L'ho già dichiarato più e più volte: ho una natura arborea. E anche floreale. Nel senso che sento e vedo come un albero o un fiore.
Ma non solo. Ho anche una natura animale. Nel senso che sento e vedo come un animale. E viceversa.
Inoltre, avverto che nelle cose c'è una sorta di fluido vitale, sebbene quasi irrilevante. Un sasso a forma di cuore donatomi dal mio cane Pippo Magnifico Setter, mi dice tanto. Ora mi parla dal tavolo della cucina, posato com’è in bella compagnia sul vassoio della frutta. Offre conforto con la bellezza della struttura e con il suo messaggio subliminale. Basta poco per avviare in me quella specie di entanglement che unisce in senso assoluto le mie particelle alle altre del Tutto. E le fa vibrare all'unisono. Sciamanesimo genetico? Può darsi. Un'eredità, comunque, derivata dalle generazioni di donne slave da cui discendo per parte di madre. E dal sangue spagnolo che ho in dote da mio padre. Gli antenati ancestrali parlano alle cellule del mio corpo e all'essenza sottile dell'anima. Questa esperienza di dialogo continuo la chiamo Meditazione. E può avvenire nel vuoto della mente, che tace assorta per raccogliere le foze necessarie ad andare oltre la materia; oppure nel trionfo del colore. Quest'ultma è la tecnica spontanea che preferisco: mi dona, infatti, una grande gioia e arricchisce il mio sapere a livello di coscienza. Là dove gravito senza tempo e spazio definiti.
Io medito da sola, senza persone attorno. Non ho bisogno delle persone. Le persone mi danno solo le loro negatività. Appesantiscono la mia sostanza eterea.
Mi basta una rosa, una lucertola, il cielo, una nuvola del cielo, l’azzurro tra due rami, un uccello in volo, o - ancora meglio - un falco, per sentirmi: rosa, lucertola, cielo, nuvola del cielo, azzurro tra due rami, uccello in volo, falco. Quando sono falco, e avviene sin da quando ero bambina, mi vedo, come dall'alto, la testa e le ali che si muovono, il piumaggio sobriamente policromo nei toni del marrone chiaro e scuro, del beige, del grigio con poco blu, dell'ardesia. Sono io, Irene donna, a vedermi falco.
Vedo, però, anche la campagna sotto di me. Sento la spinta iniziale del librarsi, l'ebrezza delle correnti ascensionali, il gusto plastico delle planate, ho la netta percezione di una scansione asettica del territorio sottostante. Sono, dunque, sempre io a vedere, tuttavia come Irene falco.
Mi riconosco, pertanto, prodigiosamente dotata di una visione doppia.
Le sensazioni arrivano descrivibili (la verve intuitiva e scrittoria non mi manca), sebbene nella resa risultino sempre approssimate. Le emozioni nascono ineffabili. Più algide da animale. Più calde da umana.
Un enigma anche per me la sfera percettiva collegata a tali esperienze di empatica immedesimazione e trasformazione. A esprimerla mi soccorre l'Eteronimo U-May, esperto interprete di qualsiasi complessità:
Il mio Eteronimo e Maestro U-May (né maschio né femmina, sia chiaro), creatura di grande saggezza, mi aveva a suo tempo suggerito il tema dell'immagine (Groviglio) qui sotto riportata, esortandomi a meditare sulle varie implicazioni del disegno che si sarebbe enucleato. Un cespuglio di biancospino di fronte a casa era stato fonte di ispirazione, e guida per la mia mano sulla tavoletta grafica. Ne nacque un intrico denso e spinoso di cui non capivo il perché, pur intuendone la portata simbolica. Nessun palese aggancio concreto, se non qualche vago indizio di approssimazione evenemenziale. I soliti conflitti in medio Oriente e in Africa, insomma.
Conflitti lontani e nebulosi. Altri mondi.
Il lavoro risale all'Autunno inoltrato del 2017. Rimasto per anni in una cartella del mio pc, solo adesso trova adeguata collocazione in giusta analogia con i fatti atroci che stanno accadendo.
La Verità si intuisce in rare, folgoranti illuminazioni.
Ora so che è specchio preciso della vita attuale.
La guerra in Ucraina si trova là, in quel viluppo inestricabile.
Mi ci rapporto solo metaforicamente per mia buona sorte, mentre penso ai fratelli e alle sorelle ucraine che hanno spine nelle loro carni e veleni nei polmoni e cuori lacerati.
Lacerati, ma non vinti.
Di conseguenza (forse banale, non scontata però) mi chiedo: "In tutto ciò il cielo, così profondo, bello, in pace, il cielo con i suoi dei raccoglitori di preghiere e speranze, il cielo perché non risponde?".
La mia ingenuità è dura a morire.
Dante Alighieri continua ad avvisarmi. Nel Canto XVI del suo Purgatorio (vv. 67 - 78)? Marco Lombardo spiega con concetti lucidi al Sommo Poeta l'origine del male:
Voi che vivete ogne cagion recate pur suso al cielo, pur come se tutto movesse seco di necessitate.69
Se così fosse, in voi fora distrutto libero arbitrio, e non fora giustizia per ben letizia, e per male aver lutto.72
Lo cielo i vostri movimenti inizia; non dico tutti, ma, posto ch’i’ ’l dica, lume v'è dato a bene e a malizia,
e libero voler; che, se fatica ne le prime battaglie col ciel dura, poi vince tutto, se ben si notrica.
Allora, che si può contro quanti il male lo scelgono, perseguono, curano come un orribile fiore di morte? Che si può fare?
Irene Navarra, Groviglio, Disegno grafico, 2017.
Rovi intricati nessuna via di fuga ferite, sangue – Noi martoriati e ciechi (oh, sì!) additiamo il cielo. #Tanka 18