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sabato 10 aprile 2021

Poesia / Percezioni: Transiente.


Foto di Stefan Keller da Pixabay .


Nel sogno di illusione arborea,
che mi si apre ogni mattino
quando le palpebre fibrillano
su occhi impazienti di vedere
ma la mente rifiuta di assentire,
resto serena e immobile:
aspetto la mia Beatitudine
che arriva metamorfica e puntuale.

Senza più il peso greve della carne
ho rami e foglie tra i capelli
fibre setose al posto della pelle
e radico impetuosa.
Come pianta sana.
Sono - nel sogno almeno -
un organismo transiente
frutto di trasformazione.

Mi chiamo sempre Irene
so che ho una casa, un cane,
una famiglia: un vivere normale.
So però pure che,
nel dormiveglia, mi addentro
in una vita altra
scandita da fruscii, lusinghe lievi,
suoni di coccole armoniose
che ritmano tra loro.

Se sento un tocco sulla spalla
- sempre nel sogno di illusione arborea -
scorgo racemi e bacche attorno a me
che slacciano linguaggi di movenze
in schiocchi brevi e rapide sferzate.
Si snoda allora il Sovrumano:
il mio Legato inizia a raccontare
nel codice privato
ch’è la sua favella.
Io sto bene.
 

giovedì 8 aprile 2021

Poesia / Percezioni: Avverto una fragranza (Meditazione cromatica in Viola, in Verde e in Ocra).


Si è compiuto un ciclo per me.
Quello dell'investitura cromatica.
In questo assolato pomeriggio trascorso a girovagare tra le grasse zolle della mia campagna ho sentito la prepotenza del colore invadermi e conquistarmi. Le mie difese umane si sono dissolte. Arresa all'imponderabile attrazione che intrideva l'aria, ho respirato Viola, Verde e Ocra: i pigmenti prodigiosi della mia Terra in Aprile. Quando cioè: 

Di tocchi lievi
ha il passo Primavera.
Vestendo viole.

La Meditazione conseguente è stata quanto di più spontaneo potesse accadermi. Ne porto ancora i segni cangianti sulla pelle. Probabilmente li vedo solo io. Ciò però mi basta.

Irene Navarra, Di viola e Ocra, Acquerello grafico, 5 Aprile 2021-


Avverto una fragranza fervida
mentre percorro a passi lenti 
il mondo agreste dietro casa mia.
Al bordo del tratturo solitario 
fioriscono le viole in chiazza densa. 
Svettano fili d’erba dura.

Mi siedo nella polvere
davanti a quella zolla viva
di corolle un po’insolenti. Suggestive,
Vi immergo i palmi delle mani
e sento la sua grana
pervadermi sottile.

Me ne sto quieta
- le mani nella zolla,
gli occhi allagati dal suo viola –
ad ascoltare il nuovo cuore floreale
che batte balsamo screziato.
Resto allacciata
a questo suolo benedetto
dove ogni senso si fa lieve
e il corpo vibra rigoglioso
in fremito crescente.

E poi, di colpo,
un lampo nel pensiero:
“Oggi non ho guardato il cielo”.
Inspiro Viola. Impasto Viola nella bocca
come se fosse vino resinato.
Espiro gromma scura.
Inspiro Viola e Verde
in fibrillante brezza nella gola.
Espiro rimasugli di pantano.
Inspiro Ocra luminosa.
Espiro lacci di parole.
Si libera la voce.

Dirò delle colline d’oro bizantino,
del loro ridere discreto
con qualche tocco d'ambra. 
Dirò anche del cielo.

All'orizzonte cromo chiaro.
In alto un fiato cilestrino appena apparso.
Alle pendici: io. Le viole.

venerdì 2 aprile 2021

Poesia / Percezioni: Festa di Nozze (Meditazione in Bianco dal cuore Giallo).

Questa mattina
Seta sposa Ciliegio.
Festa di nozze.

Silvia Valenti, Il mio ciliegio, Fotografia, 1 Aprile 2021

Didattica minima di Meditazione cromatica.

