(Piccoli poemi in prosa alla maniera di Charles Baudelaire)
Sguardo nell'oro del sole che tramonta
Una panchina di pietra bianca riverbera di luce pura.
Fisso lo sguardo nell’oro del sole che tramonta.
Stupore inenarrabile.
Calore dentro il petto che accoglie lo splendore effimero.
L’aria vibra e rifrange aliti di porporina fervida.
Mi siedo nella gloria del momento.
Pablo asseconda questa sospesa meraviglia.
Estatico si appoggia alla mia gamba.
Sento il canto potente dei raggi incandescenti dentro il cielo muto.
Così restiamo assorti senza contezza alcuna di quanto è vita e quanto no.
(Piccoli poemi in prosa alla maniera di Charles Baudelaire)
Come soffioni graziati dall’Inverno
Tramonto grigio e ciclamino. Gelo che entra pungente nei polmoni. Rumore leggero delle unghie di Pablo sull’asfalto. Fretta sapiente di profumi freschi della neve che verrà. Erba del campo stropicciato dall’Inverno che non mostra passi. Eppure le mie orme e il tondo del tartufo del mio cane restano impressi nell’aria che ci accoglie. Scavi sottili. Eteree parvenze.
Siamo gli osservatori quantici del nostro punto zero.
Da lì iniziare.
E cancellare tutto quanto non è qui e ora protratto all’infinito.
Poi il ritorno a casa.
Come soffioni graziati dall’Inverno perché nascosti in un anfratto e snidati con foga dalla Bora.
Irene Navarra. Nuovi Indizi / La china / Cercando il cielo, Disegno grafico, 2017.
Risali la china del dolore aiutandoti con le mani. Logorandoti le mani per raggiungere la cima da dove speri di contemplare distaccato le cose della Terra.
Risali lento.
Lungo il pendio di pietre aguzze, zolle aride, profili scoscesi.
Arranchi a occhi bassi.
Attento alle ferite naturali su cui calchi impronte stanche.
E non ti accorgi che nel cielo vibrano le ali d'Angelo di chi ti ha lasciato in questo nostro esiguo sempre.
Poi, seguendo un richiamo sottile, alzi la testa. Così, la luce incide d'arabeschi azzurri il tuo pensiero.
Mentre il respiro si fa lieve.
Oh, sì. Finalmente lieve.
Irene Navarra, Lumini sul davanzale, Fotografia e Grafica, 2017.
Molti lumini accesi
per gli occhi oltre il vetro.
Il muschio del greto di un pensiero
molle sul collo come laccio tenue.
La mela gialla sopra il davanzale
perché attiri sguardi smorzi sguardi.
La rosa azzurra della sera solo fuori.
Da Irene Navarra, Derive, GA, 2009.
Irene Navarra, Malum versus Nox, Fotografia e Grafica, 2017.
Derive.
Esistenziali, naturalmente, quelle di Irene Navarra.
Spirali costanti nella continua combinazione e mutazione degli eventi.
Flussi remoti.
Travolgenti metafore.
Come segni di una nuova cartografia per gli arcipelaghi della mente e dell’anima.
Paradossali ipotesi di salvezza.
Dall' Introduzione a Derive di Silvia Valenti.
Il libro, diviso in due sezioni, “L’ora d’Ombra” e “Il Mondo Fuori”, che a sua volta raccoglie “Silenzi”, “Controlli & Autocontrolli”, “Rimedi”, narra un viaggio intimo e personalissimo di sofferenza, di crolli e rinascite, di mimesi, anatemi e benedizioni, di magia e quotidianità anche scabra. E’ un’indagine panempatica che ci immerge in un liquido generatore di vita e dubbi, primordiale e irrinunciabile, l’Ombra, di cui l’autrice afferma il segno precipuo, rivelando che “L’unica veritiera / è quella che passiamo / all’ombra di noi stessi / interrogando / su di noi / la nostra nuvola.” [da “L’ora d’Ombra: sostanza e potere”].
Si tratta dell’Ombra che Freud e Jung definiscono parte costitutiva della psiche in relazione più o meno disponibile all’io cosciente. Il penetrare l’Ombra porta alla scoperta delle nostre difformità, facendocele accettare come un’affascinante terza dimensione in cui gli opposti possono coesistere, integrati in complice accordo. L’Ombra è pertanto l’interfaccia della luce con la tenebra, senza la quale la luce stessa non esisterebbe; e noi, plasmati di chiaroscuri, non saremmo uomini. È “Un utero materno da esplorare.” [da “Preludio”], la componente selvaggia destinata a restare invisibile se l’indole è gretta, a espandersi invece se la nostra interiorità tende oltre i confini del tangibile.
L’insieme dà la completezza, sembra rammentarci la scrittrice. La scissione rende l’uomo cieco. Può generare alienazione.
Le coordinate che ci fornisce, si dispiegano attraverso l’intera opera come in un portolano. Sono il tempo, lo spazio e il riflesso, da intendersi sia nel loro senso comune, sia in qualità di pretesti lirici di trasformazione e trasfigurazione. E ancora la “queste” ontologica, perfezionata grazie all’assimilazione del pensiero michelstaedteriano, senza nemmeno l’eventualità del suo epilogo, ma con la medesima passione, con le stesse capacità visionarie e persuasive di quel sé che, nel beffardo teatro della vita, si muove a volte come un fantasma, altre da Golem vendicatore.
Dalla Prefazione di Silvia Valenti al mio Derive (Prima parte).
Ancora grazie, Silvia, per la dedizione con cui hai affrontato l'analisi di questo libro che è parte della mia anima.