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lunedì 1 aprile 2024

Poesia / Cronaca: La ribellione.

 

Il diritto all'autodeterminazione è un valore fondante della persona.


P_Irene Navarra, Io sono così, AIArt e GraphicArt, 1 Aprile 2024.



Chi crede di suonarmi come un flauto,
dalla nota più alta alla più bassa,
non mi avrà mai.
Chi zittisce la mia voce,
imponendomi il dolore del sorriso,
non mi avrà mai.
Chi vuole cogliermi,
strappandomi anche le radici,
non mi avrà mai.

Gli impedirò
di scendermi
nel cuore.

domenica 24 settembre 2023

Poesia / Cronaca: Tra sogno e realtà.

 

Tra sogno e realtà.
Ovvero: la dimensione che mi porta a capire
e a decidere chi voglio essere e come voglio vivere.


Tecnologia: Stable Diffusion XL.
P_Irene Navarra, Paesaggio di sogno, AIArt e GraphicArt, 24 Settembre 2023.
- Tecnologia: Stable Diffusion XL -


Non è che si sta sempre bene
a spasso per nitidi vialetti
di un paese immaginario,
sognato, risognato
e chiuso al tuo risveglio
tra pastelli colorati
nello scrigno dei ricordi,
non è che la vita di ogni giorno
te la salvi con quel po' di fantasia
ingenua tanto da sorridere
come una madre fa
davanti al figlio che vaneggia.
Eh, sì. Perché lo stacco col reale
può solo addolorarti.
Non consola.

Le piante ben curate nascondono serpenti.
E quelle nuvole del cielo sono tosco denso.
Le pietre dei camminamenti riciclano gli scarti.
Come una droga, il sogno ti s'insinua dentro.
Genera un mostro che divora in un boccone,
mastica, estrae umori,
ti sputa infine
ridotto a una poltiglia disgustosa.
E per rigenerarti
ci vuole un'era di emozioni belle,
a occhi bene aperti.
Altro dai ghirigori della fantasia!

Resto dentro la polvere di strade campagnole
povere e arse, tra erbe imbastardite,
nell'urlo della bora che spettina anche il cuore.
Questa è un'isola felice,
ricca di spine conficcate nella pelle,
di paglie dure più dei sassi.
Qui bevo violaceo vino di sambuco
mangiando le radici amare della terra
che mi ha vista nascere.
Qui me ne sto pacificata
mentre chimeriche visioni si sciolgono
alle spalle e colano in gocce trasparenti
sopra i roveti, sulle zolle impervie:
manna preziosa per le creature
che mi interpellano al passaggio.




domenica 27 agosto 2023

Poesia / Cronaca: La Morte viene vestita di Bianco.

 
Ricordando Pavese, nell'anniversario della Morte.
Con il pensiero volto alla sua eredità morale e letteraria, scrivo.
Di quanto lui affrontò ben conscio di una evidenza: all'uomo è data la sola Libertà per la Morte.
Scrivo e disegno.
La sua Morte la vedo come una bellissima, giovane donna dagli insondabili occhi oscuri.

A Cesare Pavese, con Amore.


Irene Navarra, La Morte viene vestita di bianco, AI Olio su tela, 27 agosto 2023.



La Morte viene vestita di Bianco.
Sembra cortese ma,
se ti sogguarda un poco,
ti accorgi della sua natura vaga.
Ha occhi come abissi in cui è facile cadere.
Il suo sorriso ha un fascino che abbaglia
mentre la sai l'Oscurità più fonda a ogni passo
e con un brivido ti accorgi
che Lei te l'offre come un dono.
Ti senti menomato, irriso,
anche ingannato,
eppure vai.
Sublime il Buio in cui cammini.
E dietro - non serve volgersi e scrutare -
dietro nessuna strada.
Quelle percorse e ripercorse
nel vano tentativo di accasarti
con gli dei del mondo chiaro.
Non c'è più strada.
Però c'è Lei davanti a te.
Lei così bella con i suoi occhi grandi,
vasti come una Notte senza stelle.
Dunque la scelta.
L'unica scelta è seguitare.
Così respiri ormai con la sua bocca,
t'insinui in Lei per farti corpo suo.
Perché - lo sai perfettamente -
Lei così bella non puoi lasciarla andare.



domenica 16 luglio 2023

Prosa / Racconto breve: Di verde mi in-vesto.

