giovedì 23 febbraio 2017

Poesia / Margini - Esclusioni 1.


I versi fanno parte della silloge Esclusioni: la prima di Margini. Quella che mi meritò il Premio Cesare Pavese ritirato con grande emozione nella casa natale del poeta a Santo Stefano Belbo, paese delle Langhe cuneesi.
Rileggendo questi frammenti lirici a distanza di molti anni, non posso fare altro che riconfermare lo stesso senso di lucido distacco espresso allora. 

I
In questa corsa
per guarire le ferite
precipitiamo
- non si sale mai -
in prove senza blocchi
di partenza.

II
E nel silenzio
che mi cresce intorno
poche parole entrano
e si fermano.

La mente - lavagna
cancellata - non conosce
i futili arabeschi
delle sonore e lunghe
onde di riflusso.

Senza alternative.
Suomi Vinzi, Esclusioni, Disegno a lapis, 2002.
- Illustrazione della prima silloge di Margini -

III
Continuo a chinarmi
a sparsi luccichii
di cacce al tesoro
già consunte.

Stanca raccolgo perle
di liquido metallo
che filtra tra le dita.

IV
Vivere? È come pattinare
sugli specchi.
Degli altri - anime chiare
scivolanti al dunque -
vedi il doppio.
Di te solo il riflesso.

E se ti cerchi,
ti ingarbugli
e cadi
tra schegge rovinose
nel retro dello specchio.

mercoledì 22 febbraio 2017

Poesia / Dentro - Lo scintillio del sole (con Carlo Michelstaedter).


Sulle tracce di Carlo Michelstaedter.
Irene Navarra, Verso il San Valentin, Disegno grafico, 2014. - Nuovi Indizi -





Lo scintillio del Sole nell’angolo dell’occhio
e le mie braccia sono canne giovani
vibranti per il vento.
Stivali delle sette leghe ai piedi,
in irridente me ne faccio un baffo
del vivere consueto,
a passi da gigante oltre l’Isonzo,
sopra San Mauro perenne di campane,
nel ventre verde del San Valentin
col lupo che azzannò Carlo alla gola
accovacciato fuori dalla grotta,
purificata dal sudore della corsa,
lo zucchero dell’ultimo tramonto
caramellato sulla pelle,
rifletto.
La notte non mi attira.
Ho fiaba e vita vera accanto.
Due daímones eccentrici mi cingono le spalle,
la mia lucerna scarna d’olio
non fa danzare luci sulla volta.
Riverbera però incessanti dita flebili
su scabri anfratti e nudo pavimento.
(Far di me stessa fiamma?
Adesso mi spaventa.)

Da Irene Navarra, Dentro, Luglio Editore, 2013.


Questa lirica l'ho sentita in me, completa, mentre andavo verso il San Valentin sulle tracce di Carlo Michelstaedter, il Giovane Divino che vive in un angolo della mia anima da sempre. Porla come clausola di Dentro è stato necessario e assolutamente sentimentale. Devo aggiungere che nell'occasione dell'itinerario verso la meta a cui lui si recava per meditare e scrivere, portavo con me le sue Poesie. Il piccolo libro dalla copertina rosa leggermente ruvida al tatto (un'edizione Adelphi del 1987) aveva nel cuore un quadrifoglio a segnare la pagina del Risveglio. Un momento di grande solennità sancito dal riconoscimento del sé profondo e dal conseguente inizio del Distacco filosofico.

