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venerdì 8 marzo 2024

Poesia / Percezioni (Darkness).



Irene Navarra, La luce del mio cero, AIArt, 8 Marzo 2024.


(Darkness.
Tra i solchi fitti di un disco di vinile
in cui volevo ritrovare
lo struggimento di una sera diciottenne
quando la zona d'Ombra certamente c'era,
ma come il nido di una merla
abbandonato e ormai ridotto
a pochi stecchi e cenci derelitti
sulla biforcatura di un pensiero.
Darkness.
Miniera sterile la mente.
Vacilla come una fiammella.
S'infrange in esili ghiaccioli
il barlume del mio cero.)

Dal mio Derive (G.A. 2009).

Qui altre mie Percezioni.

Poesia / Percezioni (Magia giallo cromo).


Se ammiri una forsizia in fiore,
capisci che ogni pena è poca cosa.

Così, la gioia.
Irene Navarra, Magia giallo cromo / Gioia, Fotografia e Grafica, 2017.


Scivolo in giochi sparsi 
tra dita cromo acceso
di una forsizia in fiore.

In questa blanda
domenica di marzo
la vince la bellezza
sullo scarso tepore.

Così anch’io fiorisco.
E canto.
Immortalmente ebbra
di polline dorato
che fa da rimmel sulle ciglia
canto, accattona di follia,
l’usuale paradosso della Primavera.


sabato 13 gennaio 2024

Poesia / Percezioni: Emergere.


La vita talvolta mi sorprende.
E io la lascio fare.


Irene Navarra,  Marmo, AIArt e GraPhicArt, 13 Gennaio 2024.



Emergere.
Nel marmo dilavato dai millenni
lasciare le ferite fonde e il sangue.
Un unico presente parla.
Davanti, dietro al corpo: il Nulla.
Un unico presente eterno
infila perle luminose.
Fine al dolore,
quiete di tempesta.
Cosciente-mente articolo
parole in una lingua antica.
Cellulare.
Mi scorre un fiume.
Nelle sue acque il volto di mia madre.
È qui.
Adesso. Sempre.


13 Gennaio 2024

martedì 26 dicembre 2023

Poesia / Percezioni: Io sono vento.



Irene Navarra, Io sono vento, AIArt, 26 Dicembre 2023.



Io la conosco intimamente.
Lei, la Bora, mi abita
come se fossi sua.
La sento prima dello scoppio
nel fremito dei rami
pronti alla battaglia.
E mi preparo.
A danzare resa polvere lucente.
Nell'arido respiro
che invade la mia gola
stacco il legame con la terra.
E volo.
Non ho più peso
tra i refoli impetuosi.
Avvolta da nubi sfilacciate
ritrovo l'urlo che scioglie la materia.
Io sono vento.

Irene Navarra, Sorella Bora, AIArt, 26 Dicembre  2023.






mercoledì 6 dicembre 2023

Prosa / Il sogno del vecchio Susino.


Il Ciclo di Susino si conclude con questo racconto di quanto successe nel Novembre del 2009.


P_Irene Navarra, Nell'attesa, AIArt, 5 Dicembre 2023.


    Lui, Susino, frusciava i suoi racconti la mattina molto presto. Preferibilmente d'estate.
    I fiori, i frutti, le foglie, il tronco, i rami lisci, le radici nodose, affioranti dalla terra come nocche contorte di mani in emersione, tutto di quell'essere colmo d'anni narrava un'esistenza singolare.
    Pensai fosse un uomo trasformato in albero. Costretto a sentirsi la pelle di corteccia, ingabbiato in quel fusto nemmeno maestoso per qualche colpa innominabile.
    Se me ne stavo in giardino, intenta a una delle tante necessarie faccende quotidiane, sentivo i suoi occhi puntati addosso come le canne doppie di un fucile da caccia.
    Occhi che, naturalmente, intuivo solo io.
    Ero convinta che mi odiasse.
    E mi tenevo alla larga.
    Poi, però, qualcosa iniziò a cambiare.
    Impercettibilmente.
    Scivolavamo piano verso una comprensione sovrumana.
    Il primo passo lo feci io, quando gli lessi alcuni pensieri dedicati alla sua fragilità di vetusta pianta ancora tanto generosa di doni fragranti in Agosto.
    Doni che raccoglieva mia madre.
    Solo lei.
    Credo che si capissero profondamente.
    Slava lei, un po' sciamana; di origine serba lui -  mi avevano detto -, un po' stregone. Forse figlio del Kresnik.

