I versi fanno parte della silloge Esclusioni: la prima di Margini. Quella che mi meritò il Premio Cesare Pavese ritirato con grande emozione nella casa natale del poeta a Santo Stefano Belbo, paese delle Langhe cuneesi.
Rileggendo questi frammenti lirici a distanza di molti anni, non posso fare altro che riconfermare lo stesso senso di lucido distacco espresso allora.
I versi fanno parte della silloge Esclusioni: la prima di Margini. Quella che mi meritò il Premio Cesare Pavese ritirato con grande emozione nella casa natale del poeta a Santo Stefano Belbo, paese delle Langhe cuneesi.
Rileggendo questi frammenti lirici a distanza di molti anni, non posso fare altro che riconfermare lo stesso senso di lucido distacco espresso allora.
I
In questa corsa
per guarire le ferite
precipitiamo
- non si sale mai -
in prove senza blocchi
di partenza.
II
E nel silenzio
che mi cresce intorno
poche parole entrano
e si fermano.
La mente - lavagna
cancellata - non conosce
i futili arabeschi
delle sonore e lunghe
onde di riflusso.
Suomi Vinzi, Esclusioni, Disegno a lapis, 2002.
- Illustrazione della prima silloge di Margini -
“L’ora d’Ombra”, con il suo calibro apparentemente casuale dei correlativi oggettivi, prepara il lettore a inoltrarsi in ben più spinose questioni. La poesia della Navarra infatti - dice Giuliano Soria - “testimonia, in una cifra stilistica complessa, ricca, la ricerca di vie quasi private alla significazione, attraverso l’oscurità”. E non vi si vuole indulgere, ma semplicemente entrarvi, curandola come una creatura, ascoltandola nel profondo per riconoscerla necessaria al tutto, sebbene contraltare della luce e fonte di illusioni.
La conoscenza è liberazione.
La conoscenza è però portatrice di inevitabile solipsismo da isolamento agnitivo.
Ci rende diversi.
Non esistono compagni di viaggio. Eccetto i propri demoni e il tempo che scorre come sangue nelle vene.
Nella poetica dell’autrice tale assunto si lega indissolubilmente al suo codice genetico lirico, e non solo. Nasce anche da un’innata sensibilità, da una vasta cultura e, senza dubbio, da incredibili doti di intuizionismo panico. “Una dentellatura fuori calibro / da usura continuata / farà precipitare il tempo / nel rovescio.” [da “Una dentellatura fuori calibro”], profetizza ben conscia di un’incontrovertibile verità: il tempo è legato all’uomo, lo determina e ne scandisce l’esistenza. Una visione, questa, che è sottolineata da frequenti richiami, subliminali ma chiari, a spiriti fratelli, filosofi o scrittori che siano. “La temporalità è l'essenza stessa della vita umana”, scriveva Martin Heidegger; e ancora: “L’essenza dell’essere è l’esistenza”. Niente di più vero per la poetessa che intende il vivere come un labirinto in cui fluisce il principio formale del tempo. Tanto da poter uniformarsi all’assioma del prediletto Jorge Luis Borges: “Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco” [da “Altre Inquisizioni”]. Forse quindi una condizione soggettiva indispensabile, metaforizzata in un “Andirivieni di persone ritornanti al punto” mentre “Come un tappeto si srotola / l’Accesso. / Come un tappeto si arrotola di nuovo. / E poi di nuovo. / E poi di nuovo ancora. / Protervo ancora e ancora.”. Fino alla conclusione fulminante: “Se schiacci l’occhio sul caleidoscopio del tappeto / trovi l’Inverso e il Verso. / Indistinguibili e tenaci. / Verso In Verso.” [da “L’Inverso e il Verso”]. Conclusione che introduce il medesimo costrutto concettuale del giardino delle “Finzioni” borgesiane in cui ogni sentiero si dirama in un altro, e poi in un altro, biforcandosi all’infinito, senza alcuna possibilità di venirne a capo e, soprattutto, di tornare all’origine del primo evento.