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lunedì 25 marzo 2024

Poesia / Cronaca: Continuando il Viaggio (Meditazione in Giallo Mimosa).

 
Continuando  il Viaggio, orfana di te,
mio dolcissimo Amore.
Un po' alla volta ce la farò.


P_Irene Navarra, Mimose di riflessione, AIArt e GraphicArt, 25 Marzo 2024



che mi ha donato sonni inconsapevoli,
nel quieto recupero di me, orfana di te,
mio dolcissimo Amore,
mi trovo a contemplare un vaso di cristallo
con dentro rami di Mimosa.
Il viatico per continuare il Viaggio
è palesato come Natura
(in Anima sottile).
Lei mi parla con parole chiare.
Immersa nel suo Sole,
 imparo meditando:
a lasciar andare,
ad accettare l'inevitabile Distacco,
(che è veleno e vino esistenziale
se ne cogli il fine),
il vuoto dell'Assenza.
Alzo - allora - il calice rubino a te,
mio Pippo Setter straordinario.
che mi mandi
e che mi fai scoprire
togliendo veli dai miei occhi.
Vedo così,
purificata dal mio stesso pianto,
la tua scintilla in ogni cosa.


sabato 16 marzo 2024

Poesia / Cronaca: Occhi di stella (La tenerezza).



P_Irene Navarra, Nell'Oro della Luce, AIArt e GraphicArt, 16 Marzo 2024



Una piccola ombra sulla riva della Luce.
Questo sei tu adesso, mio dolce Amore.
Fra poco ti farai iridescenza
che bacia sponde fresche
nutrite dalla salvia,
dal timo figlio delle spume
e accende d'oro il mare
solcando nubi
come scia leggera.
Ti leggo - ora - nel cielo
ascolto dentro il cuore
sento nella mia pelle,
se intono a voce piana
le mia musica sommessa.

E gli Angeli rispondono
a queste malinconiche preghiere
col luccichio del Sole,
l'argento della Luna
che intessono di gemme
il nostro stare insieme.
Le loro ali sulle labbra.
a dare tenerezza,
nel silenzio di me, stella accecata
in cerca dei suoi stessi occhi
per ritrovarti.
E rivederti.
E rivederti.
Ancora.


P_Irene Navarra, Pippo Magnifico Setter Inglese nell'Oro della Luce, AIart e GraphicArt, 16 Marzo 2024.




venerdì 15 marzo 2024

Poesia / Cronaca: Sovrimpressioni.


P_Irene Navarra, Sovrimpressioni 1, AIArt e GraphicArt, 15 Marzo 2024.


Ho avuto con me Pippo solo per tre anni e qualche mese,
ma il sentimento è che si sia cresciuti insieme.
Non conta la mia chioma ormai bianca,
il suo dolce muso segnato dalla lunga prigionia.
Così mi rivedo con i capelli neri, il corpo intatto.
E vedo il mio Pippo meravigliosamente integro, pieno di forze.
Vicini il più possibile, nulla ha importanza vera.
I piani temporali si sovrappongono nella mente.
Mentre abito la dimensione dello spaziotempo, sto bene.


Guancia a guancia
cogliamo il nostro essere eterni.
Pensieri e desideri da Highlanders leggendari.
Irene e Pippo nella pioggia
che offre specchi prodigiosi
per farci universali.

Siamo Anime in passaggio.

Così, negli anni
- intrisi di perle opalescenti -
ci scoppia dentro il sentimento della Luce
come fonte di trasformazione.
Resi Gemelli assunti dalle stelle.


P_Irene Navarra, Sovrimpressioni 2, AIArt e GraphicArt, 15 Marzo 2024.

Poesia / Cronaca: La pioggia entra in silenzio.

 

Sul mio quotidiano andare con Pippo Magnifico Setter Inglese.
Che ora non c'è più.


P_Irene Navarra, Sotto la pioggia con Pippo, AIArt e GraphicArt, 12 Giugno 2023.



La pioggia entra in silenzio
nel mio mondo semplice.
Mi bagna la maglietta di cotone
che porta scritto Àrmati di penna,
la giacca da escursione acquatica,
le Birkenstock semidistrutte
che erano sedile della Golden Emma
Amore mio Petto di Luna.
Mi intride anche i capelli lunghi e incolti
e bianchi come i ricci del mio Setter.
Siamo creature che camminano all'unisono,
godendo dello stillicidio lento.

La mano brilla di gemme liquide,
il manto brilla come seta
intessuta di diamanti.
Due esseri giunti assieme
dal pianeta trasparente
nascosto dietro il corpo della Luna
in cui non pesa e posa nulla
se non l'anima immortale delle cose.


mercoledì 21 febbraio 2024

Poesia / Haiku: Gli occhi dei cani .

 

P_Irene Navarra, Amori, AIArt  GraphicArt, 20 Febbraio 2024.


Gli occhi dei cani ~
Laghi d'Amore puro
in cui nuotare.


sabato 4 novembre 2023

Prosa / Racconto breve: Fiordalisi e farfalle.