    Gli lessi, dunque, qualche riga di quelle solite mie, nutrite di empatia naturale.
    Intendevo la sua solitudine, affermai. E lo adornai di un nastro rosso che faceva da contrasto ai suoi frutti viola scuro, sfarinati di bianco lucente e con una punta giallo sole all'attaccatura del picciolo.
    Mentre parlavo e agivo, lui scuoteva rami e foglie. In assoluta mancanza di vento.
    Colsi l'assenso.
    E continuai il rito.
    Impreziosendolo di nastri di vario colore.
    Susino abbassò le difese e mi accolse tra le sue braccia sottili.
    Mai avvenne tra due creature diverse
abbraccio più affettuoso e carezza più dolce.
    Fui l'amica intima di Susino per molto tempo, finché...
    
    Si era d'Autunno.
    Il 29 di Novembre.
    Correva l'anno 2009.
    Quella mattina, mentre lo rivestivo di veli color ambra, adatti all'ambiente pennellato di arancio e giallo, sentii che si stava compiendo il suo ciclo vitale. E il cuore mi si spaccò come una melagrana matura.
    Le guance si inondarono di lacrime brucianti.
    Mi volsi al cespuglio d'alloro, che gli era stato compagno, quasi a cercare aiuto.
    Immobilmente sgocciolava linfa limpida.
    Nel giardino ormai di cristallo: cince e merli muti; in cielo: nubi sbozzate dal marmo, una luce gelida sopra la casetta di legno dietro Susino.
    Allora posai le mani sul suo tronco per accompagnarlo nell'andare.
    E disperata lo guardai mentre gli si apriva il costato ormai scarno.
    Si apriva con uno scrosciare di noci spaccate.


    Mi appoggiai allo steccato e chiusi gli occhi.
    Il saluto si snodava e fluiva in correnti traslucide da me a Lui.
    Quando, finalmente, riaffiorai dal dolore e socchiusi le palpebre, assistetti a qualcosa di immenso: una figura di giovane donna interamente ricoperta di veli ambrati nasceva dai poveri resti di Susino.
    Lei splendeva di una bellezza purissima.
    Uscì con grazia dalle amabili spoglie, mi sorrise e s'involò verso la sua Vera Vita.

    La mattina dopo, svegliandomi da un sonno agro, trovai sul cuscino un piccolo ramo legato da un nastro rosso.
    Il primo che gli avevo regalato.


P_Irene Navarra, Il sogno del susino, AIArt, 5 Dicembre 2023.



martedì 5 dicembre 2023

Poesia / Percezioni: Il vecchio susino si adorna (da "Derive").

 


Non si finisce mai di essere apprendisti.
Anche davanti a un albero si impara.
Gli occhi allargati nel folto della chioma,
ascolto ciò che l’albero mi dice
abbandonando un po’ di più le fronde al vento.
Oggi ho legato attorno al tronco del susino
un nastro variegato che porta primavera.
Credo che l’albero mi guardi.
Giro le spalle,
gli offro il mio commiato.
Le mani come tramatura fitta di una foglia.

(da Controlli e Autocontrolli del mio Derive, 2009)

P_Irene Navarra, Veli, AIArt, 5 Dicembre 2023.


 Dalla Prefazione a Derive di Silvia Valenti.


