Avete mai aspettato l'Alba all'aperto? Io lo faccio spesso. Anche d'inverno. Mi siedo sotto il portico di casa mia nel buio più assoluto, e guardo attenta il giardino. Se poi mi trovo in campagna, l'orizzonte è il mio punto di riferimento. Là c'è qualche luce che ammicca dalla collina di San Floriano. Gioielli notturni. Perle preziose.
L'attesa è carica di fermenti.
Al primo chiarore cerco l'Est.
E quando il Sole, nascendo, inizia a suscitare i colori delle creature naturali, allora avviene il prodigio in un tripudio di fantasmagorie, mentre gli uccelli intonano la loro voce.
Ogni volta una sorpresa diversa.
Lo spettacolo è davvero stupefacente. L'anima canta.
Irene Navarra, L'Alba viola, Fotografia e Grafica, 22 Marzo 2023.
Nelle movenze del chiarore suona il tamburo basco l’Alba viola che strina sopra il sole nubi. Nasce da un calice di seta e balla tra le dita l’accendersi del verde naufragato in prugna con giravolte truffaldine di calore. Stagliata dentro il cielo un’allusione espansa allo svariare in gioco.
Da Minimondi di Irene Navarra e Silvia Valenti, Luglio Editore. Prima versione.
Nelle movenze del chiarore suona
il tamburo basco l’alba zingara
che acconcia il regno al sole.
Nasce da un calice di ardesia
e balla tra le dita l’accendersi
del verde naufragato in prugna.
In lontananza uno svariare cromo
assorbe l’allusione espansa.
Segue solenne il suo cammino.
Versione definitiva, pag. 75.
Le variazioni furono dettate da ragioni intrinseche alla raccolta.
Sogno un mondo di pace. E lo sogno colorandolo di giallo solare e ronzio d'api musicalissime. Sento profumi tenui e vento dolce sulla pelle, mentre m'insinuo in un campo di girasoli che si muovono lenti e parlano il loro linguaggio d'oro. Sto bene.
est e ovest ballano insieme un ritmo da villaggio antico
beatamente
la terra in mezzo a loro porta girasoli e musica di api
Sui girasoli ho già scritto. Qui trovate il testo (una lirica percettiva), che amo molto perché a quel tempo era ancora con me il mio adorato Golden Retriever Pablo.
Irene Navarra, Rinascita, Fotografia, 20 Aprile 2022.
(Piccoli poemi in prosa alla maniera di Charles Baudelaire)
Un salvataggio epico: storia di una creatura portata dalla morte alla vita.
Oggi mattina, in questa primavera strana che sa più d'ombra che di luce, ho toccato con mano un Miracolo.
I fatti:
Una lumaca nell'ugello del mio annaffiatoio blu. Forse ancora in letargo di salvezza.
Stecchino sottile delicatamente manovrato attorno alla sua casa incastrata mentre lei si svegliava e capiva e sporgeva con forza la testa cornuta dall'opercolo lacerato.
Si contorceva e spingeva.
Spingeva.
Finché
la Liberazione.
Oh, sì. La Liberazione.
E il ritorno al mondo che intonava come uno strofinare armonico di sfere mai udito da orecchio umano.
Trombe di Geova e rulli di tamburi angelici di sottofondo trionfale.
Per me, madre di un prodigio.
Per lei novella di rinascita casuale.
Il capo vibrante codici segreti, il corpo ancora intriso d'iride invernale, si è lasciata scivolare morbida sul mio dito e poi sulle crete muscose del giardino, danzando balda verso il verde sorridente.
Quando ti invade la disperazione per questo vivere che porta solo sofferenza e dolore, quando tutto il tuo essere reclama il bene ma attorno a te la luce si fa avara per il male che avanza come una soffocante nube tossica, allora devi immaginare. Esiste in un angolo della mente il buon ritiro con le sue semplici regole. Là devi andare.
