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martedì 23 marzo 2021

Poesia / Percezioni: Rappresentazione sul Fiume (con Dante Alighieri, William Shakespeare e John Everett Millais).

 
Esce di mano a lui che la vagheggia
prima che sia, a guisa di fanciulla
che piangendo e ridendo pargoleggia,

l’anima semplicetta che sa nulla,
salvo che, mossa da lieto fattore,
volentier torna a ciò che la trastulla.

Dante Alighieri, La Divina CommediaPurgatorio, XVI, vv. 85 - 90.

Quando parlo dell' Isonzo, di quel Fiume possente che cinge come una cintura di lapislazzulo la mia città, parlo anche dell'Anima che è stata insufflata in me al momento della nascita. Il Fiume è la mia Anima. È stato così sin dall'infanzia e lo è tuttora. La lirica in calce lo spiega raccontando il mio legame con l'Isonzo. Anima-Fiume, quindi. Ma Anima fanciulla. come mi ha insegnato il caro Padre Dante, le cui parole mi risuonano dentro assieme alla voce di mio Padre mentre le leggeva, spiegava e commentava.
Se contemplo il mio Fiume, Dante è con me. Mio Padre è con me.
Loro mi hanno insegnato a percorrere sentieri esistenziali di Dignità e Fede, ad accettare i casi avversi senza mai piegare la testa sotto il peso delle ingiustizie. curando con attenzione quanto di sottile e ingenerato abbiamo in noi: la vera essenza che ci rende unici.
Lei, l'anima semplicetta della mia fanciullezza, si esaltava in meraviglia giocosa davanti allo spettacolo del Fiume. Lo vedeva come un manto di damasco cangiante e mi portava in avventure di cui Lui era non un elemento naturale ma il liquido palcoscenico in cui sperimentare tuffi, nuotate, acrobatiche giravolte... il tutto condiviso con personaggi spesso letterari.
L'Anima che piangendo e ridendo pargoleggia ritorna sempre davanti allo spettacolo dell'Isonzo, rinnovando le sensazioni di allora. Il Fiume era, dunque, teatro di azioni teatrali che interpretavo sempre da protagonista. Mi immaginavo incedere su quel nastro azzurro  e verde e malva come una Regina, o un'aristocratica Sposa dallo strascico lunghissimo, lo sguardo teso verso luoghi lontani e accompagnata da uno stuolo di esseri naturali: il salice, la serpe, la felce, la civetta… Tra di essi potevo diventare anche un'Ofelia felice, immersa vitalmente in acque come giada latte verde e ben diversa dall'eroina tragica dell'Amleto di Shakespeare. Opera che, a quei tempi, divoravo con fame insaziabile di visioni da alterare a mio piacimento. Il ricordo dell'Ophelia di John Everett Millais è - me ne rendo conto ora rileggendo la lirica - alla base di queste fantasie che riappaiono prepotenti mentre riscopro questa piccola biografia in versi, la mia Rappresentazione sul Fiume.

Irene Navarra, Isonzo / Il mio Fiume, La mia Anima, Fotografia, 21 marzo 2016.

Il salice in dialogo col fiume
porta l’impronta del mio corpo.
Tra i rami gli occhi sono perle
attratte dalle nubi che si formano,
riformano, trapassano.
Parole mai uguali.
Oziose per le nocche pallide
strette sui nodi biforcuti.

(Pendere poi dai tralci dondolanti
fino a sfiorare il flusso con i piedi,
entrarci d’improvviso.)

Un manto lunghissimo rampolla
dal palcoscenico di Amleto: damasco
che si srotola e si srotola.
A drappeggiare Ofelia
e il suo destino.

(A costellare il costumino rosso
di gocce scritte con un lapis di cristallo.)

La giada come latte verde
si fa caleidoscopio ribollente
e fremo nella trina indocile
quasi regina
o sposa
verso il traguardo dell’altare.

(Laggiù, oltre le forme azzurre
di insenature maestose,
nel baratro di spume
astratte più del salto.)

La brezza fresche dita scherza,
s’inventa capriole, carambole di guizzi,
schizza iridata l’acqua sulla serpe
che mi traghetta fuori dalla piena
mentre la felce china a bere
scrive un messaggio indecifrabile.
La mota impasta ali di civetta.
Sale nel golfo della schiena
tra le radici ancora acerbe
per il Volo.

(Dai teneri calcagni nasce piano
il fiore pungente dell’ortica.)