"E poi, in una sorta di incubo a occhi aperti, la realtà traspare netta. Col cadere di ogni maschera, il nemico alieno esibisce i suoi piani.
Ma lei, che ormai guarda da distanze-luce, sa capire la cancrena.
La lotta quindi a chi la vuole in un cantuccio con le labbra cucite, gli occhi trafitti, le mani legate, è ormai aperta. Una lotta fatta di parole, di graffi di artigli sulla carta, di “Controlli & Autocontrolli”. I controlli imposti dagli altri, come sottile e più moderna inquisizione, obbligano a un ulteriore ripiegamento. Sembra quasi che il corpo dell’autrice si scivoli dentro auscultandosi, per percepire il proprio, seppur lieve, palpito vitale. E su quel ritmo, conforme all'armonia dell’amato Hagakure, è in grado di autocontrollarsi, di inviare gli impulsi che preparano l’ultima trasfigurazione. Disposta tappa dopo tappa e percepita nella sua evidenza abbagliante quando le si annuncia il momento di richiamare a sé l’esercito di poeti, di letterati, di filosofi che le sono cari. Allora, sgomenta per la perdita ineluttabile, si aggrappa al proprio mondo perché non dilegui nell’oblio e prega di poter restare ancora un poco al Sole, nel nido dei suoi raggi come monoliti d’oro. Quelli da cui “impararono gli Achei: / solide architetture / astuzia / sicumera / e l’inflessibile costanza / di fingersi (coscienti) / provetti abitatori dell’Olimpo” [da “Autocontrollo (Seconda lezione: sul presente e sul passato)”].
La strategia vincente quindi non è l’attacco.
Non può esserlo.
Trionfa la dissimulazione. Perché “(La vita è come un Golem / dal sorriso di melassa)” [da “Rimedi”]. Il Golem vendicatore a sua volta si trasforma, si traveste, indossa un sorriso sempre uguale, per tutti.
L’acme dello smarrimento è incarnato. Così Irene Navarra accoglie “nella mente il Dopo. / Che sia quello che sia” [da “Il salto”] Greve sicuramente, ma meno di quanto lo sarebbe, se il suo corpo si cambiasse in scatola, recludendole l’anima. L’ossessione ormai è talmente radicata che l’unica soluzione appare quella di fermare il tempo, di gelarlo nell’immobilità."


Immagine generata con Stable Diffusion.
P_Irene Navarra, Nodo esistenziale, AIArt, 5 Dicembre 2023.

Per saperne di più sulla storia del vecchio susino, segui il link.


Poesia / Percezioni: Il vecchio susino (da Ambigua-Mente Poesie).

 

Storia di un albero appartenuto alla mia famiglia.
Lo adoravamo, quel vecchio susino, al punto da intrecciare nastri tra i suoi rami.
Di colore diverso, a seconda della stagione.
L'ultimo era di velo, marrone chiaro. Ambrato.
Con l'Autunno che già invadeva il giardino,
se ne andò sognando linfe nuove e soliti amici.
Così spero.
Ora, nel Paradiso degli alberi, sta germogliando e fruttificando in flusso eterno.
Qualche goccia di resina brilla per noi.
E sono lacrime di topazio
incastonate in cieli di lapislazzulo.
Perenni.


P_Irene Navarra, Il vecchio susino, AIArt, 5 Dicembre 2023.



Dolente per lo scempio del suo tronco
martirizzato nella foga battagliera
dal picchio rosso scavatore,
me ne sto quieta
ad aspettare la sua morte
che è sempre là
da tempo immemorabile,
descritta nelle slabbrature
di anno in anno più profonde
eppure articolata ancora
in una vita infinitesima
con la corona dell'alloro
a renderla un avvenimento,
a darle gloria effimera
da giorno equinoziale,
illuminata anche di notte dal lampione
che ama quei contorni compiacenti
in cui può riposare
e fare finta di emulare il Sole
quando si tuffa in mare.

Così passo le dita sulle sue ferite
e come un elfo stanco
dal troppo arrampicarsi
lungo le margherite e i fili d'erba
(un po' sgualciti per le orme umane),
mi stendo a schiena in giù
sul letto del fungo parassita
cresciuto tra i vuoti di corteccia,
guardo la chioma avara d'ombra,
i frutti asciutti come il greto di un torrente,
le rade braccia verderame
e mi assopisco
sicura del risveglio.

Perché la Primavera diciottenne
appena uscita dalla festa
aveva fiori a profusione,
manciate di profumo puro
e i calabroni sui petali slacciati
ronzavano la corte stabilita
dal solito copione.

P_Irene Navarra, La casetta in fondo al giardino, AIArt, 5 Dicembre 2023.

