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venerdì 19 febbraio 2021

Poesia / Frammento 27: Incontriamoci all'Orizzonte.


Irene Navarra, Verso il San Gabriele / All'Orizzonte, Fotografia e Grafica, 2021. 


Incontriamoci all'Orizzonte.
L'ho detto in quella forma strana
che chiamo del Pensiero Lieve.
Tra me e me.
Come se l’Orizzonte fosse un bar
dove si va per un aperitivo.

Ero nel verde impallidito della mia campagna
quando mi vidi ridere e felice*
al limite lontano di quel mondo.
Là dove si fonde il cielo con il grigio di colline avare.
Riverberate da un fulgore
non della Stella che rischiara
l'universale essere concreto
- i nostri corpi effimeri -,
ma della gioia di anime fluttuanti attorno
rivolte a me che le abbracciavo in un sorriso.
Il placido sorriso delle Sfere.

Vivevo, dunque, all'Orizzonte.
Un'esistenza parallela non più isola deserta
ma Festa dì richiami e luce.

Vediamoci pertanto all’Orizzonte.
Staremo insieme.
Quietamente.

*Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio, Canto VI, v. 48.

mercoledì 7 ottobre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Confessione.


Siamo al Settimo Tempo della silloge L'opera incompiuta. Quello del pianto. Nel silenzio. E di nascosto. Con Ásgeir Trausti e la sua Andann dregur che mi risuona discreta nella mente. Ma non mi consola. Anche il sogno non serve. Non c'è luce o Visitazione che possa alleggerire il senso di Vuoto e di Assenza che provo. Così, di me resta un involucro. / Il cuore batte fuori.

 
Irene Navarra, La notte dentro, Fotografia e Grafica, 7 ottobre 2020.

 

Io
piango
in silenzio.
Di nascosto.
Nessuno può vedere le mie lacrime.
Quelle che contano davvero
che fanno solchi fondi sulle guance
e non danno requie.

Sono volata qui
in questa chiesa disadorna
di una landa astrusa
senza sapere come.
Tetto di travi nere
una sedia sbilenca
un altare di legno come sfondo
gelo azzurrino alle finestre.
Ásgeir mi canta Andann dregur
negli angoli riposti della mente.
Con il respiro lascio cerchi
foschi sopra i vetri.
Nella cornice delle labbra
avanza un sogno
ritmato da una pulsazione
che si gonfia e mi travolge.
Mentre si schiantano pareti
e implodono gli arredi
in turbinio selvaggio
di me resta un involucro.
Il cuore batte fuori.

Anche questa volta Ásgeir Trausti mi aiuta con un'altra magnifica ballata: Andann dregur- Il respiro si ferma. Myndir mi aveva invece accompagnata mentre scrivevo C'è una cerniera che si chiude (Qui il post e il video). La sua musica è magico motivo conduttore di molte mie emozioni.


mercoledì 30 settembre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Un'ubriacatura folle (Mentre mi adeguo al cambiamento).


Eccoci alla quarta lirica della mia raccolta L'opera incompiuta (qui la prima, qui la seconda, qui la terza).
Nell'immagine uno scorcio dell'amata campagna in cui ho passato giorni indimenticabili con Pablo golden retriever. Anche Lui adorava quest'angolo di Paradiso che è la benedetta Terra assegnataci per destino.
L'abbiamo percorsa  senza stancarci, appagati dalla sua bellezza frugale. Festanti di gioia pura per tanta grazia raffinata e semplice. Un dono del cielo.
L'abbiamo percorsa uniti dallo stesso desiderio. Spesso scivolando sui suoi pendii e rotolando tra infinite sfumature di verde e umili fiori di radicchi selvatici. Il riposo poi, protetti dai rami di qualche albero florido, era quanto di più esaltante si potesse provare. Ricordo un giorno di pioggia a scroscio, il rifugiarci di corsa sotto le impenetrabili foglie di un gelso secolare, il mio scrivere frettoloso un frammento di pochi versi sul quadernino che mi fa sempre da viatico (un inno al Signore nell'intenzione), lo sguardo estasiato di Pablo accucciato accanto a me.
Momenti straordinari, quelli (qui l'haiku e la foto di riferimento), recuperabili solo frugando nella mente graffiata dalla sua assenza. Momenti che chiudo in una  teca di nuvola dove solo io posso penetrare per incontrarmi con Lui. In un Tempo che sia compiuto e uguale a se stesso.

Irene Navarra, Il grappolo dimenticato, Fotografia e Grafica, 30 settembre 2020.