 

Qui di seguito i Miti che hanno popolato di sogni a occhi aperti la mia giovinezza: l'Amleto di William Shakespeare (Atto IV, Scena VII. Traduzione di Alessandro Serpieri).

         C’è un salice che cresce storto sul ruscello
e specchia le sue foglie canute nella corrente di vetro;
Lì ella fece fantastiche ghirlande, di ranuncoli,
ortiche , margherite, e di quei lunghi fiori purpurei
a cui gli osceni pastori danno un nome più volgare,
ma le nostre caste fanciulle chiamano dita di morto.
Lì, sui rami spioventi arrampicandosi ad appendere
le sue coroncine, un maligno ramoscello si spezzò,
e giù caddero i suoi fioriti trofei e lei stessa
nel piangente ruscello. Le sue vesti si allargarono
e come una sirena per un poco la tennero su,
e in quel mentre cantava passi di vecchie canzoni
come una inconsapevole della sua ora disperata,
o come una creatura nata e cresciuta
in quell’elemento. Ma non poteva durare a lungo,
e infine i suoi vestiti, pesanti di quanto avevano bevuto
trassero la povera infelice dal suo melodioso canto
alla fangosa morte. 

E il magnifico dipinto di John Everett Millais (1829 - 1896) dal titolo Ophelia (circa 1851); Collezione: Tate Britain; Photo: Tate London 2011.

John Everett Millais - Ophelia - Google Art Project
John Everett Millais, Ophelia, Public domain, via Wikimedia Commons.
 

lunedì 15 marzo 2021

Poesia / Frammento 30: Oslavia, i suoi occhi.

Meditazione cromatica (in Rosso e in Blu).
Ore 18.10 del giorno 15 marzo 2021.


Oslavia si accende.
Fiori di Luce a stella
adornano il Tramonto
che arrossa le colline.
Il cielo si prepara.
Indossa il suo mantello da mago
oscuro ridendo Blu cobalto.

Irene Navarra, Di Rosso e di Blu / Guardando la Collina di Oslavia, Fotografia e Grafica, 15 marzo 2021.


Gli occhi di Oslavia mi ammiccano.
Sanno che parlerò con loro.
A sbirciate repentine e assensi lunghi.
E sarò l'interprete esatta dei loro desideri.

Li sento nella pelle, nella mente, nel cuore.
Il sangue ora fluisce in sintonia con la linfa della mia Terra.
Godo dei suoi doni sublimi.

Alzo lo sguardo mentre attraverso il Campo Grande dietro la mia casa. In ascolto. Il Sole interagisce con le nostre storie. E ci racconta le sue. Tra poco scenderà dietro le creste sorelle che lo accolgono ogni Notte. Tra la Collina di Oslavia e il Monte Calvario c'è una profonda linea di seno, una culla naturale in cui Lui può ritirarsi ripiegando i suoi raggi, penso danzando lenta, in altalenare ritmico sulle punte e sui calcagni, le braccia come vele al vento. 
Arte mimetica serale per allentare i nodi e blandire energie troppo palesi.
C'è un fruscio nell'aria. Un trepido intonare note armoniche. Niente singulti, niente pena. Solo il distendersi di un Assolo un po' malinconico.
Forse l'annuncio dell'imminente sonno siderale.

Il Tramonto Rosso e Blu sembra ordinato su misura per me, che inalo quei colori fino al midollo. Oggi il bisogno estremo di respirare gamme contrastanti me lo porto dall'Alba.
Rosso e Blu, bisbiglio camminando sul tratturo inondato di calda Luce calante.

Inspiro Rosso.
Espiro fiati guasti e nerofumo.
Parole a uncino scolpite dentro il cielo.
Inspiro Rosso. Mi scoppia un incendio dentro il petto. Brucia la Furia del mio giorno.
Espiro grumi tossici. Grigiastri.
Avanza un Blu cobalto a stringere e sbiadire scintille incandescenti, annichilite in bianco. 
Inspiro Blu.
Espiro nastri di vapore argenteo.
E salgo oltre le nubi.
A incontrare gli Astri.

Le Stelle aspettano le ombre degli umani per dialoghi segreti.

sabato 13 marzo 2021

Poesia / Frammento 29: Calvario Verde.

Meditazione cromatica.
Ore 10.30 del giorno 13 marzo 2021.