Appuntate l'attenzione sull'immagine in generale.
Restateci un po'.
E poi, piano piano, fermatevi sul fiore di ciliegio che più vi attira.
Con calma.
Osservatene la corolla nell'insieme, e poi focalizzatevi sul suo centro, là dove tutti i petali si incontrano. Sistematevi, adesso, con il pensiero in quel piccolo luogo.
Sedetevi comodi  nella stanza segreta del fiore prescelto. 
Non c'è sensazione più appagante.
Socchiudete le palpebre e lasciatevi andare nel fresco profumo che si espande lieve.
Siete oramai leggera Seta frusciante accarezzata dalla Brezza di Primavera.

Quando la mente non avrà altro Dio che il fiore e il suo profumo, allora guarderete il mondo nella purezza assoluta del Bianco nascente e con gli occhi-pistilli d'oro Giallo del cuore.
Fate scorrere in voi la linfa della pianta, respirando assieme a lei.
Siete in simbiosi profonda.
Inspirate Bianco dal cuore Giallo.
Espirate oscuro morbo tossico.
Come un mantra cromatico inspirare ancora colore lucente.
Espirate buio limaccioso.
A lungo.
Soavemente.

Nell'infinitesima dimensione conquistata state meditando.
Così come meditano le nubi e i fiori di ciliegio.
Con naturalezza.
Il miracolo si è compiuto.


P.S.: se sceglierete un modello naturale,
l'identificazione meditativa sarà perfetta.

martedì 30 marzo 2021

Poesia / Un candeliere d'ombra (Meditazione cromatica in Verde e in Bianco).



Irene Navarra, Nel regno di Pablo, Fotografia, 29 Aprile 2020.


Nella frescura dell'ulivo attendi come di consueto l'aroma giusto per la cerca.
Io ti sorveglio da lontano.
Fra poco girerai la testa per guardarmi e poi, dimenticando le tue tracce, attraverserai di corsa lo spazio di margherite, erbe rigogliose, geometrie nette di disegni naturali stagliati nel sole e volerai verso me che ti accolgo stringendo tra le braccia il niente.

Resta solo la foto di un attimo speciale.
Uno dei tanti vissuti con te, mio amato Pablo.

29 marzo 2021, mattina inoltrata.

Adesso sono qui, nel luogo sacro del ricordo.
A occhi chiusi ancora.
Per ritrovarti.
Ricreo nel nido della mente la tua eleganza sbarazzina: falcate misurate, i ricci rasta delle orecchie, il ritmico ondeggiare del sontuoso manto, il sorriso. Quello tipicamente tuo con gli angoli della bocca all'insù e gli occhi allungati all'orientale.
Me ne sto un po' a godermi la tua Grazia.
Il sole mi solletica le palpebre, così le dischiudo appena su questa scena che si rivela intatta ogni primavera: margherite, erbe rigogliose, geometrie nette di disegni naturali stagliati nel sole. Accordi sovrumani di colori.
Verde.
Verde taumaturgico se mi riporta a te.
Sul prato smeraldino un candeliere di rami fatti d’ombra come segnale benedetto di un miracolo nel suo svelarsi.
Bianco.
Bianco di corolle delicate come il tuo tocco gentile. Un velo puro sulla sostanza resa lieve.

Inspiro Luce Bianca dal profilo Verde.
Serenamente piango.
Espiro ogni tristezza.
Inspiro Luce Bianca dal profilo Verde.
Rampolla in me la persuasione di un ciclico Ritorno.
Espiro il grigio fangoso dell'Assenza di chi amiamo.

Lo so.
Ci sei.
Nel vento.
Nel velluto di trifoglio e fiori
E nella nube che trascorre il cielo.
Quanto mi basta.
Ora.

martedì 23 marzo 2021

Poesia / Percezioni: Rappresentazione sul Fiume (con Dante Alighieri, William Shakespeare e John Everett Millais).

 
Esce di mano a lui che la vagheggia
prima che sia, a guisa di fanciulla
che piangendo e ridendo pargoleggia,

l’anima semplicetta che sa nulla,
salvo che, mossa da lieto fattore,
volentier torna a ciò che la trastulla.

