domenica 5 marzo 2017

Poesia / Margini - Esclusioni 3.


I versi fanno parte della silloge Esclusioni: la prima di Margini. Quella che mi meritò il Premio Cesare Pavese ritirato con grande emozione nella casa natale del poeta a Santo Stefano Belbo, paese delle Langhe cuneesi.
Rileggendo questi frammenti lirici a distanza di molti anni, non posso fare altro che riconfermare lo stesso senso di lucido distacco espresso allora.
Per leggere le poesie precedenti Qui.
E Qui.

La Scelta.
Irene Navarra, Il punto d'oltre ragione, Fotografia e Grafica, 2017.

VIII
In una zona d’ombra
soffice di muschio,
sorda alle vibrazioni
degli incontri voluti,
vivo da un po'.

Per il momento
priva di compagni,
posso nell’attesa
divorarmi.

IX
Lo troverò,
disperso nella memoria,
il mio punto
d’oltre ragione.

X
Solo nel centro
voglio naufragare.
Nel centro dell’origine
del cielo,
Del rutilante punto
della mente sola con sé.

sabato 4 marzo 2017

Poesia / Dentro - Di notte si vive.


Dal Vuoto blu della notte, il Ritorno.
Irene Navarra, Nuovi Indizi / Di notte si vive, Disegno grafico, 2014.
Di notte si vive la pienezza.
Fisicamente dense tutte le sensazioni
rincorrono la luce solo come ricordo.
Spontaneamente naturalmente guardi
senza contorni certi.

          (In quella scatola di opaco
          sé scurente l'oblio contagia
          il Vuoto
          e la sua smisurata
          immensità.)

Da Dentro, Luglio Editore, 2013, p. 30.

Sto ripercorrendo le mie notti.
Sto ripercorrendo le mie notti nella mia campagna.
Là dove tutto è cominciato in un sobbalzo di percezione.
Là dove tutto si crea e annulla mentre i fantasmi della mente sfumano amalgamandosi al blu del cielo e al nero della terra sprofondata in abissi imperscrutabili.
(Solo rari segni cobalto sotto passi sospesi.)
Se non ci fosse quell'accenno di luce all'orizzonte potrei perdermi.

Quando senti il Vuoto farsi paesaggio e sentimento e ragione forse bisogna ritornare.
C'è sempre un ultimo riverbero a guidarti.
Basta scalfire un poco il buio denso che ti avvolge, affacciarsi alla finestra di quel graffio e guardare.


venerdì 3 marzo 2017

Poesia / Senza parole - Noi, filosofi di pena un po' rétro (Con Fernando Pessoa).


Anime bianche veleggiano su in alto.
Come gabbiani.
Una visione inarrivabile per noi,
filosofi di pena un po' rétro
inetti a strapparci le radici
sazie del sangue nero della terra.

Così lontano resta sempre il cielo.

Non attribuiamo colpe al cielo.
Irene Navarra, L'Inferno siamo noi, Olio grafico, 2017.

E mi consola Fernando Pessoa quando, nella X delle sue Stazioni della Via Crucis ai versi 5 - 8, scrive:

D'ombra e di luce occasionale, e vaghi
gridi lontani, e passeggeri slanci
di incognito rimpianto, bagliori
di divino, quest'essere fosco e proscritto...

Da Una sola moltitudine a cura di Antonio Tabucchi (Adelphi, 2007).

giovedì 2 marzo 2017

Haiku / Noterelle un po' critiche (4). Con Tomas Tranströmer.


Il mare è un muro.
Sento i gabbiani gridare –
Accennano un saluto.

Da Il grande mistero di Tomas Tranströmer.
Traduzione di Maria Cristina Lombardi.