La casetta in fondo al giardino è una realtà.
Sono i fiori
E sono i fiori che ingentilivano il prato attorno al susino, svettante per molti anni alla destra del cancello del recinto.

Nei due link i riferimenti relativi ai post dedicati.


giovedì 14 settembre 2023

Poesia / Percezioni: La perfezione del Tondo.



P_Irene Navarra, Nature tonde, AIArt e GraphicArt, 14 Settembre 2023



Amo la natura a curve tonde.
Nel cielo e sulla terra ~
Curve perfette
di nubi corolle foglie ~
Anche del Sole che più tondo di così...
La guardo, questa natura adatta alle carezze.
La osservo con amore, mi ci immergo
trattenendo il fiato.
Se sono fiori
avanzo in mezzo a loro senza calpestarli
e insinuo passi lievi tra cerchietti d'oro fino.
Piano.
Se sono alberi,
mi arrampico e sistemo tra braccia
compiacenti a simulare culle.
Se sono nubi,
scavo una tana nell'ovatta
che serva da rifugio,
 dicendomi solenne:
Ecco la mano di Dio.



lunedì 11 settembre 2023

Poesia / Percezioni: Rose scarlatte.


Odio le rose scarlatte.
Il sentimento viene da lontano.
E il motivo c'è.
Lo spiego con le mie solite metafore
che inducono a capire.
Tuttavia non troppo.

Irene Navarra, Rose scarlatte, AIArt, 11 Settembre 2023.
- Tecnologia: Stable Diffusion -


Le rose rosse portano letizia.
Sono palesi simboli d'amore. 
Così si dice.
E questo mito forse vale per la gente.
Ma non per me.
Fiammeggiano, sì, tra le mie mani.
Le tengo.
Con la mestizia di chi sa già
doni di fiori dopo un oltraggio
che non si può dimenticare.
E allora stringo sulle spine
che forano la carne.
Profondamente.
Sangue.
Lo spargo sulla veste
in macchie indelebili.
Perenni.
Nella memoria quel momento
in cui per non urlare
ho preferito darmi remissione
nel dolore che aggredisce
e non fa pensare.
Mentre le rose stanno.
Offerte senza senso.
Oh, così scarlatte,
così splendenti.


venerdì 8 settembre 2023

Poesia / Percezioni: La nascita di un mito (Monito ai compagni umani).

Ovidio, il grande maestro di ogni trasformazione, mi porta per mano a scoprire la nascita di un mito in cui sono coinvolta. Anche Catullo con la sua "Chioma di Berenice" mi indica la strada. Così abbandono ogni percorso umano e divento parte della costellazione della Vergine.


P_Irene Navarra, La nascita di un mito, AIArt olio, 8 Settembre 2023.
 

 

Monito ai compagni umani

Se mi toccate, mi sgretolerò
perdendo sangue e forza
da crepe colme di ribrezzo.
La pelle svigorita
più non sopporta impronte umane.
Vuole solo carezze di rugiada,
il manto cristallino della pioggia,
vesti tessute da costellazioni.

Così comando risoluta:
Adesso voi dovete cancellarmi
dai vostri casellari, dagli elenchi, 
dalle sinapsi del ricordo.
Vivo serena ormai in cellule spaziali
filando lieta dentro nebulose
e tra residui di materia astrale.

Ridete? 
 
Ma sì, lo so... non sono ingenua!
Potrò morire di tempesta siderale.
Nel tempo di un respiro.
L’aspetto e non la temo.
Anzi, la invoco.
Sarà una cosa naturale.
La pura fine degli eletti
assurti ai ranghi delle stelle.
Un nuovo segno luminoso in cielo. 
La nascita di un mito tanto minimo 
che nessuno lo tramanderà.
La Vergine però sarà stupenda
con me trasfusa in fiori fulgidi 
a ghirlanda sulla chioma.  
 

mercoledì 30 agosto 2023

Poesia / Percezioni: Sentire i fiori.



I mughetti e i lillà erano i fiori preferiti di mia madre. Dei primi ho scritto Qui, Qui e Qui, dei secondi parlo oggi per un particolare occorsomi durante la mattina.
Appena alzata ne ho percepito la fragranza e il colore, anche se – lo so bene – non è questa la loro stagione.
Così ho sussurrato Ciao mamma, e mi sono dedicata ai soliti rituali quotidiani.



