Visualizzazione post con etichetta arte grafica. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta arte grafica. Mostra tutti i post

giovedì 1 giugno 2017

Poesia / Vetro (7). Con Toti Scialoja e Alfred Kolleritsch.


Nel mio libro lirico Dettagli (Edizioni della Laguna) Vetro è una silloge della Seconda Parte. Vi racconto la maledizione del vedere tutto, sentire tutto, comprendere tutto.
Ambientata in un SottoMondo marino, propone vie di salvezza al vivere feroce dei nostri tempi.
Rimedi. Ciclici come la risacca e la marea.
Creatura in metamorfosi, dunque, costretta a guardare attraverso palpebre cristalline, costruisco un universo parallelo in cui gli stati esistenziali diventano fluidi e si compenetrano in coerenza crescente. La Vita e la Morte si soffondono, così, di un Vaghissimo sentore della Luce che disarticola ogni senso comune favorendo percezioni profonde.

Farsi abbagliare dalla limpidezza.
Irene Navarra, La Morte-Vetro, Disegno grafico, 2017.


7

La Morte-Vetro è musica solenne.
Vaghissimo sentore della Luce.

(Le particelle finalmente libere
– non più orribili siamesi –
gemono appaganti vibrazioni
smorzate solo da un possibile
guardare spalancato nella pece.)

Rileggendomi, a distanza di anni, ritrovo significati e significanti. La Morte-Vetro si fa effettuale nel giorno dopo giorno. E il paradosso del Vedere di più, potere di meno assume indiscutibile risalto. Ripenso allora a una lirica di Toti Scialoja che mi ridefinisce matericamente lo spazio con il guizzare di una profetica metafora.

Inquietudine.
Irene Navarra, La Morte-Vetro e Ἰχθύς, Disegno grafico, 2017.

La sagoma di un nero
pesce istantanea scorre
controluce entro il limpido
verde che l'onda innalza

da destra – lastra liquida
che via via si rovescia
– l'anima in quella lamina
non se la passa liscia.


Da Impera in Le sillabe della sibilla (1983 - 1985).
Fonte: Toti Scialoja, Poesie, Garzanti, 2002.


Mentre Alfred Kolleritsch, frugando negli strati del reale, punta dritto al cuore della morte con la sua Rovescio (in Il primato della fioritura, Crocetti Editore, 2000), mettendo a nudo la fragilità dell'essere. Così, onda per onda, si scioglie ogni certezza.
E io scivolo indietro.
Senza appigli sdrucciolo nella mia condizione primigenia intossicata dalla sensorialità.
E me ne sto inerme ad aspettare il Vetro di un pensiero.

Sgomento esistenziale.
Irene Navarra, Senza riparo, Disegno grafico, 2017.
Le immagini della morte
al mare in quanto morte,
intimamente nella carne
le spiagge disseminate.

Inviano la brama
ai gabbiani, spaccano la porta,
e nello splendore
è spenta la luce.

Essere così esposti a se stessi,
senza mutevole contesa per questo,
che si mormori nei cespugli,
eccede il diritto ai nomi.


Poesia / Vetro (6). Con Kenneth White.


Nel mio libro lirico Dettagli (Edizioni della Laguna) Vetro è una silloge della Seconda Parte. Vi racconto la maledizione del vedere tutto, sentire tutto, comprendere tutto.
Ambientata in un SottoMondo marino, propone vie di salvezza al vivere feroce dei nostri tempi.
Rimedi. Ciclici come la risacca e la marea.
Creatura in metamorfosi, dunque, costretta a guardare attraverso palpebre cristalline, costruisco un universo parallelo in cui gli stati esistenziali diventano fluidi e si compenetrano in coerenza crescente.
La Vita e la Morte si soffondono, così, di un Vaghissimo sentore della Luce (in Vetro 7) che disarticola ogni senso comune favorendo percezioni profonde.
I tratti del disegno seguono chimere di suoni. Sono i segni una persuasione illusoria.
Farsi diapason degli abissi è accettarne il silenzio solenne che anticipa la morte vibrando di accordi muti.

Vibrare di accordi subconsci.
Irene Navarra, Campane e sistri, Disegno grafico, 2017.

6

Se c'è un rintocco di campane
che si propaga in sistri
negli atomi disciolti del mio corpo
divento diapason arcano
e cantilena di corallo nero
amata dalla piovra degli abissi.

(Allora la mia teca di cristallo
allarga cerchi giganteschi
nel silenzio immobile.)