Dante Alighieri, La Divina CommediaPurgatorio, XVI, vv. 85 - 90.

Quando parlo dell' Isonzo, di quel Fiume possente che cinge come una cintura di lapislazzulo la mia città, parlo anche dell'Anima che è stata insufflata in me al momento della nascita. Il Fiume è la mia Anima. È stato così sin dall'infanzia e lo è tuttora. La lirica in calce lo spiega raccontando il mio legame con l'Isonzo. Anima-Fiume, quindi. Ma Anima fanciulla. come mi ha insegnato il caro Padre Dante, le cui parole mi risuonano dentro assieme alla voce di mio Padre mentre le leggeva, spiegava e commentava.
Se contemplo il mio Fiume, Dante è con me. Mio Padre è con me.
Loro mi hanno insegnato a percorrere sentieri esistenziali di Dignità e Fede, ad accettare i casi avversi senza mai piegare la testa sotto il peso delle ingiustizie. curando con attenzione quanto di sottile e ingenerato abbiamo in noi: la vera essenza che ci rende unici.
Lei, l'anima semplicetta della mia fanciullezza, si esaltava in meraviglia giocosa davanti allo spettacolo del Fiume. Lo vedeva come un manto di damasco cangiante e mi portava in avventure di cui Lui era non un elemento naturale ma il liquido palcoscenico in cui sperimentare tuffi, nuotate, acrobatiche giravolte... il tutto condiviso con personaggi spesso letterari.
L'Anima che piangendo e ridendo pargoleggia ritorna sempre davanti allo spettacolo dell'Isonzo, rinnovando le sensazioni di allora. Il Fiume era, dunque, teatro di azioni teatrali che interpretavo sempre da protagonista. Mi immaginavo incedere su quel nastro azzurro  e verde e malva come una Regina, o un'aristocratica Sposa dallo strascico lunghissimo, lo sguardo teso verso luoghi lontani e accompagnata da uno stuolo di esseri naturali: il salice, la serpe, la felce, la civetta… Tra di essi potevo diventare anche un'Ofelia felice, immersa vitalmente in acque come giada latte verde e ben diversa dall'eroina tragica dell'Amleto di Shakespeare. Opera che, a quei tempi, divoravo con fame insaziabile di visioni da alterare a mio piacimento. Il ricordo dell'Ophelia di John Everett Millais è - me ne rendo conto ora rileggendo la lirica - alla base di queste fantasie che riappaiono prepotenti mentre riscopro questa piccola biografia in versi, la mia Rappresentazione sul Fiume.

Irene Navarra, Isonzo / Il mio Fiume, La mia Anima, Fotografia, 21 marzo 2016.

Il salice in dialogo col fiume
porta l’impronta del mio corpo.
Tra i rami gli occhi sono perle
attratte dalle nubi che si formano,
riformano, trapassano.
Parole mai uguali.
Oziose per le nocche pallide
strette sui nodi biforcuti.

(Pendere poi dai tralci dondolanti
fino a sfiorare il flusso con i piedi,
entrarci d’improvviso.)

Un manto lunghissimo rampolla
dal palcoscenico di Amleto: damasco
che si srotola e si srotola.
A drappeggiare Ofelia
e il suo destino.

(A costellare il costumino rosso
di gocce scritte con un lapis di cristallo.)

La giada come latte verde
si fa caleidoscopio ribollente
e fremo nella trina indocile
quasi regina
o sposa
verso il traguardo dell’altare.

(Laggiù, oltre le forme azzurre
di insenature maestose,
nel baratro di spume
astratte più del salto.)

La brezza fresche dita scherza,
s’inventa capriole, carambole di guizzi,
schizza iridata l’acqua sulla serpe
che mi traghetta fuori dalla piena
mentre la felce china a bere
scrive un messaggio indecifrabile.
La mota impasta ali di civetta.
Sale nel golfo della schiena
tra le radici ancora acerbe
per il Volo.

(Dai teneri calcagni nasce piano
il fiore pungente dell’ortica.)