Irene Navarra, Sentire i fiori, AI Olio su tela, 30 Agosto 2023.
 

A occhi chiusi
inalo il viola luce di corolle generose
e respiro.
Respiro a fondo.
Mi faccio fiore percorso dalla brezza.
Sono una creatura vegetale che chiude in sé
droghe sottili di profumi e nuance.

Altalenare lento, il mio,
nel polline fragrante del lillà
che da me stilla.



lunedì 28 agosto 2023

Poesia / Percezioni: Cantava il mare.


Facendo di un ricordo ragione di vita,
sento il profumo dei pini,
il salso del mare
e, sotto le dita,  la corteccia resinosa dei pini.
La nostalgia di Cherso e delle sue acque limpide
si fa talvolta insostenibile.
Nelle immagini le spiagge della "Casa del Vescovo" appena fuori dal fiordo di Cherso.
Là ho passato il tempo meraviglioso della mia vita in barca con la Golden Retriever
"Emma, la Dorata / che riporta rami stecchiti / lavande profumate/ e sassi raccolti dal fondo marino" ( da "Omnia Carmina" - 2005).


Irene Navarra, Il mare dietro i pini, AI Olio, 28 Agosto 2023.


Cantava il mare dietro i pini
che lo chiudevano alla vista.
Un canto rigoglioso
con semi di tempesta.
Io mi fermai,
il corpo stretto a un tronco,
ruvido come me in quel momento
ma resinoso di cristalli ambrati
e fervido di aromi caldi
esalanti droga
dalla corteccia che era la mia pelle.
Io mi fermai per un istinto secco
e il cuore si fece rigoglioso
di semi di tempesta
e fu di mare azzurro mare altalenante
e bianco delle spume in transito perenne
tra stati di materia - nulla nel divenire eterno.
Finché su scogli scivolosi si disperse
in svaporare di folli iridescenze.


Irene Navarra, Iridescenze, AI Olio, 28 Agosto 2023.


martedì 15 agosto 2023

Poesia e Prosa / 145474: Storia di Bacca. Lirica di Irene Navarra.


    Questa piccola storia lirica è nata per ispirazione.
    Emily Dickinson con la poesia "I had been hungry" [
F439 (1862) / J579 (1862)], 
e Angelo Branduardi con la ballata "Rosa di Galilea" mi hanno condotta per mano lungo sentieri inusitati, che mai avrei pensato di percorrere.
    Sacro e profano si sono intrecciati a creare un racconto metaforico sulla Gentilezza e l'Amore.
    Se così fosse veramente, il mondo sarebbe meno oscuro.


Irene Navarra, Bacca e il ciliegio, AI Pastelli, 15 Agosto 2023.



Ero
come una bacca selvatica
trapiantata sulla strada.

Non sentivo i profumi del vento dalle vette
e le lepri bianche non strofinavano più
il muso tra le mie foglie delicate.
Languivo su quel suolo grigio
che odorava di morte.

Poi mi raccolse un giovane gentile
che mi deterse dalla polvere, dal fango,
e mi depose su un letto di bambagia
dal vago sentore di vaniglia.
Là riposai
spruzzata ogni mattina di rugiada
raccolta nel cuore delle rose.
Così radicai di nuovo
ridiventando pianta generosa.

Lui mi cantava "Rosa di Galilea",
e la intonava con il suo violino angelico.
Fiorimmo insieme
mentre il cielo sorrideva
donandoci frutti
di ciliegio celestiale.
E io,
mai nominata nella mia esile esistenza,
fui finalmente Bacca:
la salvata per Amore.



Per leggere la Poesia di Emily Dickinson che ha ispirato i miei primi versi di "Storia di Bacca", segui questo link.
Se vuoi conoscere la leggenda alla base della ballata di Angelo Branduardi
"Rosa di Galilea", leggi qui.
Qui, inoltre, la recensione a cura di Mario Bonanno dell'Album "Il rovo e la rosa. Ballate d'amore e di morte", pubblicato nel 2013.

Tutto ci insegna che l'Amore è sempre la risposta.

