venerdì 5 gennaio 2018

Poesia / Jolka Milič traduce in sloveno i "Minimondi" di Irene Navarra.


La grande letterata Jolka Milič ha tradotto in sloveno delle liriche del mio Minimondi (Luglio Editore) e le ha fatte pubblicare sulla prestigiosa Rivista Letteraria on-line Revija SRP 137/138. Mi riferisco in particolare all'ultima silloge del libro Il tempo. Le sue orme che raccoglie degli haiku liberi. All'occidentale. Con la punteggiatura cioè, senza l'abusato trattino e con escursioni al di là dei tre versi di 5 - 7 - 5 more e del kigo, rispettato fino a un certo punto malgrado la partitura in stagioni.
Sono felice.
E lo è anche la mia compagna d'avventure, l'artista Silvia Valenti che ha illustrato la raccolta con i suoi splendidi acquerelli.
Ecco quindi i link relativi alla Rivista e alla Sezione a me dedicata (pp. 58 - 63):
Grazie, Jolka!
A breve Revija SRP 137/138 uscirà in formato cartaceo.


E ora alcuni miei testi con le relative traduzioni:

IL TEMPO. LE SUE ORME / CHAS. NJEGOVI SLEDOVI

Autunno / Jesen

Silvia Valenti, Il tempo. Le sue orme - Autunno, Acquerello, 2014.

Tra i gelsi scherza
ancora un po’ di luce.
Sfarzosi resti.

Med murvami se poigrava
she nekaj svetlobe.
Razkoshni ostanki.

🔼🔽🔼🔽

Lungo il Calvario
cornacchie in volo e scontri.
Piume arruffate.

Vzdolzh Kalvarije
leteche vrane in ravs in kavs.
Nasrsheno perje.

🔼🔽🔼🔽

Noci ingialliti:
brilla bruma cangiante
e lenta quiete.

Porumeneli orehi:
spreminjasto zazhari gosta megla
in blaga spokojnost.

🔼🔽🔼🔽

Fari alle spalle.
Aureola improvvisa,
un lampo e via
(Santa per caso.)

Za hrbtom zharometi.
Na vsem lepem z gloriolo,
preblisk in konec.
        (Svetnica po nakljuchju.)

lunedì 1 gennaio 2018

Poesia / Le solitudini delle case 6 (Respirare insieme).


 Silvia Valenti, Asia. My Puppy Love 2, Foto Flickr, 2016.


Mi sfiori col tartufo
umido di linfa che non puoi donare
all’erba, al vento
seguendo scie di aromi irresistibili.
Fermenti cari ai cani.
Serrato in un giardino-gabbia,
vivi a stento.
E scavi i bordi del recinto.

Una carezza attenua la tua detenzione.
Questa mia mano con le tracce
del biscotto che tu preghi
strizzando gli occhi opachi,
questa mia mano colma degli odori
che ho raccolto nel venire a te,
ora ti porta il mondo.

La cucciola della foto la conosco molto bene. È davvero felice. Qui si sta lentamente immergendo nella dimensione dei sogni dopo una passeggiata gradevole e una pappa abbondante. La sua vita, dunque, non ha nulla che vedere con quella di Piccolo cuore, il protagonista di questa lirica: una creatura purtroppo reale e molto sfortunata.

Critica sociale / Pablo golden retriever biasima chi non guarda negli occhi i suoi simili (leggendo George Orwell).