 

Tecnologia: Stable Diffusion (https://stablediffusionweb.com).
P_Irene Navarra, Fiordalisi e farfalle, AIArt e GraPhicArt, 4 Novembre 2023.
- Tecnologia: Stable Diffusion -


    C'erano una volta i fiordalisi.
    Nel grano maturo il vento li muoveva come navicelle blu chiaro in un mare d'oro.
    Ghìsela conosceva il loro linguaggio sobrio.
    Sapeva che narravano di quando erano farfalle desiderose di provare l'ebbrezza della stabilità nell'illusione che, stando a dimora al suolo, potessero essere meno precarie.
    Avevano pregato il Re del Vento e la Regina della Terra di unirsi in nozze celestiali e farli diventare fiori.
    Vita da bulbo, sì.
    Radici fusto foglie petali, oh, sì.
    Non più larve, non più crisalidi e poi stupende ma effimere creature destinate a spegnersi nell'abbraccio solitario delle loro stesse ali.
    Vento gagliardo e Terra dolci curve si avvicinarono-discussero-decisero che si poteva fare, e si unirono.
    Nacque così il fiordaliso che sa di entrambi.
    Nella corolla un colore ineguagliabile per gamme azzurro cielo con tocchi viola. 
Quelle del vento che trascorre nubi, alberi, cespugli, fiumi e mari incanalandosi in gole profonde dove urla in modo terrificante, oppure blandendo erbe di campo, acini d'uva giallo ambra sugli scoscesi fianchi delle colline ocra.
    Nel gambo, che penetra le zolle e si armonizza di sostanza densa per farsi sonda duttile e tenace, il verde deciso della vita svettante alla luce.
    La sinfonia migliore del creato non renderebbe bene tanta leggiadria. Tanta commistione di leggerezza e forza.
    Così progredirono i fiordalisi, ondeggiando soavi con il grano, con i papaveri nel trionfo dell'estate.

    Ci fu in tempo in cui i campi blueggiavano in fitte macchie di fiordalisi mentre si spegneva l'oro del frumento. I fiordalisi avevano vita lunga e prosperosa a dispetto della lenta morte per essicazione del frumento attorno. 
    Fiorivano.
    Abbondantemente.
    Dalla stessa pianta nascevano più rampolli colorati dell'azzurro-violetto particolare, tipico della specie. Però anche loro erano destinati a restare delusi nella brama di sopravvivenza.
    I più longevi confabulavano spesso; si sfidavano a scoprire quali artifici mettere in atto per ottenere l'immortalità personalfloreale, come la definivano loro con un certo disprezzo sottile per i vicini di corolla, quelli che, certi dell'imminente morte per falce, si preparavano, nascondendo dei semi in più in qualche anfratto profondo del terreno.

    Nel campo di fine estate, con i fiordalisi ancora rigogliosi, in quel bellissimo campo, circondato da cespugli di ibisco rosa-arancio entrò Ghìsela. Scivolando lieve sulla seta dei suoi pensieri.
    Lei, in quel momento, si sentiva una farfalla.
    E non le interessava proprio di vivere la vita in attimi. Voleva provare la soavità di librarsi con ali di velo. Magari azzurre. Azzurro fiordaliso, in verità. e voleva al contempo anche vibrare al vento con petali leggeri del colore del cielo al crepuscolo.
    Ma c'è qualcosa in più a proposito di tali propensioni. C’è da dire, sissignori, che le farfalle le si posavano addosso. Le farfalle e Ghisela erano un'unica entità. Sembravano riconoscerla e capirla. Spesso, pertanto, lei passeggiava con un corteggio alato davvero delizioso.
    Strano! Pur tuttavia stupendo! commentavano i suoi famigliari e amici con un'aria incredula che era un programma esplicito delle constatazioni interne.

    Da un po' frequentava quell'isola rustica di serenità per lei. Stava sondando il linguaggio composito della natura. Ascoltava, imparava, non partecipava. La scelta sarebbe arrivata, una volta che avesse intuito e compreso le ragioni delle une, le farfalle, e degli altri, i fiordalisi. Il fatto che lei fosse umana era una quisquiliosa attitudine al giudizio di poca importanza. Ghisela erevoluta e aperta alle energie sottili. In lei aveva anche semi, crisalidi future, petali e ali. Sì. Era ibrida, pronta a diventare... che cosa? Beh, rispondeva. Ci penserà il Caso.