Irene Navarra, Grado - Belvedere, Fotografia, 2011.
Né immagini né suoni.
Solo il guardarsi d'erbe nel canale
mentre la brezza scherza tra i cespugli.
Richiamo d’anatre,
incedere ritmato di garzette
e l’aspro verso dei gabbiani in rapido planare.
Piccoli fili d’oro sulle onde.
Cristalli salsi dentro gli occhi.
Odore d’alghe invade le narici
e vi perdura
aggancio fondo al mare.
Il mio rifugio è là,
in una casa né comoda né calda
ma decorata dallo statice violetto
e da ghirlande di conchiglie alle finestre.
Le tocco con la mano mentre passo
e loro intonano parole
ordite ai lievi sciabordii
che ancora serbano nel cuore.
Voci, le loro, confortanti.
Niente ricordi,
niente tragedie inaffrontabili.
Solo uno schietto articolarsi in sensi chiari d'esistenza.
Irene Navarra, Dentro il respiro dell'Universo, Fotografia e Grafica, 2 ottobre 2020.
Nel nido di piante dal fogliame ancora folto e impreziosito da qualche tardivo grappolo di fiori, il Tempo si inviluppa orizzontale e la Parola fiata appena un gioco di suggestioni e voli.
Sommessamente.
Sì, la Parola ha vita propria quando la lasci fare.
Tronco, Foglie, Verde, Fiori, Aria, Vento sono - Parole e Concetti - nella Visione che mi attrae e si dipana come fosse vera.
Me ne sto immobile davanti a questo trionfo di natura - quasi di statua il corpo - mentre la mia sostanza eterea si abbandona a percezioni nuove. Così mi arrampico lungo un tronco liscio come se camminassi sul sentiero che mi porta dalla campagna a casa, poi mi siedo su un ramo e allungo una mano per toccare Foglie dalla buona voce frusciante, mi vesto del loro Verde mentre la pelle si screzia in venature iridate e vibro di coccole rosa e Fiori effimeri al Vento che mi scorre donandomi un unico respiro lungo d'Aria limpida.
Sono - lo so, lo sento - umile fibra dell'Istante.
Come un'allegoria, questo girovagare solitario della mente in sottile esperimento.
La lirica è dedicata all'amica Franca che conosce la compassione e sa dialogare con gli animali. Vi si racconta la storia vera di una cucciola bianca come la neve che lei salvò e rese felice.
Irene Navarra, I colori dell'Amore, Fotografia, 4 novembre 2020.
I colori di Sissi (Sissi un po’ maremmana un po’ samoiedo ha una visione del mondo molto colorata da quando la sua amica umana l’ha salvata da morte sicura.)
Le mani che mi tolsero le pulci
scavando senza ripugnanza
persino nella pelle,
erano azzurre.
Erano mani-cielo marzolino
profumato di mandorlo e di melo.
Frusciarono poi verdi sul mio pelo
mentre mi ripulivano sottili per farmi nube soffice dipinta nel suo chiaro mondo. Percorsero leggere il mio pancino, la gola, il dorso, le zampette, le orecchie dai bordi rosi a morsi, tutto il mio corpo quasi divorato. Simili a fili d’erba-carezza. Rugiadosa.