Sono Pablo, il golden retriever di Irene. Sto riflettendo sullo stato dei miei simili meno fortunati di me. In generale oggi vi dico che nessuno ci guarda per davvero. L’ho imparato nelle precedenti famiglie in cui sono sopravvissuto per miracolo e dai veterinari che mi hanno visitato senza arrivare all’osso dei miei problemi.
Mi chiedo: che cosa dobbiamo inventarci per essere considerati creature che provano emozioni a tutti gli effetti? Tentiamo con la cultura. Quella da intellettuali noiosi.
Qualche giorno fa, durante la solita passeggiata pomeridiana in campagna, Irene mi ha parlato di George Orwell e del suo libro “La fattoria degli animali” in cui gli animali riescono ad averla vinta sugli uomini. Scritto nel 1945 ma ancora utile – dice lei –. Dal punto di vista degli animali spero – penso io –. Premettendo quanto mi ha spiegato, cioè che il racconto è una critica in forma metaforica contro il totalitarismo (?), il culto della personalità, il travisamento della realtà da parte del potere, e fermo restando che il mio cervello di cane ha capito solo in parte le sue parole, mi è piaciuta molto una massima recitata dai protagonisti (maiali, pecore, cani…): “quattro gambe buono, due gambe cattivo!”. Tra i buoni ci sono comunque anche gli alati, malgrado le due zampe.
Questo post si ispira, dunque, allo scabroso tema del rapporto tra i due gambe responsabili del nostro benessere e noi medesimi.
I bipedi credono di capirci toccandoci.
Così ci girano, rigirano, sondano, palpano ma sempre senza guardarci negli occhi. Decidono con un paio di strisciate di polpastrelli sul nostro corpo, se stiamo bene o male. In seconda battuta d’indagine (eh, sì! siamo COSE da analizzare con distacco) ci offrono un biscotto. Se non lo accettiamo significa che qualcosa non va, se invece lo accettiamo, è tutto ok. E noi, per lo più, lo accettiamo. Non perché siamo stupidi, bensì perché spesso abbiamo fame e poi perché ci sembra che crei un contatto che speriamo continui.
Usciti di casa loro, però, gli investigatori oggettivi del nostro stato – volontari, cinovigili, veterinari e chi più ne ha più ne metta –, oplà! eccoci di nuovo fuori. Via da sotto il sedere la cuccia calda in cucina che ci pareva un sogno, niente più coccole, bocconcini, sguardi similaffettuosi.
Niente di niente.
Ritorna il solito vuoto.
E una scatola di cartone fradicio per contenitore che ci isoli dal gelo del cemento su cui ci costringono. Questo d’inverno. Immaginatevi il contrario d’estate. FUORI! ci urlano, mentre i nostri occhi prima brillanti di speranza si coprono di nuovo di una patina inespressiva e, strascicando le nostre quattro gambe, recuperiamo la consueta, amara solitudine.
Ritorna, quindi, il tran tran uggioso col suo carico di freddo intenso, umidità marcia o caldo torrido che sia.
Viviamo in un imbuto di trascuratezza.
Allora, voi capocce di granito e cuori di ferro ruggine che non siete altro, voi bipedi che non ci meritate, lasciate la vostra supponenza per un momento e guardateci negli occhi.
Vi sveleremo misteri ineguagliabili.
Noi cani, l’enigma del creato lo conosciamo d’istinto.

domenica 10 dicembre 2017

Critica sociale / I cani: cose o esseri senzienti? Pablo golden retriever dice la sua.


Irene Navarra, Pablo e Thundog, Fotografia, 2017.