Carlo Michelstaedter, Autoritratto, Disegno a matita, 1907.
- Biblioteca Statale Isontina -
Risveglio

Giaccio fra l’erbe
sulla schiena del monte, e beve il sole
il mio corpo che il vento m’accarezza,
e sfiorano il mio capo i fiori e l’erbe
ch’agita il vento
e lo sciame rombante degl’insetti. 
Delle rondini il volo affaccendato
segna di curve rotte il cielo azzurro,
e trae nell’alto vasti cerchi il largo
volo de’ falchi...
Vita?! Vita?! Qui l’erbe, qui la terra,
qui il vento, qui gli uccelli, qui gl’insetti,
e pur fra questi sente vede gode,
sta sotto il vento a farsi vellicare,
sta sotto il sole a suggere il calore,
sta sotto il cielo sulla buona terra
questo ch’io chiamo io, ma ch’io non sono.
No, non son questo corpo, queste membra
prostrate qui fra l’erbe sulla terra,
piu ch’io non sia gl’insetti o l’erbe o i fiori,
o i falchi su nell’aria o il vento o il sole.
Io son solo, lontano, io son diverso 
altro sole, altro vento, e più superbo
volo per altri cieli, è la mia vita...
Ma ora qui che aspetto? e la mia vita
perché non vive, perché non avviene?
Che è questa luce, che è questo calore,
questo ronzar confuso, questa terra,
questo cielo che incombe? M’è straniero
l’aspetto d’ogni cosa, m’è nemica
questa natura! Basta! voglio uscire
da questa trama d’incubi! la vita!
la mia vita! il mio sole! 

                                   Ma pel cielo
montan le nubi su dall’orizzonte,
già lambiscono il sole, già alla terra
La tomba di Carlo Michelstaedter nel Cimitero ebraico di Valdirose.
- Fotografia di Irene Navarra, 2010 -
invidiano la luce ed il calore.
Un brivido percorre la natura,
e rigido mi corre per le membra
al soffiare del vento... Ma che faccio
schiacciato sulla terra qui fra l’erbe?
Ora mi levo, chè ora ho un fine certo,
ora ho freddo, ora ho fame, ora m’affretto,
ora so la mia vita,
chè la stessa ignoranza m’è sapere 
La natura inimica ora m’è cara
che mi darà riparo e nutrimento,
ora vado a ronzar come gl’insetti. 

              Sul San Valentin, Giugno 1910.

Da: Carlo Michelstaedter, Dialogo della salute - Poesie, Genova, A.F. Formiggini, 1912.
(Fonte: Wikisource)


martedì 21 febbraio 2017

Poesia / Senza parole - Dentro il segreto dei cipressi.


Cipressi in fila.
Simmetrici. Fratelli.
Lungo la via di sassi spenti
segnano soste ripetute.

Ho fatto arca per il corpo
della loro essenza,
monili delle loro coccole.

Ho fatto.
Adesso, in questo percepire chiaro,
sono solo radice
che ignora la sua cima.

Conoscenza.
Irene Navarra, Dentro il segreto dei cipressi, Disegno grafico, 2017.

L’allée est sans fin
Sous le ciel, divin
D’être pâle ainsi!
Sais-tu qu’on serait
Bien sous le secret
De ces arbres-ci?

Estaminet du “Jeune Renard”, août 1872.

Il viale è senza fine
sotto il cielo, divino
di un tale pallore!
Sai che si starebbe bene
protetti dal segreto
di questi alberi qui?

Caffè del “Jeune Renard”, agosto 1872.
(Traduzione di Irene Navarra)

Paul Verlaine, Romances sans paroles, Paysages belges, Bruxelles, Simples Fresques II.
Vanier, 1902 (Œuvres complètes, volume I, p. 172).
(Fonte: Wikisource)

giovedì 16 febbraio 2017

Poesia / Senza parole - La trasmigrazione dei sensi.


Verso l’Altrove che ti fa orizzonte.
E poi più in là.
Senza languori d’incertezze.
Senza illusioni.
Fare della distanza il tuo segnale.
E ripartirlo in toni di spartiti paralleli.
Così, solo ascoltare.

Tendendo all'Infinito.
Irene Navarra, Verso l'Altrove, Disegno grafico, 2017.

Je devine, à travers un murmure,
Le contour subtil des voix anciennes
Et dans les lueurs musiciennes,
Amour pâle, une aurore future!