Seduta tra le erbe già rigogliose del Prato Grande nella mia campagna - accanto a me Pippo Magnifico Setter - ammiro il profilo del Calvario che si staglia all'orizzonte. Chiudo gli occhi per un attimo e lo rivede brullo e consumato dall'arroganza degli uomini, così com'era molti anni fa. Ora si adorna di un manto riccioluto che mostra una gamma di verdi sfumanti in malva scuro.
Lui è il mio Dinosauro dormiente dalla groppa cespugliosa e intricata.
Il giovane principe tramutato in favoloso animale ma pronto a svegliarsi al mio primo sorriso. Lo guardo con amore, quel suo profilo tanto morbido. Sta per scuotersi tutto in sussulti di gioia pura.
Il suo Verde è il mio Verde.
Pace profonda nel nostro respirare insieme.
Tutto ritorna.
Pippo inala immobile il sereno fluire del Mattino.
Nell'Armonia sottile del Creato, il vivere più vero.

Rinasce Verde
la cresta del Calvario -
Nessuna croce.

Irene Navarra, Calvario Verde, Acquerello grafico, 2021.

giovedì 11 marzo 2021

Poesia / Percezioni: Ho camminato dentro il Sole (parabolando con Lui).



Irene Navarra, Tramonto verde, Fotografia, 10 marzo 2021.

Ho camminato dentro il Sole.
Assimilata al Sole.
Fino a sfinirmi.
Con occhi di topazio sopra gli alberi, nei fiumi.
I miei regali? Brandelli sfolgoranti attorno ai rami, faville ogni sospiro d’acqua.
Ho reso i tetti rame intenso e pallide le pietre di calura.
Adesso devo riposare.
Acciambellata come un cane stanco so trastullarmi ancora un poco con scie dorate di capelli astrali.
I miei stessi capelli che sfuggono alla cuffia della notte.
Ritornerò potente alla ribalta dell’Aurora.
Dipingerò di croco le sue vesti porporine.
E salirò la volta rassegnata
accarezzando piano le robinie giù nel canalone
dove io dormo tra le spine.
Una corona che mi adorna.
Solo la sera.
Soavemente accetto le ferite.
Da loro sortiranno i nuovi raggi.
Sarà di velo paglierino e malva l’inizio della Luce.
Poi sorgerà la rutilante Gorgone spietata
che ottunde i sensi per l’ardore
e fiacca ogni slancio genuino.

Ora l’indaco avanza.
Nella maledizione del meriggio,
nel suo protrarsi logorato
s'inerpica una bruma dal profumo d’erba.
Un fiato finalmente verde,
un desiderio di rugiada su grovigli e fiori.
Come una predizione di quiete ormai vicina.

 

venerdì 19 febbraio 2021

Poesia / Frammento 27: Incontriamoci all'Orizzonte.


Irene Navarra, Verso il San Gabriele / All'Orizzonte, Fotografia e Grafica, 2021. 


Incontriamoci all'Orizzonte.
L'ho detto in quella forma strana
che chiamo del Pensiero Lieve.
Tra me e me.
Come se l’Orizzonte fosse un bar
dove si va per un aperitivo.

Ero nel verde impallidito della mia campagna
quando mi vidi ridere e felice*
al limite lontano di quel mondo.
Là dove si fonde il cielo con il grigio di colline avare.
Riverberate da un fulgore
non della Stella che rischiara
l'universale essere concreto
- i nostri corpi effimeri -,
ma della gioia di anime fluttuanti attorno
rivolte a me che le abbracciavo in un sorriso.
Il placido sorriso delle Sfere.

Vivevo, dunque, all'Orizzonte.
Un'esistenza parallela non più isola deserta
ma Festa dì richiami e luce.

Vediamoci pertanto all’Orizzonte.
Staremo insieme.
Quietamente.

*Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio, Canto VI, v. 48.

mercoledì 17 febbraio 2021

Poesia / Percezioni: E poi ci apparvero le colline viola.


Irene Navarra, Le colline viola, Fotografia e Grafica, 2021

E poi ci apparvero le colline viola
e furono risa e canti
e un nostro andare più veloce. Allegro.
Perché laggiù, dove svaniva il Sole
abbacinato della sua stessa luce,
avremmo riposato in campi di lavanda
e ascoltato Eartha Kitt
bevendo vino di Lillà.

Così bevemmo il vino del Lillà.
Mentre il cielo svariava nelle nubi 
- ombrose -
di quella sera strana,
in noi si aprirono
i suoi rari paradisi.