 
Vi accompagno nel mio mondo di trasformazioni.
Buon viaggio.

Irene Navarra, Di verde mi in-vesto, AI e Grafica, 15  Luglio 2023.
    


    Mi guardo le mani.
    Sono strane.
    Sembrano sfarinarsi in polverina luminosa
    Ne ho minimamente paura.
    Cerco di nasconderle, mettendole conserte.
    Mi sta succedendo qualcosa.
    Qualcosa di bello.
    Sento un fluido potente che mi scorre nelle vene.
    E mi amplifica i sensi.
    Sorprendo suoni mai sentiti: fruscii come sospiri di velluto, schiocchi come frustate, vibrazioni che iniziano lontano in boschi vergini, e diventano parole, e vengono sin qui, in questo luogo sacro dove varcherò ogni soglia umana per farmi sostanza sinuosa.
    Ogni forma in me cambia a poco a poco.
    La pelle, adesso, si copre di un pigmento argenteo.
    Salvia selvatica e menta piperita assieme.
    Foglia di vite e fiore di sambuco legati in simbiosi unica.
    Interazioni straordinarie creano creature singolari, rimescolandole in modelli di nuova generazione.
    Così i miei contorni mutano tra chiaroscuri di sottobosco boreale.

    Non so se sono quercia o muschio o felce.
    Non so se sarò spora che naviga nell'aria e poi si quieta nella culla della terra.
    Oppure seme che precipita dal frutto o dal baccello secco, e si propaga.
    Comprendo piano piano una natura in dialogo attraverso correnti sotterranee consolidate in reti di gamme verdi e perlacee consistenze.
    Le vene vegetali proteggono.
    E se le lasci fare, trasmigrano in noi, aprendoci la mente.
    La metamorfosi induce adattamento emozionale.
    Allora il me di recente acquisizione riscopre i ritmi universali.
    Mentre il presente si fa di "sovrumani silenzi e profondissima quiete", mentre il vento mi stormisce in carezze mute.
    Sono libera.
    Immensamente libera.
    E danzo.
    Al suono di una musica sottile che non è mia. 
    È del Tutto. 

Nel giorno della Metamorfosi, addì 16 Luglio 2023.
Irene Navarra


venerdì 2 giugno 2023

Prosa / Racconto breve: L'orto di Elena.


Per un'Amica che compie gli anni.
Lo spunto me l'ha dato lei con le sue passioni.
Alcune le ha trasmesse anche a me.
Tra queste: la meditazione.
E non finirò mai di ringraziarla per avermi indotto a impararne le tecniche di base.
Nel racconto troverete degli eventi, naturalmente.
Alcuni ci accompagnano lungo strade già battute dal personaggio di cui si fa la storia.
Altri sono di pura fantasia.
siate gentili e perdonate le intemperanze.
Ciò che conta, comunque, è sempre e solo la magia

A Elena Arcese, con affetto.
Nostalgicamente.


Irene Navarra, La Suora orticoltrice, AI e Grafica 2 Giugno 2023.