Un’ubriacatura folle
questo trasmutarmi quasi fisico
in foglia, ramo e umido terriccio
denso di sentori.

Non so davvero quale sia la differenza
tra la mia carne, il sangue che zampilla dallo squarcio
appena inciso nell’incavo del braccio e l’erba,
il fiore della malva ancora viola,
l’uva lasciata tra racemi secchi
in negligenza compiacente.

 

Vedere tutto questo
dietro lo schermo delle palpebre,
sentire sulla pelle che non è più pelle
brividi caldi di presagi come doni.
Niente figure di parole.
La Vera Essenza mi si mostra nel Silenzio.
Togliendo scorza a scorza
sedimenti antichi.
E dolori nuovi
da distacchi inevitabili.
Strazianti.
 

mercoledì 16 settembre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Nel verde.


Siamo al Terzo Tempo de L'opera incompiuta. Nel verde. Qui tento la trasformazione panica. Divento foglia. Ma non una foglia qualsiasi. Sono la foglia, ovvero un essere immaginario diverso dal me precedente. Mi faccio Altro. Tuttavia solo nella mente. La chiave del cambiamento è data da un assioma ora come ora inconfutabile:

IMMAGINO QUINDI SONO.

Così sia.

Irene Navarra, Metamorfizzando, Fotografia e Grafica, 2020.


Nel verde
(solo qualche inusitata volta)
riconosco l’assetto delle cose.

Anche di me
che sono un ibrido
di indipendenze brusche
dal conformismo unanime
e ammiccamenti occasionali.
Inconsapevoli dapprima.
Poi rei di adattamenti eccentrici.
Anomali in materia e forma. Impersonali.

(Ora m’inerpico sui bordi di una foglia. 
Con polpastrelli di smeraldo attingo
l’umore naturale come fosse vino.
Drenando sangue e linfa
so la bellezza duratura
delle vene della Terra.)

 

martedì 8 settembre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Il nocciolo della questione (Con Paul Verlaine).


Riccardo Bortolami, Variazioni, Acquerello e Grafica, 2013.

Primo Tempo.

Che la Vita fosse anche Morte io lo sapevo. L'avevo già provato il sentimento del Distacco, della Perdita, dell'Assenza. Pensavo di essermi vaccinata contro le ferite provocate dalla sparizione di una creatura amata. In fondo le esperienze servono! mi dicevo. Ti abituano, mi ripetevo. Ti piegano sì, ma nel contempo ti rendono incredibilmente forte. Li hai sentiti sulla tua pelle quegli attimi tremendi che separano il tuo respiro dal respiro di chi si sta involando. Ricicli quell'angoscia troppo intensa della prima volta, la smorzi, sminuisci, sopporti quindi, crescendo in consapevolezza, chiarendo alla coscienza ciò che non siamo e non saremo e non vorremmo mai. Te lo  racconti, convinta di riuscirci.
E invece no, no, no.
Il dolore dilaga impetuoso, travolge, scardina cuore e mente. È ormai allenato a invaderti - ha il fiato lungo dei fondisti - e lo fa con scienza imbevendoti di certezza negativa, cellula dopo cellula. Tenti di urlarlo, il tuo dissenso. Poi lo sussurri, lo manipoli, ne fai storie di resilienza feroce e saggia.
Fai, fai, fai.
Ma non serve a nulla. Che cosa rimane, pertanto, di tutto il tuo nuovo soffrire? Rimane attorno a te il maledetto vivere senza. Un insulto, un'imperfezione, una frattura violenta tra l'Essere e il Non-Essere. Un'illusione. Alla fine un tedio sottile che ti logora l'anima.
E finalmente ci arrivi: l'esistere, per la sua stessa materialità in sgretolio continuo, è sempre un'opera incompiuta.
Per compierla te ne saresti dovuto andare anche tu.
Ma sei ancora al mondo a macerarti.

Ecco, ho capito. Sono tuttora qui. La mia opera è di fatto incompiuta. Patisco una pena da mancanza. Da dimezzamento. Chi mi completava ha esaurito il suo tempo.
Aspetterò che si compia il mio.
Stornando qualsiasi ricatto sul tema del dovere etico, della ripresa socialmente esemplare.
Voglio la solitudine. E il silenzio.
Non ho interesse per quanti non sanno del mio vino già bevuto e del mio pane già mangiato.

