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Irene Navarra, Il ventitreesimo orologio, AI e Grafica, 30 Giugno 2023. |
Ci provava Gertrud.
Da molto.
Voleva fermare il Tempo.
Se Lui avesse smesso di correre, anche lei avrebbe smesso di crescere.
Gertrud era una ragazzina soddisfatta di essere tale.
Vedeva tutti i limiti opposti agli adulti, i carichi, le responsabilità che li privavano del vero senso della vita: la fantasia.
Pertanto aveva deciso di non fiorire in nulla.
Rifiutava l’idea di diventare una giovane prosperosa, obbligata a curarsi, truccarsi, fidanzarsi.
Da maschiaccio qual era, vestita con calzoni in pelle, camicette, maglioni spesso sdruciti e sandali bassi o scarponcini a seconda della stagione, si sentiva a suo agio.
Fermare il Tempo? Cosa ridicola, dicevano i suoi genitori, i parenti, gli amici d'infanzia affezionati.
Lei ribadiva che ci sarebbe riuscita. La fede e la perseveranza possono i miracoli, aggiungeva un po’ piccata.
Ci credeva, dunque.
E tentava.
Con ogni mezzo.
Anche con la Mindfulness.
Il suo guru spirituale, Ananda Gothama, indiano trapiantato sin dall'infanzia in Svezia - a Göteborg, la loro città - , la esortava a perseguire il suo obiettivo.
Tutto si può, diceva ispirato. In questo mondo le cose tra la Terra e il Cielo sono di gran lunga più numerose di quanto immaginiamo, le comunicava con voce suadente.
E così lei si applicava ostinata.
A tale scopo aveva raccolto tanti orologi da tenere sott'occhio.
Nessuno, però, le fu d'aiuto perché tutti dichiaravano la stessa ora.
Quindi pensò a un escamotage: ne pose uno come orologio primo (il Dux degli orologi: quello del Tempo reale) e aggiustò gli altri, rigorosamente identici nella marca e nel formato al capostipite, spostando le lancette di secondi, minuti, mezze ore, ore, avanti o indietro.
Poi li rimescolò in modo da non sapere i dati effettivi: quelli del Tempo lineare, ovvero dei momenti che si susseguono come siamo abituati a contarli. Anche il Dux ne fece le spese.
Combinò una gran confusione, si potrebbe dire.
I canoni tradizionali di lettura temporale erano stati sovvertiti.
Sì.
Ma Gertrud ci stava bene in quel suo Tempo-NonTempo. Con gli amati autori tra cui Seneca di cui apprezzava particolarmente il De brevitate vitae, scovato nella fornitissima biblioteca del padre.
Si sentiva davvero sapiente come il prototipo filosofico di Lucio Anneo.
Aveva cristallizzato il Tempo in una dimensione dove tutti i ticchettii, discordanti o meno, si annullavano a vicenda, generando il silenzio del non ascolto nel raccoglimento dell'attimo non più fuggente perché dilatato, fisso in un presente magnifico e, di conseguenza, senza Tempo.
Bene.
Un passo avanti.
Tuttavia il Caso ci mise il suo becco adunco e anche gli artigli, in quella sospensione astratta.
Volle il Caso che Fiona, la madre di Gertrud, trovasse gli orologi di sua figlia e li regolasse.
Volle anche il Caso che tutti, circa 22, meno uno - il ventitreesimo per l'appunto - avessero totalmente esaurito la loro carica e fossero andati in tilt all'unisono tra le dita improvvide di Fiona.
Volle il Caso che il ventitreesimo, invece, continuasse a lavorare alacremente su ore, minuti e secondi. Lineari, naturalmente.
Forse era il Dux, forse no. Poco importava.
Gertrud si trovò spiazzata.
C'era al momento un solo Tempo che, imperterrito, batteva il suo infernale ritmo rapido dal contenitore inerme.
Uno solo.
Che fare?
Gertrud salì nel suo Pensatoio aereo inerpicandosi sulla scaletta d'accesso.
Il Pensatoio era una sorta di comodo nido da Martin Pescatore, di vimini intrecciati con un morbido cuscino in piume all'interno. Saldamente appeso al soffitto, pendente circa a metà della stanza e ancorato al pavimento con dei tiranti d'acciaio, rappresentava per lei il cosiddetto Mondo al Mezzo in cui tutti i canoni normali potevano essere ribaltati.
Vi si chiuse, dunque, e si mise a speculare.
Procedura Mindfulness avviata nella posizione del loto, respiro rallentato, mani abbandonate in grembo l'una sull'altra, prese coscienza del problema fissandoci l'attenzione con l'uncino tenace del suo obiettivo.
Allora, solo allora, volò, Gertrud, come faceva sempre, verso regioni astrali che l'avrebbero aiutata, senza che lei giudicasse alcunché le si fosse presentato. Sperimentò la pienezza del vivere al presente.
E seppe, come un'illuminazione intima, che la sua scelta era giusta ma contro natura.
Il ticchettare fastidioso in sottofondo si amplificò ossessivo, quasi a sfidarla. riportandola a quel Tempo che lei non desiderava.
Nemmeno la Mindfulness sembrava dalla sua parte.
Ananda Gothama fu costretto ad ammettere che la sua brama di non crescita, probabilmente, era autodistruttiva. Le annunciò persino il pericolo di convinzioni lesive del sé e la esortò a lasciarsi andare tra le braccia di Maya, che una saggezza millenaria intrinseca ce l'aveva di certo.
Gertrud ascoltò tacita.
E capì il suo errore.
Non è che si cancella il Tempo, confondendone le convenzioni.
Sta in noi la chiave per addomesticarlo, non potendolo annullare.
Il pensiero costante lo alimenta, perché Lui si nutre di noi.
Ci divora.
E noi non dobbiamo permetterlo.
La strada è lasciare segni del nostro passaggio. Testimonianze tali da sgomentarlo.
Gertrud decise.
Avrebbe riempito il mondo con la musica del suo violino, strumento che studiava con profitto e successo sin da piccolissima.
Avrebbe suonato per il mare, per gli alberi, per i fiori, per le strade, persino per gli edifici, per chi la volesse ascoltare. Li avrebbe incantati, facendo perdere la nozione del Tempo.
Il Creato avrebbe gioito di tanta Grazia.
E gli uomini pure.
Nella Bellezza innocente si sarebbero spuntate le fauci aguzze del Tempo.
Irene Navarra