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giovedì 3 marzo 2022

Poesia / Cronaca: Di notte.


In una notte di cobalto limpido tutto il male sembra lontano.
La guerra con la sua sofferenza atroce è una ferita resa più lieve dalla Bellezza.
Oh, se si potesse vivere sempre in Lei.

Irene Navarra, Il Mausoleo di Villa Russiz, Capriva del Friuli, Fotografia, 2 marzo 2022.

Me ne sto qui.
Di notte.
Respiro aria gelida
che rende ghiaccio il corpo.
La scalinata in pietra
è un trono solitario
da cui sventaglio sguardi sulla valle
penetrando il buio.
Raro abbaiare di cani.
Qualche luce.
Il cielo è mappa di percorsi chiari.
Intermittenti
I raggi della Luna sono lacci in vetro
per l’anima che sale a ritrovare stelle.

2 Marzo 2022
U-May

venerdì 28 maggio 2021

Poesia / Tanka: Ancora ieri.

Qui si parla di un momento ritrovato intatto in una fotografia.
Con me c'era Pablo Golden Retriever che ho amato con tutto il cuore e che mi manca insopportabilmente.
Sempre.
Respiro dopo respiro.
In due tanka spontanei lo celebro, quel tempo, irraggiungibile se non nel desiderio.

Si era d’inverno.
Il cielo casto e viola
su filari aspri,
il Sole già calato,
sorriso quieto intorno.

Io ti guardavo,
Stella mia cadente.
E lo sapevo
il tuo destino breve,
il Nulla oscuro poi.

Irene Navarra, Nella mia campagna / Ricordare, Fotografia 2020, Grafica 2021.


Poesia / Frammento 32: Lungo i binari.

 Quando perdi una creatura molto amata, il dolore ti sommerge.
A tal punto che pensi di non poter più respirare.
Poi un segno.

TrenoLuce #compo1.

Cuore di ragnatela dentro il petto
trafitto dal Distacco acerbo.
Di vetro sì. Ma senza luce.

All'improvviso lo sfolgorio di un treno
il suo rapido argento
e il ritmo di metallo nel silenzio.

domenica 29 gennaio 2017

Poesia / Dentro, Impronte digitali folli.


Anche questa lirica, come la precedente, fa parte della silloge Cronaca di un'Assenza, la terza di Dentro, e ricorda una creatura molto amata che non c'è più. Si chiamava Emma.

Pensando a un Angelo.
Irene Navarra, La china, Disegno grafico, 2017.





Impronte digitali folli
inerpicate sulla privazione
dalle creste indocili, taglienti.
Morse ribelli sopra spine gravide.
Di assenzio attinto alla mia
stessa fronte. Fonte.


Risali la china del dolore aiutandoti con le mani. Logorandoti le mani per raggiungere la cima da dove speri di contemplare distaccato le cose della Terra.
Risali lento.
Lungo il pendio di pietre aguzze, zolle aride, profili scoscesi.
Arranchi a occhi bassi.
Attento alle ferite naturali su cui calchi impronte stanche.
E non ti accorgi che nel cielo vibrano le ali d'Angelo di chi ti ha lasciato in questo nostro esiguo sempre.
Poi, seguendo un richiamo sottile, alzi la testa. Così, la luce incide d'arabeschi azzurri il tuo pensiero.
Mentre il respiro si fa lieve.
Oh, sì. Finalmente lieve.





Leggi un'altra lirica dedicata alla splendida creatura con cui ho vissuto gli anni felici della mia vita: Odore umido di tigli.