 

Qui di seguito i Miti che hanno popolato di sogni a occhi aperti la mia giovinezza: l'Amleto di William Shakespeare (Atto IV, Scena VII. Traduzione di Alessandro Serpieri).

         C’è un salice che cresce storto sul ruscello
e specchia le sue foglie canute nella corrente di vetro;
Lì ella fece fantastiche ghirlande, di ranuncoli,
ortiche , margherite, e di quei lunghi fiori purpurei
a cui gli osceni pastori danno un nome più volgare,
ma le nostre caste fanciulle chiamano dita di morto.
Lì, sui rami spioventi arrampicandosi ad appendere
le sue coroncine, un maligno ramoscello si spezzò,
e giù caddero i suoi fioriti trofei e lei stessa
nel piangente ruscello. Le sue vesti si allargarono
e come una sirena per un poco la tennero su,
e in quel mentre cantava passi di vecchie canzoni
come una inconsapevole della sua ora disperata,
o come una creatura nata e cresciuta
in quell’elemento. Ma non poteva durare a lungo,
e infine i suoi vestiti, pesanti di quanto avevano bevuto
trassero la povera infelice dal suo melodioso canto
alla fangosa morte. 

E il magnifico dipinto di John Everett Millais (1829 - 1896) dal titolo Ophelia (circa 1851); Collezione: Tate Britain; Photo: Tate London 2011.

John Everett Millais - Ophelia - Google Art Project
John Everett Millais, Ophelia, Public domain, via Wikimedia Commons.
 

sabato 20 marzo 2021

Poesia / Il codice dorato (Meditazione cromatica in Giallo).

Stormisce al vento
la Kerria d'oro fino -
Voce divina.

Irene Navarra, Nel Parco del Monastero di Sant'Orsola in dialogo con una Kerria, Fotografia.

Parlare con il Giallo splendente di una Kerria è operazione terapeutica di massima efficacia. Davanti a questo cespuglio, cresciuto florido nel Parco delle Orsoline di Gorizia, ho passato molto tempo immersa in pensieri confortanti.
Adesso che le amiche Suore non ci sono più, adesso che non posso godere di momenti speciali in compagnia della Sorella d'elezione Elena Arcese, ora che il loro giardino mi è precluso perché passato ad altre mani, posso solo ricordarla nel trionfo del suo sbocciare. Mi dava una profonda sensazione di Unità con il Tutto.
L''incommensurabile brillantezza offerta, la porporina naturale sparsa sul Microcosmo d'erbe, cespugli, alberi attorno e tra le crepe del muro annoso che la proteggeva, erano - allora - elementi essenziali per il mio equilibrio. Sì:  Mente, Anima e Corpo in tregua complice per il collante puro di una pianta comune.

Nel riportarla a me sono contemporaneamente dentro e fuori la sua essenza. Vedo veli dorati di polline fluttuante mentre divento cuore di topazio di un fiore generoso, fatta fulgente insegna di Letizia rara.

Credo che i petali abbiano un loro sottile fascino, quasi ipnotico. 
O sono io a sapere come abbandonarmi a loro.
E diventare Gialla.
Giallo van Gogh, intendo.
Tanto intenso da averne le palpebre tinte e da sentirlo in bocca come un miele speziato.
Gialla del Giallo inconsapevole della pianta.
Straordinariamente ricca di pigmento solare.
Deglutendo colore ne avverto il Codice dorato.
Così, sorrido con un incresparsi appena delle labbra e assisto estatica al genuflettersi dei racemi davanti alla discesa rapida degli Angeli.

Il Paradiso è là,
nel Parco benedetto da Dio
che vi sussurra ancora storie.

sabato 13 marzo 2021

Poesia / Frammento 29: Calvario Verde.

Meditazione cromatica.
Ore 10.30 del giorno 13 marzo 2021.