Questa sostanza da alterare 
io l’ho premuta,
ripremuta
anche spillata
quando scivolava
in subdolo fluire tra le dita.
Ne ho tratto un frutto minimo
che sa di decadenza.
Una molesta opera incompiuta.


Ah! Tutto è bevuto! Non ridi più, Batillo?
Tutto è bevuto, tutto è mangiato! Niente più da dire!
Solo, un poema un po’ fatuo che si getta alle fiamme,
solo, uno schiavo un po’ frivolo che vi dimentica,
solo, un tedio d’un non so che attaccato all'anima!

(Ah! tout est bu! Bathylle, as-tu fi ni de rire?
Ah! tout est bu, tout est mangé! Plus rien à dire!
Seul, un poème un peu niais qu’on jette au feu,
seul, un esclave un peu coureur qui vous néglige,
seul, un ennui d’on ne sait quoi qui vous afflige!)

Da: Paul Verlaine, Languore (Langueur), in Allora e Ora (Alors et maintenant), vv. 10 - 14.

domenica 28 luglio 2019

Poesia / Derive - La rosa azzurra della sera.


Esorcismi di salvezza.
Irene Navarra, Lumini sul davanzale, Fotografia e Grafica, 2017.


Molti lumini accesi
per gli occhi oltre il vetro.

Il muschio del greto di un pensiero
molle sul collo come laccio tenue.

La mela gialla sopra il davanzale
perché attiri sguardi smorzi sguardi.

La rosa azzurra della sera solo fuori.

Da Irene Navarra, Derive, GA, 2009.




Esorcismi di salvezza.
Irene Navarra, Malum versus Nox, Fotografia e Grafica, 2017.



Derive
Esistenziali, naturalmente, quelle di Irene Navarra.
Spirali costanti nella continua combinazione e mutazione degli eventi.
Flussi remoti.
Travolgenti metafore.
Come segni di una nuova cartografia per gli arcipelaghi della mente e dell’anima.
Paradossali ipotesi di salvezza.

Dall' Introduzione a Derive di Silvia Valenti.





Il libro, diviso in due sezioni, “L’ora d’Ombra” e “Il Mondo Fuori”, che a sua volta raccoglie “Silenzi”, “Controlli & Autocontrolli”, “Rimedi”, narra un viaggio intimo e personalissimo di sofferenza, di crolli e rinascite, di mimesi, anatemi e benedizioni, di magia e quotidianità anche scabra. E’ un’indagine panempatica che ci immerge in un liquido generatore di vita e dubbi, primordiale e irrinunciabile, l’Ombra, di cui l’autrice afferma il segno precipuo, rivelando che “L’unica veritiera / è quella che passiamo / all’ombra di noi stessi / interrogando / su di noi / la nostra nuvola.” [da “L’ora d’Ombra: sostanza e potere”].
Si tratta dell’Ombra che Freud e Jung definiscono parte costitutiva della psiche in relazione più o meno disponibile all’io cosciente. Il penetrare l’Ombra porta alla scoperta delle nostre difformità, facendocele accettare come un’affascinante terza dimensione in cui gli opposti possono coesistere, integrati in complice accordo. L’Ombra è pertanto l’interfaccia della luce con la tenebra, senza la quale la luce stessa non esisterebbe; e noi, plasmati di chiaroscuri, non saremmo uomini. È “Un utero materno da esplorare.” [da “Preludio”], la componente selvaggia destinata a restare invisibile se l’indole è gretta, a espandersi invece se la nostra interiorità tende oltre i confini del tangibile.
L’insieme dà la completezza, sembra rammentarci la scrittrice. La scissione rende l’uomo cieco. Può generare alienazione.
Le coordinate che ci fornisce, si dispiegano attraverso l’intera opera come in un portolano. Sono il tempo, lo spazio e il riflesso, da intendersi sia nel loro senso comune, sia in qualità di pretesti lirici di trasformazione e trasfigurazione. E ancora la “queste” ontologica, perfezionata grazie all’assimilazione del pensiero michelstaedteriano, senza nemmeno l’eventualità del suo epilogo, ma con la medesima passione, con le stesse capacità visionarie e persuasive di quel sé che, nel beffardo teatro della vita, si muove a volte come un fantasma, altre da Golem vendicatore.

Dalla Prefazione di Silvia Valenti al mio Derive (Prima parte).
Ancora grazie, Silvia, per la dedizione con cui hai affrontato l'analisi di questo libro che è parte della mia anima. 


E ora il video.


venerdì 2 giugno 2017

Poesia / Ascoltando il Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart (Recordare Jesu pie).


