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lunedì 17 ottobre 2016

Poesia e Arte / Carlo Michelstaedter, Vita-Morte.


Oggi, 17 ottobre 2016, ricorre l'anniversario del suicidio di Carlo Michelstaedter
(Gorizia, 3 giugno 1887 – Gorizia, 17 ottobre 1910).
Ricordiamolo rileggendo il suo Canto delle crisalidi.

Studio di copertina 2 per video.
Irene Navarra, Il canto delle crisalidi di Carlo Michelstaedter, Disegno grafico, 2016.
- Studio di copertina 2 -


Vita, morte,
la vita nella morte;
morte, vita,
la morte nella vita.

Noi col filo,
col filo della vita
nostra sorte
filammo a questa morte.

E più forte
è il sogno della vita -
se la morte
a vivere ci aita

ma la vita
la vita non è vita,
se la morte
la morte è nella vita

e la morte
morte non è finita,
se più forte
per lei vive la vita.

Ma se vita
sarà la nostra morte
nella vita
viviam solo la morte.

Morte, vita,
la morte nella vita;
vita, morte,
la vita nella morte. –

Da Poesie (1905-1910), a cura di Sergio Campailla, Adelphi, 1987.

Qui il video dedicato.
Le varie slide che lo compongono sono bianco-nere.
Per evocare simbolicamente l’alternare dei concetti esistenziali di Vita-Morte.

Nell'immagine di presentazione del video: Irene Navarra, Studio di copertina 9, 2016.

Carlo si uccise con un colpo di rivoltella.

"Quando recidi lo stame della vita, hai scelto. Che sia per lucida volontà, per disperazione, per curiosità, non importa. Importa che tu abbia scelto facendo tua l’unica forma di libertà di cui puoi godere: la Libertà per la morte.
Morte, vita, / la morte nella vita; / Vita, morte, / la vita nella morte.
Sussurriamocelo anche noi questo mantra che amplifica lo spirito. Perderemo ogni paura.”

Da Di soglia in soglia la Percezione dell’Assoluto di Irene Navarra (performance multimediale messa in scena al Teatro Incontro di Gorizia il 4 giugno 2010, nel Centenario della nascita di Carlo Michelstaedter).


In Onda per onda (Poesie, Adelphi, 1987, pag. 74) scrive:

[…]
Al mio sole, al mio mar per queste strade
della terra o del mar mi volgo invano,
vana è la pena e vana la speranza,
tutta la vita arida e deserta,
finché in un punto si raccolga in porto,
di sé stessa in un punto faccia fiamma.

"Se penso a quel colpo di rivoltella di quel maledetto 17 ottobre 1910, provo rabbia e mi dico che è stato folle, che se n’è andato per un eccesso intellettualistico, per esasperata interiorizzazione o sfrenata sensualità. Poi, però, capisco che ci ha tolto sì la sua straordinaria persona, ma ci ha regalato un mito. E istantaneamente lo amo di un amore ancora più forte. Per amore, dunque, lasciamolo ritornare con la sua Bella Morte al di là dell’ultima Soglia, nel segreto di un Mondo che non ci è dato conoscere."

Da Di soglia in soglia la Percezione dell’Assoluto di Irene Navarra (performance multimediale messa in scena al Teatro Incontro di Gorizia il 4 giugno 2010, nel Centenario della nascita di Carlo Michelstaedter).

Paul Klee, La morte e il fuoco, 1940.
Resta il pallido volto della morte e la fiamma.
Come nel celebre dipinto di Paul Klee La morte e il fuoco che, seppure con dettami diversi, mi riporta visionariamente al "Giovane Divino" per gli imperscrutabili sentieri dell'Arte.


Per saperne di più su Carlo Michelstaedter, si seguano i link cliccando sui titoli sottostanti.
Dalla Morte alla Vita.
Il suicidio di Carlo Michelstaedter: un'ipotesi.
Di soglia in soglia La Percezione dell'Assoluto.


giovedì 14 aprile 2016

Haiku (o Senryu?) senza ironia / Meditazione 3 (D).