Seduta tra le erbe già rigogliose del Prato Grande nella mia campagna - accanto a me Pippo Magnifico Setter - ammiro il profilo del Calvario che si staglia all'orizzonte. Chiudo gli occhi per un attimo e lo rivede brullo e consumato dall'arroganza degli uomini, così com'era molti anni fa. Ora si adorna di un manto riccioluto che mostra una gamma di verdi sfumanti in malva scuro.
Lui è il mio Dinosauro dormiente dalla groppa cespugliosa e intricata.
Il giovane principe tramutato in favoloso animale ma pronto a svegliarsi al mio primo sorriso. Lo guardo con amore, quel suo profilo tanto morbido. Sta per scuotersi tutto in sussulti di gioia pura.
Il suo Verde è il mio Verde.
Pace profonda nel nostro respirare insieme.
Tutto ritorna.
Pippo inala immobile il sereno fluire del Mattino.
Nell'Armonia sottile del Creato, il vivere più vero.

Rinasce Verde
la cresta del Calvario -
Nessuna croce.

Irene Navarra, Calvario Verde, Acquerello grafico, 2021.

giovedì 11 marzo 2021

Poesia / Percezioni: Ho camminato dentro il Sole (parabolando con Lui).



Irene Navarra, Tramonto verde, Fotografia, 10 marzo 2021.

Ho camminato dentro il Sole.
Assimilata al Sole.
Fino a sfinirmi.
Con occhi di topazio sopra gli alberi, nei fiumi.
I miei regali? Brandelli sfolgoranti attorno ai rami, faville ogni sospiro d’acqua.
Ho reso i tetti rame intenso e pallide le pietre di calura.
Adesso devo riposare.
Acciambellata come un cane stanco so trastullarmi ancora un poco con scie dorate di capelli astrali.
I miei stessi capelli che sfuggono alla cuffia della notte.
Ritornerò potente alla ribalta dell’Aurora.
Dipingerò di croco le sue vesti porporine.
E salirò la volta rassegnata
accarezzando piano le robinie giù nel canalone
dove io dormo tra le spine.
Una corona che mi adorna.
Solo la sera.
Soavemente accetto le ferite.
Da loro sortiranno i nuovi raggi.
Sarà di velo paglierino e malva l’inizio della Luce.
Poi sorgerà la rutilante Gorgone spietata
che ottunde i sensi per l’ardore
e fiacca ogni slancio genuino.

Ora l’indaco avanza.
Nella maledizione del meriggio,
nel suo protrarsi logorato
s'inerpica una bruma dal profumo d’erba.
Un fiato finalmente verde,
un desiderio di rugiada su grovigli e fiori.
Come una predizione di quiete ormai vicina.

 

Poesia / Percezioni: Mi si versava il Sole addosso.



Irene Navarra, In una giornata qualsiasi, Fotografia e Grafica, 5 marzo 2021.

Mi si versava il Sole addosso.
Le mani a coppa io lo raccoglievo
e ne bevevo il succo.
Senza bruciarmi.

Fatta di raggi ormai volavo in alto
librandomi con ali d’oro ardente.
Ero nel Sole.
Sua cellula infinita.
Sua memoria.
Nel cuore il magma dell’inizio.

Oltre le nebbie della Terra
vibravo di sorrisi a scrosci e cascatelle.
Fluido metallo fino.
Puro colore - mille occhi in me -
guardavo dentro il corpo della Stella
che mi aveva accolta nel suo seno.
Scintille e scoppi accesi il mio destino.

lunedì 1 marzo 2021

Poesia / Frammento 28: L'ombra di un cane (con Haiku).

Qui si racconta di un'esperienza specialissima vissuta con il mio Magnifico Setter Pippo in una Sera limpida di Febbraio.

Un canto sale lento nell’indaco che si incupisce.
Pippo respira piano.
Ascolta il suono della Sera.
Io vedo solo un’ombra trasparente davanti a me.
Ci stemperiamo in melodia
innamorati del nostro stesso farci lievi.

Irene Navarra, Sovrimpressioni, Fotografia e Grafica, 16 Febbraio 2021.

Fiuta il mio cane
la Sera di Febbraio
E l’assapora piano.

D'ombra soave
il morbido mantello〰
Si scioglie un canto.

sabato 10 ottobre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Se la mente rifiuta di finire.