Un pomeriggio passato a casa di due amiche musiciste.
L'interpretazione al pianoforte del Requiem di Mozart.
In me visioni ininterrotte.
Il culmine nella Sequentia, durante il Recordare.

Michela e Daniela Cuschie, grazie.

Irene Navarra, Dalla Terra al Cielo, Fotografia e Grafica, 2017.


Onda sonora che si snoda, indugia, sale
come convolvolo di velo.
Lontane le promesse.
Laggiù, oltre le cose della terra,
un albero scandito dentro il cielo
offre i suoi rami millenari.
Pallida seta, l’orizzonte.
Un punto è Luce fulgida di voci.
Rossa di sangue sacro.
Mi lascio andare.
E la corrente
s’increspa in brezza mite.
Sono alla cima ormai.
Vedo l’Eterno facendo schermo
agli occhi con la mano.

So quanto slancio serve ancora
per conquistarti il cuore,
amabile Gesù di festa e pianto.
Chiamami adesso.
Mi librerò leggera.
Sarò una piuma arcobaleno
che si trastulla nella manna del tuo sguardo.

Irene Navarra, Onda di Luce, Disegno grafico, 2017.

E ora il testo del Recordare attribuito a Tommaso da Celano (1190 ca. - 1260 ca.).
La traduzione dal latino (talvolta libera per necessità di senso musicale) è opera mia.

Recordare Jesu pie,
quod sum causa tuae viae,
ne me perdas illa die.
Quaerens me sedisti lassus,
redemisti crucem passus;
tantus labor non sit cassus.
Juste judex ultionis,
donum fac remissionis
ante diem rationis.
Ingemisco tamquam reus,
culpa rubet vultus meus:
supplicanti parce, Deus.
Qui Mariam absolvisti,
et latronem exaudisti,
mihi quoque spem dedisti.
Preces meae non sunt dignae,
tu, bonus, fac benigne,
ne perenni cremer igne.
Inter oves locum praesta,
et ab haedis me sequestra,
statuens in parte dextra.

Ricordati, Gesù pietoso,
che sono il motivo del tuo viaggio,
e di non perdermi nel giorno del distacco. 
Tu mi cercavi e ti sedesti stanco,
tu mi hai salvato con il tuo martirio; 
tanto travaglio non sia vano. 
O giusto giudice di punizione, 
dacci la remissione dei peccati 
prima del giorno del giudizio. 
Piango perché sono colpevole, 
il mio volto arrossisce per la colpa: 
risparmia chi ti supplica, o Signore. 
Tu che hai assolto Maria, la Maddalena, 
e accogliesti anche il ladrone, 
tu mi hai offerto la speranza. 
Le mie preghiere sono indegne, 
ma tu, per tua bontà, benignamente fa' 
che io non sia bruciato nell'eterno fuoco. 
Prepara un posto tra gli agnelli, 
e tienmi separato dai capretti, 
lasciandomi sedere alla tua destra.

Per chi volesse leggere il post con il sottofondo della musica di Mozart interpretata
dai Solisti Barocchi inglesi e dal Coro Monteverdi sotto la conduzione di John Eliot Gardiner,
ecco il link.

domenica 16 aprile 2017

Poesia / Credere o non credere (nella Resurrezione).


Questo è il mio augurio di Buona Pasqua.


Atto di Fede.
Irene Navarra, Dal nucleo di Cristo, Disegno grafico, 2013.
Dal nucleo di Cristo

Dal nucleo di Cristo ai poli
opposti della croce con la santità
sfuggente in schegge dai suoi bordi.

È cipria impalpabile l’eco della luce.
Copre di calce ogni sepolcro.
Disinfetta anime pulsanti
dentro sudari candidi.

Così si svela la metafora:
il cielo è veste estrema
di un morto molto illustre
che camminò a passo fermo
sul lago di Tiberiade.

Dal mio Dentro, pag. 60, Luglio Editore, 2013.


