|
P_Irene Navarra, La spiaggia del Buc, AIArt e GraPhicArt, 17 Novembre 2023. |
Ci abitava l'amico Stipe nel Buc.
In una casa da pescatore, rustica e strana per le decorazioni portate là da tutto il mondo.
Aveva navigato.
Alla grande.
Su cargo che percorrevano rotte importanti nel Sud del pianeta.
Al ritorno nella sua Cherso si era restaurato il ricovero agricolo e per animali che era proprietà della famiglia da sempre. Nel Buc, appunto. Assemblando pietra su pietra a formare masiere, muri e muretti.
Oh, quanto si viveva bene in quella costruzione assolutamente priva di comodità e proprio perciò magnifica.
Non vale la pena raccontare che c'era e che non c'era.
Conta un solo fatto: ci si arrivava unicamente in barca. E si portava da mangiare, le canne da pesca e i sacchi a pelo. Si pescava tutta la notte, dormendo molto poco sotto i pini che là toccano quasi l'acqua. Ci si appisolava a tratti, con un occhio solo e con tutte e due le orecchie allerta per ascoltare i suoni dei campanellini attaccati alle canne annuncianti la debbenaggine di un pesce abboccato.
Io rovinavo la festa a tutti perché urlando Assassini! tentavo di liberarlo.
Azione mai riuscita peraltro.
Da vegetariana e animalista convinta sopportavo i ripetuti crimini contro la fauna ittica per la bellezza incontaminata del luogo.
La mattina si faceva il bagno molto presto.
Poi ci si rilssava sonnecchiando sulla spiaggia di sassolini rosa che assumevano la forma del corpo ed erano più morbidi di un materasso di piume.
Anche le rocce erano rosa nel Buc. Lisce e rosa. Ma rosa rosa. Sporgevano sul mare rosa anch'esso perché il fondale aveva quel colore naturale. Rosa, e blu più in là dove le creste submarine crollavano negli abissi quarnerini.
Quei due colori così ben definiti mi inducevano una tale senso di serenità meditativa che entravo spontaneamente nella sospensione tipica di chi allenta tutti gli agganci con la terra e si libra. Come un palloncino cui hanno tagliato il filo.
Mi è capitato talvolta di vedere il Buc dall'alto. Già. Era facile levitare fuori dal corpo in quel trionfo di purezza. La visione in volo mi ritorna nitida: una manciata di rocce buttate con noncuranza a galleggiare nell'ametista liquida, ulivi, melograni, fichi, il camino della casa di Stipe seminascosto tra i rami del nespolo Damir che portava il nome del suo bisnonno in quanto da lui era stato piantato, l'orto di Stipe - disordinato e artistico per sagome di legno piantate nella terra e dipinte a colori accesi - con pomodori che sembravano meloni, il motoscafo rosso di Stipe ormeggiato al molo e nient'altro.
Nient'altro.
Odisseo sbarca
sulla spiaggia rosa
e bacia i sassi