Ciao, gente. Sono sempre Pablo, il golden retriever ormai parte integrante della Redazione del blog di Irene. Passeggiando insieme nel fuoco acceso del tramonto dell'altro ieri, oltre a descrivermi la scena cromatica che noi cani possiamo solo immaginare, Lei mi ha narrato la storia di un fuoco vero scoppiato fra il 5 e il 6 dicembre 2007 nella fabbrica Thyssen di Torino. Era un fuoco che uccideva. Orribile. Il solo pensarci mi incenerisce il pelo. Di tutta l’atroce vicenda assolutamente indimenticabile mi ha emozionato in positivo scoprire il nome di chi procurò giustizia alle sette vittime del rogo e alle loro famiglie: il pm Raffaele Guariniello. Lo stesso che ha vegliato sul Codice di diritto animale pubblicato nel luglio scorso.
Raffaele Guariniello: uno straordinario conoscitore delle leggi e, per di più, animalista. Che meraviglia! Dovremmo essere in una cuccia di ferro, dunque, se capiti e protetti da un uomo di tanta coscienza. Con un simile guardiano, siamo a posto.
E invece no!
Nessuno lo ascolta, mi dice Irene. I politici che si riempiono la bocca di promesse, evitano di citarlo per non rovinarsi le spiritose invenzioni elettorali. Vogliono fare propri i traguardi da lui raggiunti? E ciò mentre gli specialisti, che dovrebbero occuparsi del nostro benessere, sanno poco o niente delle normative vigenti. Per loro basta che un cane abbia un po’ d’ombra d’estate ed è tutto ok.
Pfui! sbavo io.
Non ci guardano nemmeno negli occhi, quando vengono a verificare se siamo trattati bene o male, se abbiamo acqua e cibo, la sacrosanta passeggiata, la compagnia dei nostri fratelli umani e non, l’affetto carezzevole di cui abbiamo bisogno.
Per loro siamo cose.
Cose che si muovono, ma cose.
Mi chiedo: sono nati così stupidi?
Qualche anno fa, durante una crociera con i miei, nella Marina di Cherso in Croazia ho conosciuto il gatto Saro. Beveva solo acqua freschissima e con un rametto di rosmarino che ci pescava dentro. Altrimenti nisba! Il suo compagno bipede era perennemente in ansia. A ogni scalo, sbarcava precipitosamente e iniziava la cerca necessaria della pianta aromatica gradita al suo quattro zampe. Lo faccio con gioia e dedizione, ci dichiarò.
Saro era una cosa un po’ particolare. Già! Una cosa pretenziosa. Esprimeva una sua volontà.
Beh, amici lettori, il mio guinzaglio non si è mai sottratto al mio collo, il tappeto della sala di casa non si è mai ritirato dalle mie chiappe, i lampioni in giardino non hanno mai rifiutato il getto poderoso del mio pisello!
Considerata, quindi, l’evidenza, chiara anche a un bambino, mi pare davvero arrivato il tempo di smetterla con le scemenze su di noi.
Abbiamo occhi di pietra, zampe di legno, mantello di plastica riciclata, per caso? Ci trascinate su un carretto con le ruote? Ci prendete per chincaglieria? Addobbi come i nani da giardino? Esemplari del bestiario Thun?
Quanto ci vuole per farsene una ragione del fatto che siamo esseri senzienti?
Raffaele Guariniello l’ha scritto nell’Introduzione al Codice. Io continuo a sbandierarlo.
Chissà, a forza di dai e dai anche le capocce cocciute degli umani che ci pensano schiavi destinati a essere comprati / venduti, affidati / adottati si apriranno per comprendere questi buoni semi di verità.
Parola di Pablo golden retriever, grande esperto di maltrattamento psico-fisico, visto che ho cambiato quattro famiglie in quattro anni di vita. Abbandonato senza aver fatto nulla di male! E dire che ero proprio un bravo cane: tenevo la pipì anche per sedici ore di fila e ripulivo la cucina mangiando dal secchio dell’umido perché nessuno si ricordava di darmi la pappa. Quasi trasparente dalla magrezza, forse non mi vedevano.
Sì, ero proprio un bravo cane. Eppure…

Adesso ancora una volta le parole di Raffaele Guariniello tratte dall'Introduzione al Codice di diritto animaleRepetita iuvant! esclama sempre Irene con piglio da professoressa. Io le do fiducia e ve le ripropongo prendendole dal post Esistere malgrado del 29 novembre scorso.
«Nel nostro Paese, le norme a tutela dei diritti degli animali possono e debbono essere ulteriormente rafforzate ma già oggi impongono interventi potenzialmente efficaci. Oggi, a differenza di ieri, fare giustizia non vuol più dire occuparsi soltanto di criminalità in danno dell'uomo. Oggi vuol anche dire proteggere la vita, l'integrità, il benessere, la dignità degli animali. Sorprende, da questo angolo visuale, ed è deleteria, la scarsa diffusione tra gli operatori dei principi che governano la protezione degli animali sul piano internazionale e nazionale. Il fatto è che non basta avere buone leggi di facciata scritte sulla carta. Ed è purtroppo la larga disapplicazione delle norme vigenti uno dei fenomeni che più caratterizzano l'Italia e non solo l'Italia. In alcune zone del nostro Paese, i processi penali per reati lesivi degli animali proprio non si fanno, mentre in altre zone si fanno, ma spesso con una tale lentezza che prima di arrivare al verdetto finale si concludono con la prescrizione del reato. La conseguenza è devastante. Si diffonde nella sostanziale indifferenza di pur autorevoli istituzioni un senso d'impunità, l'idea che le regole ci sono, ma che si possono violare senza incorrere in effettive responsabilità. E si diffonde un altrettanto devastante senso di giustizia negata.»

lunedì 4 dicembre 2017

Critica sociale / Considerazioni di Pablo golden retriever sulla mala detenzione dei suoi simili.