Il racconto del mare.
Silvia Valenti, Il grande mistero, Fotografia, 2014.
- Courtesy dell'artista -

L’haiku è Poesia, se ha un’anima. E ha un’anima, se interpreta il mondo, naturale o meno, irradiandolo della sua stessa luce. L’autore, al centro di questo miracolo, respira nel soffio vitale di quanto scrive. Ritorniamo, quindi, al concetto di anima come motore unico e originale di esistenza. L’autore vero non imita mai, né si adegua a formule trite e schemi avulsi dalla sua autentica dimensione – geografica, sociale, culturale, linguistica che sia –. Ovvero: la sensibilità di un Occidentale diverge per forza di cose da quella di un Orientale. Con buona pace di quanti scimmiottano il kigo, i caratteri wabi e sabi, l’assenza di punteggiatura..., sentendoli elementi del tutto necessari a rendere idoneo un haiku. Aspetti invece, questi, inadatti a darci la Poesia. La Poesia che si rivela nel rapporto tra parola e silenzio, forte di un’energia evocativa tale da rendere visione concreta l’astratto. Così, senza parere. Con pochi tocchi intuitivi fondi fino alle radici dell’Essere.

mercoledì 1 marzo 2017

Poesia / Margini - Esclusioni 2.


I versi fanno parte della silloge Esclusioni: la prima di Margini. Quella che mi meritò il Premio Cesare Pavese ritirato con grande emozione nella casa natale del poeta a Santo Stefano Belbo, paese delle Langhe cuneesi.
Rileggendo questi frammenti lirici a distanza di molti anni, non posso fare altro che riconfermare lo stesso senso di lucido distacco espresso allora.
Per leggere le poesie precedenti Qui.

Fuori da ogni cerchia.
Irene Navarra, Il popolo dei Margini, Disegno grafico, 2017.

V
Per cieche gallerie
popolate da talpe
dalle palpebre attonite
procedo
col cuore che bisbiglia
dolci cantilene
di ricordi.

Temo di non volere
più la luce.
Nel buio oramai
so riscoprire
l’ostinata essenza
dell'esistere.

VI
Volevo strapparmi
le radici.
Sterpo senza linfa
sognavo il sole
dell’inconsistenza,
il tempo che mi avrebbe
cancellata.

Per lo sradicamento
mancava solo
una risposta.
Esiste senso
nella morte
se anche nella scarna
aridità c’è vita?

VII
Divenuta per necessità
scatola sigillata
ho messo un’etichetta esplicativa:

“RIFUSI, RIMASUGLI, NONCURANZE".

Sono oramai parte integrante
del popolo dei Margini.

giovedì 23 febbraio 2017

Poesia / Margini - Esclusioni 1.


I versi fanno parte della silloge Esclusioni: la prima di Margini. Quella che mi meritò il Premio Cesare Pavese ritirato con grande emozione nella casa natale del poeta a Santo Stefano Belbo, paese delle Langhe cuneesi.
Rileggendo questi frammenti lirici a distanza di molti anni, non posso fare altro che riconfermare lo stesso senso di lucido distacco espresso allora. 

I
In questa corsa
per guarire le ferite
precipitiamo
- non si sale mai -
in prove senza blocchi
di partenza.

II
E nel silenzio
che mi cresce intorno
poche parole entrano
e si fermano.

La mente - lavagna
cancellata - non conosce
i futili arabeschi
delle sonore e lunghe
onde di riflusso.

Senza alternative.
Suomi Vinzi, Esclusioni, Disegno a lapis, 2002.
- Illustrazione della prima silloge di Margini -

III
Continuo a chinarmi
a sparsi luccichii
di cacce al tesoro
già consunte.

Stanca raccolgo perle
di liquido metallo
che filtra tra le dita.

IV
Vivere? È come pattinare
sugli specchi.
Degli altri - anime chiare
scivolanti al dunque -
vedi il doppio.
Di te solo il riflesso.

E se ti cerchi,
ti ingarbugli
e cadi
tra schegge rovinose
nel retro dello specchio.

mercoledì 22 febbraio 2017

Poesia / Dentro - Lo scintillio del sole (con Carlo Michelstaedter).