La Sezione XVII della raccolta lirica Lungo la costa di Kenneth White (Amos Edizioni, 2005) mi riporta alla vita. Dai cerchi di cristallo della mia teca il pulsare del pensiero nella sua grazia luminosa.

it will come again
                           the living thought
              certain as those wings
                                    that catch the light
    and exact in its loveliness
                      certain as those wings
                                 and
          exact in its loveliness
                                      the living thought
it will come again.

verrà di nuovo / il pensiero vivente / certo come quelle ali /  che catturano la luce / ed esatto nella sua bellezza / certo come quelle ali / ed / esatto nella sua bellezza / il pensiero vivente / verrà di nuovo.

Traduzione di Irene Navarra.

Poesia / Dettagli - Vetro (5).


Nel mio libro lirico Dettagli (Edizioni della Laguna) Vetro è una silloge della Seconda Parte. Vi racconto la maledizione del vedere tutto, sentire tutto, comprendere tutto.
Ambientata in un SottoMondo marino, propone vie di salvezza al vivere feroce dei nostri tempi.
Rimedi. Ciclici come la risacca e la marea.
Creatura in metamorfosi, dunque, costretta a guardare attraverso palpebre cristalline, costruisco un universo parallelo in cui gli stati esistenziali diventano fluidi e si compenetrano in coerenza crescente. La Vita e la Morte si soffondono, così, di un Vaghissimo sentore della Luce (in Vetro 7) che disarticola ogni senso comune favorendo percezioni profonde.
La gamma coloristica del disegno suggerisce il progredire degli stati cognitivi. Nel contempo, però, anche il fatidico destino di chi, pur illuminato, non interagisce per un naturale conformismo. Abbandonarsi, infatti, alla pura energia primordiale, sottesa panicamente a ogni essenza, significa rinunciare al libero arbitrio.
Da qui il paradosso del sapere di più e potere di meno.

Il destino degli esseri di vetro.
Irene Navarra, Occhio di mare, Disegno grafico. 2017.

5

Vedere con la vista liquida
nella penombra submarina fa
in fondo penetrare nelle cose.
Anzi è tutt'uno con le cose.

(Consolazione inconsistente per chi
non ha che vetro attorno a sé.)

venerdì 28 aprile 2017

Critica / La CAGE Art di Eugenio Bernes.


Πάντα ῥεῖ.

Eugenio Bernes, Πάντα ῥεῖ, CAGE.
- 2013 -
Tutto scorre. Certo. Lo dice lo PseudoEraclito. Il Divenire la vince sempre sull’Essere. Almeno nella nostra dimensione mortale e al di là del fatto improbabile che, se un Λόγος ribelle, sotteso ai fenomeni effimeri, portasse la quiete in ogni punto, uguale a se stesso inalterabile indomabile, ci sarebbe una stasi per le forze che fagocitano materia su materia e la trasformano in altro da sé. In moto perpetuo. E ciò riciclando il substrato complesso in cui le varianti si assestano come tappe di sviluppo, dopo il primo impulso. Impulso d’artista naturalmente. Oppure divino. Estro generativo alla fin fine, dagli esiti sempre esteticamente straordinari perché la rielaborazione gestita dall’Intelligenza sovrana, che informa accordando, possiede una sapienza intrinseca assoluta.
Viene da chiedersi quali ne siano le caratteristiche. Solo intensive? Soltanto extensive? Entrambe assieme?
Se vale l’ultimo rovello, qui si parla di Dio.
Allora: la mano di questo Dio informatico sparge manciate di notizie, chi si apre al contatto raccoglie le più palesi, le analizza e ne rigetta alcune sulla scacchiera da sistemare. Per avviare il processo. Che diventa autonomo quando l'autore antropomorfo chiude la sua volontà e lascia il Libero Arbitrio al fermento intimo di ogni cosa in evoluzione germinativa di rimandi subliminali. Come il volto di giovane donna dell’opera in esame nato dalla mano protesa in alto a sinistra e predisposta a spargere i suoi trucchi sulla campitura di lavoro. 
La mano di Dio, dunque.
Tre sono, allora, le fasce dell’opera, interagenti l’una con l’altra in motivi sempre più complessi. Dall’assoluto dell’Alto, al comporsi del centro in occhi delicati e volto e collo morbidi da modella rinascimentale, al gioco quasi optical dell’angolo in basso a destra, dove gli sprazzi di sostanza colorata stanno ancora formando una progenie mutante. Mentre captano segnali di stili già vissuti, riformulandoli in calembour beffardo. Guai all’artista, infatti, che si esaurisca in una scuola o nella ripetizione di tecniche e moduli, sembra ammonire il Demiurgo Metaumano/Gran Burattinaio del procedimento in fieri. Il nostro hic et nunc deve affermarsi come preludio a una trascendenza in grado di percorrere i reticoli della comune gabbia digitale travalicandone le barriere.
Un po’ nella scia del Color Field newyorkese degli anni ’40 –‘50, soprattutto per il concetto del superamento dello spazio pittorico mediante un tendere geometrico/cromatico all’invasione delle zone cellulari. È la stessa forza di gravità a scagliare sul supporto grafico macchie liquide rapprese o colanti. Sono i tratti inconfondibili di Clyfford Still, Mark Rothko, Barnett Newman, Hans Hofmann, Gene Davis, Ronnie Landfield, Frank Stella e, soprattutto, di Sam Francis a portare testimonianza di superfici di intervento vaste, alias luoghi pittorici adatti a registrare i gesti d’artista iniziali come inscindibili dall’azione che li ha generati.
Una scorta buona, questa, che rende ragione del citazionismo multimediale in cui la C.A.G.E Art di Eugenio Bernes, giovane musicologo, musicista e informatico, si muove con agio.
E non c’è Leonardo da Vinci o Georges Braque che tenga: il fattore X è insito negli elementi. Il cacciatore più astuto (o più sensibile) lo coglie e del modo fa sistema.