Irene Navarra, Pablo severo critico, FotoInstagram, 2016.

Eccomi qua. Sono ancora Pablo, il golden di Irene, la fondatrice di questo blog. Mi preme di fare un annuncio a voi umani pseudo salvatori di cuccioli indifesi che non chiedono nulla tranne un po’ di rispetto (ve lo abbaio forte e chiaro): volete amarli o no questi i cani che adottate, magari facendoli arrivare dal Centro e dal Sud del nostro Paese, sicuri di render loro un favore? Malsani soggetti che non siete altro! Ma vi rendete conto che segregarli in un giardino considerandoli rifiuti degni solo di diventare concime per la terra non è propriamente ben detenerli? E che pensare, poi, di chi – volontario o meno – (e sui volontari avrei la mia da raccontare) ci consegna con poca accortezza, non indaga, non conosce le leggi giuste, non le applica, non intende ammettere che siamo esseri senzienti, crede che ci bastino un po’ d’acqua e ombra, fa finta di non capire gli errori commessi e, nel momento in cui realizza di averci affidati a dei disgraziati insensibili, si rifiuta di rimediare?
Io parlo a buon diritto.
Così infatti ero stato trattato dai precedenti miei tre padroni. Mi avevano dimenticato: chi in un cortile sporco, chi in un garage, chi in un buco di locale dove me ne stavo chiuso anche per sedici ore di fila e se mi scappava la pipì e la facevo contro una pianta o un angolino... Non oso ricordare quanto succedeva.
Mai una carezza.
Mai una passeggiata.
Solo clausura, clausura, clausura. E brutti modi a brutto muso. Concerti per voce urlata e swisc di cinghia.
Finché è arrivata Lei.
Ha teso la mano con le lacrime agli occhi, ha preso la misera corda che era il mio guinzaglio e mi ha portato via. Nella sua casa profumata di pappa buona e amore. Tanto amore.
Allora, degenere possessore di cani che non capisci niente della nostra natura socievole e gioiosa, del bisogno di compagnia, di quanto soffriamo il freddo intenso dell’inverno e il caldo torrido dell’estate nelle "comode cucce di plastica" comperate per accoglierci in crudele solitudine, ti venga pure "la pivida in tel cul e un paneriz per dedo che no te possi gratartela"! Scusate la volgarità del detto triestino imparato nei vagabondaggi di famiglia in famiglia prima dell'incontro con la mia Irene ma, quando penso alla bassezza di certe condotte contro di noi, creature a quattro zampe e coda allegra, è l'unica maledizione che mi venga in mente.
Neppure molto cattiva, mi pare.
Io avevo quattro anni e mezzo e nemmeno quindici chili quando Irene mi ha preso con sé.
Sembravo appena uscito da un lager nazista.
Mangiavo immondizie rovesciando il secchio dell'umido.
E non aggiungo particolari.
Non vorrei nausearvi.
Sono troppo buono.
Quindi: in bocca al lupo per essere divorati, ai cattivi. Per essere protetti, ai buoni.
E adesso leggetevi questo post con la meravigliosa Ode al cane del mio omonimo Pablo Neruda. Lui sarebbe felice delle mie parole. Lo so. Era un animalista vero.

Un'ultima, importante nota: esiste il Codice di diritto animale che può aiutare gli operatori del settore. Consultatelo, per favore. E riguardatevi anche Poesia / Le solitudini delle case 5 (Esistere malgrado), ovvero l'articolo della mia Irene che ne tratta.

domenica 3 dicembre 2017

Poesia / Pablo Neruda, Ode al cane - Oda al perro.