    E invece ci pensò il Padre Eterno.
    Percepito il flusso d'amore che da lei proveniva, decise di aiutarla perché esseri come Ghisela, così completi di tutto, erano una preziosa rarità.
    Perciò, mentre se ne stava beatamente seduta a guardare il cielo, le spighe rimaste ormai sbiadite, i pochi fiordalisi che resistevano alla calura e qualche farfallina che li suggeva, Dio le mise una mano in testa e sentenziò. 
    Lei sentiva la sua voce, forte e chiara.
    Senza meraviglia alcuna.
    Le risuonava nel cuore, e si amplificava nella mente.
    Sapeva, d'altronde, che tutto proviene dalla cellula divina che dà inizio all'Universo. Sapeva che bastava aprirsi all'ascolto per cogliere il miracolo di un'anima unita all'anima prima da cui proveniamo.
    La sua nuova vita procedeva già.
    Avrebbe potuto volare, fiorire, camminare in perfetta completezza.
    Grazie, Signore! sussurrò con le lacrime agli occhi.
    Poi agitò leggermente le sue recenti ali di velo dai colori arcobaleno e planò tra i pistilli di un grande fiordaliso che prese ad accarezzarla e a solleticarle il corpo flessuoso.
    La sensazione era inspiegabilmente profonda ed eccitante.
    Ghisela si immerse nel fiore e si lasciò amare. Amandone l'essenza nettarina.
    L'aspettava un'esistenza ricca di emozioni.
    Un'esistenza-preghiera di ringraziamento per la varietà generosamente concessa.
    Se fosse traslata in altre dimensioni durante uno dei suoi tre stati, avrebbe comunque ringraziato. Colma di gratitudine.
    Quella notte si sarebbe rifugiata in una piccola crepa del cipresso grande appena al di là del campo. Da umana l'aveva sempre sfiorata, con una sensazione, come dire..., una sensazione verde, di intelligenza totale. E là avrebbe lasciato un po' della polvere policroma delle sue ali.
    Il mondo aveva bisogno di magia.
    Da donna aveva sentito le connessioni che legavano indissolubilmente gli elementi tra di loro, da farfalla le vedeva come una rete di polline dorato.
    Chissà da fiordaliso quali prodigiosi percorsi sensoriali avrebbe captato, quanto ancora si sarebbe aperta alla conoscenza infinita dell'essere!
    Ben presto ne sarebbe stata consapevole.
    Abbandonandosi, naturalmente, a quei veri e propri Atti di Fede che avevano il potere di concretizzare i desideri.
    

venerdì 25 agosto 2023

Poesia / Avevo (da "Omnia Carmina", 1988 - 2023).



Questa lirica risale a parecchi anni fa.
L'avevo d
edicata a mia figlia.
E gliela dedico anche adesso, sempre con lo stesso Amore.
Nel ricordo fulgido della sua infanzia.
Lei per me è stata Gioia, Vita.
Molte volte Salvezza.


Irene Navarra, Ritratto di bimba, AI Pastelli su carta ruvida, 25 Agosto 2023.


Avevo una bimba
dalla veste chiara.
Negli occhi le cantavano
magie
e sapeva creare con la carta
artifici di rane salterine.

Anche ora ho dei compagni.
Passeggeri imbarcati
sulla stessa nave
ma non sono lei.
Ci sono nuovi viaggi
ma non hanno il sapore mattutino
di una prugna fragrante di rugiada.


Poesia / Cronaca: Se le emozioni.

 

Irene Navarra, Le rose 〰 Io, AI Olio, 24 Agosto 2023.


Se le emozioni mi prendono la pelle, il cuore,
ogni pensiero, allora spargo petali di rose
raccolti nel giardino.
Ricopro le mie vie di morbidi tappeti
a tinte rosa-rosso di corolle con le storie
che mi hanno vista nascere
e porto in me come un sigillo.
In ogni fiore un personaggio
con cui parlare di vacanze, libri, poesia.
Le rose sono amiche dal profumo genuino.
Non c'è una loro spina che non ami.
E non c'è foglia come carta ruvida
che io non legga nell'andirivieni
degli anni passati a contemplarle.
Incisi dentro il derma vegetale
i tocchi di chi mi ha preceduta.
La quotidiana cronaca del dare.
Sulla mia spalla impronte.
Visioni nella mente
di Incantatrici affaccendate
con il grembiule colmo di strumenti
adatti a costruire i sensi di quel mondo
dove so e voglio stare.



lunedì 21 agosto 2023

Prosa / Racconto breve: Henrietta e il drago,


Irene Navarra, Henrietta e il Drago, AI olio su tela, 18 Agosto 2023.