Paul Verlaine, Romances sans paroles, Ariettes oubliées, Je devine, à travers un murmure
Vanier, 1902 (Œuvres complètes, volume I,p. 154). 
(Fonte: Wikisource)

Indovino attraverso un sussurro
il contorno sottile di voci antiche
e dentro i musici bagliori,
o pallido amore, un'aurora futura.

(Traduzione di Irene Navarra)


mercoledì 15 febbraio 2017

Poesia / La terra, la visione (Calvario - Dinosauro 2).


Irene Navarra, Calvario - Dinosauro 2, Disegno grafico, 2017.

La groppa si dimena stamattina.
L’umore marcio esala filamenti.
Pelle spossata dalla bora.

Cobalto bulinato nell’altezza.
Grafite a scaglie schizza
sulle erbe astruse.
Una chimera buca i nembi.

Il temporale.

Da: Irene Navarra, La terra, la visione (Gorizia e dintorni tra realtà e sogno), Edizioni della Laguna, 2009.

Qui gli altri miei libri.
Qui le presentazioni de La terra, la visione.

- La copertina -

lunedì 13 febbraio 2017

Poesia / Tributo a Marcos Ana (sogno di libertà).


Tributo a Marcos Ana

Fernando Macarro Castillo (Alconada, 20 gennaio 1920 – Madrid, 24 novembre 2016), entrò nelle prigioni franchiste giovinetto e ne uscì uomo maturo. Vi passò ventitré anni (1938 - 1961).
Parlare delle torture inflitte al suo meraviglioso, giovane corpo non mi piace.
Non posso dimenticarmene, ma non mi piace.
Voglio, invece, raccontare la luce della sua anima bella, lo splendore di cui sfolgorava il suo pensiero.
Scriveva parole che s'involavano oltre il buio della cella rendendolo nube mare cielo.
Respirava nella Poesia e per la Poesia.

Ora, di lui ci sono rimasti i preziosi sensi di un vivere autentico.
Attimi dilatati nell'infinità del Tempo.
Semi rigogliosi da coltivare con profondo rispetto.

Tributo a Marcos Ana.
Irene Navarra, Tra le sbarre, la Luce, Disegno grafico, 2017.
- Tributo a Marcos Ana -

L'immagine porta un fiore, allegro di colori e volutamente infantile nel tratto. Simboleggia la Poesia che nessuna sbarra può trattenere e nessuna tenebra può spegnere. Dichiara un Amore intenso per la Vita. Al di là di tutto. E malgrado tutto.


Marcos Ana da giovane.
- laverdadofende.wordpress.com -
(sogno di libertà)

Se un giorno tornerò alla vita
la mia casa non avrà chiavi:
sempre aperta, come il mare,
il sole e l’aria.

Che entrino la notte e il giorno,
la pioggia azzurra, la sera,
il pane rosso dell’aurora;
la luna, mia dolce amante.

Che l’amicizia non trattenga
il passo sulla soglia,
né la rondine il volo,
né l’amore le labbra. Nessuno.

La mia casa e il mio cuore
mai chiusi: che passino
gli uccelli, gli amici,
e il sole e l’aria.

Da: Marcos Ana, Ditemi com’è un albero, Crocetti Editore, 2009.
Traduzione di Chiara De Luca.


Silvia Valenti, Sogno di libertà, Fotografia, 2014.
- Courtesy dell'artista -

(sueño de libertad)

Si salgo un día a la vida
mi casa no tendrá llaves:
siempre abierta, como el mar,
el sol y el aire.

Que entren la noche y el día,
y la lluvia azul, la tarde,
el rojo pan de la aurora;
La luna, mi dulce amante.

Que la amistad no detenga
sus pasos en mis umbrales,
ni la golondrina el vuelo,
ni el amor sus labios. Nadie.

Mi casa y mi corazón
nunca cerrados: que pasen
los pájaros, los amigos,
el sol y el aire.

