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sabato 13 maggio 2017

Non-Haiku / Noterelle un po' critiche 6 (con Antonio de Curtis / Totò).


Questo Frammento poetico potrebbe essere un haiku. Ma non lo è. Esprime un sentimento esistenziale del tutto nostrano. E quando dico nostrano, intendo di verace spirito italico. Chi conosce un po' di storia letteraria e di costume della MadrePatria lo capirà. Non occorre, quindi, che io citi l'italicum acetum di veneranda memoria, gli autori comico-parodici del Medioevo toscano o l'eroicomico poema seicentesco La secchia rapita di Alessandro Tassoni. Noi Italiani possediamo una genetica vena mordace che ci fa ridere e lacrimare assieme.
Niente haiku, pertanto, per raccontare in succinto la singolare unicità di Antonio de Curtis / Totò (quale giapponese potrebbe ispirarglisi e scriverne?). Solo un Frammento di tre versi per diciassette sillabe con punto fermo finale e senza trattino. Un Non-Haiku.

Antonio de Curtis, in arte Totò.
- www.windoweb.it -









Profilo inciso
nell'arco buffamaro
di gioia e pianto.












martedì 21 marzo 2017

Haiku / Noterelle un po' critiche (7) - Susino sogna.


Ventuno di marzo.
Scrollando gloria pura
Susino sogna.

Gli alberi hanno sentimenti.
Irene Navarra, Susino sogna, FotoInstagram, 2016.

C'è l'abusato kigo - inevitabilmente, visto il soggetto e la stagione - reso però più vivido da due elementi poetici per nulla parte della forma classica dell'haiku: la Personificazione e l'Analogia. 
Nella sua momentanea e precoce gloria di puro colore e leggerezza Susino sogna le future opulenze dei frutti mentre si lascia andare alla soavità del vento. Il frullare di petali bianchi diventa così la voce analogica della meravigliosa creatura arborea.


venerdì 17 marzo 2017

Haiku / Noterelle un po' critiche (5). Parola di IQ48.


Rosso e violetto
nel campo estivo-mare
di erbe e spighe.

La mia poetica del Frammento.
Irene Navarra, Non-Haiku-Front / Cuspidi elettriche, Disegno grafico, 2016.


Studiando i grandi maestri (Andrea Zanzotto).

"Gli haiku saettano come smussate freccioline che ci vengono da un mondo simile a quello di Alice, ma dotato di una sottile, intricata coerenza che non è soltanto il rovescio dello specchio delle nostre coerenze. Sono spiragli da cui filtra qualcosa di accecante e insieme di carezzevole, sono cuspidi elastiche di qualcosa che deve restare sommerso, per noi (e forse per tutti), ma che pure sentiamo necessariamente nostro."
Da Cento haiku, Guanda, 1987.

Sono d'accordo. Tutto ciò va bene come analisi del mondo-haiku giapponese. Io però voglio scrivere in modo scisso e intenso. Cerco una dimensione decontestualizzata. Uso (e non uso) i punti, le virgole, le analogie, le metamorfiche sentenze. Ho noia delle stanche evoluzioni strascicate per diciassette more. Se c'è il trattino non sempre è un kireji e non fa saltare nulla. Anzi talvolta accorda. Uso anche lo slash. A dire il vero anche l'hack and slash come sistema.
Unisco Disunisco Strappo Ironizzo Accendo Smorzo.
Formulo essenze visionarie.
Voglio che i miei frammenti siano cuspidi elettriche nate dall’indistinto per miracoli fulminei. Nessun elastico a trascinarmi indietro.
Parola di IQ48.

E ora il video. In italiano e in inglese.




giovedì 2 marzo 2017

Haiku / Noterelle un po' critiche (4). Con Tomas Tranströmer.


Il mare è un muro.
Sento i gabbiani gridare –
Accennano un saluto.

Da Il grande mistero di Tomas Tranströmer.
Traduzione di Maria Cristina Lombardi.