Eccoci nel cuore di Dentro, la seconda (e omonima) silloge del libro. Ho le mani come scavini, pronte a sondare ciò che mi macera. La mente accorda e disunisce mentre percorro le soglie di astrazione delle mie mistiche quotidiane. La vista si volge alla pura attesa di un portento.
Che avviene.
Là so allargare lembi di Cielo e rivoltarli e guardarne i segni. Tra credulità eccitata e fulminea disillusione. Perché è la figura di Cristo a diventare, a questo punto, una mappa di domande e risposte. Contrappuntate dalle contraddizioni intrinseche al nostro essere creature pensanti sì, ma anche reliquie di qualcosa che è avvenuto troppo tempo fa e ci ha trasformati inducendoci all’Amore. Per affidarci, poi, a solitudini desolate. Trafitti sempre dal dubbio. Fonte di ogni conoscenza, si dice. Che non può, tuttavia, raccontarci nulla della sostanza sacra. La cui Verità è oltre qualsiasi comprendere. Sta – lo sento - nella scintilla che ci accende l’anima soffocando la ragione. A capirla non contano miti né nudità innocenti mirabili di immediato splendore.
Togliere veli è il mio destino.


domenica 5 marzo 2017

Poesia / Margini - Esclusioni 3.


I versi fanno parte della silloge Esclusioni: la prima di Margini. Quella che mi meritò il Premio Cesare Pavese ritirato con grande emozione nella casa natale del poeta a Santo Stefano Belbo, paese delle Langhe cuneesi.
Rileggendo questi frammenti lirici a distanza di molti anni, non posso fare altro che riconfermare lo stesso senso di lucido distacco espresso allora.
Per leggere le poesie precedenti Qui.
E Qui.

La Scelta.
Irene Navarra, Il punto d'oltre ragione, Fotografia e Grafica, 2017.

VIII
In una zona d’ombra
soffice di muschio,
sorda alle vibrazioni
degli incontri voluti,
vivo da un po'.

Per il momento
priva di compagni,
posso nell’attesa
divorarmi.

IX
Lo troverò,
disperso nella memoria,
il mio punto
d’oltre ragione.

X
Solo nel centro
voglio naufragare.
Nel centro dell’origine
del cielo,
Del rutilante punto
della mente sola con sé.

mercoledì 1 marzo 2017

Poesia / Margini - Esclusioni 2.


I versi fanno parte della silloge Esclusioni: la prima di Margini. Quella che mi meritò il Premio Cesare Pavese ritirato con grande emozione nella casa natale del poeta a Santo Stefano Belbo, paese delle Langhe cuneesi.
Rileggendo questi frammenti lirici a distanza di molti anni, non posso fare altro che riconfermare lo stesso senso di lucido distacco espresso allora.
Per leggere le poesie precedenti Qui.

Fuori da ogni cerchia.
Irene Navarra, Il popolo dei Margini, Disegno grafico, 2017.

V
Per cieche gallerie
popolate da talpe
dalle palpebre attonite
procedo
col cuore che bisbiglia
dolci cantilene
di ricordi.

Temo di non volere
più la luce.
Nel buio oramai
so riscoprire
l’ostinata essenza
dell'esistere.

VI
Volevo strapparmi
le radici.
Sterpo senza linfa
sognavo il sole
dell’inconsistenza,
il tempo che mi avrebbe
cancellata.

Per lo sradicamento
mancava solo
una risposta.
Esiste senso
nella morte
se anche nella scarna
aridità c’è vita?

VII
Divenuta per necessità
scatola sigillata
ho messo un’etichetta esplicativa:

“RIFUSI, RIMASUGLI, NONCURANZE".

Sono oramai parte integrante
del popolo dei Margini.

giovedì 23 febbraio 2017

Poesia / Margini - Esclusioni 1.


I versi fanno parte della silloge Esclusioni: la prima di Margini. Quella che mi meritò il Premio Cesare Pavese ritirato con grande emozione nella casa natale del poeta a Santo Stefano Belbo, paese delle Langhe cuneesi.
Rileggendo questi frammenti lirici a distanza di molti anni, non posso fare altro che riconfermare lo stesso senso di lucido distacco espresso allora. 

I
In questa corsa
per guarire le ferite
precipitiamo
- non si sale mai -
in prove senza blocchi
di partenza.

II
E nel silenzio
che mi cresce intorno
poche parole entrano
e si fermano.

La mente - lavagna
cancellata - non conosce
i futili arabeschi
delle sonore e lunghe
onde di riflusso.

Senza alternative.
Suomi Vinzi, Esclusioni, Disegno a lapis, 2002.
- Illustrazione della prima silloge di Margini -

III
Continuo a chinarmi
a sparsi luccichii
di cacce al tesoro
già consunte.

Stanca raccolgo perle
di liquido metallo
che filtra tra le dita.

IV
Vivere? È come pattinare
sugli specchi.
Degli altri - anime chiare
scivolanti al dunque -
vedi il doppio.
Di te solo il riflesso.