La mia Opera incompiuta continua ma, me ne accorgo ora alla rilettura di quanto ho scritto, sta prendendo vie impreviste. La natura, come al solito, mi soccorre ed entra in ogni pensiero accanto a ogni emozione o sentimento. L'Ottavo tempo di questo percorso ritorna a un luogo molto amato, il Parco del Monastero di Sant'Orsola in Gorizia, un Hortus conclusus ricco di evocazioni che mi è stato rivelato dall'amica e sorella d'anima, Suor Elena Arcese. Là recupero il passato con una sorta di calma rassegnazione che è, forse, l'inizio di un vivere meno doloroso.
 
1, Irene Navarra, Pablo e la Sughera, FotoInstagram, 2016.
Parco del Monastero di Sant'Orsola in Gorizia.


La mente menestrella di sussurri minimi
non è rimasta nella bara con la croce 
in cui mi chiusero i custodi della notte
senza clemenza e remissione. 
Lei va alitando sui faggi e sopra i tigli, 
scivola lungo il tronco di un Tasso sacerdote, 
aspira il suo profumo inconfondibile, 
ne beve l’anima che narra sacrifici,
rimbalza sulla Sughera imponente
che si abbandona complice,
per poi fermarsi tra le crepe 
di una Tavola rotonda d’arenaria 
e riposare 
fusa all’ogiva rossa delle palpebre 
che vibrano ribelli sfidando 
anche la morte.

Oh, limitarsi a quel mondo circoscritto
segnato appena da venuzze azzurre.
Un universo tiepido di linfa -
il mio risveglio quieto.


Nell'immagine di apertura appare la Tavola rotonda della poesia (v. 12). Essa è nucleo pulsante di una dimensione fiabesca legata al Parco del Monastero di Sant'Orsola in Gorizia. In primo piano la mia Guida Pablo golden retriever ormai nella Luce, sullo sfondo il tronco della Sughera centenaria che lo ombreggiava con i suoi immensi rami.

2 e 3, Irene Navarra, La mia tana / Pablo e il Tasso, 2016. FotoInstagram.
Parco del Monastero di Sant'Orsola in Gorizia.

Nella successiva immagine (2) è rappresentato il cuore della stessa Sughera. Sotto la sua protezione ho passato ore bellissime. Lei ha favorito una mia prodigiosa connessione con il Tutto, incentivata anche da un'altra particolarità ambientale: aveva, infatti, come compagno il vecchissimo "tasso sacerdote" ricordato nella lirica (v. 6) e il cui tronco maestoso si vede nell'ultima foto (3). Sento ancora sotto le dita la sensazione delle sue fibre ricche di essenza, e il velluto del muschio che ricopriva l'antica quercia. La sostanza delle due creature arboree era sacra. Quando poi le loro energie si armonizzavano, riuscivano a diffondere flussi salutari di Bene spirituale e fisico.

Il Tasso e la Sughera vivono ancora. In un'agra solitudine imposta. L'edificio è, infatti, stato chiuso e, in parte, venduto dopo il trasferimento delle suore che lo abitavano, rendendolo vivo con un impegno competente nella formazione educativa scolastica.
Il Parco, quindi, è diventato irraggiungibile.
Così, questi due secolari, saggi giganti mi sono preclusi alla vista. Continuo, tuttavia, a intessere con loro tenui discorsi subliminali, tenendomi per costrizione al di qua del muro di cinta.
Mi mancano molto.
P.S.: Non sapevo di possedere delle foto del Tasso. Non ho mai pensato di bloccarne l'anima in uno scatto. Lo vedevo come un Dio severo e primordiale perciò non osavo accostarmi senza il dovuto rispetto. Sono felice di averlo immortalato per caso e rintracciato mentre rovistavo tra le mie istantanee Instagram alla ricerca del tempo perduto e di Pablo che non c'è più.

mercoledì 30 settembre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Un'ubriacatura folle (Mentre mi adeguo al cambiamento).