Mi è capitato davvero. Questa mattina ho sentito cantare i girasoli mentre si cullavano al soffiare del vento e seguivano il corso del Sole. Capita talvolta. In certi specialissimi momenti si può scivolare tra le maglie del tessuto connettivo naturale che si apre corrivo e ci chiama. Se non frapponiamo limiti razionali fatti di un prima e di un dopo, se non mettiamo di mezzo la maledetta voglia di capire uccidendo l'intuizione, allora sarà inevitabile diventare infinitamente piccoli ma anche straordinariamente grandi. In un'onda ritmica che ci porta tra le sfere e rivela l'inconosciuto, l'inaudito, l'invisto mai, stabili pur volando, e calmi e placidi al punto da esclamare: "O mio infinito e buon Signore!", siamo tutt'uno con l'universo. Il Sacro è in noi e attorno a noi. Basta allentare la tensione di quell'elastico caricato per il male che ci regge come insulse marionette, scrollandoci di dosso i fili conduttori di un cieco esistere, e scopriremo il vasto riverbero dell'Assoluto. Abbandonarsi, quindi, al profondo eusentimento che dilaga in questo nostro esserci, intercettarne l'energia tastandola con i polpastrelli (la coglierete, ve l'assicuro!), annichilire i pensieri interrogandoli sul luogo da cui provengono (un escamotage per evidenziarne la pochezza e far loro denunciare il Nulla d'origine), vedersi fisicamente come strumenti celesti per una nuova raccolta-dati. Ci si apriranno orizzonti inusuali e salutari. È così che sono guarita. Nel corpo fisico e in quello eterico.
Irene Navarra, Girasoli in dialogo, Fotografia e Grafica.
Capriva del Friuli, 2 agosto 2020.
Questa mattina,
al soffio fervido del vento,
schiere di girasoli estatici
si piegano con tenero lamento.
Poi, d’improvviso, in una quiete
sovrumana iniziano a danzare
seguendo un loro modulato crescere
di suoni fragili. Sereni.
Negli occhi infibulati dentro il Sole
una leggera luce d’ambra chiara.
Mi volgo anch’io
mentre s’inerpica il fulgore
lungo le curve delle colline.
Premo sui fili d’erba come se fossero
i tasti vegetali di uno strumento sacro.
Musica infinita si fa dalle mie mani ormai sapienti.
È una preghiera.
Condiscendente vestale improvvisata
avanzo oltre una soglia incisa di segnali.
Calco col piede incerto le venature di una foglia.
(Piccoli poemi in prosa alla maniera di Charles Baudelaire)
Destinazione Gioia
L’immagine lo racconta bene questo mio speciale senso di sintonia con il Creato. C’è Pablo golden retriever, il mio amatissimo spirito-guida strappato a una morte terribile per denutrizione quando aveva solo 4 anni e mezzo, c’è un sentiero sinuoso verso un punto lontano che poi è un cipresso solenne. Dietro naturalmente ci sono io che fisso il momento in uno scatto, conscia del sapore aoristico che l’avrebbe connotato.
La vita, la vivo come una scena piena di messaggi simbolici.
Ora ho compreso appieno perché quell’istante bloccato per sempre ha rappresentato un punto di svolta del sentire.
Da allora non ho pubblicato nulla sul mio profilo Instagram (me ne rendo conto adesso). Correva l’anno 2018. Si era in aprile. Il 17 per la precisione.
Avevo Altro a cui pensare.
Parliamo quindi dell'Altro (in filosofia spicciola).
Conosco la parola yuj (योग). E’ un verbo sanscrito e significa unire, legare. Il fatto magnifico risulta però misteriosamente subliminale essendo anche la radice etimologica del termine gioia. La parola yuj con il suo concetto, la possiedo nell'intimo - ne sono certa -. Mi sale infatti spontanea alle labbra se entro in comunione con Lei, la Natura Grande Madre, che mi accoglie e innalza sino alle nubi e al cielo profondo, tingendomi i capelli d’azzurro mentre volo oltre le sfere in meditazione mistica. Mi capita talvolta nel mio paradiso destrutturato (qui il post) di provare questi intensi stati dell'essere. Negatori della materia perché originati in sostanze eteree di antica memoria.
Mi annichilisce quasi il pensiero che il mio più imperscrutabile residuo di coscienza assoluta, libero per genesi primigenia, lo pronunci spesso, in mantra sottile, il suono yuj. E lo dilati rendendolo come il vasto mare che accoglie tra le sue braccia liquide e culla chi vi si immerge.