Irene Navarra / Quaderni di critica / Artemisia Eventi Arte / Eugenio Bernes /
12 maggio 2013


Riflessioni durante un tramonto.

Eugenio Bernes, Riflessioni durante un tramonto, CAGE.
- 2013 -
Una fruttuosa in/evoluzione, questa dell'ultimo CAGE di Eugenio Bernes. Una sorta di voluto back to the future se si considera il ritorno al passato nel figurativismo che sottende all'opera e, in controcanto, il progresso verso una maggior personalizzazione. Ovvero: per la fase di partenza accantono il medium puramente tecnologico, lo confermo per l'amalgama dei momenti successivi, tuffandomi però con scienza e coscienza nelle "buone cose" antiche - di sicura matrice irongozzaniana - e recuperando, tramite le emozioni, la realtà effettuale. Uno straniamento con regresso, quindi, che dà i risultati ottimali della contenuta malinconia espressiva del soggetto. Ciò che colpisce di prim'acchito è la struttura generale del ritratto fatta delle linee morbide del busto da cui sboccia il volto di giovane donna assorta in visioni interiori che non ci è dato sapere. La geografia fisica risultante è articolata di pochi segni grafici alieni al gioco perverso del CAGE.
Nessun Dio informatico a porre limiti. 
Resta l'idea che abita l'autore, valgono la sua ispirazione e la forza del tratto graffito sulla carta. Tangibilmente graffito sulla carta. E poi avventurosamente elaborato con criteri di salvaguardia di ogni sembianza. Così, l'ovale inclinato del volto ripreso nel doppio dello scollo, l'intersecarsi lievemente a V delle braccia, la diagonale obliqua delle spalle, i capelli ricadenti a unire con le loro onde fluide mente e cuore, sono tutti dettagli di grande naturalezza. Scaturiti nella luce di un qualsiasi tramonto forse vissuto o, forse, solo immaginato. La situazione concreta non è rilevante. Conta la mano che si è mossa sotto l'estro di una folgorazione, conta quell'accennato sorriso enigmatico da Monna Lisa un po' estenuata che la potente fantasia enuclea, conta il balzo percettivo che si riappropria dell'originario suo ruolo demiurgico e infonde impulso alla creazione. 
La resa finale è un'altra storia. Racconta calibrature cromatiche, luminescenze tonali, ricerca di equilibrio iconico. Il tutto secondo formule di perfezionismo formale irrinunciabili per l'artista.

Irene Navarra / Quaderni di critica / Artemisia Eventi Arte / Eugenio Bernes /
21 settembre 2013


Kammermusik No.6.

Eugenio Bernes, Kammermusik No. 6, CAGE.
- 2013 -
È il tempo il tema di quest’opera. Non la musica. O meglio: apparentemente vi si svincola un motivo che è quello della composizione n° 6 di Paul Hindemith per viola d’amore – lo dice il titolo -, in verità però è la memoria pura di onde sonore eterne a scorrerla. Generate, queste ultime, dal gesto, e convergenti in risucchio metafisico verso il gorgo blu Klein all’apice del disegno cellulare. La materia si sta disciogliendo, vi permangono però ancora i simboli dell’attimo: gli occhi chiusi nell’intensità della prova, il cavigliere con i suoi piroli ben evidenti, le serpentine delle fiamme, il grafismo sottile dell’archetto. Niente di più. La C.A.G.E. Art ha cancellato il resto rendendo tutt’uno il fatto spirituale e il dato fisiologico. L’intima relazione dell’esecutrice con il Tutto si sta evolvendo, il passo successivo sarà la disintegrazione fluida di ogni tratto e l’espansione (o contrazione?) trascendente che restituisce qualsiasi concretezza alla coscienza universale. Per quanto la scritta in chiaro Sezessionstil tenti un argine a tale trasformazione, ponendo dall’esterno del fenomeno ormai iniziato ironici limiti a quanto è inevitabile.