Da: Marcos Ana, Decidme cómo es un árbol, Umbriel Editores, 2007.

domenica 12 febbraio 2017

Poesia / Derive - Preludio - La critica di Silvia Valenti.




Irene Navarra, Di me / Dell'Ombra, Grafica, 2010.
Se non cerchiamo negli anfratti della nostra mente
l'Ombra che ci contiene,
corriamo il rischio di morire
ignari del suo tempo.
Nascere. Emergere da nebule indistinte.
Discernere in base a una marcatura
di segni rossi, primordiali, che tracciano il discrimine
tra un luogo di grafite grigia
(compatta ma friabile)
e un punto luminoso
(immateriale, inattaccabile).
Tempo dell'Ombra.
Da vivere in contrasto col baluginio d'Inizio
rimasto sulle cose.
Ombra.
Un utero materno da esplorare.

(Sotto la falda del mantello pesante come piombo
non entra Luce alcuna
che sia di questo mondo.)
.
Da: Irene Navarra, Derive / L'ora d'Ombra, GA, 2009.


Irene Navarra, Di me / Dell'Ombra, Collage grafico, 2010.
Dalla Prefazione di Silvia Valenti al mio Derive.
Seconda parte (pag. 13).


“L’ora d’Ombra”, con il suo calibro apparentemente casuale dei correlativi oggettivi, prepara il lettore a inoltrarsi in ben più spinose questioni. La poesia della Navarra infatti - dice Giuliano Soria - “testimonia, in una cifra stilistica complessa, ricca, la ricerca di vie quasi private alla significazione, attraverso l’oscurità”. E non vi si vuole indulgere, ma semplicemente entrarvi, curandola come una creatura, ascoltandola nel profondo per riconoscerla necessaria al tutto, sebbene contraltare della luce e fonte di illusioni.
La conoscenza è liberazione.
La conoscenza è però portatrice di inevitabile solipsismo da isolamento agnitivo.
Ci rende diversi.
Non esistono compagni di viaggio. Eccetto i propri demoni e il tempo che scorre come sangue nelle vene.
Nella poetica dell’autrice tale assunto si lega indissolubilmente al suo codice genetico lirico, e non solo. Nasce anche da un’innata sensibilità, da una vasta cultura e, senza dubbio, da incredibili doti di intuizionismo panico. “Una dentellatura fuori calibro / da usura continuata / farà precipitare il tempo / nel rovescio.” [da “Una dentellatura fuori calibro”], profetizza ben conscia di un’incontrovertibile verità: il tempo è legato all’uomo, lo determina e ne scandisce l’esistenza. Una visione, questa, che è sottolineata da frequenti richiami, subliminali ma chiari, a spiriti fratelli, filosofi o scrittori che siano. “La temporalità è l'essenza stessa della vita umana”, scriveva Martin Heidegger; e ancora: “L’essenza dell’essere è l’esistenza”. Niente di più vero per la poetessa che intende il vivere come un labirinto in cui fluisce il principio formale del tempo. Tanto da poter uniformarsi all’assioma del prediletto Jorge Luis Borges: “Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco” [da “Altre Inquisizioni”]. Forse quindi una condizione soggettiva indispensabile, metaforizzata in un “Andirivieni di persone ritornanti al punto” mentre “Come un tappeto si srotola / l’Accesso. / Come un tappeto si arrotola di nuovo. / E poi di nuovo. / E poi di nuovo ancora. / Protervo ancora e ancora.”. Fino alla conclusione fulminante: “Se schiacci l’occhio sul caleidoscopio del tappeto / trovi l’Inverso e il Verso. / Indistinguibili e tenaci. / Verso In Verso.” [da “L’Inverso e il Verso”]. Conclusione che introduce il medesimo costrutto concettuale del giardino delle “Finzioni” borgesiane in cui ogni sentiero si dirama in un altro, e poi in un altro, biforcandosi all’infinito, senza alcuna possibilità di venirne a capo e, soprattutto, di tornare all’origine del primo evento.

E ora il video.