalza sulla Sughera imponente
che si abbandona complice,
per poi fermarsi tra le crepe 
di una Tavola rotonda d’arenaria 
e riposare 
fusa all’ogiva rossa delle palpebre 
che vibrano ribelli sfidando 
anche la morte.

Oh, limitarsi a quel mondo circoscritto
segnato appena da venuzze azzurre.
Un universo tiepido di linfa -
il mio risveglio quieto.


Nell'immagine di apertura appare la Tavola rotonda della poesia (v. 12). Essa è nucleo pulsante di una dimensione fiabesca legata al Parco del Monastero di Sant'Orsola in Gorizia. In primo piano la mia Guida Pablo golden retriever ormai nella Luce, sullo sfondo il tronco della Sughera centenaria che lo ombreggiava con i suoi immensi rami.

2 e 3, Irene Navarra, La mia tana / Pablo e il Tasso, 2016. FotoInstagram.
Parco del Monastero di Sant'Orsola in Gorizia.

Nella successiva immagine (2) è rappresentato il cuore della stessa Sughera. Sotto la sua protezione ho passato ore bellissime. Lei ha favorito una mia prodigiosa connessione con il Tutto, incentivata anche da un'altra particolarità ambientale: aveva, infatti, come compagno il vecchissimo "tasso sacerdote" ricordato nella lirica (v. 6) e il cui tronco maestoso si vede nell'ultima foto (3). Sento ancora sotto le dita la sensazione delle sue fibre ricche di essenza, e il velluto del muschio che ricopriva l'antica quercia. La sostanza delle due creature arboree era sacra. Quando poi le loro energie si armonizzavano, riuscivano a diffondere flussi salutari di Bene spirituale e fisico.

Il Tasso e la Sughera vivono ancora. In un'agra solitudine imposta. L'edificio è, infatti, stato chiuso e, in parte, venduto dopo il trasferimento delle suore che lo abitavano, rendendolo vivo con un impegno competente nella formazione educativa scolastica.
Il Parco, quindi, è diventato irraggiungibile.
Così, questi due secolari, saggi giganti mi sono preclusi alla vista. Continuo, tuttavia, a intessere con loro tenui discorsi subliminali, tenendomi per costrizione al di qua del muro di cinta.
Mi mancano molto.
P.S.: Non sapevo di possedere delle foto del Tasso. Non ho mai pensato di bloccarne l'anima in uno scatto. Lo vedevo come un Dio severo e primordiale perciò non osavo accostarmi senza il dovuto rispetto. Sono felice di averlo immortalato per caso e rintracciato mentre rovistavo tra le mie istantanee Instagram alla ricerca del tempo perduto e di Pablo che non c'è più.

giovedì 6 agosto 2020

Poesia / Percezioni: La mia è una natura floreale. Persino arborea.

Sondare la tua essenza per capire chi sei, può diventare un dramma, se non rinunci a vederti nella nudità più disarmante e aliena. La meditazione in ciò aiuta, soprattutto quando sperimenti la tipologia regressiva in cui è maestro il grande psichiatra Brian Weiss. Riappropriarsi del vissuto inconscio per capire meglio il conscio, porta una letizia tale che ti senti in grado di far ballare un tango sfrenato alle tue gambe inadatte a qualsiasi esercizio fisico che non sia il puro passeggio lento. Provare per credere. Un suggerimento, questo, palesemente trito e ritrito. E anche di infecondo carattere esortativo. Banale in verità, ma necessario perché la ricerca sulle vite trascorse risulta troppo efficace come metodo di riconoscimento. Un tanto non per rivelare che ho scoperto di essere stata una macchia giallo-rosa spalmata tra l'erba a mo' di improbabile fiore, o un albero piuttosto scomposto, oppure un modesto rivo dalle acque malva-oro. Non ho questa presunzione. Tuttavia, dopo prove e controprove, mi sento di affermare che, forse, è proprio così. Sono stata un fiore, un albero, un rivo.

Irene Navarra, Idee native, Disegno grafico, 5 agosto 2020.

Mi muovo in una scena strana
formata da elementi vegetali non perfetti.
Solo abbozzati in geometrie puerili.
Schizzi essenziali, idee native
con dentro l’anima di alberi e di fiori.
Ho i loro semi radicati nelle mani.
Dai pori della pelle rampollano
pulsioni fresche. Aculei di sensazioni.
Pistilli intrisi di sentori intensi. Oscuri.
Mi dicono che sono floreale.
Persino arborea.
Credo di sì.
E mi confonde un po’
questa natura vaga in redenzione dal mio corpo,
intendere la resina di sangue e linfa verde
in turbinio perenne nelle vene.
Però mi alletta il primordiale gancio
che mi trascina indietro 
a riscoprire inizi senza uso di parola.