sabato 29 ottobre 2016

Non-Haiku / Noterelle un po' critiche (2). Manifesto programmatico.


Irene Navarra, MondrianLight, Fotografia e Grafica, 2014.

Riprendendo il filo del post di sabato 23 Luglio 2016 in cui dichiaravo la mia impossibilità ad accettare supinamente in toto l'haiku giapponese, con questa seconda Noterella un po' critica comunico la mia volontà di non chiamare haiku i frammenti poetici di tre versi composti di cinque - sette - cinque o più sillabe. Gendai o tradizionali che siano. Ora come ora, sulla questione vige il caos, pretestuosamente però infarcito di verità da Ipse dixit. Maestri autoeletti di varia appartenenza etnica lo raccontano, raccogliendo consensi. Il Simplicio galileiano insegna. 
La mia sensibilità - slava per parte di madre, spagnola e francese per parte di padre (un mix incandescente di malinconico struggimento e folgoranti scoppi di gaiezza) - mi porta a negare dipendenze di qualsiasi tipo. 
Se desidererò aggiungere ai miei frammenti un titolo e un sottotitolo, lo farò. E parlerò di materia e forma, dando una visionaria identità al concreto e metaforizzando l'astratto.
Operazioni, queste, non certo da moderno (e patetico) haijin piegato a convenienze sabi-wabi di coloritura grigio informe. 
Lode all'Espressionismo.

Finalmente libera, sto per seguire Il Violinista pazzo di Fernando Pessoa che scrive: Egli apparve all'improvviso nel sentiero, / tutti uscirono ad ascoltarlo, / all'improvviso se ne andò, e invano / sperarono di rivederlo. // La sua strana musica infuse / in ogni cuore un desiderio di libertà. / Non era una melodia, e neppure una non melodia ( da Il violinista Pazzo, vv. 7 - 12, pag. 7, Arnoldo Mondadori Editore, 1998).

E creo. Solo Frammenti di non melodia.

(Eteronimo IH48)

1
Sapere la sua melodia come una ferita
che s’apre e sgrana amanti
della mente consapevoli.

2
Tiepide carni violentate dentro verità
che il suono induce con l’assolo
di un selvaggio ritmo.
L’ho visto danzare sopra i tetti, 
quel pensiero. E dileguare.
A cavalcioni dell’Aurora.

Mentre sai tutto del tuo tempo ormai 
librarsi per accompagnarlo?
Sì, farsi etere e andare.
Andare. 


.

giovedì 27 ottobre 2016

Letteratura (e Arte) come vita: da Carlo Bo a Bob Kaufman e Jean-Michel Basquiat.


Eugenio Bernes, Irene, C.A.G.E. Art, 2012.

Sto lavorando sulla poesia ermetica. Recupero la parte critica. Rileggo Carlo Bo. Rivedo i sacri testi e, come sempre quando preparo una lezione di letteratura, divago con il pensiero. Mi piace divagare. Sono una visionaria. Ora mi aggancio in rapidi spot al poeta Bob Kaufman (New Orleans, 18 aprile 1925 – San Francisco, 12 gennaio 1986). Immagini e parole. Il contrasto è evidente, ma le affinità subliminali affiorano.

Scrive Carlo Bo:

“La nostra letteratura sale dalle origini centrali dell’uomo, ha troppa memoria per risolversi in una passione che subisce i nostri umori, le nostre origini, la nostra povera polemica di viventi. Diventa una conseguenza naturale di speculazione: è un discorso infinito e continuo che apriamo con noi stessi. […]
È la vita stessa, e cioè la parte migliore e vera della vita. E si sa a che cosa alluda: non a questo mostro che ci soffoca di più giorno per giorno, a questa enorme fiera di vanità in cui per diverso grado cadiamo tutti con le debolezze, le colpe, i peccati e soprattutto con la nostra spaventosa disponibilità alle omissioni; non a questo simbolo di vita che ci serve di scusa e di protezione ma a quella solenne promessa, al nostro unico sogno di salvezza, a quel termine che difende la “via” e la “verità.” […]

Da:Letteratura come vita di Carlo Bo, in Il Frontespizio, settembre 1938 e in Otto studi, 1939.