Adesso è il momento di ascoltare Lilac wine, una canzone  composta da James Shelton negli anni '50. Fu portata inizialmente al successo (1953) proprio da Eartha Kitt, attrice, cantante, ballerina e attivista politica statunitense vissuta tra il 1927 e il 2008. Il brano musicale trovò ampio successo nell'interpretazione di Jeff Buckley che la inserì nel suo album Grace del 1994 (qui).



venerdì 12 febbraio 2021

Poesia / Percezioni: Notte-Acqua Marina e Pesci Rossi (Ἰχθύς con me).


Sogno di una Notte di mezz'Inverno dedicato alla mia creatura Pippo Magnifico Setter. Il suo cuore generoso pulsa qui accanto a me. Stiamo pregando le stelle e il loro Creatore. Lui non sta bene. E mi tormenta questo suo soffrire.


Acqua Marina
e Pesci Rossi attorno
nel campo illuminato da una Notte chiara
colma solo di stelle discese a riposare
sull'orizzonte d'indaco screziato.
Non vedo ombra di Luna.
Forse non serve la sua perla di Luce.
C'è un'altra Luce che fibrilla
al limite lontano della mia Visione.
χθς racconta la sua storia.

rene Navarra, Notte-Acqua Marina e Pesci Rossi, Fotografia e Grafica, 11 febbraio 2021.


In questa Notte chiara di stelle che mi lambisce e penetra come fosse liquido sottile, me ne sto quieta sopra l’erba ghiaccia del prato grande nella mia campagna. Non più persona fisica ma immagine di quanto il desiderio sa allestire, non più logica lineare, niente prima e dopo, soltanto possibilità di un Tempo a sé presente / in sé concluso.
Tutto si fa, Tutto mi accade.

La Notte è la mia Acqua Marina fluida che porta Pesci Rossi in guizzi risplendenti.

Un’Acqua cosmica che mi fa respirare.
E distillare scorie.
E trasformare i miei residui di materia in linfa incandescente.
Nell’Acqua esisto.
Mi riconosco ancora umile fibra dell'Istante.
χθς si è fatto uomo anche per me.
Nell'Acqua Marina della Notte fluttuano segni nitidi.

mercoledì 10 febbraio 2021

Poesia / Frammento 25: La strega.


Scarlatta e scarmigliata.
Fermagli di pagliuzze e cabale,
il bistro incandescente.
Chimera astratta
ma il pensiero è verde.
Un taglio la sua bocca da straniera.

Il Frammento La strega è tratto da Minimondi (Poesie e Acquerelli / Collana Artemisia Eventi / Luglio Editore) di Irene Navarra e Silvia Valenti. Il libro è stato pubblicato nell'Aprile del 2017.


Silvia Valenti, La strega, Acquerello, 2012

Se vuoi saperne di più su Minimondi, clicca Qui.

lunedì 8 febbraio 2021

Poesia / Frammento 24: Capriccio.


Nelle movenze del chiarore suona
il tamburo basco l’alba zingara
che strina sopra il sole nubi.
Nasce da un calice di seta
e balla tra le dita l’accendersi
del verde naufragato in prugna
con giravolte truffaldine di calore.
Stagliata dentro il cielo un’allusione
espansa allo svariare in gioco.

Il Frammento Capriccio è tratto da Minimondi (Poesie e Acquerelli / Collana Artemisia Eventi / Luglio Editore) di Irene Navarra e Silvia Valenti. Il libro è stato pubblicato nell'Aprile del 2017.

Irene Navarra, Alba che danza, Fotografia e grafica, 2021.

venerdì 16 ottobre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Desiderio.

 
Nella Decima tappa del mio viaggio (L'opera incompiuta) sono riuscita a guardare di nuovo il cielo.
Volgo gli occhi verso l'alto e ritrovo il gioco di chiaro e scuro che mi sono negata per tanto tempo.
La tristezza si allenta a poco a poco.
Dietro le nubi c'è una vastità incommensurabile.
Mi ammanto di indaco.
Mi ammanto di indaco e mi preparo alla notte che verrà.
Torno così a ricercare stelle.
Lassù brilla la mia compiutezza.



Io
voglio
solo il cielo.
Adesso Ásgeir bisbiglia Going home.
Ho nelle orecchie la sua voce calma
che ripete il tema del ritorno.
Sopra di me aleggia piombo cupo.
Sprazzi respinti.
Occasionali interferenze.
Fra poco il Blu profondo della Notte.
Avanza dagli angoli degli occhi 
e invade ogni respiro.
Andare oltre, dunque.
A ricercare stelle.

