Storia di un albero appartenuto alla mia famiglia.
Lo adoravamo, quel vecchio susino, al punto da intrecciare nastri tra i suoi rami.
Di colore diverso, a seconda della stagione.
L'ultimo era di velo, marrone chiaro. Ambrato.
Con l'Autunno che già invadeva il giardino,
se ne andò sognando linfe nuove e soliti amici.
Così spero.
Ora, nel Paradiso degli alberi, sta germogliando e fruttificando in flusso eterno.
Qualche goccia di resina brilla per noi.
E sono lacrime di topazio
incastonate in cieli di lapislazzulo.
Perenni.
Dolente per lo scempio del suo tronco
martirizzato nella foga battagliera
dal picchio rosso scavatore,
me ne sto quieta
ad aspettare la sua morte
che è sempre là
da tempo immemorabile,
descritta nelle slabbrature
di anno in anno più profonde
eppure articolata ancora
in una vita infinitesima
con la corona dell'alloro
a renderla un avvenimento,
a darle gloria effimera
da giorno equinoziale,
illuminata anche di notte dal lampione
che ama quei contorni compiacenti
in cui può riposare
e fare finta di emulare il Sole
quando si tuffa in mare.
Così passo le dita sulle sue ferite
e come un elfo stanco
dal troppo arrampicarsi
lungo le margherite e i fili d'erba
(un po' sgualciti per le orme umane),
mi stendo a schiena in giù
sul letto del fungo parassita
cresciuto tra i vuoti di corteccia,
guardo la chioma avara d'ombra,
i frutti asciutti come il greto di un torrente,
le rade braccia verderame
e mi assopisco
sicura del risveglio.
Perché la Primavera diciottenne
appena uscita dalla festa
aveva fiori a profusione,
manciate di profumo puro
e i calabroni sui petali slacciati
ronzavano la corte stabilita
dal solito copione.
P_Irene Navarra, La casetta in fondo al giardino, AIArt, 5 Dicembre 2023. |
La casetta in fondo al giardino è una realtà.
Gli astri settembrini anche.
Sono i fiori
E sono i fiori che ingentilivano il prato attorno al susino, svettante per molti anni alla destra del cancello del recinto.
Nei due link i riferimenti relativi ai post dedicati.