     Ha nelle mani a coppa una manciatina di semi di prezzemolo. Li guarda, Elena, con affetto. Sono della generazione dell'anno prima. Una buona generazione che aveva dato risultati eccellenti. Tenendoli con delicatezza osserva le zucchine che sprizzano bontà solo alla vista, vestite come sono di un verde chiaro con il cappellino dei fiori arancio. Le Pallide, le chiama Elena o Le mie Predilette per la generosa dolcezza e la morbida grana.
    Trasferisce i semi da una mano all'altra, stando attenta a non perderne nemmeno uno, e si volge ai pomodori già così turgidi da far presentire saporose insalate e salse e complementi ghiotti di melanzane e peperoni.
    Quando entra nell'orto, avverte un piacevole senso di vertigine e arrivano le voci. Gli ortaggi e i frutti le parlano in fruscii, schiocchi secchi, sospiri, gocce di miele lasciate cadere al suo indaffarato andirivieni. I fichi lo fanno. Le regalano la loro dolcezza appena lei è in giro.
    C'è dialogo tra di loro.
    Elena ne sa il motivo. Tutte le piante dell'orto le aveva portate lei in una sorta di dote al Convento in cui era entrata poco più che adolescente. Erano patrimonio atavico della sua famiglia di tradizioni contadine, e lei sin dall’infanzia le trattava da congiunte carissime. A cui confidava gioie e dolori, traendo conforto dal loro appesantire bacche quando facevano piegare i racemi in segno compiacente di ascolto, oppure annuivano con le chiome. In questo era specialista il basilico: dimenava le foglie per spargere nell'aria il suo odore speziato e consentire con l'interlocutore.
    Con lei, almeno.
    E questo allora, e ora che ha oramai un’età davvero adulta.
    Sospetta, però, che spesso non siano uniformi nel comportamento. Il basilico si mostra fiero del suo temperamento regale e, se qualcuno non gli va a genio, rende amare le foglie al momento della raccolta e rovina l'intingolo a cui viene aggiunto. Fatto risaputo, peraltro, dalle consorelle. Il pesto, in effetti, può comporlo solo lei, per ordine della Superiora, e risulta essere, a detta di tutti, un capolavoro di avvolgente, squisita, inebriante cremosità.
    Che le Suore invasano e vendono.
    I semi ancora nel tiepido calore dei suoi palmi irruviditi dalla terra, Elena si accinge a preparare il suolo per porli a dimora. Li depone in un cartoccio di carta da zucchero, appoggia con attenzione il cartoccio a terra e si mette a zappettare rapida, a scavare i rituali ricoveri in file ordinate e infine a sistemare i semi nelle loro stanzette di germinazione. Poi bagna la sezione d'orto appena lavorata, ammira le lattughe vicine dalle forme tanto prosperose da essere degne di un dipinto di Botero, i cetrioli che si arrampicano scomposti e belli da morire per i frutti pendenti e i fiori giallo sole.
    Con gli occhi pieni di bellezza Elena si siede sulla panca di legno che è il suo trono personale. Una volta accomodata, si toglie il velo, si ravvia i capelli con le dita e offre il volto al cielo. Da lassù, Maria la Semplice le sorride.
    Che meraviglia sentire il calore del Sole sulla pelle!
    Oh, mio infinito e buon Signore! esclama spontaneamente con le parole di Sant'Agostino. In un ringraziamento di umiltà profonda, di riconoscimento dell'incommensurabile potenza divina.
   Con la sacra formula, ripetuta in dolcissimo mormorio, comincia la parte spirituale del tempo dedicato all'orticoltura.
    È il momento della Meditazione cromatica. Ogni volta la tinta o la sfumatura prescelta risultano diverse. Oggi tocca al rosso-rosa dei pomodori Cuore di bue. Ne spicca uno dalla pianta, se lo porta al viso e ne inala l’essenza pungente. Adora il profumo di quelle creature paffute con l’ombelico in evidenza. Se ne sarebbe estratta la base per una colonia, stabilisce ridendo.
    E il buonumore le permette di rilassare il corpo, pulendo la mente. Appoggia, quindi, le mani l'una dentro l'altra e si fa scintilla nel vuoto, al seguito di una scia rosso-rosa e di una fragranza verde e matura assieme.
    Le piante in silenzio perfetto, armonizzano accordi con Elena che sta veleggiando in una dimensione dischiusa solo alla natura incontaminata.
    Lei è ormai un palloncino cui hanno tagliato il filo di ancoraggio. Si libra lieve tra fave novelle e piante aromatiche in fertili, pastosi cespugli che espandono effluvi stordenti.
    Vola, vola Elena, finché la scuote brutalmente una sgradevole voce in richiamo dalle cucine della Comunità: Elena ma che cavolo fai? Ti sei persa, anima sciocca che non sei altro? Porta la verdura. È quasi ora di pranzo.
    I toni sguaiati della cuoca! bisbiglia Elena, tra sé e sé mentre, faticosamente, si alza, raccoglie il cesto ricolmo di ogni ben di Dio e si affretta verso le cucine imboccando la porticina che dall'orto conduce alla zona dei servizi, e immettendosi nel passaggio cieco che è itinerario obbligato per le cucine.
    Si orienta a stento nel corridoio senza luce alcuna. Con un senso d'oppressione.