Eccoci alla quarta lirica della mia raccolta L'opera incompiuta (qui la prima, qui la seconda, qui la terza).
Nell'immagine uno scorcio dell'amata campagna in cui ho passato giorni indimenticabili con Pablo golden retriever. Anche Lui adorava quest'angolo di Paradiso che è la benedetta Terra assegnataci per destino.
L'abbiamo percorsa  senza stancarci, appagati dalla sua bellezza frugale. Festanti di gioia pura per tanta grazia raffinata e semplice. Un dono del cielo.
L'abbiamo percorsa uniti dallo stesso desiderio. Spesso scivolando sui suoi pendii e rotolando tra infinite sfumature di verde e umili fiori di radicchi selvatici. Il riposo poi, protetti dai rami di qualche albero florido, era quanto di più esaltante si potesse provare. Ricordo un giorno di pioggia a scroscio, il rifugiarci di corsa sotto le impenetrabili foglie di un gelso secolare, il mio scrivere frettoloso un frammento di pochi versi sul quadernino che mi fa sempre da viatico (un inno al Signore nell'intenzione), lo sguardo estasiato di Pablo accucciato accanto a me.
Momenti straordinari, quelli (qui l'haiku e la foto di riferimento), recuperabili solo frugando nella mente graffiata dalla sua assenza. Momenti che chiudo in una  teca di nuvola dove solo io posso penetrare per incontrarmi con Lui. In un Tempo che sia compiuto e uguale a se stesso.

Irene Navarra, Il grappolo dimenticato, Fotografia e Grafica, 30 settembre 2020.

Un’ubriacatura folle
questo trasmutarmi quasi fisico
in foglia, ramo e umido terriccio
denso di sentori.

Non so davvero quale sia la differenza
tra la mia carne, il sangue che zampilla dallo squarcio
appena inciso nell’incavo del braccio e l’erba,
il fiore della malva ancora viola,
l’uva lasciata tra racemi secchi
in negligenza compiacente.

 

Vedere tutto questo
dietro lo schermo delle palpebre,
sentire sulla pelle che non è più pelle
brividi caldi di presagi come doni.
Niente figure di parole.
La Vera Essenza mi si mostra nel Silenzio.
Togliendo scorza a scorza
sedimenti antichi.
E dolori nuovi
da distacchi inevitabili.
Strazianti.
 

mercoledì 16 settembre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Nel verde.


Siamo al Terzo Tempo de L'opera incompiuta. Nel verde. Qui tento la trasformazione panica. Divento foglia. Ma non una foglia qualsiasi. Sono la foglia, ovvero un essere immaginario diverso dal me precedente. Mi faccio Altro. Tuttavia solo nella mente. La chiave del cambiamento è data da un assioma ora come ora inconfutabile:

IMMAGINO QUINDI SONO.

Così sia.

Irene Navarra, Metamorfizzando, Fotografia e Grafica, 2020.


Nel verde
(solo qualche inusitata volta)
riconosco l’assetto delle cose.

Anche di me
che sono un ibrido
di indipendenze brusche
dal conformismo unanime
e ammiccamenti occasionali.
Inconsapevoli dapprima.
Poi rei di adattamenti eccentrici.
Anomali in materia e forma. Impersonali.

(Ora m’inerpico sui bordi di una foglia. 
Con polpastrelli di smeraldo attingo
l’umore naturale come fosse vino.
Drenando sangue e linfa
so la bellezza duratura
delle vene della Terra.)

 

giovedì 6 agosto 2020

Poesia / Percezioni: La mia è una natura floreale. Persino arborea.