 



mercoledì 7 ottobre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Confessione.


Siamo al Settimo Tempo della silloge L'opera incompiuta. Quello del pianto. Nel silenzio. E di nascosto. Con Ásgeir Trausti e la sua Andann dregur che mi risuona discreta nella mente. Ma non mi consola. Anche il sogno non serve. Non c'è luce o Visitazione che possa alleggerire il senso di Vuoto e di Assenza che provo. Così, di me resta un involucro. / Il cuore batte fuori.

 
Irene Navarra, La notte dentro, Fotografia e Grafica, 7 ottobre 2020.

 

Io
piango
in silenzio.
Di nascosto.
Nessuno può vedere le mie lacrime.
Quelle che contano davvero
che fanno solchi fondi sulle guance
e non danno requie.

Sono volata qui
in questa chiesa disadorna
di una landa astrusa
senza sapere come.
Tetto di travi nere
una sedia sbilenca
un altare di legno come sfondo
gelo azzurrino alle finestre.
Ásgeir mi canta Andann dregur
negli angoli riposti della mente.
Con il respiro lascio cerchi
foschi sopra i vetri.
Nella cornice delle labbra
avanza un sogno
ritmato da una pulsazione
che si gonfia e mi travolge.
Mentre si schiantano pareti
e implodono gli arredi
in turbinio selvaggio
di me resta un involucro.
Il cuore batte fuori.

Anche questa volta Ásgeir Trausti mi aiuta con un'altra magnifica ballata: Andann dregur- Il respiro si ferma. Myndir mi aveva invece accompagnata mentre scrivevo C'è una cerniera che si chiude (Qui il post e il video). La sua musica è magico motivo conduttore di molte mie emozioni.


mercoledì 30 settembre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Un'ubriacatura folle (Mentre mi adeguo al cambiamento).


Eccoci alla quarta lirica della mia raccolta L'opera incompiuta (qui la prima, qui la seconda, qui la terza).
Nell'immagine uno scorcio dell'amata campagna in cui ho passato giorni indimenticabili con Pablo golden retriever. Anche Lui adorava quest'angolo di Paradiso che è la benedetta Terra assegnataci per destino.
L'abbiamo percorsa  senza stancarci, appagati dalla sua bellezza frugale. Festanti di gioia pura per tanta grazia raffinata e semplice. Un dono del cielo.
L'abbiamo percorsa uniti dallo stesso desiderio. Spesso scivolando sui suoi pendii e rotolando tra infinite sfumature di verde e umili fiori di radicchi selvatici. Il riposo poi, protetti dai rami di qualche albero florido, era quanto di più esaltante si potesse provare. Ricordo un giorno di pioggia a scroscio, il rifugiarci di corsa sotto le impenetrabili foglie di un gelso secolare, il mio scrivere frettoloso un frammento di pochi versi sul quadernino che mi fa sempre da viatico (un inno al Signore nell'intenzione), lo sguardo estasiato di Pablo accucciato accanto a me.
Momenti straordinari, quelli (qui l'haiku e la foto di riferimento), recuperabili solo frugando nella mente graffiata dalla sua assenza. Momenti che chiudo in una  teca di nuvola dove solo io posso penetrare per incontrarmi con Lui. In un Tempo che sia compiuto e uguale a se stesso.

Irene Navarra, Il grappolo dimenticato, Fotografia e Grafica, 30 settembre 2020.

Un’ubriacatura folle
questo trasmutarmi quasi fisico
in foglia, ramo e umido terriccio
denso di sentori.

Non so davvero quale sia la differenza
tra la mia carne, il sangue che zampilla dallo squarcio
appena inciso nell’incavo del braccio e l’erba,
il fiore della malva ancora viola,
l’uva lasciata tra racemi secchi
in negligenza compiacente.

 

Vedere tutto questo
dietro lo schermo delle palpebre,
sentire sulla pelle che non è più pelle
brividi caldi di presagi come doni.
Niente figure di parole.
La Vera Essenza mi si mostra nel Silenzio.
Togliendo scorza a scorza
sedimenti antichi.
E dolori nuovi
da distacchi inevitabili.
Strazianti.
 

lunedì 14 settembre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: E adesso che si forma/sforma.


Secondo Tempo.