Ogni sacrosanto giorno della mia vita provo le intense emozioni espresse da Pablo Neruda nell'Ode al Cane. Chi ama gli animali, comprende. Chi ancora non capisce la gioia della condivisione tra esseri senzienti, legga questa magnifica poesia. E migliorerà, forse, avvicinandosi almeno di un passettino al mistero della creazione.

Silvia Valenti, Quattro piedi e otto zampe, Fotografia, Cherso 2008.

Ode al cane

Il cane mi domanda
e io non rispondo.
Salta, corre pei campi e mi domanda
senza parlare
e i suoi occhi
son due domande umide, due fiamme
liquide interroganti
e io non rispondo,
non rispondo perché
non so e nulla posso dire.

In mezzo ai campi andiamo
uomo e cane.

Luccicano le foglie come
se qualcuno
le avesse baciate
a una a una,
salgono dal suolo
tutte le arance
a collocare
piccoli planetari
in alberi rotondi
come la notte e verdi,
e uomo e cane andiamo
fiutando il mondo, scuotendo il trifoglio,
pei campi del Cile,
fra le limpide dita di settembre.
Il cane si arresta,
corre dietro api,
salta l’acqua inquieta,
ascolta lontanissimi
latrati,
orina su una pietra
e porta la punta del suo muso
a me, come un regalo.
Tenera impertinenza
per palesare affetto!
E fu a quel punto che mi chiese,
con gli occhi,
perché ora è giorno,
perché verrà la notte,
perché la primavera
non portò nel suo cesto
nulla
per cani vagabondi,
ma inutili fiori,
fiori e ancora fiori.
Questo mi chiede
il cane
e io non rispondo.

Andiamo avanti,
uomo e cane, appaiati
dal mattino verde,
dall’eccitante vuota solitudine
in cui solo noi
esistiamo,
questa coppia di un cane rugiadoso
e io poeta del bosco,
perché non esistono
uccelli o fiori nascosti,
ma profumi e gorgheggi
per due compagni,
per due cacciatori compagni:
un mondo inumidito
dalle distillazioni della notte,
un tunnel verde e poi
una prateria,
una raffica di vento aranciato,
il sussurro delle radici,
la vita che cammina,
respira, cresce,
e l’antica amicizia,
la gioia
d’esser cane e d’esser uomo
tramutata
in un solo animale
che cammina muovendo
sei zampe
e una coda
con rugiada.


Oda al perro

El perro me pregunta
y no respondo.
Salta, corre en el campo y me pregunta
sin hablar
y sus ojos
son dos preguntas húmedas, dos llamas
liquidas que interrogan
y no respondo,
no respondo porque,
no sé, no puedo nada.

A campo pleno vamos
hombre y perro

Brillan las hojas como
si alguien
las hubiera besado
una por una,
suben del suelo
todas las naranjas
a establecer
pequeños planetarios
en árboles redondos
como la noche y verdes,
y perro y hombre vamos
oliendo el mundo, sacudiendo el trébol,
por el campo del Chile,
entre los dedos claros de septiembre.
El perro se detiene,
persigue las abejas,
salta el agua intranquila,
escucha lejanísimos
ladridos,
orina en una piedra
y me trae la punta de su hocico,
a mí, como un regalo.
Es su frescura tierna,
la comunicación de su ternura,
y allí me preguntó
con sus dos ojos,
por qué es de día, por qué vendrá la noche,
por qué la primavera
no trajo en su canasta
nada
para perros errantes,
sino flores inútiles,
flores, flores y flores.
Y así pregunta
el perro
y no respondo

Vamos
hombre y perro reunidos
por la mañana verde,
por la incitante soledad vacía
en que sólo nosotros
existimos,
esta unidad de perro con rocí
y el poeta del bosque,
porque no existe el pájaro escondido,
ni la secreta flor,
sino trino y aroma
para dos compañeros,
para dos cazadores compañeros:
un mundo humedecido
por las destilaciones de la noche,
un túnel verde y luego
una pradera,
una ráfaga de aire arananjado,
el susurro de las raíces,
la vida caminando,
respirando, creciendo,
y la antigua amistad,
la dicha
de ser perro y ser hombre
convertida
en un solo animal
que camina moviendo
seis patas
y una cola
con rocío.