Sulle tracce di Carlo Michelstaedter.
Irene Navarra, Verso il San Valentin, Disegno grafico, 2014. - Nuovi Indizi -





Lo scintillio del Sole nell’angolo dell’occhio
e le mie braccia sono canne giovani
vibranti per il vento.
Stivali delle sette leghe ai piedi,
in irridente me ne faccio un baffo
del vivere consueto,
a passi da gigante oltre l’Isonzo,
sopra San Mauro perenne di campane,
nel ventre verde del San Valentin
col lupo che azzannò Carlo alla gola
accovacciato fuori dalla grotta,
purificata dal sudore della corsa,
lo zucchero dell’ultimo tramonto
caramellato sulla pelle,
rifletto.
La notte non mi attira.
Ho fiaba e vita vera accanto.
Due daímones eccentrici mi cingono le spalle,
la mia lucerna scarna d’olio
non fa danzare luci sulla volta.
Riverbera però incessanti dita flebili
su scabri anfratti e nudo pavimento.
(Far di me stessa fiamma?
Adesso mi spaventa.)

Da Irene Navarra, Dentro, Luglio Editore, 2013.


Questa lirica l'ho sentita in me, completa, mentre andavo verso il San Valentin sulle tracce di Carlo Michelstaedter, il Giovane Divino che vive in un angolo della mia anima da sempre. Porla come clausola di Dentro è stato necessario e assolutamente sentimentale. Devo aggiungere che nell'occasione dell'itinerario verso la meta a cui lui si recava per meditare e scrivere, portavo con me le sue Poesie. Il piccolo libro dalla copertina rosa leggermente ruvida al tatto (un'edizione Adelphi del 1987) aveva nel cuore un quadrifoglio a segnare la pagina del Risveglio. Un momento di grande solennità sancito dal riconoscimento del sé profondo e dal conseguente inizio del Distacco filosofico.

Carlo Michelstaedter, Autoritratto, Disegno a matita, 1907.
- Biblioteca Statale Isontina -
Risveglio

Giaccio fra l’erbe
sulla schiena del monte, e beve il sole
il mio corpo che il vento m’accarezza,
e sfiorano il mio capo i fiori e l’erbe
ch’agita il vento
e lo sciame rombante degl’insetti. 
Delle rondini il volo affaccendato
segna di curve rotte il cielo azzurro,
e trae nell’alto vasti cerchi il largo
volo de’ falchi...
Vita?! Vita?! Qui l’erbe, qui la terra,
qui il vento, qui gli uccelli, qui gl’insetti,
e pur fra questi sente vede gode,
sta sotto il vento a farsi vellicare,
sta sotto il sole a suggere il calore,
sta sotto il cielo sulla buona terra
questo ch’io chiamo io, ma ch’io non sono.
No, non son questo corpo, queste membra
prostrate qui fra l’erbe sulla terra,
piu ch’io non sia gl’insetti o l’erbe o i fiori,
o i falchi su nell’aria o il vento o il sole.
Io son solo, lontano, io son diverso 
altro sole, altro vento, e più superbo
volo per altri cieli, è la mia vita...
Ma ora qui che aspetto? e la mia vita
perché non vive, perché non avviene?
Che è questa luce, che è questo calore,
questo ronzar confuso, questa terra,
questo cielo che incombe? M’è straniero
l’aspetto d’ogni cosa, m’è nemica
questa natura! Basta! voglio uscire
da questa trama d’incubi! la vita!
la mia vita! il mio sole! 

                                   Ma pel cielo
montan le nubi su dall’orizzonte,
già lambiscono il sole, già alla terra
La tomba di Carlo Michelstaedter nel Cimitero ebraico di Valdirose.
- Fotografia di Irene Navarra, 2010 -
invidiano la luce ed il calore.
Un brivido percorre la natura,
e rigido mi corre per le membra
al soffiare del vento... Ma che faccio
schiacciato sulla terra qui fra l’erbe?
Ora mi levo, chè ora ho un fine certo,
ora ho freddo, ora ho fame, ora m’affretto,
ora so la mia vita,
chè la stessa ignoranza m’è sapere 
La natura inimica ora m’è cara
che mi darà riparo e nutrimento,
ora vado a ronzar come gl’insetti. 

              Sul San Valentin, Giugno 1910.

Da: Carlo Michelstaedter, Dialogo della salute - Poesie, Genova, A.F. Formiggini, 1912.
(Fonte: Wikisource)