Visualizzazione post con etichetta #fiume. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta #fiume. Mostra tutti i post

domenica 11 febbraio 2024

Cronaca / E in lontananza il fiume.

 

P_Irene Navarra, E in lontananza il fiume, AIArt e GraphicArt, 11 Febbraio 2024.



Sulla cima del colle dove vado a meditare
guardo la terra che adesso è solo mia.
La sua lingua è il fiume.
Lui mi chiama.
Da lontano sussurra le parole
in cui si fondono il vibrare dei cespugli,
il sordo rotolio dei sassi nel profondo,
il canto delle ninfe in danza sulle sponde.
Sanno il mio nome e arrivano col vento
a posarmi baci sulle labbra.
Così io volo a loro tra le erbe dell’inverno
mentre i pensieri - come un velo attorno -
diventano compagni avventurosi.
L’azzurro si fa sempre più chiaro
e il suono del fluire mi circonda.
Dentro le sue correnti è stato detto
il mio destino.
Io sono qui.
Qui.
Dove voglio riposare.


giovedì 25 gennaio 2024

Poesia / Cronaca: La mia anima.

 
Sempre sul tema dell'Addio.


P_Irene Navarra, Meditando, AIArt e GraPhicArt, 25 Gennaio 2024.



Lontana dalla mia anima non ci so stare.
Lei è pietra di fiume azzurro-blu
dove fluttuano i ricordi
nell'acquasantiera delle mani
unite per raccoglierli
e berli
come sidro Klotzen appena fermentato.
Ed è canna flessibile
che sferza il cielo nella Bora,
e sabbia d'oro nascosta sotto i sassi
all'ombra di colline brulle dal costato esposto,
sagge di labbra chiuse su segreti
che non saranno miei
se me ne vado.

(Un canto mi si snoda dentro.
La lingua è strana.
Sembra Slavo antico.
Quella di mia madre.
La voce piena di mio padre
l'accompagna in frulli giallo Sole
sulle creste del mare di Sorrento.
In me due razze fiere.
Il mio retaggio si completa
di luce grigio perla.
Ora sorrido.
E un poco piango.)


Irene Navarra, Anima fluviale / L'Isonzo = Irene, AIArt e GraPhicArt, 25 Gennaio 2024.


venerdì 22 dicembre 2023

Poesia / Cronaca: La mia natura di pietra e fiume.



P_Irene Navarra, La mia natura di pietra e fiume, AIArt 21 Dicembre 2023


 
Non sono delicata.
No.
In me ho del sasso carsico
e del turchese d'acqua.
Occhi di fiume
mi hanno vista nascere.
Battesimo precoce in linfe
sempre gelide.
Me lo ricordo:
tenuta per un piede e giù,
col fiato rantolante in gola
e l'urto dell'incontro sulla pelle. 
Bagni in torrenti, poi,
la neve di Dicembre intorno,
tuffi nel mare quarnerino di Gennaio
e gli abbandoni all'onda lunga di Sorrento.
Esperienziale godimento.
Non dei sensi.
Della mente. 
Che si è allenata a distaccarsi
dalla sensazione
per diventare Consapevolezza pura.
E nell'assenza di pensieri,
la risposta mi si fa da sé.
Allora so che s'apre nella mia
l'Anima di Dio.



lunedì 25 settembre 2023

Poesia / Tanka 81: Oltre il fiume.

 

P_Irene Navarra, Oltre il fiume, AIArt e GraphicArt, 25 Settembre 2023.



Sto traghettando
la mente oltre il fiume.
Lui è il confine ~
Io sono un nastro rosso
liberamente al vento.
#Tanka 81

IQ48


martedì 8 agosto 2023

Poesia / Presso il gorgo (Piccola Ode all'Isonzo): Frammento lirico di Guglielmo Jug.

 

La magnifica risposta dell'amico d'infanzia Guglielmo Jug ai miei Frammenti 68 e 69,
dedicati al fiume Isonzo.
Noi cantiamo le linfe della nostra fanciullezza
che scaturiscono intatte dalla magia della memoria spontanea.
Marcel Proust ne sarebbe orgoglioso.

Nasce una simpatica Tenzone, dunque.
Sia la benvenuta, se la spiritualità è tanto profonda da scandagliare, liricamente,
i "più reconditi ricordi".


Irene Navarra, Il gorgo, AI Olio su tela, 8 Agosto 2023.


