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martedì 31 maggio 2022

Poesia / sensi residui (poesie da poco): 21 - sai.


In questa lirica il verbo d'inizio (sai) è declinato in un'accezione di gentile interloquire e blando richiamo a moduli d'attenzione. Formula, quest'ultima, che introduce con il dovuto distacco al mondo dell'ombra-amaca, o persino culla. Un simile salto semantico-esistenziale toglie materialità al corpo, aggiungendo sostanza personalizzata ai fenomeni naturali.
La dislocazione, atta a straniare e rigenerare in elementi nuovi tutto l'universo, è nel potere dell'uomo.
Per accedere a tale dimensione, basta in fondo allungarsi nella proiezione compiacente dei cipressi sul verde dei prati, ben consci del sole che, alle spalle nel caso dell'immagine dedicata, ci lascia  con un ultimo singulto di complicità.
Mentre il cerchio dell'orizzonte se ne fa specchio.

Irene Navarra, Ultimo sorriso, Fotografia e Grafica,  30 Maggio 2022.

sai
restare in una curva d’ombra
come se fosse un’amaca naturale
o quella culla
che ricordi con una trafittura del pensiero
là riposare
mentre il sole lascia i raggi all’orizzonte
lucente in un sorriso di secondi
e irride il sonno come morte
togliendo il blu dall’erba
per farsene un ombretto di cobalto
con qualche lucciola precoce
sai
lo stare chiuso dentro te
che ti fa creatura baciata dalla sera.

30 maggio 2022

lunedì 8 marzo 2021

Poesia / Diario: La mia Festa dell'insignificanza (con tre Frammenti lirico-filosofici).

Da leggersi con ironia.

Irene Navarra, Io sono ombra-luce, Disegno Grafico, 2021.

Scrivere per destino (lo penso da quando ho preso in mano una matita e ho iniziato a vergare tracce su qualsiasi superficie mi trovassi davanti), Scrivere per destino, dunque, è il tema de La mia Festa dell’Insignificanza: una rituale liturgia alla ricerca del senso della vita. Che sta – lo capisco ogni giorno di più - nel suo non-senso.
Circondata da parole, schiacciata tra narratori sulle cui pagine non oso avventurarmi temendo di scoprire l’orrore più fondo, mi abbandono a una serie di improvvisi pensieri.
E se smettessi di credere che la mia sorte sia stata incisa millenni fa in una roccia stellare dei cui segni mi sarei innamorata perdutamente?
Se abbandonassi questo mio torturante piacere che mi fa balzare dal letto in ore impensabili per meditare su trame e versi imprudenti?
Che fare, quindi, con il mestiere di scrivere che, poi, è lo stesso del vivere?
Da sempre, quando l'irresolutezza mi assilla, rifletto in Poesia.
La possibile soluzione, quindi, potrei trovarla ancora una volta affidandomi alla scrittura dei sobri versi della forma poetica del Frammento lirico? Che potrebbe essere anche quella dello pseudo Haiku o dell'Haiku filosofico all'occidentale. Il rimedio abiterebbe un Frammento lirico cioè (sì, io mi nutro di Poesia, respiro Poesia, medito in Poesia) che assuma una certa qual foggia d'Haiku, mantenendo la sua dignità ma nel rispetti della Lingua Madre Nostra. La Santa Lingua Madre Nostra con le sue magnifiche leggi armoniche, la sua punteggiatura, le sfumature minimali...,  tutte le infinite pietre preziose di un passato da rinnovellare e di un presente da celebrare, condensate magari nella cuspide elettrica di diciassette sillabe.
Folgoranti.

Come il tocco
di chi ti sfiora ardente -
Per irretirti.

Da qui. la scelta.
Per un solo momento, però.
Sono fatta così.
I tre versi mi bastano oggi perché la mente e il cuore pulsano battiti simili a fulmini che bruciano tutto attorno al loro nucleo. Tre versi-luce, quindi, deliranti magari, ma vigorosi di tempesta. Tre versi in balia di marosi travolgenti. Tre versi ripetuti tre volte in onore della mia data di nascita e del numero caro a Dante che ricorre spesso nella mia simbologia personale.
Consapevolmente altalenante scopro che cosa sia il mio essere e dove io mi trovi. Con ironia sdrammatizzo l'arrovellarmi continuo, definendomi sempre attraverso istanti di rivelazione lirica. 

Nucleo d'ombra
ma fuori sole d'oro -
Forma perfetta.

Sembro sicura. mi sento sicura.
Tuttavia, immediato prevarica il tarlo che si nutre del mio cervello e riparte la giostra dei dubbi. Mi identifico, quindi, in una condizione difettosa per cui riconosco l'unica via all'esistenza nel comporsi spesso disequilibrato di vuoti e pieni, chiari e scuri. Tanto da dire:

L''incompiutezza:
stato d'imperfezione
tra ombra e luce.

E così vado avanti.
Sfidando parole, intrecciando emozioni.
Nella mia quotidiana, incessante, amata-odiata Festa dell'Insignificanza.
Perché l'imperfezione è la forma più perfetta di vita.

Irene Navarra, La scelta, Disegno grafico, 2021.

venerdì 3 marzo 2017

Poesia / Senza parole - Noi, filosofi di pena un po' rétro (Con Fernando Pessoa).


Anime bianche veleggiano su in alto.
Come gabbiani.
Una visione inarrivabile per noi,
filosofi di pena un po' rétro
inetti a strapparci le radici
sazie del sangue nero della terra.