Di seguito il testo (bellissimo) della Ballata "Rosa di Galilea" di Branduardi.

Già ero vecchio e stanco per prenderla con me,
ma il vecchio giardiniere rinunciare come può
all’ultimo suo fiore, se l’Inverno viene già.

Già ero vecchio e stanco, ma la volli per me
e il sorriso della gente di nascosto accompagnò
il mio andare verso casa e l’Inverno viene già.

Lei era la più bella che avessi visto mai,
sorrideva tra le ciglia e il mio cuore riscaldava,
era l’ultimo mio fiore e l’Inverno viene già.

Poi anche il mio ciliegio a suo tempo maturò,
lei venne un mattino a chiedermene i frutti:
“Devo avere quelle ciliegie, perché presto un figlio avrò.”

Io guardavo le sue guance, più bella era che mai,
e sentivo dentro me già crescere la rabbia:
“Chiedi al padre di tuo figlio di raccoglierle per te!”

Sorridendo come sempre, le spalle mi voltò
e la vidi in mezzo al prato verso l’albero guardare,
era l’ultimo mio fiore e l’Inverno viene già.

Fu il ramo suo più alto che il ciliegio chinò
ed il padre di suo figlio così l’accontentò…

Già ero vecchio stanco per prenderla con me,
ma lei era la più bella che avessi visto mai,
la sua pelle come rosa… Rosa di Galilea.

Fonte: LyricFind

sabato 12 agosto 2023

Poesia / Percezioni: il potere delle nubi (Trasformazione in viola tempesta).

 
Mi sono interrogata sul potere delle Nubi.
È enorme.
Si esalta nelle Luce, la conquista, la usa
e la riflette attorno.
Così la Natura può diventare grigia, d'oro, viola...,
può assumere tinte e sfumature inimmaginabili.
Mentre Loro, Le Nubi, trasformano la sostanza,
insistendo particolarmente sull'acqua
che le riflette senza contenerle.
Sono le sorprendenti emanazioni
di uno Sciamano soprannaturale molto creativo.


Irene Navarra, Tempesta sul mare, AI Olio su tela, 10 Agosto 2023.




E in un tramonto di tempesta
mi faccio nube viola
e domo il mare
giocando tra le onde.
L'oro del Sole che traluce
può portarmi 
a modulare la mia furia
dentro la gloria di un momento
prima del suo tuffarsi negli abissi
dove non c'è più scontro,
se non un sordo sciabordio lontano
di duttile materia sulla costa scabra.
E là me ne sto quieta
a togliermi il salso dalle dita,
a districarmi dalle alghe,
per ritornare al cielo
come scheggia di brillante astrale.
Solo fra un po'.
Quando Lui, il Sole, tornerà
e io mi scioglierò,
resa vapore dai raggi del mattino,
o mi mescolerò all'acqua stellante della pioggia.
Di trasparenza incoronata.

giovedì 1 giugno 2023

Prosa / Racconto: Sogni incrociati (da "Davvero così").

 
Lo dico sempre:
l' importante nella vita è saper cogliere i segni.

Irene Navarra, Emma, AI e Grafica, 1 Giugno 2023.

    Sono proprio pagliuzze d’oro quelle che rilucono negli occhi ambrati di fronte a me.
    Seduta a terra sotto il portico di casa, accarezzo il muso della mia Emma. Ci guardiamo con amore. Il gioco del naso contro naso si ripete sereno, e poi: un bacio sulla testa dove il pelo biondo si incurva in un’onda spessa, le corse sul prato, la passeggiata fino al fiume, il bagno in un’ansa riparata, il riposo all’ombra del vecchio salice con il suo docile corpo tra le braccia.    

    Il tempo di Emma mi gratifica di una tranquillità mai goduta prima, in balia com’ero stata sempre di una schiera di parenti pretenziosi e del lavoro, ladro di sonno e salute.