    Vestita di un abito color cannella che le lasciava scoperte le spalle, i lunghi capelli tanto biondi da sembrare bianchi raccolti in una crocchia scomposta sulla nuca, la giovane Henrietta camminava spedita. Il crepuscolo settembrino aveva rinfrescato l’aria e lei voleva arrivare a casa in fretta. Sulla via del ritorno, tuttavia, l’attendeva un imprevisto. Proprio in mezzo al tratturo che si snodava tra i campi e arrivava al cancello di servizio del suo giardino, al centro preciso di una modesta curva a gomito, c'era qualcosa di strano.
    Una forma quasi di piccolo dinosauro con una cresta sul dorso, due miniali aperte sui fianchi e una lunga coda, se ne stava in una fessura del sentiero.
    Henrietta si fermò un pochino interdetta, si stropicciò gli occhi e guardò cercando una messa a fuoco migliore.
    Forse era un'allucinazione. Guardò, quindi, aspettandosi il nulla di sempre.
    E tuttavia la forma era là.
    Sussultava a tratti. Come se respirasse a fatica.
    Che fare?
    Decise di avvicinarsi.
    Avanzò piano, fermandosi a circa mezzo metro da quello che ormai si poteva definire un animale.
    Immerso in una specie di catalessi, a tratti bubbolava. Ovvero buttava fuori l'aria dalle narici in scoppiettii ripetuti.
    Sembrava un incantevole, minuscolo drago bianco. Bianco tutto il corpo, la coda, le creste della testa e del dorso. Le ali e le zampe, invece, viravano in vaniglia caldo.
    Un drago. Uscito da un libro di favole. Divenuto realtà per qualche caso astruso.
    Uno spettacolo incredibile, però.
    Nessuna paura la agitò. Anzi un'intensa ridda di emozioni le si scatenò nell'intimo. Per qualche oscura ragione riusciva a cogliere la fragilità di quella creatura singolare.
    Si inginocchiò, pertanto, accanto alla buca, posò lo zainetto a terra togliendoselo dalle spalle, lo aprì con calma e ne estrasse una sciarpa azzurro cielo di morbidissimo chiffon.
    Sarebbe stata la culla di fortuna per depositarvi il piccolo drago.
    Lui si lasciò prendere senza reagire. Aprì gli occhi, scrutò per un attimo Henrietta con pupille verdissime - due perle smeraldine velate di tristezza - e si rincantucciò tra le sue mani amorevoli, accomodandosi nella sciarpa azzurro cielo che lei rimboccò attorno al buffo muso.
    Poi si addormentò. Profondamente al punto da sembrare esanime.
    Henrietta, però, sapeva con chiarezza che lui viveva, dato che il corpicino iniziava a scaldarsi e il petto andava su e giù, con ritmo regolare.
    Che incontro! realizzò allora Henrietta.
    E corse verso casa.

    Percy intanto sognava quanto gli stava accadendo. Come in un film. A un certo punto si accorse di trovarsi in una cuccia grande e confortevole, accanto a un letto dove riposava la sua salvatrice, emettendo ogni tanto dei lievi sospiri. Di soddisfazione, pensò. Per averlo trovato. Felice dell'ipotesi, si girò sull'altro fianco e continuò a nannare.
    Non stava così bene da molto.
    Aveva vagato e vagato. Una meta c'era, di sicuro. Ma non sapeva in quale luogo.
    Finché non era arrivato alla rustica stradina di terra rossa serpeggiante tra i campi. Là avrebbe avuto inizio la sua vera avventura. In qualche modo sarebbe successo. Lo aveva capito nel suo cuore di drago buono.
    E avveniva per davvero.
    Protetto dai teneri sentimenti di Henrietta, Percy si avviava al termine prefissato per ogni essere della stirpe dei draghi bianchi. Quelli cioè che avevano compiti segreti e delicati da svolgere, e non si trasformavano mai in sputafiamme, pur se impauriti o attaccati.

    Dopo un tempo che Percy non poteva valutare (ore, giorni?), Henrietta gli sussurrò qualcosa all'orecchio, mentre lui ancora planava tra nuvole e fiori, ornandosi le creste di gelsomini nel lungo dormiveglia ristoratore. Aguzzò i suoi ipersensi e udì che gli comunicava una notizia fantastica: Ti chiamerò Percy, bisbigliava accarezzandogli la punta del naso, il diminutivo di Percival. Come lui anche tu hai percorso strade infinite, lo sento. Qui c'è il tuo Graal. Quando ti sveglierai, brinderemo insieme, con latte e succo di lamponi.
    Percy sognò che lei lo battezzava solennemente con quello che era il suo nome sin dalla nascita. Gli faceva cadere alcune gocce di latte sulla testa, scandendo le parole: Tu sei Percy.
    Henrietta lo aveva intuito.
    E ciò significava una cosa sola: lei era la sua meta.
    Dopo questo pensiero, il sonno ritornò pesante e beato.
    E lui fu solo una minuscola anima fluttuante.

    Colma di gioia per l’incontro inaspettato Henrietta parlava di Percy a tutti, ma nessuno le dava credito perché nessuno lo percepiva o vedeva. Non si accorgevano della sua esistenza.
    Credevano che la ragazza fosse lievemente disturbata e non la contrastavano.
    Henrietta chiacchierava con Percy e gli raccontava il suo disagio. Lui ribatteva-spiegava-rintuzzava-assentiva-dissentiva, cercava di consolarla, rappresentandole la poca importanza del fatto che nessun famigliare o amico volesse darle fiducia e partecipare ai loro dialoghi. 
Lei se ne lamentava, mentre banchettavano a pane e miele e bevevano latte con succo di lamponi.
    Chiedeva che distorsione fosse quella.
    Percy viveva in una dimensione parallela visibile solo a lei?
    Lui rispondeva paziente e la invitava alla gentilezza e allo stare di animo sereno.
    Li aspettava un futuro ricco di vicende fascinose. Non doveva crucciarsi. Lei era Sole, Luna, Stelle. Brillava di una Luce abbagliante. Lui era nel suo destino. Questo bastava.