Un effemerottero.
Ai lati di un piccolo gorgo
sfida la vorace marmorata,
ultima testimone del fiume
che risale verde e trasparente
dai miei più reconditi ricordi.


lunedì 7 agosto 2023

Poesia / Frammenti 68 e 69: Magie dell'acqua.



Irene Navarra, Magie dell'acqua 1, AI Olio grafico, 7 Agosto 2023.


Guardare il bosco
che traluce nel fiume
e va, uguale immobilmente.


Irene Navarra, Magie dell'acqua 2, AI Olio su tela, 7 Agosto 2023.


Poi, d'improvviso, un ramo
interseca il fluire quieto,
scompone immagini
in astrazione liquida
di cellule impazzite
pronte a rifarsi
sfidando la corrente.

Poesia / Tanka 77: La culla.



Irene Navarra, Le pietre del mio fiume, AI Olio su tela, 6 Agosto 2023.


Di pietra in pietra
fino all'ansa placida
dove immergermi
per riposare in pace.
〜 Il fiume è la mia culla 〜


Irene Navarra, L'ansa placida, AI Olio su tela, 6 Agosto 2023.




lunedì 10 luglio 2023

Poesia / Frammento 57: Sotto il velo dell'acqua, Glauco (Ritratti).


Sotto il velo dell'acqua
(che sia di mare, fiume o lago poco importa)
incontri imprevedibili talvolta.
Glauco giovinetto rivive.
E tu lo vedi,
se sai immaginarti dentro il crepuscolo
che si beve il sole e sfuma tutto
in un ritratto in bianco e nero
che ha sostanza prodigiosa.


Fotografia generata con AI (SD) secondo precise sollecitazioni, che mi hanno permesso di ottenere due aspetti dello stesso personaggio.
Irene Navarra, L'incontro, AI e Grafica, 10 Luglio 2023.


Poi Lui si gira
e tu rimani folgorato
dalla bellezza naturale dello sguardo
e dai capelli chiari che fluttuano leggeri
attorno al volto suo divino.
Ti manca il fiato
e pensi che la morte sia un regalo
se gli avviene accanto.


Fotografia generata con AI (SD) secondo precise sollecitazioni, che mi hanno permesso di ottenere due aspetti dello stesso personaggio.
Irene Navarra, Glauco giovinetto, AI e Grafica, 10 Luglio 2023.

Per conoscere la mia Cassandra segui questo link.



giovedì 1 giugno 2023

Prosa / Racconto: Sogni incrociati (da "Davvero così").

 
Lo dico sempre:
l' importante nella vita è saper cogliere i segni.

Irene Navarra, Emma, AI e Grafica, 1 Giugno 2023.

    Sono proprio pagliuzze d’oro quelle che rilucono negli occhi ambrati di fronte a me.
    Seduta a terra sotto il portico di casa, accarezzo il muso della mia Emma. Ci guardiamo con amore. Il gioco del naso contro naso si ripete sereno, e poi: un bacio sulla testa dove il pelo biondo si incurva in un’onda spessa, le corse sul prato, la passeggiata fino al fiume, il bagno in un’ansa riparata, il riposo all’ombra del vecchio salice con il suo docile corpo tra le braccia.    

    Il tempo di Emma mi gratifica di una tranquillità mai goduta prima, in balia com’ero stata sempre di una schiera di parenti pretenziosi e del lavoro, ladro di sonno e salute.

    Da quando era morto mio padre non avevo conosciuto altro all’infuori della fatica. Lottavo nello studio d’avvocato di proprietà della famiglia da centocinquant’anni, tramandato di padre in figlio, o di padre in figlia come nel mio caso avendo mio fratello preferito la professione di chirurgo.
    Mi ci avevano trascinata per i capelli nei tribunali.
    Amavo la campagna. Desideravo vivere in una fattoria con una cavallina dal mantello ramato. Una stupenda cavallina che sin dall’infanzia continuavo a sognare ogni notte e che, la mattina, svaniva nel volare dei minuti e tra le panie dei codici.
    Cos’era, dunque, la mia vita?
    Destreggiarsi tra beghe continue cercando di placare i clienti e due figli capricciosi, accontentare un marito lavativo e impudente.
    Ecco cos’era la mia vita.
    Meglio di così non ti potrebbe andare, mi dicevano. Io assentivo, vittima dei miei aguzzini. E del dovere: un senso sviluppatissimo in me. Frutto degli insegnamenti di chi – la buon’anima di papà – mi aveva educata nel rigore severo e nel rispetto del prossimo. Se invece azzardavo un bilancio esistenziale, intuivo che gli altri mi si erano installati dentro.
    Abitandomi comodi.
    Pasciuti e satolli di me.
    Vuoi la luna? mi replicava mia madre, indaffarata in organizzazioni di balli per beneficenza e partite a canasta, appena la coinvolgevo nelle mie paranoie.
    Non volevo di certo la luna, ma la poesia delle cose! Le illusioni della giovinezza, affondate in un opprimente trantran.
    Volevo me stessa.
    Avevo tuttavia una fifa mostruosa di ritrovarmi a tu per tu con la scelta di un futuro diverso.
    Ero una falena abbacinata e sbattevo contro lampadine roventi, bruciandomi le ali.