E se ti cerchi,
ti ingarbugli
e cadi
tra schegge rovinose
nel retro dello specchio.

venerdì 10 febbraio 2017

Poesia / Percezioni (La luna-mappamondo).


Quattro chiacchiere con la luna.
Irene Navarra, Il sorgere della luna, Disegno grafico, 2017.


La luna-mappamondo sorge
dal San Michele. Arretro
per vederla meglio.
Le do le spalle
e corro più lontano.
Insistono le impronte.
Cave dentro l’erba.
Premono sulla nuca
i polpastrelli della luna.
Mi giro.

(Solleticata
dal crinale dell’altura
sorride compiacente.)

Da: La terra, la visione (Gorizia e dintorni tra realtà e sogno), EdL, 2009.


giovedì 20 ottobre 2016

Poesia / Irene Navarra - Dentro (Quadrato nero).


Dal mio Dentro (Luglio Editori - Premio Città di Mesagne 2013).
La lirica dedicata a una creatura molto amata, che non c'è più,
è tratta dalla terza parte del libro, Cronaca di un'Assenza.
Nella Nota è inserito un breve testo di Margini (B&V,  Editori, 2002)
per suggerire un fragile ritorno alla Luce.

Di Margini fa parte la silloge Esclusioni che mi ha meritato
il Premio Cesare Pavese ritirato nella casa natale dello scrittore a Santo Stefano Belbo (Cuneo - Piemonte).

Qui trovate altre notizie sulla sezione Parole e Immagini del sito di Dentro.

Indizio in bianco e nero.
Irene Navarra, Quadrato nero, Disegno grafico e Nota a margine, 2014.


Ed ecco il video con cui ho aperto la serata di presentazione del volume al Teatro Incontro di Gorizia. È fatto di Contaminazioni liberamente ispirate all’opera La scatola nera della pittrice Vilma Canton Lautieri. Dal Buio dello sfondo emerge l’Oro delle immagini che scorrono o ruotano in moto discontinuo per altalenanti apparizioni e dissolvenze. A significare l’infinita ciclicità dell’Essere/Non-Essere e l’affacciarsi del Divino nelle vicende umane. Burattini spuntano dalle crepe della materia cromatica mentre la voce narrante evoca il suo personale Vuoto percorrendo le regioni astratte del pensiero. E dice: Ricordo lo scoppio della nascita. / Lo scoppio e poi più nulla. / Era iniziato il Vuoto mio particolare (da Microconflagrazioni per reimpostare in Dentro, pag. 35).



giovedì 21 aprile 2016

Poesia / Derive (Rimedi - Dimidium animae meae).


Derive.
Esistenziali, naturalmente, quelle di Irene Navarra.
Spirali costanti nella continua combinazione e mutazione degli eventi.
Flussi remoti.
Travolgenti metafore.
Come segni di una nuova cartografia per gli arcipelaghi della mente e dell’anima.
Paradossali ipotesi di salvezza.

(Dalla Prefazione a Derive di Silvia Valenti)

Devo patire anche la vita
in equilibrio da Domino perplesso.
La linea mediana del presente
agìta con passione esuberante
mi porterà a travalicare.
Sfidare.
Superare.
Tutto fuorché sé rassegnare a non
disimpigliare il piede dall'impaccio
mentre l'acqua sale.

Quando ogni giorno della tua vita segue un percorso del tutto indipendente da qualsiasi volontà personale, cerchi dei Rimedi. Scandagliare la propria anima, riconoscendone le ferite, è un buon inizio.

Nell'immagine: Silvia Valenti, Il salto, Fotografia e grafica, 2014 (courtesy dell'artista).

sabato 18 gennaio 2014

Poetica 1 / La preghiera


Autunno.
Irene Navarra, Stagioni, olio su tela, 2014.

“E nel tuo ventre primordiale
arriveremo”, 
mi dice il viaggiatore sgranando il suo rosario
di foglie, passi, intoppi,
slanci e frane.

“E col tuo alito
noi ci plasmeremo.
Perché sei Eva nostra
salva da peccato
e ci fai adagiare
sul tuo seno”,
ripete assorto,
salmodiando fioco.

E Io - la Madre Terra
Salutare - filo il mio
verde stame vegetale,
tesso la mia pietosa
ruggine leggera
per chi si asciuga
in quel fatale andare.
Privo del seme
della sosta in me.

Irene Navarra, La preghiera, da Quasi una biografia, in Margini, B&V Editori, 2002.