    Destino che, intanto si andava preparando, nonostante le saltuarie ubbie, comunque solo momentanee. Duravano i dieci secondi della preghiera recitata ritualmente in coro quando dovevano esorcizzare qualcosa di brutto, tipo ingiurie e atteggiamenti maligni.
    Per il resto Henrietta e Percy gravitavano in una dimensione perfetta.
    Lei imparava da lui il linguaggio dei draghi: una serie di gorgheggi modulati che erano la chiave per comunicare con i fiori.
    Lui acquisiva da lei le tecniche migliori per arrampicarsi sulle querce e da quelle postazioni privilegiate guardare l'orizzonte, immaginando di arrivarci in volo.
    Percy ascoltava con espressione compunta, nascondendo l'innata dote magica del teletrasporto per sé e per gli amici. Non ne abusava mai. La formazione severa, che gli era stata impartita, si basava sul principio della riservatezza. Che non aveva mai, proprio mai, travalicato.
    Ora era arrivato il momento.
    A voce ferma scandì a Henrietta l'ordine di chudere gli occhi e di contare per tre volte tre.
    Dopo avrebbe potuto riaprirli.
    Lei obbedì d'istinto e seguì le indicazioni.
    Dunque: nel preciso istante in cui le palpebre le si dischiusero, immediatamente comprese quanto era successo e atteggiò la bocca in un oh di stupore. Sedeva, con Percy allato, tra i rami del gigantesco cedro cresciuto sulla collina blu-viola che prima era stata il loro orizzonte.
    Il ritorno sulla quercia fu altrettanto veloce e prodigioso.
    Da quell'esperienza Henrietta non stressò più Percy con lagne inutili. Accettò il suo miracolo e si godette lo scorrere delle stagioni.
    L'Autunno, l'Inverno, La Primavera e l'Estate successivi al loro incontro divennero gli stupendi scenari in cui ambientare la quotidianità, balzando di esplorazione in esplorazione.

    Una notte, prima di addormentarsi nella sua cuccia (si era agli inizi di Settembre), Percy disse a Henrietta che la mattina, al risveglio, sarebbe iniziato quell'itinerario favoloso che il Tempo tesseva per loro.
    Henrietta non capì del tutto, ma si fidava.
    Biascicò e scivolò nelle visioni di ogni notte, con cani, gatti, merli... e Percy. Sapere di un domani con lui, il suo Percy bianco-vaniglia, era già un motivo valido per dormire saporitamente.

    Henrietta e Percy si alzarono all'unisono portati da uno stesso desiderio: uscire alla chetichella per scorrazzare nelle campagne selvagge attorno a casa, scendendo fino al fiume, magari. Fecero la solita colazione di pane con miele, latte con succo di lamponi e presero il viottolo che li avrebbe portati alla calma libertà di quei luoghi deliziosi, dove si erano imbattuti a vicenda.
    Saltellavano, si spingevano, cantavano motivetti d'invenzione. Percy aveva una voce da tenore bella e melodiosa. Chi mai l'avrebbe sospettato in un draghetto bianco e vaniglia! Henrietta intonava il tema di fondo e suonava un immaginario violino, la cui musica si generava magicamente.
    Ah, l'intelligenza dell'universo! Quanto era potente! Nessun software ultratecnologico sarebbe riuscito a eguagliarla. Neanche un briciolo di meraviglia in loro per la sinergia che sembrava scaturire dagli alberi, dal cielo, dal Creato tutto. Erano parte di un prodigio dalla consistenza talmente reale da non dubitarne.
    Scherzando e ridendo, quindi, arrivarono al fiume, alle sue acque turchesi, alle robinie, ai rovi, ai cespugli di vitalba e caprifoglio, ai pioppi e ai salici rigogliosi tra i cui fusti inscenarono lieti giochi innocenti.
    Armonie di una gita in piena letizia.
    Grazia pura.
    Finché non avvertirono un guaire flebile.
    Si precipitarono, Henrietta e Percy, verso il luogo da cui sembrava arrivare il richiamo e giunsero con il fiato corto a una piccola ansa riparata da degli imponenti massi disposti in semicerchio attorno all'acqua a formare un primitivo tempio naturale. E là, in un'erosione profonda della pietra di centro videro un cane riverso nel fango. Sembrava un Setter. Uno dei numerosi spesso abbandonati dai cacciatori. Lo raggiunsero e, mentre Henrietta lo esaminava per vedere se avesse qualche frattura, scoprendolo maschio, Percy le posò il muso sulla schiena e le disse: Te l'avevo preannunciato che questa sarebbe stata una giornata speciale. Ecco, lui sarà il tuo compagno per molti anni e io vi scorterò con il cuore. Ho svolto il mio compito. Entro breve non mi vedrai più. Ma non per questo non sarò accanto a voi. Sono un'infinitesima parte dell'anima che fa vivere l'universo. Io sono voi e voi siete me. Addio, amica cara. Adesso posso tornare in pace al mondo mio d'origine.
    E sparì.
    Con le guance inondate di lacrime e una sofferenza atroce che la lacerava, Henrietta raccolse l'infelice vittima della crudeltà umana e filò rapida verso casa. Percy era al suo fianco, lo sapeva, e la confortava la convinzione che non fosse scomparso completamente.
    La sua dolcezza restava e la aiutava a concentrarsi sul necessario da compiere.
    Quando arrivò nella cucina, rifocillò il cane con del latte e del pane spalmato di miele, poi lo ripulì alla bell'e meglio e lo depose nella cuccia che era stata di Percy. Solo allora lui, il suo strappato a una morte certa, le volse lo sguardo.
    Aveva occhi tondi e verdissimi.
    Due perle smeraldine velate di tristezza.
    Tondi e verdissimi.
    Henrietta gli appoggiò una mano sulla pancia e continuò a piangere.
    Ma non di dolore.
    Di gratitudine.