Irene Navarra / Quaderni di critica / Artemisia Eventi Arte /
Eugenio Bernes14 ottobre 2013






Nemesis, ovvero la: una CAGE Art Evoluzione ricca di fermenti.

Eugenio Bernes, Nemesis, ovvero la, CAGE.
- 2013 -

Siamo nella fase ormai matura della CAGE Art di Eugenio Bernes. Sotto i giochi cellulari c'è la penna grafica che segna la carta virtuale di un'opera nata come contestazione.
Il suono è la base del disegno. Un suono che ti squassa dentro e conflagra. Un grido che deve terrorizzare chi si oppone prima dell'urto micidiale con inevitabile disintegrazione di qualsiasi materia. Un suono immane e inimmaginabile.
Così urlò Medea prima di uccidere i figli, consacrandosi agli dei della Notte.
Nel dipinto le storture del vivere vengono fagocitate da una bocca dilatata a dismisura, spalancata fino a diventare l'emblema del vuoto di razionalità in cui rotolerai consenziente. Il sangue si fa nastro che serpeggia entrando/uscendo da cavità tenebrose. L'azzurro non è un resto di cielo ma brandelli di carne putrefatta, il volto, pallido di furore, si contrae e allunga in dimensioni infinite.
Nulla può resistere a questa spinta esplosiva.
La scelta del soggetto, serialmente reso, segue la logica dell'amplificazione. Monta la rabbia nel cervello, preme sulle pareti del cranio come una corrosiva schiuma rossa, deflagra e non si disperde. Perché il Golem si è liberato e macina tutto nella sua corsa atroce.
Che gli automi cellulari lo assecondino, dunque. Nel moto perpetuo di cui si fanno perenni messaggeri. Se la mano dell'artista, pur pacata, deciderà di non fermarli affinché plasmino concretamente Nemesi e la sua legge assassina.
Amen.

Irene Navarra / Quaderni di critica / Artemisia Eventi Arte / Eugenio Bernes /
1 dicembre 2013

domenica 23 aprile 2017

Poesia / Senza parole - Identità (Con Sylvia Plath).


Di Poesia è fatto il mio cammino.
Senza la Poesia io sono niente.

Sapere la propria Identità.
Irene Navarra, Il mio cammino, Disegno grafico, 2017.

Finché c'è Lei, io non ho Limite.
Il Limite di Silvia Plath che lascia i figli nella culla e compie l'ultimo volo.
Lei non aveva più nemmeno quella. La Poesia, intendo.
Così, mentre la leggo e l'amo d'amore immenso, proseguo ―  passo dopo passo ― con lo sguardo teso all'orizzonte.
Non oltre, adesso.
No.
Limite

La donna è perfezione.
Il suo corpo

Morto ha il sorriso della compiutezza,
Un'illusione di una greca necessità

Fluisce nelle pieghe della sua toga,
I suoi nudi

Piedi sembrano dire:
Abbiamo fatto tanto cammino, è finita.

Da Ariel di Sylvia Plath.


Edge

The woman is perfected.
Her dead

Body wears the smile of accomplishment,
The illusion of a Greek necessity

Flows in the scrolls of her toga,
Her bare

Feet seem to be saying:
We have come so far, it is over.

From Ariel by Sylvia Plath.





giovedì 20 aprile 2017

Poesia / Haiku - Di soglia in soglia.


Equilibrando
fluide tracce mutano
di soglia in soglia.

Lightly harmonizing
liquid traces change themselves – 
Threshold by threshold.

Le nostre radici si cambieranno in ali.
Irene Navarra, Mutazioni, Disegno grafico, 2017.

sabato 25 marzo 2017

Poesia / La terra, la visione - Sul limitare di mondi paralleli.