Carlo Bo e Bob Kaufman? Un critico d’avanguardia sostenitore dell’Ermetismo e un rapsodo da strada, compagno di Kerouac e degli scrittori della Beat Generation? Certo che sì! In dissonanza e allo stesso tempo in consonanza: letteratura fuori dalla storia per Bo (ma pur sempre forma esistenziale) / letteratura dentro la storia per Kaufman. Fermo restando che per entrambi vita e letteratura sono gemelle siamesi e che tutti e due considerano la parola poetica in una necessaria intermittenza di discorso e silenzio.
Bob Kaufman è stato una figura di primo piano della San Francisco Poetry Renaissance negli anni Cinquanta. Il suo stile poetico genuino, specchio di un flusso interno modulato sui ritmi jazz del Bebop (lo chiamavano The Original Bebop Man) influenzò almeno una generazione di autori. Ne parla magnificamente il regista Billy Woodberry nel documentario And When I Die, I Won’t Stay Dead del 2015.

Qui il trailer:



Bob Kaufman è un Dharma Bum cittadino che legge i suoi versi dappertutto, esibendosi in esaltanti performance. Per lui poesia e vita sono un’unità inscindibile, si nutrono dello stesso substrato. Un fertile humus che il linguaggio della poesia rivela quando le ragioni storiche, politiche e sociali aprono spiragli di ragionevolezza. Altrimenti è meglio consegnarsi all’oblio. E in effetti l’assassinio di J. F. Kennedy lo spinse a fare un voto di silenzio che perdurò fino al 1975, quando, il giorno in cui finì la guerra del Vietnam, entrò in un bar e recitò All Those Ships that Never Sailed. Gli si riaprì allora la fonte della parola e ricominciò a creare. Per breve tempo, però. Nel 1978, dopo aver detto all’editore Raymond Foye: Voglio essere anonimo… la mia ambizione è essere completamente dimenticato, si eclissò per sempre.

E adesso gli spot visionari mi portano a Jean-Michel Basquiat (New York, 22 dicembre 1960 - 12 agosto 1988). Perché? Dalle parole, altre immagini. Ancora letteratura come vita e vita che diventa arte? Ma sì. Chi più di Basquiat ha saputo incarnare l’artista che ha fatto arte della sua esistenza. Parlarne qui non è utile. Il web trabocca di notizie su di lui. Basta un clic e si è catapultati in caleidoscopiche fantasmagorie. Ciò che mi preme mostrare è il filo che lega questi autori, lo stame potente che si fa per l’uno battito di parole e ritmi capaci di rendere incandescente qualsiasi tema; per l’altro commistione espressionista di colore, materiali e tecniche alla Twombly, Dubuffet, Rauschenberg. Presi d’istinto, questi ultimi, e amalgamati in uno stile unicoEntrambi dunque hanno creato dei veri e propri assolo Bebop alla maniera di Charlie Parker. Genuini, veloci, perfetti. E straordinari, chiari-scuri specchi del tempo in cui vissero.



sabato 22 ottobre 2016

Poesia / Frammento 2 - Ispirazione (IH48).

Silvia Valenti, Lune di mondi paralleli, Fotografia, 2011.

Frammento 2

Sfere di Luna latte/ambra tra patine di stelle.
L’idea si esalta fresca
nello splendore del momento.

Dentro quei limiti preziosi
fruscia l'abbaglio di un ricordo.

(Da Eteronimo IH48 - Lune molteplici di un mondo parallelo)


E ora una miniclip poetica sulla Luna.


Qui potrai trovare la lirica del video tratta dal mio Dentro (Luglio Editore - Premio Mesagne 2013).
  Per conoscermi meglio, clicca Qui.

Poesia / Frammento 1 - Meditazione (Distacco).


Silvia Valenti, Evoluzione 1, Fotografia, 2012.

Dhammapada XIX
Versetti 264 e 265

Non basta il capo rasato a fare un asceta
di chi è bugiardo e indisciplinato.
Come può essere un asceta
chi è schiavo dei propri desideri e attaccamenti?

Asceta è chi è pronto
a sradicare in sé ogni impurità
per acquietare la mente.
  

Frammento 1

Distacco dunque.
Essere un mare calmo.
Serenamente.

giovedì 20 ottobre 2016

Poesia / Irene Navarra - Dentro (Quadrato nero).