20 Agosto 2023
Irene Navarra


martedì 15 agosto 2023

Poesia e Prosa / 145474: Storia di Bacca. Lirica di Irene Navarra.


    Questa piccola storia lirica è nata per ispirazione.
    Emily Dickinson con la poesia "I had been hungry" [
F439 (1862) / J579 (1862)], 
e Angelo Branduardi con la ballata "Rosa di Galilea" mi hanno condotta per mano lungo sentieri inusitati, che mai avrei pensato di percorrere.
    Sacro e profano si sono intrecciati a creare un racconto metaforico sulla Gentilezza e l'Amore.
    Se così fosse veramente, il mondo sarebbe meno oscuro.


Irene Navarra, Bacca e il ciliegio, AI Pastelli, 15 Agosto 2023.



Ero
come una bacca selvatica
trapiantata sulla strada.

Non sentivo i profumi del vento dalle vette
e le lepri bianche non strofinavano più
il muso tra le mie foglie delicate.
Languivo su quel suolo grigio
che odorava di morte.

Poi mi raccolse un giovane gentile
che mi deterse dalla polvere, dal fango,
e mi depose su un letto di bambagia
dal vago sentore di vaniglia.
Là riposai
spruzzata ogni mattina di rugiada
raccolta nel cuore delle rose.
Così radicai di nuovo
ridiventando pianta generosa.

Lui mi cantava "Rosa di Galilea",
e la intonava con il suo violino angelico.
Fiorimmo insieme
mentre il cielo sorrideva
donandoci frutti
di ciliegio celestiale.
E io,
mai nominata nella mia esile esistenza,
fui finalmente Bacca:
la salvata per Amore.



Per leggere la Poesia di Emily Dickinson che ha ispirato i miei primi versi di "Storia di Bacca", segui questo link.
Se vuoi conoscere la leggenda alla base della ballata di Angelo Branduardi
"Rosa di Galilea", leggi qui.
Qui, inoltre, la recensione a cura di Mario Bonanno dell'Album "Il rovo e la rosa. Ballate d'amore e di morte", pubblicato nel 2013.

Tutto ci insegna che l'Amore è sempre la risposta.

Di seguito il testo (bellissimo) della Ballata "Rosa di Galilea" di Branduardi.

Già ero vecchio e stanco per prenderla con me,
ma il vecchio giardiniere rinunciare come può
all’ultimo suo fiore, se l’Inverno viene già.

Già ero vecchio e stanco, ma la volli per me
e il sorriso della gente di nascosto accompagnò
il mio andare verso casa e l’Inverno viene già.

Lei era la più bella che avessi visto mai,
sorrideva tra le ciglia e il mio cuore riscaldava,
era l’ultimo mio fiore e l’Inverno viene già.

Poi anche il mio ciliegio a suo tempo maturò,
lei venne un mattino a chiedermene i frutti:
“Devo avere quelle ciliegie, perché presto un figlio avrò.”

Io guardavo le sue guance, più bella era che mai,
e sentivo dentro me già crescere la rabbia:
“Chiedi al padre di tuo figlio di raccoglierle per te!”

Sorridendo come sempre, le spalle mi voltò
e la vidi in mezzo al prato verso l’albero guardare,
era l’ultimo mio fiore e l’Inverno viene già.

Fu il ramo suo più alto che il ciliegio chinò
ed il padre di suo figlio così l’accontentò…

Già ero vecchio stanco per prenderla con me,
ma lei era la più bella che avessi visto mai,
la sua pelle come rosa… Rosa di Galilea.

Fonte: LyricFind

martedì 11 luglio 2023

Poesia / Frammento 58: Afrodite la bella, le sue parole (Ritratti).

 


Immagine generata con sollecitazioni precise su SD.
Irene Navarra, Afrodite, AI e Grafica, 11 Luglio 2023



Dice Afrodite:

"Il bacio più impudico
è quello che ti alletta
col marchio corrosivo
della Santità.
Il Desiderio spirituale
fa dell'anima
un'aquila accecata.

L'Amore è invece
il velo delle Grazie sulla pelle.
Il suo sorriso penetra gioioso
fin dentro la mente".


venerdì 23 giugno 2023

Poesia / Cronaca: Pietre sul cuore.

 

Un dolore grande può portare a riflessioni cupe.
Allora, quando il cuore si appesantisce tanto da sembrare di pietra,
il pensiero della Morte sembra una liberazione.


Irene Navarra, Pietre sul cuore, AI e Grafica, 23 Giugno 2023.