Così mi abbandono fiduciosa e mi riconnetto e interconnetto finita / infinita, vitale pur senza sensazione fisica di me.
Un itinerario già scritto, pertanto, questo indicato dal suono yui. Insito nella stessa energia che aleggia attorno a noi ed è nostra parte costitutiva.
E se questa inclinazione tatuata in me porta al cosmo tutto, consiste altresì nel cosmo tutto. Ogni minimo granello della mia essenza vibra all’unisono con le infinitesime particelle di quanto intensivamente ed estensivamente si fa nutrimento quotidiano. Lo so: vaporose masse di luce candida contengono noi creature contenenti.
Irene Navarra, Resti / Il paradiso destrutturato. Fotografia, 2020.
(Piccoli poemi in prosa alla maniera di Charles Baudelaire)
Il paradiso destrutturato
Potrebbe sembrare una discarica di oggetti ormai defunti forse ancora servibili o forse no.
Potrebbe.
E invece è il nostro paradiso destrutturato. Nostro = mio e del mio cane.
Là stiamo bene. Pablo golden retriever - sciamanico spirito-guida d’elezione - sceglie ogni giorno di portarmi tra quelle reliquie di archeologia urbana, rese monumenti del vivere dall’abbandono intenzionale.
Non morte però.
Dimenticate all’aria (carezzevole a volte, a volte ingiuriosa), parlano un linguaggio in sordina commisto di ruggine e linfa. Molto espressivo.
Che rassicura.
Un po’ per i profumi ormai privi di riferimenti umani, un po’ per l’arte degli intrecci materiali tra rifiuti e natura selvaggia, a me e Pablo sembra di essere in paradiso.
Un paradiso destrutturato naturalmente.
Fuori da ogni ordine razionale e ligio a dettati superiori in cui il Caos primordiale ha la sua da dire. Nessun suono che non sia schiocchi di merli, frusci di serpi¹ intacca la nostra pace, dilagante a poco a poco fino al cielo.
Portentosamente non più muto.
24 aprile 2020
¹ Eugenio Montale, Ossi di seppia, Meriggiare pallido e assorto, v. 4, Gobetti Editore, Torino, 1925.
Con il Preludio "Angeli non di cielo" si apre la seconda Parte di Dettagli (Edizioni della Laguna, 2005).
Costituita da sette sillogi, articola un racconto lirico che culmina negli otto testi del Fuoco.
Le immagini del post sono opere dell'artista internazionale Roberto Faganel
gentilmente concesse per illustrare il libro.
Roberto Faganel. Fenicotteri, olio su tela, 1968.
Collezione privata.
Angeli non di cielo
Angeli.
Di terra e di mare.
Non di cielo.
Quelli di cielo sono troppo strani.
Pretendono l'Assolutezza dell'ascolto
e sbagliano con chi - povero sordo -
sa solamente il bene della cenere
oppure uniformarsi al passo delle Naiadi,
più vere della nuvola dorata
che c'è,
si vede,
si spera di toccare
e invece si disperde
nello sbuffo opaco di un lupo mannaro
ostacolato dall'anima di vipera.
Roberto Faganel, Il volo, olio su tela, 1972.
Collezione privata.
Il libro costituisce il secondo tempo della mia vicenda poetica
e si apre "su una natura simbolicamente protesa a intuire percorsi di salvezza
attraverso l'inesausta ricerca della Verità.
Le tematiche filosofiche e i modi ragionativi sono per i versi un connotato essenziale ma non unico.
Il lirismo visionario, infatti, che intreccia il sogno alla realtà, appare senza dubbio alcuno
la sostanza più suggestiva della loro ispirazione".
(Dalla Nota della seconda di copertina).
Dettagli, Frontespizio. Nell'immagine:
Roberto Faganel, La vecchia vite, 1999, olio su tavola.
Collezione privata.