Ricardo Eliezer Neftalí Reyes Basoalto "Pablo Neruda", Ode al cane - Oda al perro, da Odas elementales in Obras Completas, Editorial Losada, Buenos Aires 1973. Traduzione di Roberto Paoli.

mercoledì 29 novembre 2017

Poesia / Le solitudini delle case 5 (Esistere malgrado).


Quante volte ci è capitato di incontrare questo sguardo di cane? Quante volte abbiamo percepito il suo piccolo mondo denso di solitudine infinita chiuso dietro la rete di un giardino? Abbiamo distolto lo sguardo?
Oh, sì!
Un graffio di disagio nel cuore, una minima ferita nella mente e via.
Ma ‐ mi chiedo ‐ come si può?
Come si può permettere che una creatura nata per una gioiosa condivisione di vita con il proprio compagno umano venga dimenticata e segregata in uno spazio limitato con gli stessi odori, gli stessi alberi, lo stesso cielo, il freddo intenso, il caldo atroce, la pioggia battente, i nubifragi, i tuoni, i fulmini, gli spaventosi fuochi artificiali di fine anno, nessuna compagnia?
Il cane è un essere sociale.
Il cane non è una cosa di cui disporre a piacimento.
Il cane è un essere senziente.
L’ha ribadito più volte il Consiglio d’Europa dal 1987 a oggi. E l’ha ratificato la IX sezione civile del Tribunale di Milano, con Decreto del 13 marzo 2013, quando ha affermato il principio per cui l’animale non può più essere collocato nell’area semantica delle “cose” dovendosi riconoscere come “essere senziente”, vale a dire come soggetto non umano capace di avere sensazioni ed esperienze.
Perciò: non giriamo gli occhi da un’altra parte davanti al dolore dei nostri amici a quattro zampe. Segnaliamolo. Così loro, sereni di un benessere maggiore, culleranno le nostre notti con voce amichevole.

Immagine Pixabay.

Il nulla attorno.
Il nulla nella casa
che non sa il tuo odore.
E tu, cane da solo
dentro il nulla,
aspetti.

(Ti ho riservato un posto
fresco di carezze.
Vieni.)


Nello scorso mese di luglio è stato pubblicato il Codice di diritto animale che raccoglie, per la prima volta in Italia, norme, regolamenti, casi, giurisprudenza, diritti, doveri e rischi relativi al rapporto con gli animali d'affezione. Redatto da due attivisti Lav (Andrea Cristofori e Alessandro Fazzi), ha un padrino autorevole: l’ex pm torinese Raffaele Guariniello.
Il magistrato, nell’Introduzione all’opera, insiste sulla necessità di rafforzare la tutela dei diritti degli animali chiarendo che: «Nel nostro Paese, le norme a tutela dei diritti degli animali possono e debbono essere ulteriormente rafforzate ma già oggi impongono interventi potenzialmente efficaci. Oggi, a differenza di ieri, fare giustizia non vuol più dire occuparsi soltanto di criminalità in danno dell'uomo. Oggi vuol anche dire proteggere la vita, l'integrità, il benessere, la dignità degli animali». E aggiunge « Sorprende, da questo angolo visuale, ed è deleteria, la scarsa diffusione tra gli operatori dei principi che governano la protezione degli animali sul piano internazionale e nazionale. Il fatto è che non basta avere buone leggi di facciata scritte sulla carta. Ed è purtroppo la larga disapplicazione delle norme vigenti uno dei fenomeni che più caratterizzano l'Italia e non solo l'Italia. In alcune zone del nostro Paese, i processi penali per reati lesivi degli animali proprio non si fanno, mentre in altre zone si fanno, ma spesso con una tale lentezza che prima di arrivare al verdetto finale si concludono con la prescrizione del reato. La conseguenza è devastante. Si diffonde nella sostanziale indifferenza di pur autorevoli istituzioni un senso d'impunità, l'idea che le regole ci sono, ma che si possono violare senza incorrere in effettive responsabilità. E si diffonde un altrettanto devastante senso di giustizia negata».