L'hanno sepolto, questo mio cuore,
con pietre tutte spigoli
che premono e perforano
solo al posare i palmi.
Ho un tumulo nel petto.
Senza corredi e offerte.
Mi sento morta.
In modo strano.
Partecipo al respiro,
ma mi sembra d'altri.
Viene da lontano
E il battito intona un ritmo cupo.
Barbarici strumenti a percussione
lo spezzeranno a forza di colpire.
Lo strappo dal costato,
questo cuore inutile,
e lo regalo al fiume
che mi chiama
con flebile sussurro.
Le pietre del dolore non mi tradiranno.
Nel fiume ha la sua storia ineluttabile:
quieto riposo in trasparenza d'ambra.
Io con lui.

lunedì 19 giugno 2023

Poesia / Perché parlare (da "Omnia Carmina").


Anche questa lirica risale a parecchi anni fa.
Parla d'amore.
Lo considero un testo piuttosto strano 
poichè raramente mi sono avventurata
nel territorio intimo di tale sentimento.
Il ritrovarla mi fa rammentare
quale valore io gli dessi
e con quanta forza volessi esprimerlo.


Irene Navarra, Chi chiamo amore, AI e Grafica, 19 Giugno 2023.



Perché parlare se son di specchio le parole,
perché accordare violini e arpe
se il mio compagno sente solo suoni,
echi arroganti del vibrare delle stelle?
Chi chiamo amore
ha occhi e anima di sasso.

In uno sguardo che confonde l’attimo,
nell’urto del pensiero
che perfora la mente come scheggia
esiste la divina consistenza.

Allora,
solo allora
 avvertirò veli di passi
entrare piano in me col suo respiro.


martedì 13 giugno 2023

Poesia / Cronaca: Non sa più le tempeste.

 

Irene Navarra, Dialogo segreto, AI e Grafica, 12 Giugno 2023.


 
Non sa più le tempeste
l’Azzurra Creatura dal cuore di cristallo. 
Lei, cavalla dalla corsa silenziosa, 
brilla nell’aria attorno a noi
come una lucciola
che ormai non ama solo il Buio
e insegue vie inviolate
forte della sua stessa Luce.

E tu, giovane amico
dal cuore dilaniato a morsi amari,
quando la brezza fruscerà improvvisa
- lieve sul volto come un tocco dolce -
o un’ape ronzerà pianissimo al tuo orecchio,
saprai che Lei ti parla del suo mondo,
sfiorandoti radiosa con le sue ali d’Angelo.


venerdì 9 giugno 2023

Poesia / Orme ( da "Dettagli").

 

Per quanto si parli di entrare nella Luce dopo la morte,
la perdita di chi ami porta pensieri cupi.
Il pessimismo incalza, dunque.

Irene Navarra, Orme, AI e Grafica, 9 Giugno 2023.


Segno dopo segno,
una pesante lente da navigatore
sopra il cuore, c'impossessiamo
dello spazio esteso che l'onda
anomala ha lasciato sulla riva.
 
Anfratto dopo anfratto
sedimentiamo tante storie.
Costruiamo torri e campanili
in una calma satura di lutto
sotto un Sole indifferente
che non vede orme.

E tantomeno l'ombra
dei nostri deliranti passi.


Se vuoi saperne di più su Dettagli, segui il link Qui.
E poi Qui.
E Qui alla Sezione Vetro.


mercoledì 7 giugno 2023

Prosa / Racconto breve: Paco in dialogo con la Signora dal sorriso radioso.

 

Salutando Paco.


Irene Navarra, Paco, AI e Grafica, 7 Giugno 2023.