    In quella specie di cunicolo mal areato le succede qualcosa. Questa volta una mano invisibile le si poggia sulla gola e stringe fino a farle male.
    Ali ai piedi come rimedio, è una formula magica che può andare bene.
    Ma non sempre.
    Oggi no.
    Le cose stanno diversamente, oggi.
    Il respiro viene meno.
    Tanto da perdere quasi i sensi.
    Si appoggia al muro e scivola a terra mentre dal cesto cadono fave e piselli, zucchine, pomodori e lattughe. Un manipolo vegetale che sembra schierarsi in formazione di difesa attorno al suo corpo. Così lei crede in un barlume di semilucidità.
    Poi si lascia andare.
    Con i sovrasensi, rafforzati dalla meditazione, trova una dimensione chiara che le ridona l’aria.
    E ricorda l'infanzia.
    Vede la casa di nascita immersa nel verde rigoglioso della campagna laziale, gli spazi immensi in cui scorazza libera, cavalcando a pelo il suo amato baio di nome Barone. Riprova l’ebbrezza delle esplorazioni scandite dagli zoccoli dell’amico lungo le sponde selvagge del fiume Liri, dove nuotare, tuffarsi e giocare con fratelli e amici era una splendida routine, fragrante come il pane appena sfornato.
    Nelle narici il sentore fresco dell’acqua corrente, nei polpastrelli il contatto vitale con il suo cavallo, ricomincia adagio a respirare. Piena di quel senso sconfinato di devozione che l'aveva unita alla natura sin dalla nascita. Tutti l'avevano notato: in giardino sorrideva,  al chiuso piangeva. Cani, gatti, creature alate erano compagni abituali e s'intendevano a vicenda. Il piacere dello stare insieme brillava. Lei sapeva amare con trasporto il mondo circostante; cose, animali, uomini le entravano nel cuore e vi si insediavano gioiosi.
    Ricambiandola.
    Anche il Signore, lo amava allo stesso modo.
    Infinito. Totalizzante.
    Lui era il Creatore dell'Universo intero.
    Con Lui sarebbe stata felice.

    Elena si riprende a poco a poco. Si trova a terra, capisce che le è successo di nuovo. Il salto temporale la sfinisce fisicamente ogni volta, ma ora sa. Ricompatta i ranghi delle verdure, le ricolloca nel cesto con cura e le porta in cucina affidandole, a malincuore, alla cuoca, torna sui suoi passi e nell'orto, dove accarezza le piante, sussurrando parole dolci.
    Non ne dimentica una, delle sue protette.
    Si dirige, poi, verso il muro di cinta in cui c'è un cancelletto di ferro affacciato su una stradina rustica che volge al mare.
    Non lontano c'è il mare, si ripete mentre il cuore accelera i battiti e i piedi vanno veloci. Il luccicare delle onde all'orizzonte la chiama.
    Risponde correndo.
    E arriva.
    Si toglie i sandali, si siede sulla sabbia e inizia a decidere della sua vita.
    Dei semi non si fa problemi.
    La seguiranno sulle ali del vento dovunque voglia andare.
    Liberamente.
    Il buon sangue vegetale non mente.
    Questo ha ricordato alle piante in un saluto soffocato, allontanandosi dal Monastero.

    1 - 2 Giugno 2023

Irene Navarra