Quando timidamente rivolsi
Quando timidamente rivolsi
intorno il primo sguardo,
vidi un festone alla finestra
di cuori rossi
orlati da merletti rossi
a punte zigzaganti.
E subito pensai:
"Sono ornamenti natalizi
per me
che mi avvicino al mondo".
Così desiderai intensamente di
rubarli
riporli tra le fasce
riscaldarmi
dal freddo della nascita.
La fiamma dell'Amore
Chi parla di fiamma dell'Amore
pensa di certo alla passione irrefrenabile
che fa infuriare e divampare
anche la Luna dell'Antartide.
Io penso invece
alla forza concreta di un incendio.
Di un ventoso incendio in caccia:
sulla corsa di una volpe
su cedri olmi ontani
sulle barocche litanie di cuori
travolti dalla rabbia.
Io penso con disagio
all'offerta polverosa di un incendio
che dietro a sé abbandona
solo cenere.
Dettagli, Frontespizio.
Testo manoscritto.
Da: Soffoca la Bellezza, vv. 1 - 16.
La sensazione monca della vita
Ci fu la volta in cui piombai di schiena
sulle piastrelle vecchio Vietri
della casa di mio padre.
(Tiranti interni e membra rattrappite
al petto, due mani ostili fisse
nella mente di Pinocchietto
dal respiro lieve.)
Se avessi chiuso gli occhi a quel
comando rigido imperioso,
avrei scoperto cosa c'era
attorno ai cuori
circondati dalle fiamme
che mi segnavano perenni
l'istante della nascita?
Dopo uno schianto che ti lascia Dopo uno schianto che ti lascia
inevitabilmente senza fiato,
dopo un ansimare stento
in un'aria inchiostro catramoso
il cielo oltre la finestra
diviene brulicante
di folgori e lucignoli festosi?
Il cuore burattino senza indugio
riprende a farfugliare.
Storie e poi storie
Così, per una volta,
credi d'esserci arrivato.
D'aver capito il Senso.
Pensi al festone natalizio
ti espandi come vischio ghiotto.
Caparbiamente vuoi l'Accesso.
Poi ti ritrovi prostrato ed impotente
nel Camerino Sala trucco
del tuo mistificante Cantastorie.
La cieca vestizione del momento La cieca vestizione del momento
accade per una ragione che è una farsa
autentica di Commediante smaliziato.
Crepita il Fuoco Sacerdote
quando si sente quasi smascherato.
Scava un pochino attorno al
cuore pronto al riconoscimento.
Con circospezione.
Crea uno spazio adatto per le evoluzioni.
(La pista ambigua e casta del suo circo
dove spiegare come un gonfalone
il vivido merletto rosso serpeggiante.)
Roberto Faganel, Nudo, 1985, olio su tela.
Collezione privata.
Le donne sono Angeli
Le donne sono Angeli
che Vedono.
Salgono scale a chiocciola,
arrivano a soffitte
piene di fili tesi
straripanti di fotografie
con volti case cose
o vuote come
cuori esangui.
Le donne dall'anima di velo
Le donne dall'anima di velo
hanno lo sguardo più profondo
più acuto più innocente.
Oltre una lente rossa (sorprese
spaventate) intuiscono il futuro.
Lo specchio della nuca
riporta sensazione labilissime.
Un rigoglio di lumi rampollati
l'uno dentro l'altro
intarsiano un cammino.
E mi consola Fernando Pessoa quando, nella X delle sue Stazioni della Via Crucis ai versi 5 - 8, scrive:
D'ombra e di luce occasionale, e vaghi gridi lontani, e passeggeri slanci di incognito rimpianto, bagliori di divino, quest'essere fosco e proscritto...
Da Una sola moltitudine a cura di Antonio Tabucchi (Adelphi, 2007).