Così lontano resta sempre il cielo.

Non attribuiamo colpe al cielo.
Irene Navarra, L'Inferno siamo noi, Olio grafico, 2017.

E mi consola Fernando Pessoa quando, nella X delle sue Stazioni della Via Crucis ai versi 5 - 8, scrive:

D'ombra e di luce occasionale, e vaghi
gridi lontani, e passeggeri slanci
di incognito rimpianto, bagliori
di divino, quest'essere fosco e proscritto...

Da Una sola moltitudine a cura di Antonio Tabucchi (Adelphi, 2007).

domenica 12 febbraio 2017

Poesia / Derive - Preludio - La critica di Silvia Valenti.




Irene Navarra, Di me / Dell'Ombra, Grafica, 2010.
Se non cerchiamo negli anfratti della nostra mente
l'Ombra che ci contiene,
corriamo il rischio di morire
ignari del suo tempo.
Nascere. Emergere da nebule indistinte.
Discernere in base a una marcatura
di segni rossi, primordiali, che tracciano il discrimine
tra un luogo di grafite grigia
(compatta ma friabile)
e un punto luminoso
(immateriale, inattaccabile).
Tempo dell'Ombra.
Da vivere in contrasto col baluginio d'Inizio
rimasto sulle cose.
Ombra.
Un utero materno da esplorare.

(Sotto la falda del mantello pesante come piombo
non entra Luce alcuna
che sia di questo mondo.)
.
Da: Irene Navarra, Derive / L'ora d'Ombra, GA, 2009.


Irene Navarra, Di me / Dell'Ombra, Collage grafico, 2010.
Dalla Prefazione di Silvia Valenti al mio Derive.
Seconda parte (pag. 13).


“L’ora d’Ombra”, con il suo calibro apparentemente casuale dei correlativi oggettivi, prepara il lettore a inoltrarsi in ben più spinose questioni. La poesia della Navarra infatti - dice Giuliano Soria - “testimonia, in una cifra stilistica complessa, ricca, la ricerca di vie quasi private alla significazione, attraverso l’oscurità”. E non vi si vuole indulgere, ma semplicemente entrarvi, curandola come una creatura, ascoltandola nel profondo per riconoscerla necessaria al tutto, sebbene contraltare della luce e fonte di illusioni.
La conoscenza è liberazione.
La conoscenza è però portatrice di inevitabile solipsismo da isolamento agnitivo.
Ci rende diversi.
Non esistono compagni di viaggio. Eccetto i propri demoni e il tempo che scorre come sangue nelle vene.
Nella poetica dell’autrice tale assunto si lega indissolubilmente al suo codice genetico lirico, e non solo. Nasce anche da un’innata sensibilità, da una vasta cultura e, senza dubbio, da incredibili doti di intuizionismo panico. “Una dentellatura fuori calibro / da usura continuata / farà precipitare il tempo / nel rovescio.” [da “Una dentellatura fuori calibro”], profetizza ben conscia di un’incontrovertibile verità: il tempo è legato all’uomo, lo determina e ne scandisce l’esistenza. Una visione, questa, che è sottolineata da frequenti richiami, subliminali ma chiari, a spiriti fratelli, filosofi o scrittori che siano. “La temporalità è l'essenza stessa della vita umana”, scriveva Martin Heidegger; e ancora: “L’essenza dell’essere è l’esistenza”. Niente di più vero per la poetessa che intende il vivere come un labirinto in cui fluisce il principio formale del tempo. Tanto da poter uniformarsi all’assioma del prediletto Jorge Luis Borges: “Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco” [da “Altre Inquisizioni”]. Forse quindi una condizione soggettiva indispensabile, metaforizzata in un “Andirivieni di persone ritornanti al punto” mentre “Come un tappeto si srotola / l’Accesso. / Come un tappeto si arrotola di nuovo. / E poi di nuovo. / E poi di nuovo ancora. / Protervo ancora e ancora.”. Fino alla conclusione fulminante: “Se schiacci l’occhio sul caleidoscopio del tappeto / trovi l’Inverso e il Verso. / Indistinguibili e tenaci. / Verso In Verso.” [da “L’Inverso e il Verso”]. Conclusione che introduce il medesimo costrutto concettuale del giardino delle “Finzioni” borgesiane in cui ogni sentiero si dirama in un altro, e poi in un altro, biforcandosi all’infinito, senza alcuna possibilità di venirne a capo e, soprattutto, di tornare all’origine del primo evento.

E ora il video.




sabato 11 aprile 2015

"L'arte di Roberto Faganel" in "Studi Goriziani / Presentazione dell'autrice, Irene Navarra.

Presso la Libreria Editrice LEG di Gorizia,
il giorno 9 aprile 2015, alle ore 18.00,
si è presentato il N° 107 di STUDI GORIZIANI,
la Rivista delle Biblioteca Statale Isontina.

Tra i relatori c'ero, orgogliosamente, anch'io. 

Per allietare l'uditorio ho introdotto il mio studio critico
"L'arte di Roberto Faganel"
con un video esplicativo della poetica del pittore.

Dalla mia "Presentazione":


" Il suo è un mondo fatto di luce.

La luce piove sulle cose, sulle creature, sugli elementi naturali,
suscitandone gradazioni incredibili.
La luce inonda il suo pensiero e lo guida alla ricerca
dell'impressione giusta, da narrare con il tratto giusto".




Qui potrai trovare notizie e foto sull'artista e sull'evento.

Cliccando qui, accederai agli scritti sulla sua poetica.