    Da quando era morto mio padre non avevo conosciuto altro all’infuori della fatica. Lottavo nello studio d’avvocato di proprietà della famiglia da centocinquant’anni, tramandato di padre in figlio, o di padre in figlia come nel mio caso avendo mio fratello preferito la professione di chirurgo.
    Mi ci avevano trascinata per i capelli nei tribunali.
    Amavo la campagna. Desideravo vivere in una fattoria con una cavallina dal mantello ramato. Una stupenda cavallina che sin dall’infanzia continuavo a sognare ogni notte e che, la mattina, svaniva nel volare dei minuti e tra le panie dei codici.
    Cos’era, dunque, la mia vita?
    Destreggiarsi tra beghe continue cercando di placare i clienti e due figli capricciosi, accontentare un marito lavativo e impudente.
    Ecco cos’era la mia vita.
    Meglio di così non ti potrebbe andare, mi dicevano. Io assentivo, vittima dei miei aguzzini. E del dovere: un senso sviluppatissimo in me. Frutto degli insegnamenti di chi – la buon’anima di papà – mi aveva educata nel rigore severo e nel rispetto del prossimo. Se invece azzardavo un bilancio esistenziale, intuivo che gli altri mi si erano installati dentro.
    Abitandomi comodi.
    Pasciuti e satolli di me.
    Vuoi la luna? mi replicava mia madre, indaffarata in organizzazioni di balli per beneficenza e partite a canasta, appena la coinvolgevo nelle mie paranoie.
    Non volevo di certo la luna, ma la poesia delle cose! Le illusioni della giovinezza, affondate in un opprimente trantran.
    Volevo me stessa.
    Avevo tuttavia una fifa mostruosa di ritrovarmi a tu per tu con la scelta di un futuro diverso.
    Ero una falena abbacinata e sbattevo contro lampadine roventi, bruciandomi le ali.

    Per molto continuai a strascicarmi nella beffa degli incontri scanditi dai sintetici promemoria di Gabriella, la mia segretaria. Mi rotolavo nel fango colloso delle cause da studiare, dei cavilli da scovare, infastidita e imbelle. Quando, però, mi capitava di soffermarmi sulle derisioni spavalde di quanti mi succhiavano le forze, ero sopraffatta da un’incresciosa impressione: se avessi cercato di avvicinarmi per strattonarli e farli smettere, avrei toccato solo la parete di una cella trasparente montata apposta per me.
    Vedere gli altri vivere la vita e non riuscire a vivere la mia mi lacerava.
    Potevo forse cambiare quella situazione?
    Ciascuno incalzava con i conti da pagare, con la tempesta delle pretese. A nulla valevano i segni di logorio sulla mia persona in febbrile declino. Nessuno raccoglieva le note roche nella mia voce considerata ormai un ronzio d’ambiente.
    Farsi ciechi e sordi al disagio altrui è la norma per chi si è autoeletto al rango di sole attorno a cui devono orbitare i pianeti-sudditi. Io avevo accettato da tempo la mia condizione subordinata, di soli però ne avevo troppi.
    La mia galassia eccedeva di soli.
    In conflitto tra loro, eppure, all’occorrenza, alleati fedelissimi contro di me.
    Da ciò mi salvò mio marito con la sua energica prodigalità bighellona e irresponsabile.

    Un tardo pomeriggio primaverile funestato da un malessere improvviso, il rientro anticipato dal lavoro, il letto di casa mia – della mia bellissima casa arredata con mobili Liberty –, il mio annoiato marito, la mia migliore amica, la scena d’adulterio intravista dietro la preziosa vetrata Tiffany autentico.
    Ovvia, squallida storia con fuga finale, alla cieca via dalla città.
    Infuriata e irragionevolmente leggera.
    Un’eroina da commedia nostrana al volante della sua macchina sui tornanti delle colline e a piedi verso il fiume per sentieri di polvere bianca, sassi, sterpi, rovi sotto un cielo squarciato da un fiore di cobalto tra nubi corrucciate.
    Un fiore che mi fece fermare, i tacchi a spillo piantati nel terreno, il naso all’insù.
    Polarizzava la mia attenzione con un’incredibile luce attraversata da bagliori. Le nubi si inarcavano, si contorcevano ma il fiore restava incolume, orlato da sbuffi violacei.
    Restava per me: bonario e sornione.
    Mi stesi a terra ipnotizzata da tanta bellezza.
    Scivolai insensibilmente nel sonno.
    Sotto l’immenso, umido sguardo del cielo.
    Di quella notte ricordo con evidenza il sogno.
    All’inizio lo stesso di sempre: la rustica casa bianca sul fiume, i prati rigogliosi, il recinto, la cavallina ramata dai fianchi robusti, il suo dolcissimo sguardo, una sensazione di casto godimento.