    Per molto continuai a strascicarmi nella beffa degli incontri scanditi dai sintetici promemoria di Gabriella, la mia segretaria. Mi rotolavo nel fango colloso delle cause da studiare, dei cavilli da scovare, infastidita e imbelle. Quando, però, mi capitava di soffermarmi sulle derisioni spavalde di quanti mi succhiavano le forze, ero sopraffatta da un’incresciosa impressione: se avessi cercato di avvicinarmi per strattonarli e farli smettere, avrei toccato solo la parete di una cella trasparente montata apposta per me.
    Vedere gli altri vivere la vita e non riuscire a vivere la mia mi lacerava.
    Potevo forse cambiare quella situazione?
    Ciascuno incalzava con i conti da pagare, con la tempesta delle pretese. A nulla valevano i segni di logorio sulla mia persona in febbrile declino. Nessuno raccoglieva le note roche nella mia voce considerata ormai un ronzio d’ambiente.
    Farsi ciechi e sordi al disagio altrui è la norma per chi si è autoeletto al rango di sole attorno a cui devono orbitare i pianeti-sudditi. Io avevo accettato da tempo la mia condizione subordinata, di soli però ne avevo troppi.
    La mia galassia eccedeva di soli.
    In conflitto tra loro, eppure, all’occorrenza, alleati fedelissimi contro di me.
    Da ciò mi salvò mio marito con la sua energica prodigalità bighellona e irresponsabile.

    Un tardo pomeriggio primaverile funestato da un malessere improvviso, il rientro anticipato dal lavoro, il letto di casa mia – della mia bellissima casa arredata con mobili Liberty –, il mio annoiato marito, la mia migliore amica, la scena d’adulterio intravista dietro la preziosa vetrata Tiffany autentico.
    Ovvia, squallida storia con fuga finale, alla cieca via dalla città.
    Infuriata e irragionevolmente leggera.
    Un’eroina da commedia nostrana al volante della sua macchina sui tornanti delle colline e a piedi verso il fiume per sentieri di polvere bianca, sassi, sterpi, rovi sotto un cielo squarciato da un fiore di cobalto tra nubi corrucciate.
    Un fiore che mi fece fermare, i tacchi a spillo piantati nel terreno, il naso all’insù.
    Polarizzava la mia attenzione con un’incredibile luce attraversata da bagliori. Le nubi si inarcavano, si contorcevano ma il fiore restava incolume, orlato da sbuffi violacei.
    Restava per me: bonario e sornione.
    Mi stesi a terra ipnotizzata da tanta bellezza.
    Scivolai insensibilmente nel sonno.
    Sotto l’immenso, umido sguardo del cielo.
    Di quella notte ricordo con evidenza il sogno.
    All’inizio lo stesso di sempre: la rustica casa bianca sul fiume, i prati rigogliosi, il recinto, la cavallina ramata dai fianchi robusti, il suo dolcissimo sguardo, una sensazione di casto godimento.

La cavallina dai fianchi robusti
piega il collo possente,
abbassa il muso e nitrisce.
La chiamo.
E la voce trascorre la folta criniera.
Io sono la voce, un brivido sul giovane muso,
lungo la groppa, i garretti nervosi.
E sono il salso del suo sudore.
Il galoppo, il galoppo battente.
Lo slancio.
Al fiore cobalto del cielo.

    Il sogno di sempre. Con qualcosa di aggiunto, comunque: segmenti a incastro con altri segmenti.
    Purezza e marciume. Compenetrati in modo tale da non poterli scindere. Un incubo intriso di tremori incontenibili.

Io sono terrore.
Ferite sul collo.
E lance di fuoco nei fianchi.
Dolore nell’occhio del cielo.