Il racconto del mare.
Silvia Valenti, Il grande mistero, Fotografia, 2014.
- Courtesy dell'artista -

L’haiku è Poesia, se ha un’anima. E ha un’anima, se interpreta il mondo, naturale o meno, irradiandolo della sua stessa luce. L’autore, al centro di questo miracolo, respira nel soffio vitale di quanto scrive. Ritorniamo, quindi, al concetto di anima come motore unico e originale di esistenza. L’autore vero non imita mai, né si adegua a formule trite e schemi avulsi dalla sua autentica dimensione – geografica, sociale, culturale, linguistica che sia –. Ovvero: la sensibilità di un Occidentale diverge per forza di cose da quella di un Orientale. Con buona pace di quanti scimmiottano il kigo, i caratteri wabi e sabi, l’assenza di punteggiatura..., sentendoli elementi del tutto necessari a rendere idoneo un haiku. Aspetti invece, questi, inadatti a darci la Poesia. La Poesia che si rivela nel rapporto tra parola e silenzio, forte di un’energia evocativa tale da rendere visione concreta l’astratto. Così, senza parere. Con pochi tocchi intuitivi fondi fino alle radici dell’Essere.

lunedì 28 novembre 2016

Poesia / Frammento 6 (Il Mare Dentro con Noterelle un po' critiche 8, e anche liriche).


Appare
azzurro
sopra una lastra tersa
il Mare Dentro.

In prima battuta l'avevo considerata un haiku,
questa piccola lirica nata in un pomeriggio d'estate.
Adesso la dichiaro non-haiku.
Per diversi motivi, oltre a quello fondamentale che odio l'imitazione impossibile.
Non esibisce l'abusato trattino (supponente traduzione della cesura orientale)
perché non contempla alcun rovesciamento.
Non desidero imposizioni di kireji (parola che taglia)
nel mio modo tutto occidentale di pensare, sentire, scrivere.
Qua il fluire poetico si articola in quattro versicoli.
Quattro respiri
C'è il punto finale.
Amo il punto fermo.
È un discrimine forte tra l'Illuminazione e il Vuoto susseguente.
Nel senso vibra in sordina Il mare scritto della Duras
"sempre sorvegliato, verificato. Casomai non volesse più vivere".
Io, il mare, l'ho fermato come riflesso in una lastra tersa
e poi me lo sono inciso dentro.
Ché viva in me.
Di me.
Tingendomi d'azzurro
mentre "s'affolta / il tedio dell'inverno sulle case," e  "la luce si fa avara - amara l'anima"*.

(*Eugenio Montale, Ossi di seppia, I limoni, vv. 40 - 42).

Esorcismi di salvezza.
Irene Navarra, Il Mare Dentro, Disegno grafico, 2016.

E ora il video.



sabato 23 luglio 2016

Haiku / Noterelle un po' critiche (1). Con determinazione.


L’haiku, per essere davvero tale, deve vibrare di un sentimento del tempo che doni a tutte le cose cantate il colore struggente della durata ineffabile.
Deve essere sabi.
E lo è soltanto quando cristallizza l’istante rappresentato, uniformandolo all’eterno. 

Scrive Kobayashi Issa (1763 – 1828):

Tada oreba
Oru tote yuki no
Furi ni keri

C’ero soltanto.
C’ero. Intorno
mi cadeva la neve.

Traduzione di Mario Riccò  (che usa la punteggiatura con il beneplacito di Paolo Lagazzi).

Irene Navarra, Solitudine e neve, Disegno grafico, 2016.


Nessuno dei grandi critici e traduttori contemporanei di haiku, nessuno dei grandi scrittori antichi e attuali di haiku ha mai teorizzato il divieto di usare la punteggiatura nella creazione o nella versione di un haiku in qualsiasi altro idioma. Chi lo suppone, inventa. Chi lo prescrive, inventa e appiattisce. Ciò vale ancora di più per l’Occidente. Ora come ora ci sono troppi “maestri” di scarsa apertura e massima presunzione. Ovvero: sapere che l’assenza dell’ego non è una caratteristica di questo genere poetico bensì della lingua giapponese stessa, potrebbe spalancare scenari inusitati ai falsi haijin che ritengono legge il contrario.