Dal mio Dentro (Luglio Editori - Premio Città di Mesagne 2013).
La lirica dedicata a una creatura molto amata, che non c'è più,
è tratta dalla terza parte del libro, Cronaca di un'Assenza.
Nella Nota è inserito un breve testo di Margini (B&V,  Editori, 2002)
per suggerire un fragile ritorno alla Luce.

Di Margini fa parte la silloge Esclusioni che mi ha meritato
il Premio Cesare Pavese ritirato nella casa natale dello scrittore a Santo Stefano Belbo (Cuneo - Piemonte).

Qui trovate altre notizie sulla sezione Parole e Immagini del sito di Dentro.

Indizio in bianco e nero.
Irene Navarra, Quadrato nero, Disegno grafico e Nota a margine, 2014.


Ed ecco il video con cui ho aperto la serata di presentazione del volume al Teatro Incontro di Gorizia. È fatto di Contaminazioni liberamente ispirate all’opera La scatola nera della pittrice Vilma Canton Lautieri. Dal Buio dello sfondo emerge l’Oro delle immagini che scorrono o ruotano in moto discontinuo per altalenanti apparizioni e dissolvenze. A significare l’infinita ciclicità dell’Essere/Non-Essere e l’affacciarsi del Divino nelle vicende umane. Burattini spuntano dalle crepe della materia cromatica mentre la voce narrante evoca il suo personale Vuoto percorrendo le regioni astratte del pensiero. E dice: Ricordo lo scoppio della nascita. / Lo scoppio e poi più nulla. / Era iniziato il Vuoto mio particolare (da Microconflagrazioni per reimpostare in Dentro, pag. 35).



mercoledì 19 ottobre 2016

Poesia / La lezione di Galileo Galilei.


Irene Navarra, Cecità, Disegno grafico, 2012.

In un momento della mia esistenza, mi ritrovai a brancolare nel buio.
Ero cieca.
Cieca e sofferente.
Come se mi avessero cavato gli occhi con un uncino arroventato.
Mi salvarono la riflessione e Galileo Galilei.
Uno spirito-guida per me.
Sapiente pur senza la luce dello sguardo.
Così ripresi il viaggio.


Cecità e Controcecità

Un poco prima dell’impatto
gusti la sferza carneviva
del cadere libero.

Esaltazione empia nel tuo attimo risibile.

Potresti essere Dio?
Solo intensive.
Come dice il Galilei
dalla radice dei suoi occhi spenti
giustificato alfine da una fede indotta.

E questo invero
ironica /
approfondita /
mente.


20 dicembre 2007 (Sottraendomi all'Inquisizione.)
Da Irene Navarra, Derive / Il Mondo Fuori, GA, 2009.


La mente umana è opera di Dio. Perciò l’uomo può compiere cose stupefacenti nella conoscenza raggiungendo, settore per settore, una profondità sicura che “agguaglia quella divina nella certezza obiettiva”. La differenza tra l’uomo e Dio sta nel fatto che il primo ha capacità solo intensive, Dio invece le possiede sia intensive che estensive.

[…]
Salviati. Molto acutamente opponete; e per rispondere all’obbiezione, convien ricorrere a una distinzione filosofica, dicendo che l’intendere si può pigliare in due modi, cioè intensive o vero extensive: e che extensive, cioè quanto alla moltitudine degli intelligibili, che sono infiniti, l’intender umano è come nullo, quando bene egli intendesse mille proposizioni, perché mille rispetto all’infinità è come uno zero; ma pigliando l’intendere intensive, in quanto cotal termine importa intensivamente, cioè perfettamente, alcuna proposizione, dico che l’intelletto umano ne intende alcune cosí perfettamente, e ne ha cosí assoluta certezza, quanto se n’abbia l’istessa natura; e tali sono le scienze matematiche pure, cioè la geometria e l’aritmetica, delle quali l’intelletto divino ne sa bene infinite proposizioni di piú, perché le sa tutte, ma di quelle poche intese dall’intelletto umano credo che la cognizione agguagli la divina nella certezza obiettiva, poiché arriva a comprenderne la necessità, sopra la quale non par che possa esser sicurezza maggiore.
 […]
Concludo per tanto, l’intender nostro, e quanto al modo e quanto alla moltitudine delle cose intese, esser d’infinito intervallo superato dal divino; ma non però l’avvilisco tanto, ch’io lo reputi assolutamente nullo; anzi, quando io vo considerando quante e quanto maravigliose cose hanno intese investigate ed operate gli uomini, pur troppo chiaramente conosco io ed intendo, esser la mente umana opera di Dio, e delle piú eccellenti.