Sondare la tua essenza per capire chi sei, può diventare un dramma, se non rinunci a vederti nella nudità più disarmante e aliena. La meditazione in ciò aiuta, soprattutto quando sperimenti la tipologia regressiva in cui è maestro il grande psichiatra Brian Weiss. Riappropriarsi del vissuto inconscio per capire meglio il conscio, porta una letizia tale che ti senti in grado di far ballare un tango sfrenato alle tue gambe inadatte a qualsiasi esercizio fisico che non sia il puro passeggio lento. Provare per credere. Un suggerimento, questo, palesemente trito e ritrito. E anche di infecondo carattere esortativo. Banale in verità, ma necessario perché la ricerca sulle vite trascorse risulta troppo efficace come metodo di riconoscimento. Un tanto non per rivelare che ho scoperto di essere stata una macchia giallo-rosa spalmata tra l'erba a mo' di improbabile fiore, o un albero piuttosto scomposto, oppure un modesto rivo dalle acque malva-oro. Non ho questa presunzione. Tuttavia, dopo prove e controprove, mi sento di affermare che, forse, è proprio così. Sono stata un fiore, un albero, un rivo.

Irene Navarra, Idee native, Disegno grafico, 5 agosto 2020.

Mi muovo in una scena strana
formata da elementi vegetali non perfetti.
Solo abbozzati in geometrie puerili.
Schizzi essenziali, idee native
con dentro l’anima di alberi e di fiori.
Ho i loro semi radicati nelle mani.
Dai pori della pelle rampollano
pulsioni fresche. Aculei di sensazioni.
Pistilli intrisi di sentori intensi. Oscuri.
Mi dicono che sono floreale.
Persino arborea.
Credo di sì.
E mi confonde un po’
questa natura vaga in redenzione dal mio corpo,
intendere la resina di sangue e linfa verde
in turbinio perenne nelle vene.
Però mi alletta il primordiale gancio
che mi trascina indietro 
a riscoprire inizi senza uso di parola.

domenica 2 agosto 2020

Poesia / Percezioni: La lingua dei girasoli.


Mi è capitato davvero. Questa mattina ho sentito cantare i girasoli mentre si cullavano al soffiare del vento e seguivano il corso del Sole. Capita talvolta. In certi specialissimi momenti si può scivolare tra le maglie del tessuto connettivo naturale che si apre corrivo e ci chiama. Se non frapponiamo limiti razionali fatti di un prima e di un dopo, se non mettiamo di mezzo la maledetta voglia di capire uccidendo l'intuizione, allora sarà inevitabile diventare infinitamente piccoli ma anche straordinariamente grandi. In un'onda ritmica che ci porta tra le sfere e rivela l'inconosciuto, l'inaudito, l'invisto mai, stabili pur volando, e calmi e placidi al punto da esclamare: "O mio infinito e buon Signore!", siamo tutt'uno con l'universo. Il Sacro è in noi e attorno a noi. Basta allentare la tensione di quell'elastico caricato per il male che ci regge come insulse marionette, scrollandoci di dosso i fili conduttori di un cieco esistere, e scopriremo il vasto riverbero dell'Assoluto. Abbandonarsi, quindi, al profondo eusentimento che dilaga in questo nostro esserci, intercettarne l'energia tastandola con i polpastrelli (la coglierete, ve l'assicuro!), annichilire i pensieri interrogandoli sul luogo da cui provengono (un escamotage per evidenziarne la pochezza e far loro denunciare il Nulla d'origine), vedersi fisicamente come strumenti celesti per una nuova raccolta-dati. Ci si apriranno orizzonti inusuali e salutari. È così che sono guarita. Nel corpo fisico e in quello eterico.

Irene Navarra, Girasoli in dialogo, Fotografia e Grafica.
Capriva del Friuli, 2 agosto 2020.

Questa mattina,
al soffio fervido del vento,
schiere di girasoli estatici
si piegano con tenero lamento.
Poi, d’improvviso, in una quiete
sovrumana iniziano a danzare
seguendo un loro modulato crescere
di suoni fragili. Sereni.
Negli occhi infibulati dentro il Sole
una leggera luce d’ambra chiara. 

Mi volgo anch’io
mentre s’inerpica il fulgore
lungo le curve delle colline.
Premo sui fili d’erba come se fossero
i tasti vegetali di uno strumento sacro.
Musica infinita si fa dalle mie mani ormai sapienti.
È una preghiera.

Condiscendente vestale improvvisata
avanzo oltre una soglia incisa di segnali.
Calco col piede incerto le venature di una foglia.
Sono una foglia.
E i girasoli.
E il canto.