La mia Opera incompiuta continua ma, me ne accorgo ora alla rilettura di quanto ho scritto, sta prendendo vie impreviste. La natura, come al solito, mi soccorre ed entra in ogni pensiero accanto a ogni emozione o sentimento. L'Ottavo tempo di questo percorso ritorna a un luogo molto amato, il Parco del Monastero di Sant'Orsola in Gorizia, un Hortus conclusus ricco di evocazioni che mi è stato rivelato dall'amica e sorella d'anima, Suor Elena Arcese. Là recupero il passato con una sorta di calma rassegnazione che è, forse, l'inizio di un vivere meno doloroso.
1, Irene Navarra, Pablo e la Sughera, FotoInstagram, 2016.
Parco del Monastero di Sant'Orsola in Gorizia.
La mente menestrella di sussurri minimi
non è rimasta nella bara con la croce
in cui mi chiusero i custodi della notte
senza clemenza e remissione.
Lei va alitando sui faggi e sopra i tigli,
scivola lungo il tronco di un Tasso sacerdote,
aspira il suo profumo inconfondibile,
ne beve l’anima che narra sacrifici,
rimbalza sulla Sughera imponente
che si abbandona complice,
per poi fermarsi tra le crepe
di una Tavola rotonda d’arenaria
e riposare
fusa all’ogiva rossa delle palpebre
che vibrano ribelli sfidando
anche la morte.
Oh, limitarsi a quel mondo circoscritto
segnato appena da venuzze azzurre.
Un universo tiepido di linfa -
il mio risveglio quieto.
Nell'immagine di apertura appare la Tavola rotonda della poesia (v. 12). Essa è nucleo pulsante di una dimensione fiabesca legata al Parco del Monastero di Sant'Orsola in Gorizia. In primo piano la mia Guida Pablo golden retriever ormai nella Luce, sullo sfondo il tronco della Sughera centenaria che lo ombreggiava con i suoi immensi rami.
2 e 3, Irene Navarra, La mia tana / Pablo e il Tasso, 2016. FotoInstagram.
Parco del Monastero di Sant'Orsola in Gorizia.
Nella successiva immagine (2) è rappresentato il cuore della stessa Sughera. Sotto la sua protezione ho passato ore bellissime. Lei ha favorito una mia prodigiosa connessione con il Tutto, incentivata anche da un'altra particolarità ambientale: aveva, infatti, come compagno il vecchissimo "tasso sacerdote" ricordato nella lirica (v. 6) e il cui tronco maestoso si vede nell'ultima foto (3). Sento ancora sotto le dita la sensazione delle sue fibre ricche di essenza, e il velluto del muschio che ricopriva l'antica quercia. La sostanza delle due creature arboree era sacra. Quando poi le loro energie si armonizzavano, riuscivano a diffondere flussi salutari di Bene spirituale e fisico.
Il Tasso e la Sughera vivono ancora. In un'agra solitudine imposta. L'edificio è, infatti, stato chiuso e, in parte, venduto dopo il trasferimento delle suore che lo abitavano, rendendolo vivo con un impegno competente nella formazione educativa scolastica.
Il Parco, quindi, è diventato irraggiungibile.
Così, questi due secolari, saggi giganti mi sono preclusi alla vista. Continuo, tuttavia, a intessere con loro tenui discorsi subliminali, tenendomi per costrizione al di qua del muro di cinta.
Mi mancano molto.
P.S.: Non sapevo di possedere delle foto del Tasso. Non ho mai pensato di bloccarne l'anima in uno scatto. Lo vedevo come un Dio severo e primordiale perciò non osavo accostarmi senza il dovuto rispetto. Sono felice di averlo immortalato per caso e rintracciato mentre rovistavo tra le mie istantanee Instagram alla ricerca del tempo perduto e di Pablo che non c'è più.