Di lacrime grondano le cose.
Il rimedio è nel canto, sembra suggerire la poetessa con rara ispirazione empatica.
In primis, però, c'è il dolore.
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Silvia Valenti, Irene e Ale a Treviso, fotografia, 2014. |
Dentro le Dedalaritmie liriche di Irene Navarra
Nel
percorso deterministico della prima sezione del nuovo libro di Irene Navarra, Dentro, risalta il connotato
inconfutabile dell’impianto alchemico come base di qualsiasi originare
esistenziale. Noi ci enucleiamo nel Vuoto primordiale / esoterico Athanor come
accumuli, per una scintilla di vigore che ci fa conflagrare a vita nuova con strutture
confezionate secondo modelli naturali e sequenze cicliche. Per incontri di
materia. Atomi che fermentano nel bollitore astratto in cui tutto si forma e
purifica per poi rotolare in caduta gravitazionale fino alla dimensione cui sono
destinati. La poesia di conseguenza diventa per la poetessa goriziana un innato
metodo di inchiesta e una mediatrice di Verità. Collegando infatti ignoto e noto
nella folgorazione del fervore ispirativo, fissa i margini in cui argomentare è
concesso. Essa procede sempre lungo la strada ardua del Dubbio, disbroglia
matasse, si impiastriccia di sostanza, la assimila, si invola, tramutando il
dato fisico in principio trascendente. In una metamorfosi simbolica che interpreta
il fine ultimo della prescienza, tesa alla scoperta della pietra filosofale.
Sì, perché questa recente raccolta composta da tre sillogi (La certezza del Mutamento, Dentro,
Cronaca di un’Assenza) proprio là si
volge, seguendo un sottile filo di Luce baluginante dalla concretezza più
densa. Ed è l’illusione della continuità giocata sul Sentimento del contrario di schietto gusto pirandelliano a fare da
contrappunto emotivo alla pena della perdita, negando la morte individuale con
il semplice accendersi del ricordo. Il teorema è compiuto, dunque. Vince di
sicuro la dissoluzione del corpo come norma ineludibile e necessaria, ma vale
ancor di più il permanere nel pensiero di chi resta. Ciò rappresenta l’assoluto
per eccellenza. Una somma di memorie crea l’energia adatta a traghettarci attraverso
il mare del Nulla, verso porti di tranquilla consapevolezza. In intermittenze
del cuore come spiragli sul mistero dell’Essere. Il Dio cristiano qua conta
solo come emblema di spiritualità e tappa da toccare a conferma di suggestioni
annidate in pieghe della mente. La ragione cede, in definitiva, abbandonando
qualsiasi meccanicismo, sebbene autorevolmente filosofico e culturalmente seduttivo.
Così, l’abusata parola Amore assume sfumature di durevolezza eterna nel suo
stesso generare delle specie di nastri ideali che collegano elementi fenomenici
- fragili per la loro caducità - e metafisici - imperituri proprio in quanto
tali -. Un trionfo alchemico, in verità, da ascriversi alla ricerca lirica
della scrittrice. Ricerca come frutto inequivocabile del suo procedere per
visioni, cosmiche prima e intime poi, ma non per questo meno vaste. Quale
l’approdo? Microcosmo (personale) e Macrocosmo (universale) collimano
coincidenti. In questo caso quindi, e oltre ogni evidenza speculativa o
scientifica (Shopenhauer non ce ne voglia!): duo idem non sunt sed idem faciunt.
Eugenio Bernes, musicista e CAGEcreativo