E adesso che si forma/sforma
sopra il palmo una materia rara,
un fibrillante tossico d’arsenico,
come frenare la trasformazione
sapendo il mio destino da esiliata
senza riferimenti e tradizioni?

(Lasciarsi andare nel mutato aspetto.
Sperando un decantarsi favoloso
da miracolo immediato.)


Irene Navarra, Screenshot da Dentro / L'anima avvolta - video, 17 novembre 2016.


La lirica E adesso che si forma/sforma costituisce il secondo momento della raccolta L'opera incompiuta. Strettamente collegata a Il nocciolo della questione, ne è lo svolgimento naturale. E lo dichiaro, affermando decisa: Sono qui, non lo voglio ma sono qui, diversa perché privata di gran parte della mia energia vitale, sono qui orfana, ferita, sminuita. Sono qui in trasformazione da perdita. Sono qui perdio! E se anche tento di adeguarmi alla nuova condizione, se anche mi plasmo e riplasmo, rimango incompiuta per necessità ineluttabile. Quindi imperfetta.
La sostanza che si enuclea da questo sciupio di vigore è un fibrillante tossico d'arsenico.
Veleno puro che mi tiene con la sua minaccia al di qua di ogni salvezza?
Sì, forse. Ma non mi resta altro che nutrirmi di questo impensabile cibo mentre il presente va in scena con il suo estremo paradosso: gli esseri incompiuti hanno futuro, i compiuti, no.
Scelgo, dunque, la dimensione del sogno in cui tutto può avvenire ed essere limpidamente  come "infinita ombra del Vero" (cit. da Giovanni Pascoli, Poemi convivialiAlexandros, v. 20).
Seguendo la legge dei visionari, posso esistere.

sabato 12 settembre 2020

Haiku / "Ragnatela" e "Lungo i binari in un giorno di dolore".


Irene Navarra, Ragnatela, FotoInstagram, 5 febbraio 2016.

Ragnatela

Anima tersa
in corpo vegetale.
Di vetro e luce.

A proposito del mio modo di fare haiku: sono anche una poetessa gendai
(un po' alla maniera di Kerouac).
Riporto alcuni significativi concetti da un articolo di Luca Cenisi (da I gendai haiku: un primo approccio teorico, in CINQUESETTECINQUE - Blog italiano per lo studio della poesia giapponese).
.

«Prendendo in prestito le parole del poeta austriaco Dietmar Tauchner (Lo haikai vive di novità. Breve introduzione ai gendai haiku, 2015), possiamo dunque affermare che lo haiku moderno (gendai) “riguarda ogni aspetto della vita umana, incluse le esperienze della guerra, le conseguenze dei conflitti nucleari, e via dicendo”.
Da un punto di vista compositivo, il poeta gendai non segue regole prestabilite. Il modello 5-7-5 viene, infatti, spesso sostituito da uno schema più “aperto” (jiyuritsu 自由律 o “forma libera”), mentre lo stacco (kire 切れ), pur continuando a trovare largo impiego, può non di rado perdere la propria referenzialità nell’economia complessiva dello scritto.
Per contro, conquistano maggior spazio figure retoriche come la metafora e l’analogia, in grado di veicolare esperienze e significati al di là del puro dato letterale; il linguaggio si arricchisce del valore del simbolo, seguendo uno sviluppo meno diretto e immediato e maggiormente prospettico, esaltando la semantica delle parole mediante processi di associazione o contrasto più raramente riscontrabili negli haiku tradizionali.
A giocare un ruolo determinante, nella stesura di un buon gendai haiku, rimane la profonda consapevolezza del momento storico-sociale in cui vivono l’autore e il lettore, il desiderio di vivere pienamente il presente percependo quel soffio vitale che anima ogni cosa, anche quegli oggetti o avvenimenti che ne risultano apparentemente privi.»
Quindi:

Lungo i binari in un giorno di dolore (Identificazione).

Cuore di ragnatela dentro il petto
trafitto dal Distacco acerbo.
Di vetro sì. Ma senza luce.

All'improvviso lo sfolgorio di un treno.
Il suo rapido argento
e il ritmo di metallo nel silenzio.

martedì 8 settembre 2020

Poesia / L'opera incompiuta: Il nocciolo della questione (Con Paul Verlaine).


Riccardo Bortolami, Variazioni, Acquerello e Grafica, 2013.

Primo Tempo.