Da G. Galilei, I due massimi sistemi del mondo, in La prosa, Sansoni, Firenze, 1978, pagg. 361-362.

Cieca cadevo. Mi salvò Galileo.

Per saperne di più sulla mia poesia, Va' al mio sito..
Scopri le ultime notizie..

lunedì 17 ottobre 2016

Poesia e Arte / Carlo Michelstaedter, Vita-Morte.


Oggi, 17 ottobre 2016, ricorre l'anniversario del suicidio di Carlo Michelstaedter
(Gorizia, 3 giugno 1887 – Gorizia, 17 ottobre 1910).
Ricordiamolo rileggendo il suo Canto delle crisalidi.

Studio di copertina 2 per video.
Irene Navarra, Il canto delle crisalidi di Carlo Michelstaedter, Disegno grafico, 2016.
- Studio di copertina 2 -


Vita, morte,
la vita nella morte;
morte, vita,
la morte nella vita.

Noi col filo,
col filo della vita
nostra sorte
filammo a questa morte.

E più forte
è il sogno della vita -
se la morte
a vivere ci aita

ma la vita
la vita non è vita,
se la morte
la morte è nella vita

e la morte
morte non è finita,
se più forte
per lei vive la vita.

Ma se vita
sarà la nostra morte
nella vita
viviam solo la morte.

Morte, vita,
la morte nella vita;
vita, morte,
la vita nella morte. –

Da Poesie (1905-1910), a cura di Sergio Campailla, Adelphi, 1987.

Qui il video dedicato.
Le varie slide che lo compongono sono bianco-nere.
Per evocare simbolicamente l’alternare dei concetti esistenziali di Vita-Morte.

Nell'immagine di presentazione del video: Irene Navarra, Studio di copertina 9, 2016.

Carlo si uccise con un colpo di rivoltella.

"Quando recidi lo stame della vita, hai scelto. Che sia per lucida volontà, per disperazione, per curiosità, non importa. Importa che tu abbia scelto facendo tua l’unica forma di libertà di cui puoi godere: la Libertà per la morte.
Morte, vita, / la morte nella vita; / Vita, morte, / la vita nella morte.
Sussurriamocelo anche noi questo mantra che amplifica lo spirito. Perderemo ogni paura.”

Da Di soglia in soglia la Percezione dell’Assoluto di Irene Navarra (performance multimediale messa in scena al Teatro Incontro di Gorizia il 4 giugno 2010, nel Centenario della nascita di Carlo Michelstaedter).


In Onda per onda (Poesie, Adelphi, 1987, pag. 74) scrive:

[…]
Al mio sole, al mio mar per queste strade
della terra o del mar mi volgo invano,
vana è la pena e vana la speranza,
tutta la vita arida e deserta,
finché in un punto si raccolga in porto,
di sé stessa in un punto faccia fiamma.

"Se penso a quel colpo di rivoltella di quel maledetto 17 ottobre 1910, provo rabbia e mi dico che è stato folle, che se n’è andato per un eccesso intellettualistico, per esasperata interiorizzazione o sfrenata sensualità. Poi, però, capisco che ci ha tolto sì la sua straordinaria persona, ma ci ha regalato un mito. E istantaneamente lo amo di un amore ancora più forte. Per amore, dunque, lasciamolo ritornare con la sua Bella Morte al di là dell’ultima Soglia, nel segreto di un Mondo che non ci è dato conoscere."

Da Di soglia in soglia la Percezione dell’Assoluto di Irene Navarra (performance multimediale messa in scena al Teatro Incontro di Gorizia il 4 giugno 2010, nel Centenario della nascita di Carlo Michelstaedter).

Paul Klee, La morte e il fuoco, 1940.
Resta il pallido volto della morte e la fiamma.
Come nel celebre dipinto di Paul Klee La morte e il fuoco che, seppure con dettami diversi, mi riporta visionariamente al "Giovane Divino" per gli imperscrutabili sentieri dell'Arte.


Per saperne di più su Carlo Michelstaedter, si seguano i link cliccando sui titoli sottostanti.
Dalla Morte alla Vita.
Il suicidio di Carlo Michelstaedter: un'ipotesi.
Di soglia in soglia La Percezione dell'Assoluto.