In un Non-Luogo dove tutto è possibile.
Irene Navarra, Druido / Sul limitare di mondi paralleli, Disegno grafico, 2014.
                                                                                              
                   Sul limitare di mondi paralleli
                   l’Albero-custode sosta assorto
                   nel gorgo delle sue visioni.
                   Occhiaie immense dilatano
                   la percezione di un Altrove
                   diffuso dietro il varco.
                   Sembra che il firmamento
                   sia ruzzolato nel suo petto.
                   Travolti sole e stelle, la bora
                   stride nella pancia asciutta
                   con sporte di germogli -
                   capsule-sonagliere -
                   il crepitare dei silenzi
                   su drupe d’agrifoglio
                   radenti melodie. -
                   Per rimanere là.
                                 Dove la mente
                                 alligna coi suoi semi
                   e l'anima nidifica di rovi,
                   brucia per sorbi fulvi.
                                 (Memoria millenaria trabocca dalle fibre
                                 la smania di una terra che rinasca vergine.
                                 Solo di notte. Se il Drùido danza nudo
                                 nella manna pastosa del plenilunio.)

Qui per saperne di più sul mio libro di versi La terra, la visione (Edizioni della Laguna).

sabato 18 marzo 2017

Poesia / Frammento 11 (Complicemente Primavera).


Realtà e Favola.
Irene Navarra, Il mandorlo di Emilia in una mattina di Quasi Primavera.
Fotografia e Grafica, 2016.























Di tocchi lievi
ha il passo Primavera-
Luce rosata.


Mandorlo aspetta.
Lo abbraccerà tra breve.
Sarà preghiera.

venerdì 17 marzo 2017

Poesia / Frammento 10 (Magnolia).


Sboccia un Sorriso/
Arcano di magnolia.
Si tace il sole.

(Nella sua coppa rosa bevendo.)

Irene Navarra, Magnolia, Fotografia e Grafica, 2013.

Haiku / Noterelle un po' critiche (5). Parola di IQ48.


Rosso e violetto
nel campo estivo-mare
di erbe e spighe.

La mia poetica del Frammento.
Irene Navarra, Non-Haiku-Front / Cuspidi elettriche, Disegno grafico, 2016.


Studiando i grandi maestri (Andrea Zanzotto).

"Gli haiku saettano come smussate freccioline che ci vengono da un mondo simile a quello di Alice, ma dotato di una sottile, intricata coerenza che non è soltanto il rovescio dello specchio delle nostre coerenze. Sono spiragli da cui filtra qualcosa di accecante e insieme di carezzevole, sono cuspidi elastiche di qualcosa che deve restare sommerso, per noi (e forse per tutti), ma che pure sentiamo necessariamente nostro."
Da Cento haiku, Guanda, 1987.

Sono d'accordo. Tutto ciò va bene come analisi del mondo-haiku giapponese. Io però voglio scrivere in modo scisso e intenso. Cerco una dimensione decontestualizzata. Uso (e non uso) i punti, le virgole, le analogie, le metamorfiche sentenze. Ho noia delle stanche evoluzioni strascicate per diciassette more. Se c'è il trattino non sempre è un kireji e non fa saltare nulla. Anzi talvolta accorda. Uso anche lo slash. A dire il vero anche l'hack and slash come sistema.
Unisco Disunisco Strappo Ironizzo Accendo Smorzo.
Formulo essenze visionarie.
Voglio che i miei frammenti siano cuspidi elettriche nate dall’indistinto per miracoli fulminei. Nessun elastico a trascinarmi indietro.
Parola di IQ48.

E ora il video. In italiano e in inglese.




giovedì 16 marzo 2017

Poesia / Derive - Lascio la stanza del brusio perenne.


Distacco. Per un momento.
Irene Navarra, La mia stanza tra le foglie, Disegno grafico, 2017.


Fastidio.
Irene Navarra, Il dominio della Luce, Disegno grafico, 2017.







Autocontrollo
(Settima lezione: sull'apparente che sembra reale)


Lascio la stanza del brusio perenne.
In mulinello le foglie dell'Autunno
mi pagano la gentilezza
del definirle forma
e crepitio del mio pensiero.
Fra poco tornerò nel mio Silenzio
con buona pace della leggerezza,
di questo momentaneo sostare
come in un bozzolo d'insetto minatore
che sa la propria tana vegetale. 

Oh immoto mutamento della mente!
Articolata di equivoci tranelli,
stanca dell'Ombra dalla linfa verde,
tende al dominio della Luce
che gracchia fastidiosa il suo richiamo.

domenica 12 marzo 2017

Poesia / Tributo a William Ernst Henley per la sua lirica "Invictus".


Tela di sacco e strati di colore evanescente.
Né troppo chiaro, né troppo cupo.
E le parole a completare il gioco.
D'oro. Parole e gioco.
Come la decisione di librarsi in volo.
E farlo, poi.
Lasciando l'anima vagare fuori dal carcere del corpo.
Anima pura, incandescente, invitta.