Che la Vita fosse anche Morte io lo sapevo. L'avevo già provato il sentimento del Distacco, della Perdita, dell'Assenza. Pensavo di essermi vaccinata contro le ferite provocate dalla sparizione di una creatura amata. In fondo le esperienze servono! mi dicevo. Ti abituano, mi ripetevo. Ti piegano sì, ma nel contempo ti rendono incredibilmente forte. Li hai sentiti sulla tua pelle quegli attimi tremendi che separano il tuo respiro dal respiro di chi si sta involando. Ricicli quell'angoscia troppo intensa della prima volta, la smorzi, sminuisci, sopporti quindi, crescendo in consapevolezza, chiarendo alla coscienza ciò che non siamo e non saremo e non vorremmo mai. Te lo  racconti, convinta di riuscirci.
E invece no, no, no.
Il dolore dilaga impetuoso, travolge, scardina cuore e mente. È ormai allenato a invaderti - ha il fiato lungo dei fondisti - e lo fa con scienza imbevendoti di certezza negativa, cellula dopo cellula. Tenti di urlarlo, il tuo dissenso. Poi lo sussurri, lo manipoli, ne fai storie di resilienza feroce e saggia.
Fai, fai, fai.
Ma non serve a nulla. Che cosa rimane, pertanto, di tutto il tuo nuovo soffrire? Rimane attorno a te il maledetto vivere senza. Un insulto, un'imperfezione, una frattura violenta tra l'Essere e il Non-Essere. Un'illusione. Alla fine un tedio sottile che ti logora l'anima.
E finalmente ci arrivi: l'esistere, per la sua stessa materialità in sgretolio continuo, è sempre un'opera incompiuta.
Per compierla te ne saresti dovuto andare anche tu.
Ma sei ancora al mondo a macerarti.

Ecco, ho capito. Sono tuttora qui. La mia opera è di fatto incompiuta. Patisco una pena da mancanza. Da dimezzamento. Chi mi completava ha esaurito il suo tempo.
Aspetterò che si compia il mio.
Stornando qualsiasi ricatto sul tema del dovere etico, della ripresa socialmente esemplare.
Voglio la solitudine. E il silenzio.
Non ho interesse per quanti non sanno del mio vino già bevuto e del mio pane già mangiato.

Questa sostanza da alterare 
io l’ho premuta,
ripremuta
anche spillata
quando scivolava
in subdolo fluire tra le dita.
Ne ho tratto un frutto minimo
che sa di decadenza.
Una molesta opera incompiuta.


Ah! Tutto è bevuto! Non ridi più, Batillo?
Tutto è bevuto, tutto è mangiato! Niente più da dire!
Solo, un poema un po’ fatuo che si getta alle fiamme,
solo, uno schiavo un po’ frivolo che vi dimentica,
solo, un tedio d’un non so che attaccato all'anima!

(Ah! tout est bu! Bathylle, as-tu fi ni de rire?
Ah! tout est bu, tout est mangé! Plus rien à dire!
Seul, un poème un peu niais qu’on jette au feu,
seul, un esclave un peu coureur qui vous néglige,
seul, un ennui d’on ne sait quoi qui vous afflige!)

Da: Paul Verlaine, Languore (Langueur), in Allora e Ora (Alors et maintenant), vv. 10 - 14.

sabato 5 settembre 2020

Poesia / Frammento 20 (Amore eterno. A Pablo golden retriever che non c'è più).


Irene Navarra, Pablo Amato Cane, Fotografia, 2015.


In questi tre Frammenti lirici ispirati agli Haiku tradizionali giapponesi è contenuta la storia di Pablo e mia. Lui mi è stato consegnato allungandomi una corda bianca e verde da barca.
Aveva una cima nautica legata attorno al collo.
Io ho teso d'istinto la mano e l'ho accolto come il bene più fragile e prezioso esistente al mondo. Per una settimana l'ho accarezzato solo sfiorandolo. Era terrorizzato e talmente magro che temevo di romperlo, se l'avessi toccato con meno dolcezza.
Poi, piano piano, il legame con il vissuto precedente ha incominciato ad allentarsi, disperdendosi in sfilacci logori. Finché non è rimasto nulla che lo riportasse all'angoscia con devastanti attacchi di panico. Finché si è accesa anche in Lui la luce brillante e calda che già splendeva in me.
Nove anni e mezzo è durata la nostra avventura fatta di giorni limpidi dal sapore di mare, vento, terra rigogliosa della nostra Regione benedetta, bosco, fiori, fichi raccolti dagli alberi. Immersi in serene meditazioni con gli occhi rivolti all'orizzonte e al cielo, non ci accorgevamo di nulla che non fosse Grazia pura, colmi com'eravamo di letizia.