La cavallina dai fianchi robusti
piega il collo possente,
abbassa il muso e nitrisce.
La chiamo.
E la voce trascorre la folta criniera.
Io sono la voce, un brivido sul giovane muso,
lungo la groppa, i garretti nervosi.
E sono il salso del suo sudore.
Il galoppo, il galoppo battente.
Lo slancio.
Al fiore cobalto del cielo.

    Il sogno di sempre. Con qualcosa di aggiunto, comunque: segmenti a incastro con altri segmenti.
    Purezza e marciume. Compenetrati in modo tale da non poterli scindere. Un incubo intriso di tremori incontenibili.

Io sono terrore.
Ferite sul collo.
E lance di fuoco nei fianchi.
Dolore nell’occhio del cielo.

    Mi svegliai che il catrame della notte cominciava a sbiadire. Una pioggia fine cadeva in brusio smorzato. Quando tentai di muovermi, mi accorsi di avere la spalla destra bloccata. Qualcosa m’incombeva addosso. Girai cauta la testa e d’istinto lo toccai, quello strano qualcosa. Tenero al tatto, sembrava il corpo di un animale. Orecchie cascanti e inzaccherate, gola stretta da un collare metallico, fianchi tutt’ossa incrostati di fango. Spostai delicatamente la sfortunata creatura e mi sollevai. Al barlume dell’alba la ripulii alla buona strofinandola con i palmi inumiditi nell’erba. A poco a poco percepii il miele e il crema del manto. Era un cane. Un esemplare malconcio di golden retriever.
    I suoi occhi si dischiusero inquieti.
    Lo palpai per capirne il sesso. Femmina. Mi ridistesi al suo fianco, lei allungò le zampe e me le posò sul seno. Restammo immobili. Le sue zampe sul mio seno, le mie dita sulla sua pancia tiepida, sul petto color della luna.
    Il tempo? Non so quanto fu.
    Quando ci alzammo e ci avviammo affiancate verso la vettura, niente sguardi tra di noi. Non erano necessari. Insieme saremmo state invincibili.
    Come un massaggio salutare la speranza di un avvenire migliore scioglieva tensioni. Per noi la vita sarebbe cambiata. Dal rifiuto di una schiavitù imposta e dall’arcano incrociarsi di due sogni stava nascendo un’inattesa realtà.

    La mia spettacolare Jaguar XJ Autobiography ci accolse lussossa di cuoio, radica e acciaio. Adagiai l’infelice amica sul sedile posteriore, la liberai dalla catena, mi rannicchiai accanto a lei e coprii entrambe con il soprabito là dimenticato. Dormimmo finché il sole, dardeggiando sui cristalli dell’automobile, ci invitò alla sua festa.
    In lontananza la città si era accesa di guizzi nei campanili ricoperti da lamine di bronzo, nei tetti di cotto fulvo. Il nastro del fiume serpeggiava a dividere spazi. Azzurra, l’acqua. Argento, la terra ancora madida di guazza.
    Un nuovo orizzonte ci si dispiegava davanti.
    Noi respirammo a fondo per impossessarci di un’aria finalmente nostra.
    Ti chiamerò Emma, le dissi.
    Lei approvò premendomi il muso sulla coscia.

(Una figura umana dall’andatura sbilenca
e una animale dalla coda allegra
uniformavano i passi.
Il patto era stato saldato
con il sentimento dell’analogia.)

    Epilogo

    I miei figli potranno raggiungermi.
    Ma non subito.
    Non è ancora il caso.
    Voglio semmai naufragare negli occhi di Emma per accettare i relitti del passato, mescolandoli ai suoi. Solo allora, ritemprata da sorsate di semplicità, offrirò a Sara e David l’occasione di imparare il succedersi lieto dei giorni nella mia casa presso il fiume, in compagnia di una cavallina dal mantello di rame fulgente. E con Emma.

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