Irene Navarra, I colori della libertà, Disegno grafico, 2017.

IV
In Memoria di
R. T. Hamilton Bruce
(1846 - 1899)

Dal profondo della notte che mi avvolge,
Buia come un abisso esteso tra i due poli,
Ringrazio qualsiasi dio esista
Per la mia anima indomabile .

Nella feroce morsa delle circostanze
Non mi sono scansato né ho gridato.
Sotto i colpi d'ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo di collera e di lacrime
Incombe solo l'Orrore dell'ombra,
Eppure la minaccia degli anni
Mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino,
Sono il capitano della mia anima.

William Ernst Henley, Il Libro dei Versi - Echi di Vita e di Morte, 1888.

IV
I. M.
R. T. Hamilton Bruce
(1846 - 1899)

Out of the night that covers me, 
Black as the pit from pole to pole, 
I thank whatever gods may be 
For my unconquerable soul.

In the fell clutch of circumstance 
I have not winced nor cried aloud.
Under the bludgeonings of chance 
My head is bloody, but unbowed.

Beyond this place of wrath and tears
Looms but the Horror of the shade,
And yet the menace of the years
Finds and shall find me unafraid.

It matters not how strait the gate,
How charged with punishments the scroll,
I am the master of my fate,
I am the captain of my soul.

William Ernst Henley, Book of Verses - Echoes of Life and Death, 1888.
(Fonte: Poetry Foundation)


giovedì 9 marzo 2017

sabato 4 marzo 2017

Poesia / Dentro - Di notte si vive.


Dal Vuoto blu della notte, il Ritorno.
Irene Navarra, Nuovi Indizi / Di notte si vive, Disegno grafico, 2014.
Di notte si vive la pienezza.
Fisicamente dense tutte le sensazioni
rincorrono la luce solo come ricordo.
Spontaneamente naturalmente guardi
senza contorni certi.

          (In quella scatola di opaco
          sé scurente l'oblio contagia
          il Vuoto
          e la sua smisurata
          immensità.)

Da Dentro, Luglio Editore, 2013, p. 30.

Sto ripercorrendo le mie notti.
Sto ripercorrendo le mie notti nella mia campagna.
Là dove tutto è cominciato in un sobbalzo di percezione.
Là dove tutto si crea e annulla mentre i fantasmi della mente sfumano amalgamandosi al blu del cielo e al nero della terra sprofondata in abissi imperscrutabili.
(Solo rari segni cobalto sotto passi sospesi.)
Se non ci fosse quell'accenno di luce all'orizzonte potrei perdermi.

Quando senti il Vuoto farsi paesaggio e sentimento e ragione forse bisogna ritornare.
C'è sempre un ultimo riverbero a guidarti.
Basta scalfire un poco il buio denso che ti avvolge, affacciarsi alla finestra di quel graffio e guardare.


mercoledì 15 febbraio 2017

Poesia / La terra, la visione (Calvario - Dinosauro 2).


Irene Navarra, Calvario - Dinosauro 2, Disegno grafico, 2017.

La groppa si dimena stamattina.
L’umore marcio esala filamenti.
Pelle spossata dalla bora.

Cobalto bulinato nell’altezza.
Grafite a scaglie schizza
sulle erbe astruse.
Una chimera buca i nembi.

Il temporale.

Da: Irene Navarra, La terra, la visione (Gorizia e dintorni tra realtà e sogno), Edizioni della Laguna, 2009.

Qui gli altri miei libri.
Qui le presentazioni de La terra, la visione.

- La copertina -

venerdì 10 febbraio 2017

Poesia / Percezioni (La luna-mappamondo).


Quattro chiacchiere con la luna.
Irene Navarra, Il sorgere della luna, Disegno grafico, 2017.


La luna-mappamondo sorge
dal San Michele. Arretro
per vederla meglio.
Le do le spalle
e corro più lontano.
Insistono le impronte.
Cave dentro l’erba.
Premono sulla nuca
i polpastrelli della luna.
Mi giro.

(Solleticata
dal crinale dell’altura
sorride compiacente.)

Da: La terra, la visione (Gorizia e dintorni tra realtà e sogno), EdL, 2009.


giovedì 2 febbraio 2017

Poesia / Il sorriso della Morte - Non ci sarà tepore.