Adesso il nostro tempo terreno è finito.
Si è interrotto alle ore sette e venti del venticinque agosto appena passato.
Pablo è entrato nel riposo vero, respirando lieve dopo molto dolore, mentre stringevo tra le dita il mio tempo spirituale inanellato al suo. Quello che non conosce né passato né futuro. Quello che stava lì, nel mio cuore mentre il suo cessava di battere. Quell'hic et nunc nutrito d'Assoluto in cui tutto si ferma e si fa presente etereo ma eterno.

Ecco, queste piccole liriche mi hanno raggiunta quasi per caso, in un momento del pomeriggio di ieri. Me ne stavo al sole con Lui che ritornava a me in corsa gioiosa. Così mi sono raccontata le tappe del meraviglioso viaggio intrapreso uniti. Dal principio. E sono stata meglio.

Tendo la mano:
un cane per destino
se ne fa culla.

E inizia il gioco
del naso contro naso
zampa sul cuore.

Andare insieme.
La vita è come seta
quando si ama. 

domenica 30 agosto 2020

Poesia e Musica / La guerra gentile - Onda 5: Rinascita (Ascoltando le "Leggende" di Antonín Leopold Dvořák).

 
Breve racconto lirico della lotta tra il Bene e il Male
come Nota a Margine delle Leggende op. 59 di Antonín Leopold Dvořák.

Siamo alla quinta tappa del percorso ispirato alle magnifiche musiche del compositore ceco.
Per le motivazioni di questa mia scelta poetica clicca qui e leggi.

Personaggi: Armonia, Mostro.


Irene Navarra, Rinascita, Disegno grafico, 2020.


Onda 5: Rinascita
(Da leggersi ascoltando il Decimo movimento - Andante - delle Leggende di Dvořák).

Uno rapido sussulto nella mente.
Bagliori in velature lievi.
Sento che Lui mi accetta
e si conforma.
Comunica visioni astrali.
Quelle d’Inizio.
Immagini si snodano:
la nascita in cristalli cosmici,
i voli iridescenti,
la caduta.
E poi
anelli che si legano
ad anelli sempre più radiosi.

Siamo due fiamme vive
in libero fluire.
Fremiti puri e consenzienti.
dello stesso cuore.

Qui di seguito il Decimo movimento delle Leggende del compositore ceco nell'esecuzione di Cristian Măcelaru (DR Sinfonieorchester). Ha ispirato la mia Onda 5 per il senso di pacatezza che infonde.




lunedì 17 agosto 2020

Poesia e Musica / La guerra gentile - Onda 4: La vittoria (Ascoltando le "Leggende" di Antonín Leopold Dvořák).


Breve racconto lirico della lotta tra il Bene e il Male
come Nota a Margine delle Leggende op. 59 di Antonín Leopold Dvořák.

Siamo alla quarta tappa del percorso ispirato alle magnifiche musiche del compositore ceco.
Per le motivazioni di questa mia scelta poetica clicca qui e leggi.

Personaggi: Armonia, Mostro.


Irene Navarra, Apocalissi 4 / La vittoria, Disegno grafico, 17 agosto 2020.


Onda 4: La vittoria
(Da leggersi ascoltando il Settimo movimentoAllegretto grazioso - delle Leggende di Dvořák).

La tregua abnorme prima della fine
porta un pulsare eccentrico.

Follia di sensi inquieti.

Lo vedo chiaramente, ora.
Lui che si allenta a un dilagare
azzurro. Azzurra nube espansa 
nel mio sguardo.
Insisto dentro un ritornello
che si compone all’aria fervida.
E sta.
Bimbe di porcellana in vesti bianche,
il mio esercito gentile.
Armate ad arabeschi come i pizzi
rugiadosi delle ragne in caccia
tessono trame lusinghiere.

Ta da, Ta da, Ta da, Ta da, Ta daaaa.
Ta da, Ta da, Ta da, Ta da, Ta daaaa.

Io filo stami di una nuova essenza.
Lui si adagia.

Qui di seguito il Settimo movimento delle Leggende del compositore ceco (Budapest Festival Orchestra · Iván Fischer).  Ha ispirato la mia Onda 4 per l'intensa gioia che trasmette.