sabato 8 ottobre 2016

Poesia / Premio Campana - Aleramo.


Per ricordare.
Irene Navarra, Piccoli segni, Disegno grafico, 2016.



Premio di Prosa lirica promosso dal Centro Studi Campaniani di Marradi (Firenze) in occasione del Centenario dell’incontro di Dino Campana con Sibilla Aleramo (3 agosto 1916).
Il mio scritto si è qualificato nei primi dieci (su 138 partecipanti).
L’ho presentato con lo pseudonimo de L’Alchimista perché così amava definirsi Dino Campana.
Nel testo ci sono richiami al suo lessico ed evocazioni oniriche del luogo in cui avvenne l’incontro (il Barco, una località sui monti dell’Appennino toscano).




 Io ti veglio, tu mi culli nel cuore.

In questo meriggio d’Agosto la stanza è un nido d’ombra inciso d’oro bizantino. Da fuori mi arriva la cantilena azzurra di campane sopra lo scroscio del fiume tra le forre e un lamentarsi estatico di tortore. Il cedro bisbiglia alle persiane socchiuse in fruscianti carezze. Voci. Io le respingo come echi di un mondo ormai lontano.
Sto bene qui, assorto nel riverbero prezioso della luce sul tuo corpo nudo.
Tu dormi serena, io ti veglio.
Se stendessi la mano, ti potrei toccare.
Sì, ti potrei toccare.
Ma non oso.
Ammiro l’avorio delle braccia alzate a incorniciare il capo, le curve dolci delle ascelle, la grazia sciolta della chioma.
Ho il nostro amore tatuato addosso. La pelle è pesta per le strette, i graffi, i colpi furibondi. Quando ci possediamo, sei un’ardua, selvaggia creatura. Ora, nel sonno, sorridi intimamente per una tua vaga chimera. Ti esploro con occhi di gorgo vorace. Voglio morderti la bocca di prugna. Inondarti della passione che mi sfianca. E invece, inerte, ti contemplo. Avvinto all’ambra delle tue fattezze.
T’amo d’amore più abbagliato dopo ogni incontro.
Non ti svegliare. Io sono il tuo respiro. E ti respiro e percorro le tue rose: le guance, le labbra, il seno, il morbido del ventre, delle cosce, l’arcano in cui sublimo ogni orizzonte. Non ti svegliare.
Io vivo in te la mia compiuta forma vera.

Non mi svegliare, amore.
Lo so: mi sfiori con lo sguardo e ti fai mio respiro.
Poi mi scendi nel cuore e ti riposi.
Così ti cullo, divino amante.
Per te coltivo le mie rose. Ne spargo i petali sul nostro cammino.
Non mi svegliare, amore.
Lasciami nell’incanto.

domenica 11 settembre 2016

Gli occhi del fratello / Premio internazionale di poesia "Città di Ancona".


L'anniversario dell'eccidio terroristico delle Twin Towers,
le mie liriche,
il Premio.

Irene Navarra, In memoria, disegno grafico, 11 settembre 2014.

Sotto tralicci deformati

Sotto tralicci deformati,
in lamine contorte e raggricciate
- rose scarlatte di carta crespata -
si può trovare la vendetta atroce
nata in cuori-puntaspilli.

Cuori-fontane che covano gli umori
in vene profondissime
finché conflagrano
nell'innocenza
di pupille attonite.

Per saperne di più sulla mia poesia, clicca Qui.

venerdì 5 agosto 2016

Poesia / All'orizzonte estremo (On the far horizon).


All’orizzonte estremo trabocca 
lo skyline cenere-argento 
dal panno liso delle fronde. 

Raccolgo un tête-à-tête 
di luci e ombre. 

Più in basso la pazienza dei filari- 
infisse-croci nella mia campagna. 
Un corvo sbuca tra le stoppie. 
Si libra. Abbozza chiazze sul selciato. 

La sera dell’Autunno che s’inoltra 
mesce la pioggia come vino biondo.

≈ ≈ 

On the far horizon emerges 
the silver-grey skyline 
of a threadbare fabric of fronds. 

I catch a tête-à-tête 
between light and shade. 

Further down, the patient rows 
like crosses driven into my countryside. 
A crow jumps out of the stubble. 
Takes flight. Leaves shadows on the ground. 

The advancing autumn night 
pours rain like blond wine.

Da / From: Irene Navarra, La terra, la visione, EDL, 2009.


P_Irene Navarra, All'orizzonte estremo_On the far horizon, AIArt e GraPhicArt, 21 Aprile 2020





martedì 26 luglio 2016

Haiku / Sono una poetessa gendai.


A proposito del mio modo di fare haiku: sono una poetessa gendai.

Riporto alcuni significativi concetti da un articolo di Luca Cenisi.

«Prendendo in prestito le parole del poeta austriaco Dietmar Tauchner, possiamo dunque affermare che lo haiku moderno (gendai) “riguarda ogni aspetto della vita umana, incluse le esperienze della guerra, le conseguenze dei conflitti nucleari, e via dicendo”.
Da un punto di vista compositivo, il poeta gendai non segue regole prestabilite. Il modello 5-7-5 viene, infatti, spesso sostituito da uno schema più “aperto”
(jiyuritsu 自由律 o “forma libera”), mentre lo stacco (kire 切れ), pur continuando a trovare largo impiego, può non di rado perdere la propria referenzialità nell’economia complessiva dello scritto.
Per contro, conquistano maggior spazio figure retoriche come la metafora e l’analogia, in grado di veicolare esperienze e significati al di là del puro dato letterale; il linguaggio si arricchisce del valore del simbolo, seguendo uno sviluppo meno diretto e immediato e maggiormente prospettico, esaltando la semantica delle parole mediante processi di associazione o contrasto più raramente riscontrabili negli haiku tradizionali.
A giocare un ruolo determinante, nella stesura di un buon gendai haiku, rimane la profonda consapevolezza del momento storico-sociale in cui vivono l’autore e il lettore, il desiderio di vivere pienamente il presente percependo quel soffio vitale che anima ogni cosa, anche quegli oggetti o avvenimenti che ne risultano apparentemente privi.»

Vi lascio due dei miei VideoHaiku.
















sabato 23 luglio 2016

Haiku / Noterelle un po' critiche (1). Con determinazione.


L’haiku, per essere davvero tale, deve vibrare di un sentimento del tempo che doni a tutte le cose cantate il colore struggente della durata ineffabile.
Deve essere sabi.
E lo è soltanto quando cristallizza l’istante rappresentato, uniformandolo all’eterno. 

Scrive Kobayashi Issa (1763 – 1828):

Tada oreba
Oru tote yuki no
Furi ni keri

C’ero soltanto.
C’ero. Intorno
mi cadeva la neve.

Traduzione di Mario Riccò  (che usa la punteggiatura con il beneplacito di Paolo Lagazzi).

Irene Navarra, Solitudine e neve, Disegno grafico, 2016.


Nessuno dei grandi critici e traduttori contemporanei di haiku, nessuno dei grandi scrittori antichi e attuali di haiku ha mai teorizzato il divieto di usare la punteggiatura nella creazione o nella versione di un haiku in qualsiasi altro idioma. Chi lo suppone, inventa. Chi lo prescrive, inventa e appiattisce. Ciò vale ancora di più per l’Occidente. Ora come ora ci sono troppi “maestri” di scarsa apertura e massima presunzione. Ovvero: sapere che l’assenza dell’ego non è una caratteristica di questo genere poetico bensì della lingua giapponese stessa, potrebbe spalancare scenari inusitati ai falsi haijin che ritengono legge il contrario.