Come te Io, come te, amo l’amore, la vita, il dolce incanto delle cose, il paesaggio celeste dei giorni di gennaio. Anche il mio sangue freme e ridono i miei occhi che conobbero il fiorire delle lacrime. Io credo bello il mondo, credo pane la poesia. Di tutti. Credo che le mie vene non finiscano in me ma nel sangue unanime di quanti si battono per la vita, l’amore, le cose, il paesaggio e il pane, la poesia di tutti. (da Poesie clandestine)
Oggi, 17 ottobre 2016, ricorre l'anniversario del suicidio di Carlo Michelstaedter
(Gorizia, 3 giugno 1887 –
Gorizia, 17 ottobre 1910).
Ricordiamolo rileggendo il suo
Canto delle crisalidi.
Irene Navarra, Il canto delle crisalidi di Carlo Michelstaedter, Disegno grafico, 2016. - Studio di copertina 2 -
Vita, morte,
la vita nella morte;
morte, vita,
la morte nella vita.
Noi col filo,
col filo della vita
nostra sorte
filammo a questa morte.
E più forte
è il sogno della vita -
se la morte
a vivere ci aita
ma la vita
la vita non è vita,
se la morte
la morte è nella vita
e la morte
morte non è finita,
se più forte
per lei vive la vita.
Ma se vita
sarà la nostra morte
nella vita
viviam solo la morte.
Morte, vita,
la morte nella vita;
vita, morte,
la vita nella morte. –
Da Poesie (1905-1910), a cura di
Sergio Campailla, Adelphi, 1987.
Qui
il video dedicato.
Le varie slide che lo compongono sono bianco-nere.
Per evocare simbolicamente l’alternare dei concetti esistenziali di Vita-Morte.
Nell'immagine di presentazione del video: Irene Navarra, Studio di copertina 9, 2016.
Carlo si uccise con un colpo di rivoltella.
"Quando recidi lo stame della vita, hai scelto. Che sia per lucida
volontà, per disperazione, per curiosità, non importa. Importa che tu abbia
scelto facendo tua l’unica forma di libertà di cui puoi godere: la Libertà per
la morte.
Morte, vita, / la morte nella
vita; / Vita, morte, / la vita nella morte.
Sussurriamocelo anche noi questo
mantra che amplifica lo spirito. Perderemo ogni paura.”
Da Di soglia in soglia la
Percezione dell’Assoluto di Irene Navarra (performance multimediale messa in
scena al Teatro Incontro di Gorizia il 4 giugno 2010, nel Centenario della
nascita di Carlo Michelstaedter).
In Onda per onda (Poesie,
Adelphi, 1987, pag. 74) scrive:
[…]
Al mio sole, al mio mar per queste strade
della terra o del mar mi volgo invano,
vana è la pena e vana la speranza,
tutta la vita arida e deserta,
finché in un punto si raccolga in porto,
di sé stessa in un punto faccia fiamma.
"Se penso a quel colpo di
rivoltella di quel maledetto 17 ottobre 1910, provo rabbia e mi dico che è stato
folle, che se n’è andato per un eccesso intellettualistico, per esasperata
interiorizzazione o sfrenata sensualità. Poi, però, capisco che ci ha tolto sì
la sua straordinaria persona, ma ci ha regalato un mito. E istantaneamente lo
amo di un amore ancora più forte. Per amore, dunque, lasciamolo ritornare con
la sua Bella Morte al di là dell’ultima Soglia, nel segreto di un Mondo che non
ci è dato conoscere."
Da Di soglia in soglia la
Percezione dell’Assoluto di Irene Navarra (performance multimediale messa in
scena al Teatro Incontro di Gorizia il 4 giugno 2010, nel Centenario della
nascita di Carlo Michelstaedter).
Paul Klee, La morte e il fuoco, 1940.
Resta il pallido volto della morte e la fiamma.
Come nel celebre dipinto di Paul Klee La morte e il fuoco che, seppure con dettami diversi, mi riporta visionariamente al "Giovane Divino" per gli imperscrutabili sentieri dell'Arte.