Non ci sarà tepore è la seconda lirica della silloge Il sorriso della Morte dedicata all'artista mio conterraneo Anton Zoran Mušič (Qui la prima). Egli fissò sulla tela l'esperienza dell'internamento a Dachau creando il ciclo pittorico Non siamo gli ultimi.
Nel 2004 si tenne a Gorizia una sua antologica alla cui inaugurazione fui presente.
La visitai quella volta e poi molte altre.
Entravo in religioso silenzio, mi fermavo davanti a un quadro, lo osservavo trattenendo il respiro, cadevo in una sorta di trance che mi proiettava nei luoghi rappresentati.
Sentivo i soggetti dei dipinti quasi fisicamente.
Il pietoso itinerario durò a lungo.
Giorno dopo giorno ne acquisivo il senso.
Finché seppi di poterli raccontare. E ciò avvenne nel gennaio dell'anno dopo.
Completai la raccolta il 25 maggio 2005. Quando lui si spense.
Nacque così Il sorriso della Morte.

Irene Navarra, Il sorriso della Morte / Non ci sarà tepore, Disegno grafico, 2017.
                                                                         
 Finché solo la terra
                   (per un fragile pianto
                    o una preghiera sussurrata)
 si scaverà il costato
 e ci riaccoglierà pietosa
 nel suo grembo
 che ha figliato da generazioni
 miseri segni nere-croci
 così sottili
 da apparire graffi,
 finché nell'ocra scarna
 che sembra sollevarsi piano
 in un sospiro rattenuto
 né un filo d'erba
 né una spora viva
 saranno invasi dalla Luce
 perché la mente è avara
 e l'anima avvizzita
 intende solo il grigio
 strinato da ferite infette,
                            non ci sarà tepore
                            nella polvere imperfetta.

Scopri la mia poesia, visitando il sito di Artemisia Eventi.

venerdì 27 gennaio 2017

Poesia / Il sorriso della Morte - Quotidiana cronaca (Onorando il Giorno della Memoria).


Un’ipotesi di salvezza.

Quotidiana cronaca è la prima di una silloge di nove liriche dedicate all'artista mio conterraneo Anton Zoran Mušič. Egli fissò sulla tela l'esperienza dell'internamento a Dachau creando il ciclo pittorico Non siamo gli ultimi.
Nel 2004 si tenne a Gorizia una sua antologica alla cui inaugurazione fui presente.
La visitai quella volta e poi molte altre.
Entravo in religioso silenzio, mi fermavo davanti a un quadro, lo osservavo trattenendo il respiro, cadevo in una sorta di trance che mi proiettava nei luoghi rappresentati.
Sentivo i soggetti dei dipinti quasi fisicamente.
Il pietoso itinerario durò a lungo.
Giorno dopo giorno ne acquisivo il senso.
Finché seppi di poterli raccontare. E ciò avvenne nel gennaio dell'anno dopo.
Completai la raccolta il 25 maggio 2005. Quando lui si spense.
Nacque così Il sorriso della Morte.


Anche la Morte ha una sua Grazia.
Irene Navarra, Il sorriso della Morte, Schizzo a penna e Grafica, 2017.







               
              Quotidiana cronaca

               
              L'uomo sa leggere la cronaca del buio
               e sa guardarsi nello specchio
               di quel buio
               imposto
               sin dal magma primordiale.

               Segue carponi i solchi scabri
               del suo viaggio
               e spera in una gola riparata
               dove sostare
               a fingersi un azzurro
               che forzi il pugno chiuso
               e poi dilaghi tra le dita
               come l'acqua del fiume
               dentro il mare.

domenica 6 novembre 2016

Poesia / Il concetto di lettura - scrittura in Marcel Proust e William Butler Yeats: il mio pensiero.


Interrogarsi sulla funzione della scrittura / lettura.
Irene Navarra, Il lettore / scrittore ideale (Memoria e Leggerezza), Fotografia - Grafica - Collage, 2016.


Il mio lettore - scrittore ideale l'ho costruito metaforicamente con un elefante di metallo traforato a cuoricini raccolto dalla strada, una piuma trovata all'alba sotto una quercia e il libero volo di creature che puntano al cielo. Memoria intesa come Tradizione, Sentimento, Leggerezza, Ispirazione e Impulso creativo ne sono gli elementi cui l'immagine allude attraverso i suoi tre simboli emergenti in luce dal nero dello sfondo.
Ci sono arrivata, a questa definizione, in un itinerario di decodifica di segni apparentemente casuali. Erano con me Marcel Proust e William Butler Yeats. Autori frequentati da una vita e scelti ora come compagni di un viaggio iniziato studiando per capire, guardando per scoprire, meditando per confermare. 