Paco - Senti, Signora dal sorriso radioso, devo farti una domanda. Non ti ho mai vista a casa mia. Che ci fai qui? E come sei entrata? Le mie acutissime orecchie di cane non hanno sentito aprirsi nessuna porta.
Signora - Cane, cane tontolone, ma non vedi che sono pura Luce? Non ho bisogno di aprire porte per entrare. La materia non è affare mio. Non mi interessa. Io amo la vera bellezza di voi creature della Terra. E la vera bellezza sta nascosta. Il mio compito è di farla brillare, come il sole che scintilla sui ghiaccioli pendenti dagli alberi nelle giornate di gelo.
Tu, poi, sei pieno di bellezza. È arrivato il momento, caro Paco, fra breve splenderai. Sarai un fulgore abbagliante.
Paco - Non vedo l'ora. Anche perché questo corpo mi dà parecchi problemi ultimamente. Respiro male. Il cuore è stanco. E sanguina. Vorrei che smettesse. Di sanguinare, intendo.
Signora - E se smettesse di battere? Staresti meglio, no?
Paco - Non so. Può darsi. Basta che io continui a vedere i miei cari umani. Sai, Signora bella, sono i miei Amori. Sì, Silvia, Federico e Riccardo sono i miei Amori speciali. I Custodi del mio Universo. Sono quelli che mi hanno ridato la dignità dopo anni di gabbia da riproduzione in un allevamento, e dopo la mia esperienza distruttiva in una casa dove non potevo fare niente. Nemmeno in giardino. Rodevo chiavistelli, saltavo reti e scappavo. Ma quando sono arrivato qui perché i miei padroni, ehm... schiavisti, dovevano andare in vacanza e non sapevano cosa fare di me visto che non accettavo la prigionia da innocente qual ero, quando sono arrivato qui, ho capito.
Era il mio Paradiso.
Dappertutto colava il miele più dolce: la pappa era buonissima, le carezze intense e morbide, c'erano i baci, la poltrona vicino al camino, il tappeto che s'intonava con i miei colori di splendido Golden biondo. Ovvero il tappeto Blu e Oro su cui medito ogni giorno. C'era anche una canina Bianco-Nera 
di nome Asia. Una Border Collie. Davvero unica. Sai che le facevo la pipì nella ciotola all'inizio? Volevo che fosse tutto mio. E sai la cosa più più, nessuno mi ha mai sgridato. Che meraviglia! mi sono detto. E ho iniziato a vivere davvero.
Signora - Li conosco. Anzi, te lo devo proprio dire per tranquillizzarti, li ho tenuti d'occhio prima che tu arrivassi. Così ho dato il mio placet allo spostamento. Ero certa che qui saresti stato alla grande e saresti maturato, crescendo nella scala della Luce.
Paco - La scala della Luce? Ma cos'è, Signora placet? Conosco il significato di placet, me l'ha insegnato Silvia. È latino. Se uno te lo dice, ti dà il consenso. Io qui ho ricevuto solo placet. Ho dalla mia un sacco di placet.
Signora - Vedi? Ti hanno amato. È brava gente, gente che... placet. Ah! Mi viene anche da scherzare con te. Sei proprio carino e a modo.
Paco - Adesso però, Signora dal sorriso radioso, dimmi parole che siano semplici. La mia Silvia ha tentato di spiegarmi che occorre andare nel profondo per capire quanto vali. E per espormi bene il concetto, sapendo che amavo la musica in generale e la lingua inglese in particolare (sono bislacco, eh?), mi faceva delle domande sulla base di alcuni versi di Shallow, la famosa canzone di Lady Gaga e Bradley Cooper, con il cambio nel testo di boy in dog, naturalmente. Mi precisava che non è giusto essere Shallow, cioè superficiali. Per decenza te la propongo nella versione originale:

(e qui Paco canta)
    Tell me something, boy:
    Aren’t you tired tryin’ to fill that void?
    Or do you need more?
    Ain’t it hard keeping it so hardcore

 

Dimmi qualcosa, ragazzo:

Non sei stanco di cercare di riempire quel vuoto?

O hai bisogno di più?
Non è difficile resistere così tenacemente?

E mi raccontava, poi, che non bisogna accontentarsi, che bisogna andare a fondo in tutto. E io così ho fatto con loro, ho approfondito tanto la mia relazione che ci ero tutto dentro. E non vedevo la superficie. Che avventura stupenda! Ogni giorno era migliore del precedente. Forse troppo? Non si deve mai esagerare, perché quando arriva la fine sei di sicuro troppo triste.
Signora - Ti senti molto triste, adesso?
Paco - No. In verità. Mi sento luminoso. E questo mi piace. Guarda le mie zampe: sembrano simili alle tue mani in un certo senso. Sprizzano Oro. Un'evoluzione del mio magnifico pelo?
Anche la coda pare un ventaglio di pagliuzze dorate. Che roba! Mi sto impreziosendo.
Signora - E ti pare poco? Stai approfondendo. Oggi comprenderai del tutto il messaggio della tua Silvia, Che resterà tua per sempre. Tu sarai legato con una cordicella di Luce a Silvia, Federico e Riccardo. È una cordicella che non trattiene e non strappa, ti avvisa solo con uno scampanellio dolcissimo che è il momento di correre da loro.
Paco - Questo mi rallegra. Allora, facciamoci Luce! Si sta alla grande senza corpo. Però, Signora, cancellami  un po' di ricordi. Quelli brutti. Potrebbero rovinarmi lo splendore. Quelli belli fa' che restino. Rendono la mia Luce calda calda. Piena di Grazia.

La Signora dal sorriso radioso annuì e gli grattolò la testa, spargendo porporina attorno.
Così Paco prese la via del cielo in un brillare accecante.
E, mentre approfondiva la relazione nuova, intonava versi suoi sul ritmo di Shallow. I v
ersi, in effetti, furono percepiti all'unisono dai suoi tre adorati umani. Senza, peraltro, che paresse loro strano. Alla fine si colse un abbaiare soffiato e lontanante: Sto creando meraviglie sulla musica di Shallow. Arrangio anche qualcosina.
Provate a cantarle se non ci credete.
Ma solo se la vostra voce è buona.

Avete mai visto brillare la Luce?
Ecco, così respiro io,
Paco, in corsa con il frisbee
di luccichio in luccichio.

7 Giugno 2023



Da Shallow, canzone interpretata da Lady Gaga e Bradley Cooper per il film “A Star Is Born”, presentato in anteprima mondiale fuori concorso durante la Mostra del Cinema di Venezia 2018.
“Shallow” ha vinto l’Oscar 2019 come Miglior Canzone.