    Mi svegliai che il catrame della notte cominciava a sbiadire. Una pioggia fine cadeva in brusio smorzato. Quando tentai di muovermi, mi accorsi di avere la spalla destra bloccata. Qualcosa m’incombeva addosso. Girai cauta la testa e d’istinto lo toccai, quello strano qualcosa. Tenero al tatto, sembrava il corpo di un animale. Orecchie cascanti e inzaccherate, gola stretta da un collare metallico, fianchi tutt’ossa incrostati di fango. Spostai delicatamente la sfortunata creatura e mi sollevai. Al barlume dell’alba la ripulii alla buona strofinandola con i palmi inumiditi nell’erba. A poco a poco percepii il miele e il crema del manto. Era un cane. Un esemplare malconcio di golden retriever.
    I suoi occhi si dischiusero inquieti.
    Lo palpai per capirne il sesso. Femmina. Mi ridistesi al suo fianco, lei allungò le zampe e me le posò sul seno. Restammo immobili. Le sue zampe sul mio seno, le mie dita sulla sua pancia tiepida, sul petto color della luna.
    Il tempo? Non so quanto fu.
    Quando ci alzammo e ci avviammo affiancate verso la vettura, niente sguardi tra di noi. Non erano necessari. Insieme saremmo state invincibili.
    Come un massaggio salutare la speranza di un avvenire migliore scioglieva tensioni. Per noi la vita sarebbe cambiata. Dal rifiuto di una schiavitù imposta e dall’arcano incrociarsi di due sogni stava nascendo un’inattesa realtà.

    La mia spettacolare Jaguar XJ Autobiography ci accolse lussossa di cuoio, radica e acciaio. Adagiai l’infelice amica sul sedile posteriore, la liberai dalla catena, mi rannicchiai accanto a lei e coprii entrambe con il soprabito là dimenticato. Dormimmo finché il sole, dardeggiando sui cristalli dell’automobile, ci invitò alla sua festa.
    In lontananza la città si era accesa di guizzi nei campanili ricoperti da lamine di bronzo, nei tetti di cotto fulvo. Il nastro del fiume serpeggiava a dividere spazi. Azzurra, l’acqua. Argento, la terra ancora madida di guazza.
    Un nuovo orizzonte ci si dispiegava davanti.
    Noi respirammo a fondo per impossessarci di un’aria finalmente nostra.
    Ti chiamerò Emma, le dissi.
    Lei approvò premendomi il muso sulla coscia.

(Una figura umana dall’andatura sbilenca
e una animale dalla coda allegra
uniformavano i passi.
Il patto era stato saldato
con il sentimento dell’analogia.)

    Epilogo

    I miei figli potranno raggiungermi.
    Ma non subito.
    Non è ancora il caso.
    Voglio semmai naufragare negli occhi di Emma per accettare i relitti del passato, mescolandoli ai suoi. Solo allora, ritemprata da sorsate di semplicità, offrirò a Sara e David l’occasione di imparare il succedersi lieto dei giorni nella mia casa presso il fiume, in compagnia di una cavallina dal mantello di rame fulgente. E con Emma.

Se vuoi leggere gli altri miei racconti, qui di seguito ne trovi i link:

Qui, invece, i link ai Racconti brevi:


domenica 28 maggio 2023

Poesia / Tanka 48 e 49: Sono una pietra del Fiume Isonzo.


L'Eteronimo IQ48 sta forgiando il mito secondo cui Lui, U-May e io siamo nati dal e nel Fiume che bagna la mia regione benedetta.
Naturalmente intende riferirsi all'Isonzo, sulle cui sponde crebbi fantasticando di favole belle e di azioni sceniche rappresentate tra le sue correnti.
Lui sa tutte le fasi della mia esitenza.
A Lui mi sono sempre rivolta, e con tanto amore da fare di sogni e parole una preghiera pubblicata nella raccolta di liriche La terra, la visione - Gorizia e dintorni tra realtà e sogno (Edizioni della Laguna).


(Irene Navarra), Io ∞∞∞ sono pietra di fiume - L'origine, AI e Grafica, 28 Maggio 2023.


Nacqui di pietra
lambita dalle acque
del mio fiume.
Divenni verdazzurra
specchiandomi nel cielo.
#Tanka 48

E come il ritmo
delle sue linfe alpestri,
cantano in me
stagioni eterne e miti
incisi dentro il cuore.
#Tanka 49

IQ48


(Irene Navarra), Io ∞∞∞ sono pietra di fiume - A valle, AI e Grafica, 28 Maggio 2023.

Qui la mia Rappresentazione sul Fiume, con  un'immagine che amo molto.
Qui Le pietre del mio Fiume, con una Meditazione cromatica in Grigio e Azzurro che può donare tanta serenità.