Il pensiero di Marcel Proust

Lettura e scrittura si identificano. Proust lo afferma nel Saggio sulla lettura nato come Introduzione a Sesame and Lilies, una raccolta di due conferenze sull'importanza della lettura, appunto, tenute da John Ruskin nel 1864. Alcuni luoghi de Il tempo ritrovato lo ribadiscono.
Chi scrive traduce in parole un libro interiore e chi legge, se ha mente retta e percettiva e non è un vuoto letterato, lo traduce a sua volta nel proprio libro interiore. Lo com-prende.
Lo scrittore offre, dunque, uno strumento interpretativo che ci permette di leggere noi stessi in un processo euristico di riconoscimento, salutare in quanto risveglia le coscienze alla vita dello spirito senza peraltro sostituirsi a essa.


Il pensiero di William Butler Yeats

Nella lirica The Fisherman (Il pescatore), tratta da The Wild Swans at Coole (I cigni selvatici a Coole), Yeats introduce una metafora espressiva del concetto di lettore ideale: è un pescatore che sale verso luoghi impervi di collina a cercare acqua fonda di torrente per lanciarvi le sue mosche. Questa figura d'uomo semplice e saggio rappresenta in modo - direi - allegorico il pubblico aristocraticamente distaccato, di antica razza anglo-irlandese, cui il poeta vuole offrire le sue parole come doni di un cuore schietto e fiero. Tradizione e Gravitas, quindi, assidua Ricerca, Tecnica raffinata, Sperimentazione anche. Come nel Fly fishing, così nella Poesia. 

mercoledì 19 ottobre 2016

Poesia / La lezione di Galileo Galilei.


Irene Navarra, Cecità, Disegno grafico, 2012.

In un momento della mia esistenza, mi ritrovai a brancolare nel buio.
Ero cieca.
Cieca e sofferente.
Come se mi avessero cavato gli occhi con un uncino arroventato.
Mi salvarono la riflessione e Galileo Galilei.
Uno spirito-guida per me.
Sapiente pur senza la luce dello sguardo.
Così ripresi il viaggio.


Cecità e Controcecità

Un poco prima dell’impatto
gusti la sferza carneviva
del cadere libero.

Esaltazione empia nel tuo attimo risibile.

Potresti essere Dio?
Solo intensive.
Come dice il Galilei
dalla radice dei suoi occhi spenti
giustificato alfine da una fede indotta.

E questo invero
ironica /
approfondita /
mente.


20 dicembre 2007 (Sottraendomi all'Inquisizione.)
Da Irene Navarra, Derive / Il Mondo Fuori, GA, 2009.


La mente umana è opera di Dio. Perciò l’uomo può compiere cose stupefacenti nella conoscenza raggiungendo, settore per settore, una profondità sicura che “agguaglia quella divina nella certezza obiettiva”. La differenza tra l’uomo e Dio sta nel fatto che il primo ha capacità solo intensive, Dio invece le possiede sia intensive che estensive.

[…]
Salviati. Molto acutamente opponete; e per rispondere all’obbiezione, convien ricorrere a una distinzione filosofica, dicendo che l’intendere si può pigliare in due modi, cioè intensive o vero extensive: e che extensive, cioè quanto alla moltitudine degli intelligibili, che sono infiniti, l’intender umano è come nullo, quando bene egli intendesse mille proposizioni, perché mille rispetto all’infinità è come uno zero; ma pigliando l’intendere intensive, in quanto cotal termine importa intensivamente, cioè perfettamente, alcuna proposizione, dico che l’intelletto umano ne intende alcune cosí perfettamente, e ne ha cosí assoluta certezza, quanto se n’abbia l’istessa natura; e tali sono le scienze matematiche pure, cioè la geometria e l’aritmetica, delle quali l’intelletto divino ne sa bene infinite proposizioni di piú, perché le sa tutte, ma di quelle poche intese dall’intelletto umano credo che la cognizione agguagli la divina nella certezza obiettiva, poiché arriva a comprenderne la necessità, sopra la quale non par che possa esser sicurezza maggiore.
 […]
Concludo per tanto, l’intender nostro, e quanto al modo e quanto alla moltitudine delle cose intese, esser d’infinito intervallo superato dal divino; ma non però l’avvilisco tanto, ch’io lo reputi assolutamente nullo; anzi, quando io vo considerando quante e quanto maravigliose cose hanno intese investigate ed operate gli uomini, pur troppo chiaramente conosco io ed intendo, esser la mente umana opera di Dio, e delle piú eccellenti.

Da G. Galilei, I due massimi sistemi del mondo, in La prosa, Sansoni, Firenze, 1978, pagg. 361-362.

Cieca cadevo. Mi salvò Galileo.

Per saperne di più sulla mia poesia, Va' al mio sito..
Scopri le ultime notizie..