La D di Dharma
aperta nella mente.
Dentro e fuori da ≈

Io ≈

Irene Navarra, Mistero, Disegno grafico, 2016.

Lo sfondo di terra e la foglia d'edera rappresentano l'ordine cosmico (radice sanscrita Ṛta).
I soffioni sono simbolo dell'anima che entra/esce gioiosamente leggera
dal Dharma (radice sancrita Dhṛ) rappresentato con la lettera Delta
per esprimere il contatto tra Oriente e Occidente.
D di Dio, comunque.

lunedì 4 agosto 2014

Poesia / Dentro - Sovrimpressione epica 1.


Siamo nella silloge centrale del mio Dentro. Quando realizzo la sconfitta e immagino il mio destino.

Irene Navarra, Nuovi Indizi / Sovrimpressione epica 2, Disegno grafico, 2013.
E finirò appesa al chiodo.
Cappotto vecchio smesso
zeppo di ragnatele e buchi
dai bordi netti sfarinati d’oro.

Dentro quel panno informe
mi fingo il busto eretto,
le braccia affusolate,
il ventre piatto.
Un soffio ridanciano
gonfia la gracile penombra
delle trame/polvere.

          La porporina tossica ricopre il Sacro Graal 
          e Galahad ritorna ad affacciarsi gobbo
          dalla coppa tutta ormai bevuta.

Da Dentro, Luglio Editore, 2013, p. 77.

La meta per chi vive è un involucro consumato dal tempo in cui resta qualche segno di noi, profumo o polvere che sia. Le cose parlano. Forse soffrono per la nostra assenza.
Voglio indagare. Così ho veramente appeso un cappotto vecchio in un angolo buio della mia casa.
Ritorno spesso a lui come in pellegrinaggio. E ricordo. E mi fingo la bella forma del passato.
Fingo coscientemente.
Penso che quando morirò mi ci infilerò dentro e proverò ad adattarmi ritagliandomi uno spazio tra cuciture lise e polverino dorato di tarme. Fatta di niente in un tessuto di velina. Per tramandarmi ironica al popolo delle celle minime della sostanza eterea.

Qui per leggere Sovrimpressione epica 2.
Qui per saperne di più su Dentro.

Poesia / Dentro - Sovrimpressione epica 2.


Siamo sempre nella silloge centrale del mio Dentro. Alle battute finali. Quando, pensando a Galahad, realizzo una sorta di sconfitta / traguardo nella mia ricerca ai quid esistenziali. 

Seguendo Galahad.
Irene Navarra, Nuovi Indizi / Sovrimpressione epica 2, Disegno grafico, 2013.

La porporina tossica ricopre il Sacro Graal 
e Galahad ritorna ad affacciarsi gobbo
dalla coppa tutta ormai bevuta.

Da Dentro, Luglio Editore, 2013, p. 77.

Galahad. Il mio eroe da quando ero piccola. Il cavaliere puro che riposa nella mano di Dio e compie l’impresa del Graal. Egli percorre e ripercorre ogni anfratto del mondo. Affronta viaggi inimmaginabili e spesso cade lungo la strada. Il mio Galahad non vince sempre le sfide, le affronta però, anche se curvo, per quanto sfiduciato. Beve fino alla feccia il liquore amaro della vita. Vuota la coppa. Si orna di gemme, e le abbandona. Si impiastriccia di fango per piangere in pace. Non vuole la compassione. Sprezza l’odio e conosce un solo Amore. Il rimpianto non è da lui. Va. Tirando su le sue quattr’ossa, emerge da ogni abisso e si rinnova perché sa molto. Per aver visto molto. La mente è colma di visioni. Se le incolla addosso come un’armatura magica e segue il filo del ritorno all’Uno. Al Dio che l’ha informato di sé condannandolo a un’esistenza astratta. Quel Dio ininfluente, in fondo. Conta il dovere più di tutto il resto. La schiena ha ali fiammeggianti quando riprende il volo dopo la disperazione.
Ecco, questo è il mio Galahd dei giorni bui e luminosi assieme.